CS di Lalla

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    http://www.corazonsalvaje.org/forum/topic....archTerms=lalla
    Qui c'è il collegamento con il vecchio forum dove ci sono i numerosi capitoli precedenti ^_^
     
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    Capitolo 64


    L'estate era ormai alle porte....nonostante fossero le prime ore del mattino il caldo era già opprimente.
    Le ruote della carrozza al loro passaggio sollevavano nuvole di polvere mal trattenuta dalle spesse tende che, a ogni sobbalzo, si scostavano lasciando filtrare all'interno i primi raggi di sole. Questi, come dardi sottili, colpivano le particelle polverose creando una sorta di nebbiolina dorata.
    In quella penombra il silenzio era pesante quasi quanto il caldo nell'abitacolo, nessuno dei due viaggiatori proferiva parola.
    Ad ogni scossone il bel viso dell'uomo si contraeva in una piccola smorfia di sofferenza, quasi impercettibile.
    Dissimulava però senza successo, minuscole gocce di sudore gli imperlavano la bella fronte spaziosa; brillavano su un colorito spento, troppo spento per non rivelare la sua condizione cagionevole.
    Ogni tanto abbozzava un sorriso alla compagna, un tentativo vano di rassicurarla sulle sue condizioni.
    Lei lo ricambiava con lo stesso intento, rammaricandosi in cuor suo di non aver insistito in modo più deciso affinché si aspettasse ancora qualche giorno per fare quel viaggio.
    Non era lontanissimo da San Paolo certo, ma le strade che portavano a Camporeal dopo il terremoto erano ancora molto dissestate e trascurate, non c'era stato tempo di occuparsi di altro che non fossero persone ferite da soccorrere o morti a cui dare una rapida sepoltura.
    Chissà cosa avrebbero trovato alla tenuta...

    Le notizie più recenti riportavano di come molti contadini, perlomeno quelli scampati alla tragedia, avessero abbandonato la piantagione in fretta.
    Con la morte della signora Sofia e di Basilio avevano perso tutti i punti di riferimento, nessuno si era preoccupato di loro e del loro destino, per cui radunati i pochi averi erano partiti in cerca di miglior sorte altrove.


    Si accorsero di essere quasi giunti a destinazione quando sentirono la voce di Josè, un uomo di fiducia di Juan, richiamare i cavalli per farli rallentare.
    Un insolito silenzio, una innaturale immobilità aleggiava al loro arrivo...nessun rumore di attrezzi, nessun chiacchiericcio di donne o di bambini....nessuno ad accogliere i viaggiatori con il caloroso benvenuto per cui venivano ricordati i soggiorni da chi era stato a Camporeal.
    Josè aiutò i due giovani a scendere dalla carrozza, rimanendo solo ad occuparsi dei cavalli, mentre loro si guardavano intorno...

    Dal di fuori in realtà nulla pareva cambiato.
    Le preziose tende bianche con i loro delicati ricami erano appese alle finestre, le porte erano chiuse...solo il giardino presentava in alcune zone la trascuratezza di cui era stato vittima negli ultimi tempi, erbacce in alcuni punti, fiori secchi in altri, alcuni frutti caduti a terra marciti, un rastrello abbandonato in un angolo....il secchio accanto al pozzo rovesciato....uno scenario di vita sospesa, interrotta....
    Ma lo sguardo dei giovani correva veloce, senza soffermarsi sui dettagli.
    Il groviglio di sentimenti che sentiva dentro uno di loro, in particolare, gli impediva di pensare.

    Un tumulto di emozioni si agitava nel petto di Andrea, la realtà che aveva accuratamente evitato di affrontare ora era lì, davanti ai suoi occhi con tutto il pesante carico che rappresentava, dolore, angoscia, frustrazione, umiliazione, formavano come un unico grande masso che gli premeva sul petto rendendogli faticoso respirare.
    Cercava di trovare la forza per varcare la soglia di quella che un tempo per lui era stata casa, la sua casa....la meta a cui agognava tornare quando era stato lontano, il luogo dove avrebbe voluto crescere i suoi figli, realizzare le sue ambizioni..e invece....tutto finito in una voragine di disgrazie.
    Appoggiandosi alla stampella, cercando la mano di Elisabeth si avviò all'ingresso, aprendo cauto il portone con la grande vetrata che conduceva nel salone.
    Strano, pensò, Camporeal era esattamente come si sentiva lui, distrutto, annichilito, annientato....apparentemente intatto fuori ma devastato dentro.
    Perchè solo quando si ritrovarono all'interno poterono constare gli effetti del terremoto.
    Intere mura sbriciolate, crepe profonde come ferite incidevano in più punti le pareti da cui si erano staccati i begli ornamenti ora sparsi a terra e in frantumi.

