Il CS di ancoratu

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    Cuoricine, questi sono i miei ultimi racconti.
    Se può interessarvi, i racconti che ho raccolto nel vecchio forum sono qui.
    www.corazonsalvaje.org/forum/topic.asp?TOPIC_ID=2766
    Se avete voglia di lasciare un commento, per favore potete scriverlo nel topic apposito, Racconti dedicati a CS?
    E' questo qui

    https://csforum.forumfree.it/?t=76121529
    Grazie e ... buona lettura



    28 Ottobre 2022

    IL BACIO IN GIARDINO
    18) La farfalla
    Muovendosi con cautela per il lungo corridoio, guardava dietro di sé per accertarsi di non essere seguita. Ecco. Era finalmente arrivata.
    Aveva aperto la porta ed era scivolata zitta zitta nella grande stanza silenziosa. Con un gesto rapido aveva richiuso l’uscio dietro di sé. Ce l’aveva fatta. Adesso era completamente sola.
    Si era appoggiata alla parete e aveva respirato profondamente.
    In fondo si trovava in una situazione insolita, poteva anche essere confortante, anzi, elettrizzante. Era come trovarsi su un’isola deserta. E già l’ombra di un sorriso modificava l’espressione della sua bocca dolorosa: era arrivata. Era nella biblioteca dello zio Francisco
    Beatrice si era avviata con sicurezza verso il centro della grande libreria. Sapeva perfettamente dove era collocato il libro che cercava, lo zio glielo aveva letto tante volte.
    Tutti i volumi era disposti con un ordine meticoloso, divisi per argomenti. La ragazza si fermò di fronte al settore storia, controllò un attimo, quindi sfilò il libro pesante che tante volte aveva visto tra le mani dello zio e lo strinse tra le braccia.
    Che sollievo stare finalmente un po’ in pace in quella penombra profumata di citronella e di alloro e rosmarino, e di tutte le essenze che da sempre venivano rinchiuse nei minuti sacchetti ricamati a punto croce. Nascosti tra un volume e l’altro sulle ampie scaffalature, le piccole bustine odorose profumavano l’aria e tenevano lontani i parassiti dai preziosi libri che dormivano lì ormai da tanti anni.
    Si era guardata lungamente intorno, lasciandosi portare via dai suoi ricordi
    Lo zio Francisco.
    Se n’era andato quando lei era ancora molto piccola, ma lo ricordava bene, e con tanto amore. Anche allora sgusciava dentro quella vasta stanza silenziosa, si nascondeva dietro qualche mobile e rimaneva a guardare lo zio grande e bello che trovava alla scrivania, intento a leggere i suoi libri misteriosi.
    Leggeva assorto, ma rilassato, le lunghe gambe distese davanti a sé, le caviglie accavallate, il gomito appoggiato al bracciolo dell’ampia poltrona, quella poltrona tanto diversa da tutte le altre presenti nella vasta dimora di Campo Real: di cuoio, severa, senza fronzoli, era proprio una poltrona adatta ad un uomo, e un uomo grande e importante.
    Tutto in quella stanza era maschile e rigoroso e sapeva di pensieri, progetti, sogni, desideri di uomo. Per la piccola Beatrice che aveva perso suo padre quando aveva solo pochi, anni, stare vicino a un figura maschile, in quell’esercito di donne, significava entrare in un mondo parallelo in cui abitudini, gusti, svaghi, gioie e rammarichi e silenzi differivano completamente da quelli femminili. Come comporli? Beatrice continuava a non saperlo.
    Lo zio Francisco…..Tutti parlavano di Francisco Aleardi della Valle come di un uomo coraggioso e volitivo, che non aveva paura di nulla
    Ora, per lei, ricordandolo attraverso i ricordi degli altri, poteva essere difficile mettere insieme tutte quelle immagini che convivevano nella sua memoria. Don Francisco sul cavallo rampante, veloce come il vento, uno scavezzacollo sempre pronto a saltare gli ostacoli più impervi. Il marito della zia Sofia, spesso impaziente, che alzava la voce con la moglie e che era rispettato da tutti. Il padrone di Campo Real, che curava con fermezza e buonsenso le sue proprietà , sempre giusto e sempre attento al benessere di chi lavorava per lui.
    E infine lo zio immerso nella lettura, nel silenzio e nella solitudine della sua biblioteca, che alzava la testa quando la sentiva entrare e subito si alzava, guardava sotto i tavoli e i mobili dicendo “Chi è entrato? Una topolina? Dove si sarà nascosta? Eccola!”
    Beatrice scivolò nei suoi ricordi.
