|
|
Capitolo 64
L'estate era ormai alle porte....nonostante fossero le prime ore del mattino il caldo era già opprimente. Le ruote della carrozza al loro passaggio sollevavano nuvole di polvere mal trattenuta dalle spesse tende che, a ogni sobbalzo, si scostavano lasciando filtrare all'interno i primi raggi di sole. Questi, come dardi sottili, colpivano le particelle polverose creando una sorta di nebbiolina dorata. In quella penombra il silenzio era pesante quasi quanto il caldo nell'abitacolo, nessuno dei due viaggiatori proferiva parola. Ad ogni scossone il bel viso dell'uomo si contraeva in una piccola smorfia di sofferenza, quasi impercettibile. Dissimulava però senza successo, minuscole gocce di sudore gli imperlavano la bella fronte spaziosa; brillavano su un colorito spento, troppo spento per non rivelare la sua condizione cagionevole. Ogni tanto abbozzava un sorriso alla compagna, un tentativo vano di rassicurarla sulle sue condizioni. Lei lo ricambiava con lo stesso intento, rammaricandosi in cuor suo di non aver insistito in modo più deciso affinché si aspettasse ancora qualche giorno per fare quel viaggio. Non era lontanissimo da San Paolo certo, ma le strade che portavano a Camporeal dopo il terremoto erano ancora molto dissestate e trascurate, non c'era stato tempo di occuparsi di altro che non fossero persone ferite da soccorrere o morti a cui dare una rapida sepoltura. Chissà cosa avrebbero trovato alla tenuta...
Le notizie più recenti riportavano di come molti contadini, perlomeno quelli scampati alla tragedia, avessero abbandonato la piantagione in fretta. Con la morte della signora Sofia e di Basilio avevano perso tutti i punti di riferimento, nessuno si era preoccupato di loro e del loro destino, per cui radunati i pochi averi erano partiti in cerca di miglior sorte altrove.
Si accorsero di essere quasi giunti a destinazione quando sentirono la voce di Josè, un uomo di fiducia di Juan, richiamare i cavalli per farli rallentare. Un insolito silenzio, una innaturale immobilità aleggiava al loro arrivo...nessun rumore di attrezzi, nessun chiacchiericcio di donne o di bambini....nessuno ad accogliere i viaggiatori con il caloroso benvenuto per cui venivano ricordati i soggiorni da chi era stato a Camporeal. Josè aiutò i due giovani a scendere dalla carrozza, rimanendo solo ad occuparsi dei cavalli, mentre loro si guardavano intorno...
Dal di fuori in realtà nulla pareva cambiato. Le preziose tende bianche con i loro delicati ricami erano appese alle finestre, le porte erano chiuse...solo il giardino presentava in alcune zone la trascuratezza di cui era stato vittima negli ultimi tempi, erbacce in alcuni punti, fiori secchi in altri, alcuni frutti caduti a terra marciti, un rastrello abbandonato in un angolo....il secchio accanto al pozzo rovesciato....uno scenario di vita sospesa, interrotta.... Ma lo sguardo dei giovani correva veloce, senza soffermarsi sui dettagli. Il groviglio di sentimenti che sentiva dentro uno di loro, in particolare, gli impediva di pensare.
Un tumulto di emozioni si agitava nel petto di Andrea, la realtà che aveva accuratamente evitato di affrontare ora era lì, davanti ai suoi occhi con tutto il pesante carico che rappresentava, dolore, angoscia, frustrazione, umiliazione, formavano come un unico grande masso che gli premeva sul petto rendendogli faticoso respirare. Cercava di trovare la forza per varcare la soglia di quella che un tempo per lui era stata casa, la sua casa....la meta a cui agognava tornare quando era stato lontano, il luogo dove avrebbe voluto crescere i suoi figli, realizzare le sue ambizioni..e invece....tutto finito in una voragine di disgrazie. Appoggiandosi alla stampella, cercando la mano di Elisabeth si avviò all'ingresso, aprendo cauto il portone con la grande vetrata che conduceva nel salone. Strano, pensò, Camporeal era esattamente come si sentiva lui, distrutto, annichilito, annientato....apparentemente intatto fuori ma devastato dentro. Perchè solo quando si ritrovarono all'interno poterono constare gli effetti del terremoto. Intere mura sbriciolate, crepe profonde come ferite incidevano in più punti le pareti da cui si erano staccati i begli ornamenti ora sparsi a terra e in frantumi.