    Elisabeth stava qualche passo indietro, con gli occhi spalancati e le labbra socchiuse guardandosi intorno esterrefatta e spaesata , cercando di immaginare quanto fosse stata bella ed accogliente la casa prima del disastro.
    In vita sua non le era mai capitato di vedere nulla di così grande...e raffinato...nella sua isola non c'era niente di simile.
    Con passo incerto, calpestando con attenzione calcinacci, spostando mobili e suppellettili, si facevano strada nel silenzio più completo, interrotto solo dal respiro affaticato di Andrea.
    “Posso aiutarvi?” - disse infine Beth con un sospiro, non sapendo come altro poter rendersi utile.
    “I documenti di cui aveva bisogno l'avvocato dovrebbero essere nel mio studio, in cima alla scale” - rispose l'uomo alzando la stampella in direzione della stanza - “ma potrebbe essere pericoloso raggiungerlo. E' meglio se chiamiamo Josè per aiutarvi...” - aggiunse.
    “Le scale non sembrano aver subito danni e per vedere le condizioni dello studio bisogna per forza salire.
    Non c'è niente che Josè potrebbe fare meglio di me in questo momento, ve lo assicuro, e farò molta attenzione promesso” - e con piglio deciso, raccogliendo la gonna su un fianco per avere maggior libertà di movimento, si avviò verso la direzione indicatele.
    Avrebbe voluto replicare, protestare Andrea, ma sapeva di non avere sufficienti forze per farlo.
    Inoltre Elisabeth era un tipetto molto determinato così, rassegnato, lasciò che lei si inerpicasse per prima.
    “Se volete venire, a parte il disordine il pavimento è a posto, fate solo attenzione a dove vi appoggiate” - echeggiò dopo poco la voce della donna scomparsa alla sua vista.
    La sentiva trafficare, spostare, cercare di farsi spazio....Si decise a salire anche lui, lei da sola non avrebbe mai trovato i registri che gli servivano...quindi con fatica, un gradino alla volta, ripetendosi che doveva riuscirci giunse al piano superiore.
    Appoggiato allo stipite della porta guardava la marea di libri e registri, oggetti vari sparsi sul pavimento; nel mezzo del bailamme c'era Elisabeth.
    La sua attenzione era stata attratta da un piccolo veliero, un delicato piccolo veliero miracolosamente intatto
    “E' bellissimo... è vostro?” - chiese la giovane rigirandolo con delicatezza e ammirazione tra le mani, stupita di trovare un oggetto così fragile ancora integro.
    “Sì, è mio” - “ è un regalo di mio padre a cui ero molto affezionato” - disse prendendolo dalle mani della donna.
    “Raccontatemi vi prego”- lo sollecitò mentre sistemava una sedia per permettere ad Andrea di accomodarsi.
    L'uomo vi si lasciò cadere pesantemente volgendole uno sguardo carico di gratitudine, stare tanto in piedi gli causava ancora molta sofferenza.
    “Risale al tempo in cui mio padre portò Juan alla tenuta, al tempo in cui mi disse che saremmo cresciuti insieme...” - nella mente Andrea come in album rivide scorrere le immagini di suo padre, il suo volto, lo sguardo profondo, severo ...avvertiva ancora l'emozione di quel giorno in cui aveva creduto che non sarebbe più stato solo...
    Continuò
    “Sapesse quanto abbiamo fantasticato su questo veliero, io e Juan! A parte un po' di diffidenza iniziale, stavamo imparando a conoscerci.
    Juan mi affascinava con i suoi racconti sul mare, su quanto fosse bello navigare e di come un giorno sarebbe diventato il capitano di un veliero...bello come questo” - fece una pausa, gli occhi lucidi persi nel ricordo -
    “Anche io volevo essere un capitano, avevamo deciso di prendere i miei risparmi e scappare, imbarcarci insieme e fare i marinai...insieme...volevamo comprare una barca con quei soldi...” scuoteva la testa ripensando all'ingenuità di due ragazzini dalla fantasia vivace.
    Guardò Elisabeth con un sorriso amaro - “ Se solo avessi immaginato...saputo che Juan era mio fratello, quante cose sarebbero cambiate, per lui, per me....invece dopo poco mio padre ebbe l'incidente che lo uccise, e Juan sparì senza una parola finito il funerale...”
    Sospirò restituendo nelle mani della giovane la piccola imbarcazione.
    “Signorino Andrea?....Signorino Andrea?”... - una flebile voce tanto cara al giovane veniva dal pianoterra.
    Per la prima volta, da mesi, un sorriso spontaneo si dipinse sul volto di Andrea.
    “Dolores!” - disse prima in un sussurro poi sempre più forte “Dolores, Dolores!”
    “Signorino Andrea, sono qui, sotto” - rispose la voce.
    Apparteneva all'anziana balia di Andrea, colei che lo aveva allattato, cullato, consolato, divertito da quando era solo un bambino.
    Con l'aiuto di Elisabeth raggiunse l'anziana, la strinse in un lungo abbraccio di sincero affetto che la donna ricambiò.
    Lei pose le mani magre e rugose sul volto bianco e affilato dell'uomo.
    “Siete vivo! Sia lode al Signore, siete vivo! Ho pregato tanto la Vergine Santa perchè voi foste in salvo!
    Arrivavano notizie terribili dalla capitale, ma io non ho mai perso la speranza!”
    Poi con gli occhi pieni di lacrime l'osservò meglio e notò i segni del dolore vissuto, nel corpo e nella mente
    “Ma siete ferito? Come state?”- aggiunse vedendo la stampella a cui si appoggiava .
    Andrea cercò di rassicurarla
    “Non è nulla di grave, Dolores cara, una ferita durante il terremoto, la casa di Città del Messico è stata praticamente distrutta ma Beatrice e Juan....e la signorina Elisabeth – disse indicandola - mi hanno salvato, si sono presi cura di me e ora son quasi guarito” - mentì.
    “Non mi sembra vero di vedervi qui, finalmente a casa!
    Tutti erano preoccupati per voi e da quando la signora Sofia e Basilio sono morti, che riposino in pace” - disse con la voce incrinata dalla commozione” -
    “ di voi non c'erano notizie...Poco alla volta se ne sono andati via tutti, tutti...ma non io, io sapevo che sareste tornato un giorno e vi ho aspettato” - stringeva la mano di Andrea portandosela stretta al viso, esprimendo con quel semplice gesto il grande affetto che nutriva per il giovane Aleardi.
    Come poteva dire a Dolores che non era venuto per restare?
    Che mai più sarebbe stato il padrone della tenuta, si chiedeva Andrea.
    I piccoli occhi scuri sul viso scavato dell'anziana erano accesi di emozione e speranza, forse presto sarebbe tornato tutto come un tempo...
    “Dolores, non sono venuto per restare, né ora né mai.
    Sono successe tante cose..troppe.
    Avevo bisogno di alcuni documenti che erano rimasti qui, ma non posso tornare a Camporeal, non posso.”
    C'era sincero rincrescimento nelle parole di Andrea, l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era deludere di nuovo qualcuno, dare di nuovo una sofferenza, specie a lei, la figura più buona e affettuosa, sempre presente di tutta la sua vita a Camporeal, da che lui ne avesse memoria.
    Spesso la madre si chiudeva in camera afflitta dalle sue terribili e lunghe emicranie, non aveva energie per il piccolo Andrea.
    Che invece trovava sempre sorrisi e attenzioni nella dolce Dolores.

    Ricordava quando gli preparava la merenda e di nascosto da Sofia andavano a consumarla nel parco della tenuta...o quando lo accompagnava a fare il bagno nel torrente allorchè Sofia glielo vietava perchè temeva che si ammalasse.
    Il padre era troppo spesso assente per lunghi viaggi, tornava carico di regali per moglie e figlio certo...ma l'unico regalo che il bimbo voleva era stare con lui, seguirlo a cavallo, ma quel dono, quello più desiderato, non arrivava mai...
    Per cui tra i momenti più sereni della sua fanciullezza c'erano proprio quelli trascorsi con la fedele balia.

    Era avvolto tra pensieri ed emozioni quando si accorse che Dolores lo fissava in silenzio, seria.
    “Mi spiace davvero Dolores ma ce ne andremo prima di sera” -
    “Prima che ve ne andiate però, vi devo dare una cosa” - disse la donna estraendo da un sacchettino in tela, che portava appeso al collo, una piccola chiave argentata -
    “Vostra madre prima di partire per la capitale con Basilio per venire a cercarvi mi diede questa da conservare. Avrei dovuto restituirgliela al suo ritorno....o se le fosse successo qualcosa darla a voi”.
    Il giovane la prese tra le mani, aggrottando le sopracciglia
    “E a cosa serve questa?”
    “Non lo so signorino, mi disse solo che voi avreste capito e di darvela il giorno in cui sareste tornato a casa”.
    Elisabeth che finora si era tenuta in disparte, si avvicinò per vedere meglio l'oggetto da vicino.
    “E' così minuscola” - osservò rigirandola tra le dita - “sembra la chiave di uno ...scrigno...o un cassetto molto piccolo”
    Le parole della giovane illuminarono la mente del giovane Aleardi

    “Mia madre nella sua camera...aveva un piccolo secretaire dove sbrigava la sua corrispondenza personale...ricordo di averla spesso vista chiudere un cassetto con una chiave particolare....un cassetto quasi segreto, se non si sa dove guardare non lo si nota nemmeno...”
    “Cosa aspettiamo allora, andiamo a cercare nella camera e vediamo cosa contiene di tanto importante” .
    Tutta la faccenda aveva incuriosito molto Elisabeth, aveva stimolato il suo spirito investigativo.