    Entrava piano piano, cercando di non farsi sentire, ma lo zio la vedeva subito, la tirava fuori dal suo nascondiglio, la prendeva tra le braccia e la faceva saltare in alto, in alto. E lei, spaventata e felice rideva e gridava.
    A casa nessun altro la faceva volare e nessuno le parlava come si parla a una persona grande.
    Ed effettivamente, ma la piccola Beatrice non poteva capirlo, solo lo zio doveva aver compreso quella bimba silenziosa, ma che si apriva spontaneamente al calore e alla tenerezza, e tirava fuori con chi glielo consentiva quell’allegria e quella gentile arguzia che l’atmosfera di Campo Real, resa pesante e cupa dai rancori implacabili e dal riserbo altezzoso di Sofia, soffocava inesorabilmente. Soffocava anche lui, e si teneva più che poteva lontano da casa sua, e quando vi doveva restare si guardava bene dal lasciarsi coinvolgere dal dispotismo della moglie e si chiudeva nella sua biblioteca.
    Eppoi, Francisco lo vedeva, era una bimba curiosa di tutto, bisognosa di senso, e lui le raccontava tante storie, le parlava di paesi lontani, mostrandoglieli sul grande atlante, le leggeva dei passi dei suoi libri, le narrava miti greci e leggende messicane, la faceva parlare guardandola con affetto con quei suoi occhi grandi, verdi, penetranti. Beatrice sapeva che quelli erano gli occhi di un gatto, che forse lo zio era un gatto, un gatto coraggioso e aggressivo, ma che sapeva essere così gentile e affettuoso con le persone a cui voleva bene.
    Ora quegli occhi li aveva visti di nuovo. Ebbe quel pensiero all’improvviso, e ne fu folgorata, ma fu un attimo, fu un pensiero fuggevole, inafferrabile, che se ne andò così come era venuto.
    Uscì dalla stanza lentamente. Non ce la faceva a tornare nel mondo reale. Non ancora. Con un sospiro si appoggiò alla pesante porta di noce, lo sguardo rivolto davanti a sé, verso il lungo corridoio. Forse nessuno l’aveva capita bene come lo zio. Poi anche quello era finito. E adesso……
    Quel corridoio troppo scuro e silenzioso era lo specchio di tutta la grande casa. Qui nessuno ride, nessuno canta.
    La mamma che si fa piccola piccola per non dar fastidio, Andrea soddisfatto di sé che non si accorge di quello che gli succede sotto gli occhi, Anna come un gatto che si lecca i baffi e si illumina quando guarda Juan, cova, ma non dice nulla, la zia Sofia che osserva tutto e tutto chiude nel suo cuore ostinato.

    In questa casa è sempre stato così, solo lo zio Francisco aveva capito che cosa mi mancava, eppure …….è così facile sapere di che cosa gli altri hanno bisogno, che cosa desiderano veramente. Sul serio. E’ così semplice……. .
    Questa farfalla che è riuscita a trovare uno spiraglio tra queste pesanti tende che tappano le finestre e chiudono fuori il grande caldo del pomeriggio, è entrata con coraggio, leggera, e adesso volteggia per il corridoio e volando ha cambiato tutto, e lo sa.
    E invece gli esseri umani impacciati, goffi, non sanno volare perché le paure e l’avidità, l’egoismo li rendono troppo pesanti e li inchiodano a terra. Non riescono a capire quelli che hanno vicino, che cosa desiderano. Sono troppo ossessionati dai propri bisogni e rimangono ciechi…...
    Quante storie. La farfalla lo sa benissimo che cosa vorremmo e ce lo regala a piene mani: leggerezza, aria, luce colore, libertà. Ci regala se stessa senza calcolo, spontaneamente e a guardarla siamo felici. Voliamo come lei, leggeri come lei. Basta, Beatrice. Ricaccia indietro queste stupide lacrime.
    E la giovane donna percorre svelta il corridoio e sale in silenzio le scale che la portano verso la sua stanza, verso un altro silenzio, un silenzio vuoto.

    Da quando si era sposata Anna viveva e si sentiva come sdoppiata.
    Gustava fino in fondo la propria buona fortuna. Si era sposata lei, non Beatrice. Lei era la signora di Campo Real, la signora giovane, bella e rispettata da tutti. Suoi erano ormai i bauli pieni di quella preziosa biancheria che sua madre e sua sorella avevano ricamato con tanta cura, pomeriggio, dopo pomeriggio, anno dopo anno, sedute vicine a parlare di quelle nozze, di quel fidanzato che c’era sempre stato, fin da quando Beatrice era una bambina, sempre presente nelle chiacchiere della mamma e della zia e sempre assente, lontano, nella realtà.