Elisabeth stava qualche passo indietro, con gli occhi spalancati e le labbra socchiuse guardandosi intorno esterrefatta e spaesata , cercando di immaginare quanto fosse stata bella ed accogliente la casa prima del disastro. In vita sua non le era mai capitato di vedere nulla di così grande...e raffinato...nella sua isola non c'era niente di simile. Con passo incerto, calpestando con attenzione calcinacci, spostando mobili e suppellettili, si facevano strada nel silenzio più completo, interrotto solo dal respiro affaticato di Andrea. “Posso aiutarvi?” - disse infine Beth con un sospiro, non sapendo come altro poter rendersi utile. “I documenti di cui aveva bisogno l'avvocato dovrebbero essere nel mio studio, in cima alla scale” - rispose l'uomo alzando la stampella in direzione della stanza - “ma potrebbe essere pericoloso raggiungerlo. E' meglio se chiamiamo Josè per aiutarvi...” - aggiunse. “Le scale non sembrano aver subito danni e per vedere le condizioni dello studio bisogna per forza salire. Non c'è niente che Josè potrebbe fare meglio di me in questo momento, ve lo assicuro, e farò molta attenzione promesso” - e con piglio deciso, raccogliendo la gonna su un fianco per avere maggior libertà di movimento, si avviò verso la direzione indicatele. Avrebbe voluto replicare, protestare Andrea, ma sapeva di non avere sufficienti forze per farlo. Inoltre Elisabeth era un tipetto molto determinato così, rassegnato, lasciò che lei si inerpicasse per prima. “Se volete venire, a parte il disordine il pavimento è a posto, fate solo attenzione a dove vi appoggiate” - echeggiò dopo poco la voce della donna scomparsa alla sua vista. La sentiva trafficare, spostare, cercare di farsi spazio....Si decise a salire anche lui, lei da sola non avrebbe mai trovato i registri che gli servivano...quindi con fatica, un gradino alla volta, ripetendosi che doveva riuscirci giunse al piano superiore. Appoggiato allo stipite della porta guardava la marea di libri e registri, oggetti vari sparsi sul pavimento; nel mezzo del bailamme c'era Elisabeth. La sua attenzione era stata attratta da un piccolo veliero, un delicato piccolo veliero miracolosamente intatto “E' bellissimo... è vostro?” - chiese la giovane rigirandolo con delicatezza e ammirazione tra le mani, stupita di trovare un oggetto così fragile ancora integro. “Sì, è mio” - “ è un regalo di mio padre a cui ero molto affezionato” - disse prendendolo dalle mani della donna. “Raccontatemi vi prego”- lo sollecitò mentre sistemava una sedia per permettere ad Andrea di accomodarsi. L'uomo vi si lasciò cadere pesantemente volgendole uno sguardo carico di gratitudine, stare tanto in piedi gli causava ancora molta sofferenza. “Risale al tempo in cui mio padre portò Juan alla tenuta, al tempo in cui mi disse che saremmo cresciuti insieme...” - nella mente Andrea come in album rivide scorrere le immagini di suo padre, il suo volto, lo sguardo profondo, severo ...avvertiva ancora l'emozione di quel giorno in cui aveva creduto che non sarebbe più stato solo... Continuò “Sapesse quanto abbiamo fantasticato su questo veliero, io e Juan! A parte un po' di diffidenza iniziale, stavamo imparando a conoscerci. Juan mi affascinava con i suoi racconti sul mare, su quanto fosse bello navigare e di come un giorno sarebbe diventato il capitano di un veliero...bello come questo” - fece una pausa, gli occhi lucidi persi nel ricordo - “Anche io volevo essere un capitano, avevamo deciso di prendere i miei risparmi e scappare, imbarcarci insieme e fare i marinai...insieme...volevamo comprare una barca con quei soldi...” scuoteva la testa ripensando all'ingenuità di due ragazzini dalla fantasia vivace. Guardò Elisabeth con un sorriso amaro - “ Se solo avessi immaginato...saputo che Juan era mio fratello, quante cose sarebbero cambiate, per lui, per me....invece dopo poco mio padre ebbe l'incidente che lo uccise, e Juan sparì senza una parola finito il funerale...” Sospirò restituendo nelle mani della giovane la piccola imbarcazione. “Signorino Andrea?....Signorino Andrea?”