    Andrea sospirò, non voleva recarsi in quella parte della casa, troppi ricordi lo attendevano come cani feroci pronti a fargli a brandelli l'anima e il cuore.
    Ma non poteva esimersi dal farlo, così tutti insieme si fecero strada .
    Attraversano quella parte dell'edificio in cui erano situate le camere da letto e fu inevitabile passare davanti a quello che era stato il talamo nuziale di Anna e Andrea.

    E come una ferita che ricomincia a sanguinare, così sanguinava il cuore di Andrea alla vista del suo letto di nozze......
    Decine di momenti si accavallarono nella sua mente, i ricordi di Anna, la sua risata....il suo modo di camminare, di muoversi così civettuola, provocante......il suo profumo, quando si avvicinava, sinuosa come un gatto, in cerca della sua approvazione per qualche folle capriccio....e lui, ingenuo, stupido, pronto ad assecondarla ogni volta... sempre... sentiva ancora le braccia morbide stringerlo, le sue mani accarezzarlo...quelle stesse mani che gli servivano il veleno nel bicchiere....

    Un capogiro lo costrinse ad appoggiarsi al muro, al contempo un forte senso di nausea gli attanagliava lo stomaco.
    Beth si accorse del malessere del giovane, i suoi grandi occhi grigi capirono di cosa si trattava.
    La sua empatia innata le permetteva quasi sempre di comprendere cosa stesse succedendo, senza bisogno di parole.
    Prese la mano di Andrea che a quel tocco gentile riaprì gli occhi e fu di nuovo in contatto con la realtà.
    Seguì docile le due donne fino alla camera di Sofia.

    Qui c'era meno confusione rispetto al piano terra, forse la donna prima di lasciare la tenuta aveva sistemato qualcosa...

    Accanto alla maestosa porta in ebano, con i vetri a mosaico che dava accesso ad un ampio terrazzo con vista sul parco, trovarono il mobile descritto da Andrea.
    Aprirono la ribaltina e in bell'ordine c'era la carta personalizzata per la corrispondenza della signora Aleardi, l'elegante calamaio, un piccolo cofanetto aperto contenente alcune gioie...ma non vedevano altri cassetti...

    Si fece avanti Andrea
    “Se non ricordo male...” - ruotò dei piccoli fiorellini in bronzo lavorato ai lati del mobile che apparivano come una deliziosa decorazione a prima vista, invece uno di loro nascondeva una serratura. - “provate qui” -
    Beth ubbidiente fece scivolare la piccola chiave nella serratura , mezzo giro e si udì uno scatto secco: uno scompartimento si aprì ai loro occhi indagatori, conteneva qualcosa...due lettere.

    Una sulla busta recava, con la raffinata scrittura di Sofia, la dicitura “Per Andrea”.
    L'altra invece era molto ingiallita...macchiata..macchie di un colore marrone scuro..
    Lasciò che fosse Andrea a prenderle, il quale posò la prima per concentrarsi sulla seconda.
    Esaminandola scoprì essere indirizzata all'avvocato Manera e così, come era stato semplice identificare la calligrafia di Sofia, altrettanto facile fu riconoscere quella del padre.

    “Oh mio Dio...” - esclamò Andrea dopo un primo attimo di incredulità, - “questa lettera ..è di mio mio padre”- aprì delicatamente il documento - “ l'aveva con sé il giorno stesso in cui è morto...questo è .....”
    Realizzò che le macchie altro non erano che il sangue di Francesco, probabilmente aveva con sé la lettera il giorno in cui ebbe il fatale incidente.
    Lesse con gli occhi velati di lacrime le righe scritte dal padre, quasi gli pareva di udirne la voce calda e profonda

    ”Io sottoscritto Francesco Aleardi DellaValle nel pieno possesso delle mie facoltà fisiche e mentali, con questo scritto intendo riconoscere il ragazzo Juan, come mio figlio naturale concepito prima del matrimonio con la signora Helena Sanchez, ed è mio desiderio che cresca con l'altro mio figlio Andrea come il fratello che è, in conseguenza voglio che tutto il mio patrimonio e le mie sostanze vengano equamente divise tra i miei figli ....”
    Continuava disponendo le sue volontà in caso di morte.

    Le donne restarono in silenzio aspettando che Andrea finisse la lettura, capendo che doveva trattarsi di qualcosa di grave.

    Una lacrima scendeva lenta, stanca, bagnando il volto scavato di Andrea , il quale passò il foglio ad Elisabeth affinchè ne leggesse anch'ella il contenuto.
    “Oh Signore!...Andrea, ma in questa lettera vostro padre intendeva riconoscere da subito il signor Juan come suo figlio e vostro fratello! Ed è rimasta nascosta tutto questo tempo??
    “Mia madre...mia madre sapeva tutto...ha sempre saputo tutto...ora capisco tante cose...troppe”
    Con una smorfia e lo sguardo perso lontano, la lettera tra le mani, Andrea sedette senza forze sul letto.
    “Leggete voi l'altra lettera, ve ne prego”
    Ascoltò la giovane con il capo stretto tra le mani.
    Dolores intanto assisteva, presenza silente, da un angolo della stanza.
    Con la fronte corrugata la giovane iniziò la lettura
    “Mio adorato figlio..” - si schiarì la voce e riprese – mio adorato figlio, se leggerai questa lettera è perchè io sono morta e, nel qualcaso, posso solo sperare nel perdono divino, quello degli uomini non mi è mai interessato.
    Ma ho bisogno di spiegarti, figlio mio , di sperare che tu possa capire e perdonare ciò che ho fatto, anche se le mie mani non potranno più accarezzarti ne la mie braccia stringerti.

    La lettera che troverai nel cassetto sì, è di tuo padre.
    La scrisse la notte in cui avemmo una terribile discussione carica di risentimento e rancore, ed il giorno seguente lui morì.
    La trovò Basilio e io leggendone il contenuto pensai di nascondertela.
    Non potevo permettere che l'arrivo del bastardo ti mettesse in ombra!
    Mi ero accorta di quanto piacesse a tuo padre!
    Tu eri, sei e sempre sarai l'unico vero Signore, il padrone di Camporeal!
    Io lo vidi dal primo giorno quanto quel bambino fosse sveglio, scaltro, avrebbe approfittato di te, della tua bontà, del tuo animo nobile, ti avrebbe messo in secondo piano e io come madre non potevo permettere che succedesse.
    Mi accorsi del rischio che avresti corso se quel selvaggio fosse rimasto e feci di tutto per farlo allontanare.
    Non mi importava della sua sorte, la sua assurda somiglianza con tuo padre, persino nel modo di camminare, di guardarti erano identici, era una pugnalata per me, un offesa continua alla mia persona.
    Ho odiato profondamente tuo padre per la situazione in cui ci aveva indotto.
    Lo avrei ucciso io stessa, e il giorno dell'incidente ho visto l'occasione per rimettere le cose al loro posto, come dovevano essere. Era un segno del destino.
    Forse ho sbagliato mio adorato figlio, perdonami, ma tutto ciò che ho fatto è stato solo, unicamente per l'infinito affetto che ho per te, sempre e solo per il tuo bene.
    Con tutto il mio amore, mamma.