    Mai una lettera, mai un pensiero. Ma che stupide. Ricamavano, sorridevano, parlavano di Andrea con rispetto e devozione. Che starà facendo? A che cosa starà pensando? Come avevano fatto a non capire…..
    Andrea era una figura lontana, un’idea, un ricordo, ma Anna era vera e bella, vivace e seduttiva. E quando l’immagine di un uomo atteso intensamente e ricordato a stento si era materializzata ed era venuta a contatto con la realtà, quell’immagine era diventata un giovane disinvolto e intraprendente che si era incontrato con quell’Anna viva, elusiva e disponibile, mutevole e pronta per lui. E l’aveva subito desiderata a voluta per sé.
    Il fidanzamento era stato veloce e ora Anna era una donna sposata. E adesso che Juan era venuto a vivere a Campo Real tutto si sarebbe sistemato.
    Sì, ora lui era arrabbiato con lei, con Andrea, era geloso e la evitava. Eppure Anna sapeva che proprio quella gelosia, il desiderio di averla tutta per sé lo avrebbe ricondotto a lei. E lei l’avrebbe reso folle stimolando il suo senso del possesso, gli avrebbe detto come suo marito la voleva continuamente, lei cercava di respingerlo, ma lui le stava sempre addosso, la assillava, e lei era tanto infelice. Poi l’avrebbe rassicurato, gli avrebbe detto quanto lui fosse superiore ad Andrea, quanto le mancava, sarebbe apparsa sperduta, confusa, una vittima tra le mani avide di suo marito, e così innamorata di Juan….E lui l’avrebbe consolata prendendola tra le braccia e l’avrebbe trascinata ancora una volta in un mare di sensazioni.
    Si diresse con decisione verso la biblioteca, a cercare della carta da lettere. Aveva terminato la sua e non aveva alcuna voglia di rivolgersi alla suocera. Se mi prende mi attacca sicuramente una della sue asfissianti prediche sulle vere signore, sui doveri, su Andrea, i bisogni di Andrea, il benessere di Andrea... Per carità. Meglio tenersi alla larga. Nella biblioteca ci doveva pur essere il necessario per scrivere.
    Quella stanza le era quasi sconosciuta. Dopo la morte di Francisco era rimasta sempre chiusa, l’odio che la moglie provava per lui aveva fatto sì che con la sua morte morissero anche le sue cose, i suoi ricordi .
    Andrea, poi, al suo ritorno, si era scelta come studio una stanza più piccola, l’aveva fatta arredare con mobili moderni, e lì riceveva o semplicemente oziava.
    Anna non aveva mai osato entrare nella biblioteca quando era ancora vivo Francisco. Aveva paura di suo zio, era grande, scuro e non le parlava quasi mai. Con quella barba nera e quegli occhi scontenti sembrava il diavolo e aveva sempre l’aria di essere arrabbiato, specialmente con la zia. Era sempre spazientito, con la zia, e a volte li aveva sentiti litigare.
    Anna aveva capito fin da piccola che tra loro due esisteva una forte tensione. In un lampo le tornò in mente un momento preciso; lei giocava seduta in terra, dietro le tende del salotto, succhiando le caramelle che aveva preso dalla bomboniera di cristallo in un momento in cui nessuno la guardava.
    La zia Sofia parlava di Andrea e di Beatrice, di contesse e matrimoni. Sembrava molto contenta e soddisfatta di sé. Lo zio alzava la voce, diceva che sperava che divenuto grande Andrea avrebbe avuto il buon senso di non darle ascolto, che erano tutte sciocchezze, che si augurava che suo figlio si scegliesse la moglie da solo. “Spero che mio figlio scelga la moglie che vuole”, aveva detto con voce sprezzante. Poi era uscito dalla stanza e la zia Sofia era rimasta lì, a labbra strette, lo sguardo pieno di odio e di rancore. Allora, naturalmente, lei non si era resa conto di che cosa parlassero, ma adesso… E bravo lo zio Francisco che aveva capito tutto.
    Era rimasta immobile al suo posto, zitta. Pur essendo molto piccola capiva bene qual era il suo interesse, e che la zia Sofia, così impettita e controllata, non avrebbe gradito affatto che si scoprisse che cosa si celava sotto la perfezione in cui sembravano fuse la sua famiglia, la sua casa, la sua vita. No. La zia Sofia non voleva testimoni. E lei era rimasta nascosta succhiando caramelle e facendo tesoro della sua precoce esperienza sul matrimonio e sui rapporti di coppia
    Girando per la grande biblioteca ripensò con curiosità a suo zio. Chissà che tipo era. E che morte terribile aveva fatto. Il cavallo, la caduta. Si sentì gelare.