... - una flebile voce tanto cara al giovane veniva dal pianoterra. Per la prima volta, da mesi, un sorriso spontaneo si dipinse sul volto di Andrea. “Dolores!” - disse prima in un sussurro poi sempre più forte “Dolores, Dolores!” “Signorino Andrea, sono qui, sotto” - rispose la voce. Apparteneva all'anziana balia di Andrea, colei che lo aveva allattato, cullato, consolato, divertito da quando era solo un bambino. Con l'aiuto di Elisabeth raggiunse l'anziana, la strinse in un lungo abbraccio di sincero affetto che la donna ricambiò. Lei pose le mani magre e rugose sul volto bianco e affilato dell'uomo. “Siete vivo! Sia lode al Signore, siete vivo! Ho pregato tanto la Vergine Santa perchè voi foste in salvo! Arrivavano notizie terribili dalla capitale, ma io non ho mai perso la speranza!” Poi con gli occhi pieni di lacrime l'osservò meglio e notò i segni del dolore vissuto, nel corpo e nella mente “Ma siete ferito? Come state?”- aggiunse vedendo la stampella a cui si appoggiava . Andrea cercò di rassicurarla “Non è nulla di grave, Dolores cara, una ferita durante il terremoto, la casa di Città del Messico è stata praticamente distrutta ma Beatrice e Juan....e la signorina Elisabeth – disse indicandola - mi hanno salvato, si sono presi cura di me e ora son quasi guarito” - mentì. “Non mi sembra vero di vedervi qui, finalmente a casa! Tutti erano preoccupati per voi e da quando la signora Sofia e Basilio sono morti, che riposino in pace” - disse con la voce incrinata dalla commozione” - “ di voi non c'erano notizie...Poco alla volta se ne sono andati via tutti, tutti...ma non io, io sapevo che sareste tornato un giorno e vi ho aspettato” - stringeva la mano di Andrea portandosela stretta al viso, esprimendo con quel semplice gesto il grande affetto che nutriva per il giovane Aleardi. Come poteva dire a Dolores che non era venuto per restare? Che mai più sarebbe stato il padrone della tenuta, si chiedeva Andrea. I piccoli occhi scuri sul viso scavato dell'anziana erano accesi di emozione e speranza, forse presto sarebbe tornato tutto come un tempo... “Dolores, non sono venuto per restare, né ora né mai. Sono successe tante cose..troppe. Avevo bisogno di alcuni documenti che erano rimasti qui, ma non posso tornare a Camporeal, non posso.” C'era sincero rincrescimento nelle parole di Andrea, l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era deludere di nuovo qualcuno, dare di nuovo una sofferenza, specie a lei, la figura più buona e affettuosa, sempre presente di tutta la sua vita a Camporeal, da che lui ne avesse memoria. Spesso la madre si chiudeva in camera afflitta dalle sue terribili e lunghe emicranie, non aveva energie per il piccolo Andrea. Che invece trovava sempre sorrisi e attenzioni nella dolce Dolores.
Ricordava quando gli preparava la merenda e di nascosto da Sofia andavano a consumarla nel parco della tenuta...o quando lo accompagnava a fare il bagno nel torrente allorchè Sofia glielo vietava perchè temeva che si ammalasse. Il padre era troppo spesso assente per lunghi viaggi, tornava carico di regali per moglie e figlio certo...ma l'unico regalo che il bimbo voleva era stare con lui, seguirlo a cavallo, ma quel dono, quello più desiderato, non arrivava mai... Per cui tra i momenti più sereni della sua fanciullezza c'erano proprio quelli trascorsi con la fedele balia.