    Richiuse i fogli la giovane, soffermando lo sguardo su Andrea che invece fissava il pavimento ammutolito.
    “Come potete chiedermi di capire madre, di perdonare...quando avete deliberatamente mentito, per anni, rovinando la vita di un innocente?”
    Non c'erano altre parole da dire, era stato detto tutto
    Non c'era possibilità di rimediare, quello che era successo a Juan, tra Juan e Andrea...era tutto frutto delle sue menzogne, delle sue azioni vergognose.

    Elisabeth cercò di rincuorare il giovane
    “So che non è giustificabile il comportamento di vostra madre...e certamente non era una persona dal cuore d'oro...ma vi amava molto , un modo contorto, malato di amare, letale per chi le stava intorno e forse non se ne rendeva neanche conto.
    Cercate di conservarne i ricordi migliori ...”-
    “ Non posso, mi spiace ma non posso.
    Come avete potuto madre mia...come?.. Dovrò convivere con questa consapevolezza per il resto della mia vita!”

    Andrea si alzò dal letto e fece qualche passo verso la donna - “Voi non capite, Juan ha avuto sempre ragione, sempre.
    Quello che ha ricevuto da questa famiglia non potrà scordarlo mai.
    E io sono rimasto l'ultimo rappresentante di questo schifo”
    Con rabbia lanciò la stampella contro la parete.
    “ Mia moglie in fondo aveva visto giusto, aveva scelto il fratello migliore” .
    Sentiva in bocca un sapore amaro come il fiele.
    Beth lasciò che Andrea scaricasse la tensione ma era altresì decisa di impedirgli di sprofondare nuovamente dalla catatonia di qualche mese prima.
    “Sfogatevi, arrabbiatevi, vi fa bene, ma non solo in una direzione, non siate autolesionista.
    Certo avrete fatto degli sbagli.
    Ma la regia del disastro non è vostra, come non è stata di vostro fratello.
    Vi siete trovati protagonisti di una scena preparata da altri.
    Non siete soddisfatto di voi stesso?
    Bene, allora cambiate Andrea, siete giovane, potete ancora cambiare direzione, ricominciare da capo.
    Ribellatevi.
    Dentro di voi continua a vivere l'orgoglio degli Aleardi, quel fuoco che avete alimentato con il risentimento per vostro fratello usatelo ora per cambiare la vostra esistenza.”


    Aveva le gote leggermente imporporate dall'enfasi e, dai capelli raccolti nel morbido chignon, sfuggivano alcune ciocche ribelli.
    Era delicata e al contempo altera, pensò la vecchia balia, molto bella, perchè il signorino Andrea non se ne rendeva conto?

    A lei Anna non era mai piaciuta, sua sorella Beatrice sì, lei sì che sarebbe stata la compagna ideale, ne era convinta.
    Aveva sempre creduto che Anna avesse ingannato con qualche magia Andrea, lei aveva una luce nera negli occhi, un'ombra di morte inquietante; non capiva Dolores se era per se stessa o per gli altri, ma era certa che quella donna fosse pericolosa.
    Quello che aveva fatto la signora Sofia lei non lo aveva mai immaginato, ma il giorno in cui Juan arrivò ferito alla tenuta tutto era diventato chiaro.

    Sapeva che la signora non era buona, era arida con tutto il mondo tranne che con il suo Andrea.
    Ciò che aveva fatto però era troppo anche per lei.
    Soffriva nel vedere quanto il giovane, che per lei era come il figlio mai avuto, fosse stato piegato dagli eventi.
    Aveva fiducia però che avrebbe trovato la forza per rialzarsi, per redimersi se non lo avessero lasciato solo. Lo conosceva bene, sapeva quanto buono e generoso fosse nonostante l'educazione di Sofia.

    Elisabeth non voleva essere brusca, a volte si rammaricava nell'esserlo.
    Quell'uomo gli faceva una pena infinita e avrebbe voluto assecondarlo, dargli ragione, sì aveva ragione nel sentirsi così devastato.
    Ma non poteva, non era quella la medicina di cui aveva bisogno.

    La lunga mattinata stava volgendo al termine, si accorse che l'ora di pranzo era passata da un pezzo.
    “Direi che possiamo mangiare e metterci in viaggio per tornare” esordì per allentare la tensione, raccogliendo la stampella e porgendola all'uomo.
    “ Non ho fame, possiamo ripartire anche subito” replicò Andrea.
    “Come se non lo avessi immaginato signor Andrea” - rispose piccata la giovane “ - “ma è un ordine del medico per cui niente capricci, troviamo un posto tranquillo e mangiamo ciò che ci ha preparato Maria”.

    La governante dell'avvocato Manera aveva preparato un cesto con il cibo sufficiente a sfamare un esercito, cosicché fu naturale dividere il pasto con Josè e Dolores..
    Mangiarono nella povera cucina della donna, che fece di tutto per ospitarli al meglio, mise una tovaglia pulita, della frutta appena colta e dell'acqua fresca.
    Andrea toccò a malapena il piatto, un po' di frutta e in seguito alle insistenze di Elisabeth si sdraiò sul giaciglio approntato con solerzia e affetto da Dolores per fare riposare un poco la gamba prima della partenza.
    Mentre Josè si occupava dei preparativi per il ritorno, le due donne uscirono per lasciar riposare tranquillo il giovane e si misero pigramente a passeggiare mentre la balia descriveva la vita alla tenuta dei tempi migliori.
    C'era una pace estrema, considerava Beth ascoltando con interesse, ogni tanto un alito di vento rendeva la calura più sopportabile e il canto degli uccelli si spandeva i armonioso all'intorno.
    Elisabeth si stava rendendo conto di quanto immensa fosse la tenuta di Camporeal, c'era da perdersi, pensò.
    Arrivarono davanti a un edificio incompleto ma si notava che era stato restaurato da poco.
    “E questa è la scuola voluta dalla signorina Beatrice, la scuola per i figli dei braccianti” - spiegava intanto Dolores - “Sapesse signorina quanta cura di noi poveri aveva la contessina! Aveva tanto insistito con il signor Andrea perchè mettesse a nuovo la scuola, che da quando era morto il signor Francesco non era stata più usata....ma poi è arrivata la signora Anna....e tutto è finito”
    Abbassò il capo mestamente.

    “Penso che l'idea della signora Beatrice fosse un'ottima idea, e per quel poco che ho potuto conoscerla, non fatico a credere nel suo buon cuore. Non ho conosciuto la sorella, ma le sue azioni purtroppo, parlano per lei.
    Era sicuramente un animo poco nobile....”
    Dolores si fece un rapido segno della croce
    “ Risposi in pace lei, come la signora Sofia. Ma erano due persone molto egoiste.
    Da quando la signora Anna si trasferì qui, dopo il viaggio di nozze, ci sono stati solo problemi.
    Era viziata, falsa....maltrattava tutta la servitù...ma il signorino Andrea non si accorgeva di niente...”.