    Questa stanza enorme sempre silenziosa, sempre vuota mi mette i brividi. Sì, è come se fosse morta, come lo zio Francisco, come………
    Anna oltrepassò la soglia e rinchiuse rapidamente la porta dietro di sé.
    Tornò alle sue occupazioni e alla vita e alla grande biblioteca non pensò più.

    E anche a Juan in quei giorni capitò di entrare nella biblioteca di Don Francisco. Successe per caso, passò davanti alla porta chiusa mentre si stava dirigendo in giardino, ma trovandosi lì non poté resistere alla tentazione. Si guardò intorno. Nessuno arrivava. Entrò e rivide tutto come quella prima volta.
    Aveva quattordici anni, allora, e non era mai andato oltre la spiaggia, la taverna e la baracca dove era vissuto. Entrato nella biblioteca, Juan era stupefatto. Non era mai entrato in una stanza così bella, senza tanti fronzoli, semplice, ma che al tempo stesso rimandava a un’aria di vecchie tradizioni, di prosperità e di lusso raffinato ed elegante. Mentre avanzava nella grande stanza i vari elementi gli venivano incontro e sorprendevano la sua vista. Non aveva mai nemmeno immaginato che potessero esistere cose così belle, le tende chiare e leggere che ombreggiavano i vetri, mentre ricche sovrattende di velluto scuro ornavano le grandi finestre; un tavolinetto rotondo di forma capricciosa che reggeva un piccolo perfetto busto di marmo, e poi la grande scrivania alla quale sedeva quello che doveva essere suo padre: un tavolo ampio, austero e imponente, su cui si trovavano, sparsi, un semplice candelabro, delle carte sparpagliate un po’ alla rinfusa, dei libri accatastati casualmente, senza tanta precisione .
    Era stato l'avvocato Manera che l'aveva portato lì nel suo veloce calessino e per tutto il tempo il ragazzo gli aveva ripetuto che mai sarebbe andato ad abitare in quella casa. L'altro insisteva e lui non voleva ascoltare l’avvocato che gli elencava tutte le opportunità che avrebbe trovato crescendo in quella casa grande e bella dove avrebbe potuto studiare, avrebbe potuto imparare a svolgere un lavoro dignitoso, procurarsi un futuro migliore.
    Cupo, ostinato, legato suo malgrado da un vincolo di lealtà all’uomo che lo aveva cresciuto - ossessionato da quelle parole che non poteva dimenticare , che gli ordinavano di odiare suo padre, di ucciderlo - si era opposto con tutte le sue forze, ma poi, era entrato in quella stanza, aveva visto l'uomo dall'aspetto autorevole e nobile, l'aveva osservato lungamente, in silenzio e poi aveva guardato i suoi occhi: guardavano i suoi, ed erano pieni di un’attenzione ed un interesse che pian piano si mutavano in comprensione e dolcezza.
    Allora si era arreso ed era rimasto, ma era durato così poco: suo padre era morto e lui immediatamente era stato scacciato da quella casa.
    Ora era di nuovo lì. Era arrivato a cavallo, come un pazzo, un uomo forte, spinto da una collera troppo intensa per essere dominata, ma ora Juan non sapeva neppure lui perché era lì, perché era rimasto. Non certo per Anna.
    Perché era tornato? Perché aveva deciso di per riprendersi Anna? Per creare chiasso e disagio? Ed era restato per un pensiero che solleticava il suo cupo umorismo, di vivere come un sottoposto, amministratore della casa che sarebbe dovuta essere sua? Ma tutto questo ormai aveva perso ogni senso, Anna non gli interessava più. Come ho potuto innamorarmi di una donna come quella? E poi c’era quella ragazza…
    Perché ora i suoi pensieri erano pieni di un’altra fanciulla.
    Non si trattava di Anna, era un'altra giovane donna dagli grandi occhi sinceri, dalla bocca dolce e lo sguardo troppo spesso triste. Sì, questo lo teneva legato a Campo Real
    Si era insinuata silenziosamente nella sua mente e nelle sue emozioni, facendosi spazio, trattenendo su di lei la sua attenzione senza sforzo, senza calcoli e civetteria. Altro che Anna….
    Eppure faceva fatica a mettere a fuoco l’immagine che aveva cominciato a formarsi nel suo subconscio: le era apparsa sotto tanti aspetti diversi, con volti così differenti che faceva fatica a metterli assieme.