Era avvolto tra pensieri ed emozioni quando si accorse che Dolores lo fissava in silenzio, seria. “Mi spiace davvero Dolores ma ce ne andremo prima di sera” - “Prima che ve ne andiate però, vi devo dare una cosa” - disse la donna estraendo da un sacchettino in tela, che portava appeso al collo, una piccola chiave argentata - “Vostra madre prima di partire per la capitale con Basilio per venire a cercarvi mi diede questa da conservare. Avrei dovuto restituirgliela al suo ritorno....o se le fosse successo qualcosa darla a voi”. Il giovane la prese tra le mani, aggrottando le sopracciglia “E a cosa serve questa?” “Non lo so signorino, mi disse solo che voi avreste capito e di darvela il giorno in cui sareste tornato a casa”. Elisabeth che finora si era tenuta in disparte, si avvicinò per vedere meglio l'oggetto da vicino. “E' così minuscola” - osservò rigirandola tra le dita - “sembra la chiave di uno ...scrigno...o un cassetto molto piccolo” Le parole della giovane illuminarono la mente del giovane Aleardi
“Mia madre nella sua camera...aveva un piccolo secretaire dove sbrigava la sua corrispondenza personale...ricordo di averla spesso vista chiudere un cassetto con una chiave particolare....un cassetto quasi segreto, se non si sa dove guardare non lo si nota nemmeno...” “Cosa aspettiamo allora, andiamo a cercare nella camera e vediamo cosa contiene di tanto importante” . Tutta la faccenda aveva incuriosito molto Elisabeth, aveva stimolato il suo spirito investigativo.
Andrea sospirò, non voleva recarsi in quella parte della casa, troppi ricordi lo attendevano come cani feroci pronti a fargli a brandelli l'anima e il cuore. Ma non poteva esimersi dal farlo, così tutti insieme si fecero strada . Attraversano quella parte dell'edificio in cui erano situate le camere da letto e fu inevitabile passare davanti a quello che era stato il talamo nuziale di Anna e Andrea.
E come una ferita che ricomincia a sanguinare, così sanguinava il cuore di Andrea alla vista del suo letto di nozze...... Decine di momenti si accavallarono nella sua mente, i ricordi di Anna, la sua risata....il suo modo di camminare, di muoversi così civettuola, provocante......il suo profumo, quando si avvicinava, sinuosa come un gatto, in cerca della sua approvazione per qualche folle capriccio....e lui, ingenuo, stupido, pronto ad assecondarla ogni volta... sempre... sentiva ancora le braccia morbide stringerlo, le sue mani accarezzarlo...quelle stesse mani che gli servivano il veleno nel bicchiere....
Un capogiro lo costrinse ad appoggiarsi al muro, al contempo un forte senso di nausea gli attanagliava lo stomaco. Beth si accorse del malessere del giovane, i suoi grandi occhi grigi capirono di cosa si trattava. La sua empatia innata le permetteva quasi sempre di comprendere cosa stesse succedendo, senza bisogno di parole. Prese la mano di Andrea che a quel tocco gentile riaprì gli occhi e fu di nuovo in contatto con la realtà. Seguì docile le due donne fino alla camera di Sofia.
Qui c'era meno confusione rispetto al piano terra, forse la donna prima di lasciare la tenuta aveva sistemato qualcosa...
Accanto alla maestosa porta in ebano, con i vetri a mosaico che dava accesso ad un ampio terrazzo con vista sul parco, trovarono il mobile descritto da Andrea. Aprirono la ribaltina e in bell'ordine c'era la carta personalizzata per la corrispondenza della signora Aleardi, l'elegante calamaio, un piccolo cofanetto aperto contenente alcune gioie...ma non vedevano altri cassetti...
Si fece avanti Andrea “Se non ricordo male...” - ruotò dei piccoli fiorellini in bronzo lavorato ai lati del mobile che apparivano come una deliziosa decorazione a prima vista, invece uno di loro nascondeva una serratura. - “provate qui” - Beth ubbidiente fece scivolare la piccola chiave nella serratura , mezzo giro e si udì uno scatto secco: uno scompartimento si aprì ai loro occhi indagatori, conteneva qualcosa...due lettere.
Una sulla busta recava, con la raffinata scrittura di Sofia, la dicitura “Per Andrea”. L'altra invece era molto ingiallita...macchiata..macchie di un colore marrone scuro.. Lasciò che fosse Andrea a prenderle, il quale posò la prima per concentrarsi sulla seconda. Esaminandola scoprì essere indirizzata all'avvocato Manera e così, come era stato semplice identificare la calligrafia di Sofia, altrettanto facile fu riconoscere quella del padre.