    Elisabeth assentì con il capo, poi osservando la scuola, pensò quanto potenziale c'era per rendere la vita serena a tante persone in quel luogo.
    Andrea avrebbe potuto fare molte cose buone per aiutare gli altri e questo lo avrebbe aiutato a guarite dalle sue ferite...certo ne avrebbe conservato per sempre le cicatrici ma era da lì che doveva ricominciare.
    Assorta nelle sue riflessioni e godendo della compagnia semplice ma buona della balia, non si accorse che si stava facendo tardi.
    Quando tornarono alla casupola di Dolores trovarono Andrea in attesa di partire.

    Al momento di accomiatarsi Andrea abbracciò a lungo Dolores
    “Sei sicura di voler restare qui? A San Paolo posso trovarti un buon posto dove stare”
    “No signorino, io non mi muovo. Resto qui ad aspettare il vostro ritorno” - “Non illuderti Dolores, non tornerò più.
    Farò in modo che non ti manchi nulla e per qualsiasi necessità rivolgiti pure all'avvocato Manera, penserà lui a tutto”.
    Le fece una carezza sul viso, cercando di imprimersi nel cuore l'immagine di quegli occhi scuri, pieni di affetto che muti lo supplicavano di fermarsi.
    Si volse, zoppicando si avviò verso la carrozza e aiutato da Josè prese posto all'interno.
    Elisabeth lo stava seguendo quando sentì la mano fresca e lieve della donna trattenerla delicatamente per un braccio.
    “Non lasciatelo solo signorina, ve ne prego, non abbandonatelo”
    Le sorrise affettuosa la giovane, poggiando la mano sulla sua
    “State tranquilla, veglierò sulla sua guarigione più a lungo possibile, finchè il signor Andrea vorrà.
    E vi manderò sue notizie, in qualche modo faremo, ve lo prometto”.
    L'anziana donna abbassò il capo per nascondere quel misto di commozione e gratitudine che provava in quel momento.
    Si fidava della giovane Elisabeth.
    Li guardò allontanarsi con i cavalli che trottavano sempre più veloci.
    “Tornerai a Camporeal figliolo, lo so, e sarai il migliore padrone della tenuta, il sangue degli Aleardi scorre nelle tue vene.”
     
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    Ho letto tutto il racconto bravissima
     
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    Capitolo 65



    Con lo sguardo serio l'uomo fissava la costa allontanarsi sempre più...le case dai colori vivaci si stavano facendo dei puntini lontani dei quali non si distinguevano più le forme ...i rumori del porto scomparsi, gli altri passeggeri si erano ormai ritirati, rimaneva solo lo sciabordare delle onde contro lo scafo, e la voce di qualche marinaio sul ponte che rispondeva agli ordini del primo ufficiale.
    Non stava soffrendo....in lui c'era solo immensa tristezza e desolazione. Si sentiva come prigioniero in un limbo ovattato dove i sentimenti, tutti, sembravano sopiti.
    Non si sentiva più un uomo, un uomo degno di essere chiamato uomo....aveva odiato così intensamente la moglie e il fratello, aveva avuto pensieri così neri, terribili propositi di vendetta di una tale potenza da sentirsi ora svuotato, senza uno scopo. Un contenitore, e neanche in buono stato, senza un'utilità, un anima.
    Come quegli oggetti in bella vista nelle case ai quali non si sa dare una funzione, vengono spostati da un mobile all'altro ma nessuno ricorda per cosa erano stati acquistati, destinati solo a riempirsi di polvere.
    Si sentiva così più o meno, Andrea.

    In fondo era trascorso poco più di un anno rifletteva, appoggiato con il capo chino al parapetto dell'imbarcazione, ma sulle spalle sentiva il peso di una vita intera.
    Era proprio lì, sul ponte della nave, a guardare la costa allontanarsi in compagnia di Alberto che tutto era iniziato....... il viaggio che lo riportava in Messico, quando lasciava la costa europea pieno di speranza, il cuore gonfio di orgoglio e la mente affollata di progetti per il futuro, di piani per la gestione di Camporeal.

    Ansioso di arrivare, di rivedere la madre, di iniziare una nuova vita e formarsi una famiglia, con l'amico al suo fianco mentre scherzavano sulle belle fanciulle che al suo arrivo avrebbero fatto a gara per mettersi in mostra e conquistarsi la sua attenzione.....
    E invece era tutto finito, finito per sempre.
    Aveva perso nel più tragico dei modi la sua identità, ciò che lo faceva sentire uomo... la sua dignità e l'orgoglio calpestati e distrutti dalla donna a cui aveva donato il cuore, con fiducia, passione... colei che avrebbe dovuto essere madre dei suoi figli....già, figli....in fondo era meglio che non ne avessero avuti, altrimenti sarebbero state altre vittime innocenti della egoistica follia di Anna.

    La voce di Elisabeth lo riscosse dal suo torpore, era l'ora della medicina.
    Riprese il bastone e si girò avviandosi lentamente verso la delicata figurina che con la mano cercava di attirare la sua attenzione.
    Il vento stava aumentando e stringendosi nel mantello fece cenno di aver inteso. Mentre si avviava rifletteva sulla personalità di quella giovane donna.
    Seppur l'avesse ormai stipendiata e assunta come infermiera, riconosceva in lei una forza e una determinazione unica, che andava oltre alla professionalità.
    Al suo fianco sempre, senza recriminare, gentile ma ferma. Impedirgli di rintanarsi in quel buco scuro in cui Andrea avrebbe voluto sprofondare per il resto della vita, era davvero un'impresa non da poco.
    Lei riusciva a farlo mangiare quando non aveva appetito, a farlo alzare quando non desiderava che stare sdraiato al buio, a fare conversazione anche quando lui rispondeva con poche, scarne parole.
    Aveva davvero una pazienza encomiabile Elisabeth.
    Lei riponeva molta fiducia in quel viaggio, nei benefici che il cambiamento avrebbe portato alla sua salute e al suo spirito, Andrea però non ne era affatto convinto.
    Ma non aveva le forze necessarie per opporsi e neanche dei validi motivi. Solo il tempo avrebbe dato ragione a uno di loro due.



    Londra...


    - ….E' proprio una grande scatola...sì...e miss Elisabeth sì, sono io...room 167...così dice il biglietto...non può essere uno sbaglio... - rifletteva la giovane fissando, senza trovare il coraggio di aprire, il grosso pacco con un fiocco blu poggiato sul letto della camera d'albergo che occupava da qualche giorno.

    C'era un biglietto d'accompagnamento, con un po' d'emozione lo aprì, estrasse l'elegante carta personalizzata del mittente...la bella e chiara calligrafia riportava le seguenti parole
    - ...Accettate questo pensiero come ringraziamento per la vostra insostituibile compagnia Elisabeth, sperando di farVi cosa gradita …- e in fondo la sigla A.A.

    Gli occhi di Elisabeth brillavano quasi, per la contentezza, trepidante decise di sciogliere il nodo e aprire il coperchio, non le restava altro da fare per scoprirne il contenuto.
    Dalla delicata velina bianca estrasse un preziosissimo cappottino in cashmire di color carta da zucchero, con una delicata pelliccetta che ornava il collo e le maniche rendendo il capo confortevole ed elegante al tempo stesso.
    Un sorriso radioso e un esclamazione di meraviglia accompagnarono la prova del cappotto, le calzava a pennello, le faceva risaltare la vita sottile e il colore si intonava perfettamente a quello dei suoi occhi.