“Oh mio Dio...” - esclamò Andrea dopo un primo attimo di incredulità, - “questa lettera ..è di mio mio padre”- aprì delicatamente il documento - “ l'aveva con sé il giorno stesso in cui è morto...questo è .....” Realizzò che le macchie altro non erano che il sangue di Francesco, probabilmente aveva con sé la lettera il giorno in cui ebbe il fatale incidente. Lesse con gli occhi velati di lacrime le righe scritte dal padre, quasi gli pareva di udirne la voce calda e profonda
”Io sottoscritto Francesco Aleardi DellaValle nel pieno possesso delle mie facoltà fisiche e mentali, con questo scritto intendo riconoscere il ragazzo Juan, come mio figlio naturale concepito prima del matrimonio con la signora Helena Sanchez, ed è mio desiderio che cresca con l'altro mio figlio Andrea come il fratello che è, in conseguenza voglio che tutto il mio patrimonio e le mie sostanze vengano equamente divise tra i miei figli ....” Continuava disponendo le sue volontà in caso di morte.
Le donne restarono in silenzio aspettando che Andrea finisse la lettura, capendo che doveva trattarsi di qualcosa di grave.
Una lacrima scendeva lenta, stanca, bagnando il volto scavato di Andrea , il quale passò il foglio ad Elisabeth affinchè ne leggesse anch'ella il contenuto. “Oh Signore!...Andrea, ma in questa lettera vostro padre intendeva riconoscere da subito il signor Juan come suo figlio e vostro fratello! Ed è rimasta nascosta tutto questo tempo?? “Mia madre...mia madre sapeva tutto...ha sempre saputo tutto...ora capisco tante cose...troppe” Con una smorfia e lo sguardo perso lontano, la lettera tra le mani, Andrea sedette senza forze sul letto. “Leggete voi l'altra lettera, ve ne prego” Ascoltò la giovane con il capo stretto tra le mani. Dolores intanto assisteva, presenza silente, da un angolo della stanza. Con la fronte corrugata la giovane iniziò la lettura “Mio adorato figlio..” - si schiarì la voce e riprese – mio adorato figlio, se leggerai questa lettera è perchè io sono morta e, nel qualcaso, posso solo sperare nel perdono divino, quello degli uomini non mi è mai interessato. Ma ho bisogno di spiegarti, figlio mio , di sperare che tu possa capire e perdonare ciò che ho fatto, anche se le mie mani non potranno più accarezzarti ne la mie braccia stringerti.
La lettera che troverai nel cassetto sì, è di tuo padre. La scrisse la notte in cui avemmo una terribile discussione carica di risentimento e rancore, ed il giorno seguente lui morì. La trovò Basilio e io leggendone il contenuto pensai di nascondertela. Non potevo permettere che l'arrivo del bastardo ti mettesse in ombra! Mi ero accorta di quanto piacesse a tuo padre! Tu eri, sei e sempre sarai l'unico vero Signore, il padrone di Camporeal! Io lo vidi dal primo giorno quanto quel bambino fosse sveglio, scaltro, avrebbe approfittato di te, della tua bontà, del tuo animo nobile, ti avrebbe messo in secondo piano e io come madre non potevo permettere che succedesse. Mi accorsi del rischio che avresti corso se quel selvaggio fosse rimasto e feci di tutto per farlo allontanare. Non mi importava della sua sorte, la sua assurda somiglianza con tuo padre, persino nel modo di camminare, di guardarti erano identici, era una pugnalata per me, un offesa continua alla mia persona. Ho odiato profondamente tuo padre per la situazione in cui ci aveva indotto. Lo avrei ucciso io stessa, e il giorno dell'incidente ho visto l'occasione per rimettere le cose al loro posto, come dovevano essere. Era un segno del destino. Forse ho sbagliato mio adorato figlio, perdonami, ma tutto ciò che ho fatto è stato solo, unicamente per l'infinito affetto che ho per te, sempre e solo per il tuo bene. Con tutto il mio amore, mamma.
Richiuse i fogli la giovane, soffermando lo sguardo su Andrea che invece fissava il pavimento ammutolito. “Come potete chiedermi di capire madre, di perdonare...quando avete deliberatamente mentito, per anni, rovinando la vita di un innocente?” Non c'erano altre parole da dire, era stato detto tutto Non c'era possibilità di rimediare, quello che era successo a Juan, tra Juan e Andrea...era tutto frutto delle sue menzogne, delle sue azioni vergognose.
Elisabeth cercò di rincuorare il giovane “So che non è giustificabile il comportamento di vostra madre...e certamente non era una persona dal cuore d'oro...ma vi amava molto , un modo contorto, malato di amare, letale per chi le stava intorno e forse non se ne rendeva neanche conto. Cercate di conservarne i ricordi migliori ...”- “ Non posso, mi spiace ma non posso. Come avete potuto madre mia...come?.. Dovrò convivere con questa consapevolezza per il resto della mia vita!”
Andrea si alzò dal letto e fece qualche passo verso la donna - “Voi non capite, Juan ha avuto sempre ragione, sempre. Quello che ha ricevuto da questa famiglia non potrà scordarlo mai. E io sono rimasto l'ultimo rappresentante di questo schifo” Con rabbia lanciò la stampella contro la parete. “ Mia moglie in fondo aveva visto giusto, aveva scelto il fratello migliore” . Sentiva in bocca un sapore amaro come il fiele. Beth lasciò che Andrea scaricasse la tensione ma era altresì decisa di impedirgli di sprofondare nuovamente dalla catatonia di qualche mese prima. “Sfogatevi, arrabbiatevi, vi fa bene, ma non solo in una direzione, non siate autolesionista. Certo avrete fatto degli sbagli. Ma la regia del disastro non è vostra, come non è stata di vostro fratello. Vi siete trovati protagonisti di una scena preparata da altri. Non siete soddisfatto di voi stesso? Bene, allora cambiate Andrea, siete giovane, potete ancora cambiare direzione, ricominciare da capo. Ribellatevi. Dentro di voi continua a vivere l'orgoglio degli Aleardi, quel fuoco che avete alimentato con il risentimento per vostro fratello usatelo ora per cambiare la vostra esistenza.”
Aveva le gote leggermente imporporate dall'enfasi e, dai capelli raccolti nel morbido chignon, sfuggivano alcune ciocche ribelli. Era delicata e al contempo altera, pensò la vecchia balia, molto bella, perchè il signorino Andrea non se ne rendeva conto?
A lei Anna non era mai piaciuta, sua sorella Beatrice sì, lei sì che sarebbe stata la compagna ideale, ne era convinta. Aveva sempre creduto che Anna avesse ingannato con qualche magia Andrea, lei aveva una luce nera negli occhi, un'ombra di morte inquietante; non capiva Dolores se era per se stessa o per gli altri, ma era certa che quella donna fosse pericolosa. Quello che aveva fatto la signora Sofia lei non lo aveva mai immaginato, ma il giorno in cui Juan arrivò ferito alla tenuta tutto era diventato chiaro.
Sapeva che la signora non era buona, era arida con tutto il mondo tranne che con il suo Andrea. Ciò che aveva fatto però era troppo anche per lei. Soffriva nel vedere quanto il giovane, che per lei era come il figlio mai avuto, fosse stato piegato dagli eventi. Aveva fiducia però che avrebbe trovato la forza per rialzarsi, per redimersi se non lo avessero lasciato solo. Lo conosceva bene, sapeva quanto buono e generoso fosse nonostante l'educazione di Sofia.
Elisabeth non voleva essere brusca, a volte si rammaricava nell'esserlo. Quell'uomo gli faceva una pena infinita e avrebbe voluto assecondarlo, dargli ragione, sì aveva ragione nel sentirsi così devastato. Ma non poteva, non era quella la medicina di cui aveva bisogno.
La lunga mattinata stava volgendo al termine, si accorse che l'ora di pranzo era passata da un pezzo. “Direi che possiamo mangiare e metterci in viaggio per tornare” esordì per allentare la tensione, raccogliendo la stampella e porgendola all'uomo. “ Non ho fame, possiamo ripartire anche subito” replicò Andrea. “Come se non lo avessi immaginato signor Andrea” - rispose piccata la giovane “ - “ma è un ordine del medico per cui niente capricci, troviamo un posto tranquillo e mangiamo ciò che ci ha preparato Maria”.