    Da quando erano arrivati in Europa, Andrea le aveva dimostrato in più occasioni di essere un uomo molto galante e generoso. Nonostante all'inizio fosse molto cupo e chiuso, neanche allora era mai stato sgradevole nei suoi confronti.
    Poi, con il passare dei giorni, il viaggio in Italia e poi in Spagna, la visita alla scuola militare dove si era fatto uomo e il rivedere vecchie conoscenze che ignoravano completamente cosa gli era accaduto, iniziò a riprendersi, poco a poco stava tornando la persona che probabilmente era prima che sposasse Anna.
    Certo era cambiato, sulle tempie erano precocemente spuntati molti fili argentati, a contrastare i lineamenti giovani del viso ma ciò non faceva che aumentarne il fascino. Solo a un attento osservatore non sarebbe sfuggito però il velo grigio che toglieva vivacità al suo sguardo.
    I sorrisi stampati non coinvolgevano mai i suoi occhi chiari nei quali era sempre viva invece la nota del dolore.
    Aveva come congelato i suoi sentimenti, si muoveva elegante ed educato come sempre, ma aveva imparato a indossare una maschera che gli altri accettavano.
    Nonostante tutto, le sue condizioni fisiche erano in deciso miglioramento, la gamba era quasi del tutto guarita, le lesioni rimarginate, portava ancora il bastone per via di una leggera difficoltà a piegare il ginocchio, ma Elisabeth era convinta che fosse più un sostegno psicologico che fisico.
    Si trovavano a Londra ora, era stato Andrea ad insistere molto perché facessero tappa in Inghilterra, voleva che lei conoscesse la terra da cui provenivano il padre e la madre, la sua famiglia d'origine. E lei si sarebbe sentita un'ingrata a rifiutare la proposta di conoscere i suoi familiari.

    Beth in realtà non fremeva all'idea, i racconti di suo padre descrivevano un posto assai diverso da quello in cui era cresciuta....
    Il buon dottore le aveva raccontato le meraviglie dell'Italia, lui e la giovane moglie amavano molto le terre italiche, e della Spagna meridionale, con il caldo sole che illuminava le giornate e infatti questi posti erano piaciuti molto anche a lei.

    Mentre della Gran Bretagna, pur essendo la loro terra natia, l'uomo conservava così tanti ricordi spiacevoli che non aveva mai espresso il desiderio di farvi ritorno né tanto meno di riportarvi la piccola Elisabeth.
    Ma ora che si trovavano in Europa sarebbe stato sciocco non approfittare dell'occasione di conoscere la famiglia Saymour, il ramo nobile da cui discendeva la madre...dal lato paterno non erano rimasti parenti in vita e non aveva sentito meraviglie neanche di quella discendenza.

    L'amore di suo padre e sua madre era stato ostacolato in tutti modi possibili, al limite del lecito, per questo i due giovani furono costretti a una rocambolesca fuga che li portò in modo del tutto fortuito sull'isola di San Sebastian dove era vissuta Beth. Il destino crudele colpì ancora una volta prendendosi presto la giovane vita di Lady Caroline, lasciando soli il padre e la sua bimba.
    Ad Elisabeth però non era mai mancato nulla ed era cresciuta serena seppur nel dorato tranquillo isolamento di San Sebastian

    Ora questo viaggio con il signor Aleardi rappresentava l'evento più importante della sua vita, per convenienza era stata presentata come la figlia di una lontana cugina della famiglia Dellavalle, avevano visto posti di cui aveva solo letto sui libri, frequentato salotti di persone importanti e proprio grazie al giovane si era sempre sentita protetta, accolta con educazione e gentilezza, e per questo si sentiva estremamente fortunata.
    Si rendeva anche conto che presto questa situazione sarebbe cambiata, non sapeva ancora quali intenzioni per il futuro avesse il signor Andrea , quali fossero i suoi progetti.
    Quando aveva cercato di intavolare il discorso lui era sempre apparso molto evasivo, ed abilmente riusciva a deviare su altri argomenti.
    Per ora si godeva più che poteva la sua compagnia, era davvero un uomo molto colto, una piacevolissima persona....si era resa conto ultimamente di sentire una piccola fitta dolorosa al cuore al pensiero che un giorno i loro destini avrebbero potuto separarsi per sempre.
    Così stava imparando a fare tesoro del tempo trascorso insieme, ed ora questo piccolo gesto dedicato a lei, il pensiero che quell'uomo avesse speso parte del suo tempo per scegliere e mandarle quell'adorabile cappottino, la faceva sentire quasi commossa.


    Passarono poche settimane e un pomeriggio Elisabeth fu accompagnata dalla zia Prudece Seymour , Duchessa del Somerset figlia del decimo duca di Somerset e prima sorella della madre nonchè sposa di Henry Howard settimo duca del Devonshire, così gli disse Andrea.
    La carrozza si fermò davanti a un grande palazzo nei pressi di Londra e alla porta li accolse un maggiordomo dal portamento rigido ed impeccabile che, informato del loro arrivo, li accompagnò in un grande salone.
    Andrea attese l'arrivo di Lady Prudece in un'altra stanza, voleva che zia e nipote avessero modo di conoscersi e parlarsi in privato.
    La giovane, impaziente, incominciò a guardarsi intorno.
    Era certo una splendida residenza, sul grande salone si aprivano ampie vetrate dalle quali si poteva ammirare un bellissimo giardino perfettamente curato, con piccoli viottoli che si addentravano nel verde brillante della vegetazione rigogliosa e che in primavera doveva essere un tripudio di fiori.
    Elisabeth non faticava ad immaginare le eleganti signore passeggiare pigramente con i loro raffinati ombrellini di seta aperti durante i tiepidi pomeriggi di sole.
    Sole, si chiedeva la giovane ora posando lo sguardo sulla stanza e gli arredi, si poteva chiamare sole o era una sua pallida imitazione? Era così diversa la luce in Inghilterra....così diversa dalla sua isola, da San Paolo!
    Nel grande camino ardeva un fuoco vivace, in contrasto con la giornata uggiosa, che sembrava dare vita alla stanza troppo grande e silenziosa per risultare accogliente, e sopra di esso un importante orologio a pendolo scandiva monotono e preciso lo scorrere del tempo.

    Beth sospirò avvicinandosi al camino per scaldarsi le mani, quando lo spalancarsi improvviso delle porte annunciò l'arrivo di lady Prudence.
    - “Buona pomeriggio duchessa” - pronunciò la giovane con un leggero inchino.
    Chiamarla zia le sembrava troppo confidenziale , in fondo erano perfette sconosciute.
    Ricevette in cambio un'occhiata fredda e severa che la mise ancor più a disagio.
    Si sentiva osservata, quasi analizzata dall'aristocratica elegantissima e matura signora, come se fosse stata su uno di quei vetrini che il padre le mostrava quando da ragazzina le insegnava ad usare il microscopio.
    “Buon pomeriggio... Elisabeth, giusto? “ - la voce pacata e controllata dall'inglese perfetto ruppe il silenzio – la figlia della mia povera sorella Caroline, da quanto mi ha riferito il Signor Aleardi DellaValle che vi ha accompagnato. E non stento a crederlo, le somigliate tantissimo” – disse indicando con la mano un ritratto che occupava la parete opposta della stanza in cui si trovavano alcuni dipinti di famiglia.
    Elisabeth spalancò gli occhi, convenne che in effetti sembrava un suo ritratto, se non fosse stato per il colore degli occhi che lei aveva molto più simili al padre.
    “ Di quella sconsiderata di Caroline aggiungerei – riprese Lady Prudence facendo cenno alla nipote di accomodarsi su una delle poltroncine - visto il suo assai poco nobile comportamento”.
    “Non ho ricordi di mia madre, purtroppo, morì quando ero ancora molto piccola - Beth si sedette composta, con la schiena dritta e lo sguardo fermo, pronta a sostenere quel colloquio che presagiva sarebbe stato poco gradevole.
    Mi ha cresciuta mio padre, tutto ciò che posseggo di lei sono alcune foto e i racconti della loro vita insieme, del grande amore che li univa. E questa “– prese tra le mani un ciondolo, con uno zaffiro incastonato al centro che portava sempre al collo.
    La zia inarcando un sopracciglio osservò il gioiello – E' un antico monile che è sempre appartenuto alla nostra famiglia, è dove dovrebbe essere..
    Bene, ho saputo dal signor Aleardi che avete vissuto fino a poco tempo fa su un isola con vostro padre..e che avete..lavorato.. per mantenervi in questi ultimi tempi “– nel pronunciare queste parole Elisabeth avrebbe giurato di aver notato un impercettibile smorfia di disgusto sulle labbra della zia.
    Come ad un segnale convenuto fece il suo ingresso una giovane e sottile cameriera con il vassoio del té.
    Con mano esperta e sicura poggiò teiera e tazzine e un'alzatina con deliziosi tramezzini farciti. Ad un cenno del capo, quasi invisibile, della padrona si allontanò silenziosa come era arrivata, lasciando che fosse Lady Prudence a terminare la cerimonia.
    “Credo che vostro padre vi abbia raccontato perchè dovette lasciare con una certa urgenza l'Inghilterra suppongo – il té ora fumava bollente nella tazza di Elisabeth – e lo scandalo che ne seguì quando Caroline decise di sposarsi con lui andando contro la volontà di nostro padre” -
    Elisabeth assentì con lo sguardo e sorseggiò un goccio della bevanda scura, più per riflettere sulla risposta che per la voglia di bere.
    “Sì” – mio padre mi raccontò ogni cosa, della grande ingiustizia commessa nei suoi confronti e di come tutta la famiglia si oppose strenuamente all'unione dei miei genitori” -
    “ Bene” - “è acqua passata ormai, giustizia fu fatta anni dopo e il nome di vostro padre direi riabilitato, ma non avendo più notizie li pensavamo morti e non sapevamo della vostra nascita, ovviamente.
    In quanto figlia di Caroline avete diritto a considerarvi parte del nostro casato, infine siete una duchessa del Somerset con i privilegi riservati al nostro rango.
    Certo, trovarvi un marito alla vostra età e con una storia alle spalle così difficile, senza la necessaria educazione...sarà un'impresa non semplice, ma prometto che ci metterò tutto l'impegno possibile affinchè abbiate una sistemazione soddisfacente.”
    L'azzurro che vibrava nei loro occhi aveva la stessa tonalità ma la luce che animava lo sguardo di Beth in quel momento era decisamente bellicosa. Non poteva credere a ciò che aveva appena sentito.

    “Non desidero sposarmi né che mi troviate nessuna sistemazione, come dite voi” - riprese alzandosi di scatto la giovane duchessa, facendo tintinnare e ondeggiare pericolosamente la tazzina.
    La nobildonna le restituì un'occhiata di sufficienza, come se da lei non si aspettasse niente di diverso.
    “ Certo non mi illudevo di venire accolta a braccia aperte ...o con affetto...ma neanche di venire trattata come un'incombenza, una pratica in sospeso da sistemare al più presto, no non lo accetto!
    E posso garantirle che mio padre mi ha impartito un'educazione più che consona, altrimenti in questo momento lei avrebbe la prova del contrario ”
    Era estremamente nervosa e a disagio.
    “ Non so che cosa vi abbia detto il signor Andrea, ma penso ci sia un grosso equivoco.
    Apprezzo e lo ringrazio per il pensiero di avermi fatto conoscere la mia famiglia d'origine, sono grata che mi abbiate ricevuto e riconosciuto come vostra nipote ma, mi creda, non ho alcun bisogno di essere sistemata Lady Seymour!”
    Respirò a fondo, guardano l'impassibile donna seduta davanti a lei, e continuò
    “Capisco che per voi sia un concetto difficilmente assimilabile date le vostre usanze e costumi, ma io non desidero trovare nessun nobile consorte.
    Sono un'abile infermiera, posso provvedere a me stessa come ho fatto sino ad oggi, se questo vi preoccupa. Non temete, non ho intenzione di armare nessuno scandalo, nessuno conosce la mia esistenza, e continuerà ad essere così. E dei privilegi legati al casato...beh, non saprei cosa farne mi dispiace.”
    Lady Prudence, con il sorriso di circostanza che era ben abituata a mostrare in situazioni sgradevoli o sconvenienti, perfetto nel coprire tutto il suo disappunto, replicò ad Elisabeth
    “Vedo che ci sarà molto da lavorare mia cara signorina, non è il caso di inalberarsi in questo modo. Comprendo che sia difficile ritrovarsi all'improvviso nei panni di una duchessa, con tutto ciò che comporta, ma gli obblighi del nostro rango non ci consentono tutte le libertà alle quali certamente è abituata.
    A questo punto predisporrò il vostro trasferimento qui da noi, affinchè possiamo iniziare il prima possibile a prenderci cura di voi.”
    Il discorso pareva concluso, e non ammetteva repliche
    .
    Elisabeth salutò, uscendo dalla stanza veloce come il vento, con un piglio assai poco adatto alla sua nuova condizione, ma in quel momento le mancava l'aria e il suo unico desiderio era uscire da lì al più presto.
    Uno stranito Andrea che attendeva in corridoio fu quasi travolto dalla giovane

    “Beth?” - la chiamò mentre girandosi vide Lady Prudence venire verso di lui.
    “E' un po' selvaggia mia nipote, signor Aleardi, perdonate la sua intemperanza. Avremo modo di incontrarci ancora” - disse congedandosi dall'uomo.