La governante dell'avvocato Manera aveva preparato un cesto con il cibo sufficiente a sfamare un esercito, cosicché fu naturale dividere il pasto con Josè e Dolores.. Mangiarono nella povera cucina della donna, che fece di tutto per ospitarli al meglio, mise una tovaglia pulita, della frutta appena colta e dell'acqua fresca. Andrea toccò a malapena il piatto, un po' di frutta e in seguito alle insistenze di Elisabeth si sdraiò sul giaciglio approntato con solerzia e affetto da Dolores per fare riposare un poco la gamba prima della partenza. Mentre Josè si occupava dei preparativi per il ritorno, le due donne uscirono per lasciar riposare tranquillo il giovane e si misero pigramente a passeggiare mentre la balia descriveva la vita alla tenuta dei tempi migliori. C'era una pace estrema, considerava Beth ascoltando con interesse, ogni tanto un alito di vento rendeva la calura più sopportabile e il canto degli uccelli si spandeva i armonioso all'intorno. Elisabeth si stava rendendo conto di quanto immensa fosse la tenuta di Camporeal, c'era da perdersi, pensò. Arrivarono davanti a un edificio incompleto ma si notava che era stato restaurato da poco. “E questa è la scuola voluta dalla signorina Beatrice, la scuola per i figli dei braccianti” - spiegava intanto Dolores - “Sapesse signorina quanta cura di noi poveri aveva la contessina! Aveva tanto insistito con il signor Andrea perchè mettesse a nuovo la scuola, che da quando era morto il signor Francesco non era stata più usata....ma poi è arrivata la signora Anna....e tutto è finito” Abbassò il capo mestamente.
“Penso che l'idea della signora Beatrice fosse un'ottima idea, e per quel poco che ho potuto conoscerla, non fatico a credere nel suo buon cuore. Non ho conosciuto la sorella, ma le sue azioni purtroppo, parlano per lei. Era sicuramente un animo poco nobile....” Dolores si fece un rapido segno della croce “ Risposi in pace lei, come la signora Sofia. Ma erano due persone molto egoiste. Da quando la signora Anna si trasferì qui, dopo il viaggio di nozze, ci sono stati solo problemi. Era viziata, falsa....maltrattava tutta la servitù...ma il signorino Andrea non si accorgeva di niente...”.
Elisabeth assentì con il capo, poi osservando la scuola, pensò quanto potenziale c'era per rendere la vita serena a tante persone in quel luogo. Andrea avrebbe potuto fare molte cose buone per aiutare gli altri e questo lo avrebbe aiutato a guarite dalle sue ferite...certo ne avrebbe conservato per sempre le cicatrici ma era da lì che doveva ricominciare. Assorta nelle sue riflessioni e godendo della compagnia semplice ma buona della balia, non si accorse che si stava facendo tardi. Quando tornarono alla casupola di Dolores trovarono Andrea in attesa di partire.
Al momento di accomiatarsi Andrea abbracciò a lungo Dolores “Sei sicura di voler restare qui? A San Paolo posso trovarti un buon posto dove stare” “No signorino, io non mi muovo. Resto qui ad aspettare il vostro ritorno” - “Non illuderti Dolores, non tornerò più. Farò in modo che non ti manchi nulla e per qualsiasi necessità rivolgiti pure all'avvocato Manera, penserà lui a tutto”. Le fece una carezza sul viso, cercando di imprimersi nel cuore l'immagine di quegli occhi scuri, pieni di affetto che muti lo supplicavano di fermarsi. Si volse, zoppicando si avviò verso la carrozza e aiutato da Josè prese posto all'interno. Elisabeth lo stava seguendo quando sentì la mano fresca e lieve della donna trattenerla delicatamente per un braccio. “Non lasciatelo solo signorina, ve ne prego, non abbandonatelo” Le sorrise affettuosa la giovane, poggiando la mano sulla sua “State tranquilla, veglierò sulla sua guarigione più a lungo possibile, finchè il signor Andrea vorrà. E vi manderò sue notizie, in qualche modo faremo, ve lo prometto”. L'anziana donna abbassò il capo per nascondere quel misto di commozione e gratitudine che provava in quel momento. Si fidava della giovane Elisabeth. Li guardò allontanarsi con i cavalli che trottavano sempre più veloci. “Tornerai a Camporeal figliolo, lo so, e sarai il migliore padrone della tenuta, il sangue degli Aleardi scorre nelle tue vene.”
|
|