    Il maggiordomo attendeva con cappotto e cappello all'ingresso, Elisabeth era già pronta e Andrea mentre la raggiungeva, rifletteva sorridendo sul fatto che l'aspetto “selvaggio” della giovane non lo aveva ancora notato.
    Ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni, evidente che ora la giovane duchessa di Somerset desiderasse tornare in albergo, forse più tardi avrebbero potuto approfondire quanto accaduto.
    Alla sera, chiusa nella sua stanza, Elisabeth, sdraiata sul letto fissava il soffitto angosciata, senza riuscire a prendere sonno.
    Pensava e ripensava a quello successo nel pomeriggio, ai progetti che la zia aveva deciso per lei senza nemmeno chiederle quali fossero le sue aspirazioni, i suoi desideri..
    E più rifletteva, più si convinceva che non poteva accettare di restare a vivere lì...
    Non ne aveva parlato ad Andrea a cena, la conversazione tra loro era stata molto scarna, lei non si sentiva di raccontargli quanto sgradevole fosse stato l'incontro. Ma ora si parlava del suo trasferimento alla residenza dei Seymour, del fatto che probabilmente presto Andrea sarebbe partito e lei invece avrebbe trascorso il resto della sua vita in Inghilterra.
    Scosse il capo per scacciare anche solo l'idea, no assolutamente impensabile.
    Si sentiva inquieta e dopo essersi rotolata più volte nel letto decise di alzarsi. Infilò la vestaglia e prese a camminare avanti e indietro per la stanza...no, non se ne parlava proprio, non si era sentita mai così inadatta come quel pomeriggio...un problema, un imbarazzo dal quale liberarsi al più presto.
    Ma l'affetto, la gioia per un affetto trovato, la figlia della sorella, dov'era? Quanta tristezza!
    S' immaginava già la zia affibbiarle qualche nobile giovanotto senza troppe pretese (proprio così aveva detto la signora duchessa) magari invogliato dalla sua dote, che l'avrebbe resa madre dei futuri paria d'Inghilterra...ma non le importava proprio nulla della Corona e della Regina, Elisabeth voleva avere figli certo, ma per sé, non per la Patria!
    No piuttosto zitella tutta la vita!

    Dopo qualche ora di dubbi e tormenti, decise di andare da Andrea e comunicargli la sua decisione
    non fece caso all'ora tarda, si sentiva talmente spaventata che doveva immediatamente cercare sollievo dall'unica persona che considerava amica.
    Per cui attraversò veloce il corridoio e prese a bussare alla porta della camera del signor Aleardi, prima lievemente, poi con piglio più deciso.
    Dopo poco la porta si aprì, l'uomo in vestaglia sulla soglia la guardava stupito.

    “Elisabeth, cosa succede?”
    “Ho bisogno urgente di parlarvi, so che è tardi ma...”
    “Non stavo dormendo non preoccupatevi, entrate ve ne prego”- disse facendola accomodare nel salottino della suite. Vicino al camino c'erano due comode poltrone e un tavolino rotondo sul quale giaceva un libro aperto e un bicchiere, vuoto.
    Andrea notò subito lo sguardo indagatore della giovane e sorrise, ormai ne conosceva i pensieri
    “Non temete, non era vino, era solo acqua e limone. Ma ditemi, cosa vi accade?”
    La giovane si lasciò guidare e si accomodò.

    “Ditemi cosa vi agita tanto Beth, è da oggi pomeriggio che vi vedo turbata...” - la voce calda e lo sguardo intenso di Andrea la costrinsero ad alzarsi quasi subito per l'imbarazzo
    Aveva in mente un bel discorso, si era preparata mentalmente su cosa dire, e come...ma in quel momento le uscì solo in un gemito - “Non voglio restare qui, ve ne prego Andrea, non lasciatemi qui.... torniamo a casa”

    Attonito il giovane la fissò per un tempo che a lei parve lunghissimo...forse aveva combinato un disastro pensò tra sé Beth...forse Andrea avrebbe reagito male... ma la sincerità, ne era convinta, era sempre la scelta migliore.
    Senza dargli il tempo di dire nulla Elisabeth cominciò a raccontare, come era andato l'incontro con la zia, della freddezza con cui l'aveva accolta, di come l'avesse messa in difficoltà e di quali fossero le sue intenzioni per il futuro.
    “Mi addolora molto ciò che mi dite, non immaginavo certo ….perdonatemi pensavo di fare una cosa buona...di darvi la possibilità di una vita migliore.... e invece ho sbagliato un'altra volta, ho deciso io per voi, sono stato presuntuoso non imparerò mai...!”
    Il viso contrito e dispiaciuto di Andrea, il fatto di averlo fatto sentire ancora una volta in difetto, spezzò il cuore della giovane.

    “No no no, non volevo dire questo , perdonatemi voi Andrea, son solo un'ingrata” così dicendo le si riempirono gli occhi di lacrime, un nodo alla gola le impediva di parlare.
    Andrea prese quel viso tenero, così giovane e indifeso in quel momento, tra le mani...non aveva mai visto Elisabeth debole, addolorata...e così bella....anche con i capelli scomposti e gli occhi arrossati...ma come aveva potuto pensare di rinunciare a lei? Di lasciarla lì, senza più la possibilità di rivederla?
    In un attimo si affollarono nella sua mente tutti i momenti in cui la giovane gli era stata accanto, da quando curava le sue ferite, a quando lo costringeva a mangiare, quando gli leggeva dei libri mentre lui fingeva di non ascoltarla...fin quando a Camporeal, prendendolo per mano, lo aveva aiutato ad entrare in casa.....una cascata di emozioni si sbloccò, travolgendolo.

    Elisabeth lo fissò negli occhi e finalmente l'ombra scura che spesso vi scorgeva, svanì....era il riflesso del fuoco che brillava nel suo sguardo o una nuova luce lo illuminava?
    Senza dire altro la prese tra le braccia per un piccolo, lungo, tenero bacio...
    Elisabeth si strinse forte a lui...rendendosi conto finalmente di non aver desiderato altro negli ultimi mesi. Aveva cercato di sopire i suoi sentimenti, di convincersi di essere inadatta come compagna, di non esserne all'altezza...accontentandosi di essere come un'ancella, destinata a vegliare su di lui ma da quell'istante poteva finalmente alimentare la speranza nel suo cuore, lui un giorno avrebbe potuto amarla.
    Forse non come aveva amato la prima moglie, ma era certa che un posticino speciale poteva scavarlo nel suo cuore.
    Teneva gli occhi chiusi, le palpebre serrate nel timore di aprirle, forse era tutto un sogno.

    “Sì torniamo a casa, torneremo a casa ma solo se sarai al mio fianco, vuoi restare con me Elisabeth?”
    Aprì gli occhi, fissando con ardore il suo interlocutore. Non, non era un sogno, era molto meglio.
    “Sì, per sempre” sussurrò in un soffio - e un altro lungo bacio sigillò quella promessa.



    A Capo del Diablo un tramonto rosso fuoco incendiava il cielo indaco e alcune stelle brillavano impreziosendo la sera che stava calando...
    Beatrice era china sulla culla mentre sussurrava una dolce ninna nanna , carezzando i riccioli bruni al suo piccolo ormai prossimo ad arrendersi al sonno...all'improvviso una folata di vento spalancò la finestra e nell'andarla a richiudere si soffermò a respirare, gli occhi socchiusi, un sorriso sulle labbra... adorava sentire il profumo del mare...e improvvisamente una sensazione di quiete, di pace, la pervase, le attraversò il cuore. ...come se un'ombra scura si fosse allontanata , un nodo nel petto si fosse sciolto.
    Strano, si disse, per la prima volta da tanto tempo ho la certezza che ogni cosa andrà bene.
    Lo scalpiccio di un cavallo la riportò alla realtà, annunciava il ritorno di Juan.....del suo Juan.
    Riaprì gli occhi felice, emozionata e gli corse incontro, pronta come sempre ad essere accolta dalle sue forti braccia.
     
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