    Era stata la piccola furia che gli aveva sbarrato la strada, gli aveva bloccato il cavallo mentre gli intimava di andarsene subito da Campo Real; la giovane suora pallida e tragica che aveva raggiunto vicino alla rupe e che cercava…. Che cosa cercava? Che cosa c'era in quel visino smarrito, disperato?
    L’aveva poi vista precisa e competente vicino al letto di Angelica malata. Naturalmente decidendo di occuparsi di “quella selvaggia”, e per di più nella camera di un uomo, aveva scandalizzato tutti, ma con la sua pazienza e la sua modestia era andata avanti senza esitare, l’aveva aiutato, aveva anteposto a tutto il suo desiderio di essere utile. Lui la guardava muoversi con grazia per la stanza, infaticabile, sopportando gli sgarbi e le cattiverie di Angelica, serena, pronta a sdrammatizzare e addolcire quella ragazza aspra e insolente.
    L’aveva vista tra i suoi pari, i suoi familiari, con quei begli occhi tanto spesso pieni di una tristezza che avrebbe voluto allontanare per sempre. Lei rimaneva per lo più silenziosa, un riserbo e un mistero che ne aumentavano la seduzione, ma un attimo dopo era di nuovo diversa, mentre rintuzzava con una risposta garbata e maliziosa qualche attacco della sua dolce sorellina o rispondeva con sorridente umorismo a qualche osservazione fuori luogo. Indulgente e autoironica. Rideva di sé senza mai ridere degli altri
    Scopriva che Beatrice non era la lamentosa, la perfettina, la lagna mortale dipinta da sua sorella, che anzi era capace di brio e leggerezza.
    Pesante, greve era invece proprio Anna, con la sua sensualità spessa e senza grazia, le sue passioni cupe e gelose.
    E lui che all’inizio Beatrice l’aveva giudicata pedante, ottusa…..
    Che stupido che sono stato. Be’, non avevo proprio capito niente.
    Uscì dalla biblioteca di suo padre scuotendo la testa, con un sorriso nuovo, e si diresse verso il giardino. Chissà, forse Beatrice era lì.

    Si era ritirata nella sua camera per la siesta quotidiana, ma il sonno non voleva venire. Troppo caldo, troppo silenzio, troppe passioni represse fuori e dentro di lei. Restava lì, sdraiata, lo sguardo perduto nei suoi ricordi. Quanti ricordi cupi suscitava in lei la vecchia casa. E quei silenzi. Ormai ne stava diventando preda, la circondavano, ritornavano per rattristarla e farla precipitare all’indietro, verso altri ricordi e altri turbamenti.
    Eccola di nuovo nel grande salotto di donna Sofia dove verso sera le donne della casa, le signore e le inservienti, recitavano il rosario con le bambine accanto a sé e tutto sembrava tranquillo in quel rituale rassicurante, sempre uguale: nessuno avrebbe mai potuto percepire che cosa si nascondesse sotto tutta quella apparente normalità, che cosa si celasse dietro il volto composto della signora di casa.
    Quella sera la zia Sofia era stata chiamata fuori dalla stanza “Vostro marito è tornato, signora, e desidera palarvi.” E dopo qualche minuto Beatrice l’aveva seguita, non vista. Aveva tanta voglia di salutare il suo grande zio, che era stato per giorni lontano da casa……. Ma era rimasta incollata dietro la porta, spaventata
    Li aveva sentiti discutere, lei ritta e composta, lui spazientito e scontento, che ancora parlando aveva cominciato a salire le scale……. “Ci sono ragazzi appena poco più grandi già in grado di difendersi da soli, senza paura di niente. Non parlare. Se vuoi saperlo stai facendo di mio figlio un insicuro, un debole. Adesso basta. Io te lo proibisco. Andrea è perfettamente in grado di controllare quel cavallo e voglio che lo cavalchi tutte le volte che lo desidera. Ti ordino di non intrometterti”. Aveva continuato a salire le scale senza più voltarsi indietro mentre lei, Sofia, impassibile e gelida sibilava :”Voglio solo che abbia una buona educazione. Mio figlio sarà un vero gentiluomo, non un contadino travestito da signore come te. “
    Beatrice era rimasta sconvolta da quello che aveva visto e udito e quella sera aveva intuito che la realtà non è sempre quella che ci viene mostrata, che bisogna guardare oltre un volto, un sorriso, una scena preparata come uno spettacolo teatrale. Sì, era sempre stato così, specie a Campo Real.
    E lei cominciava ad odiarla quella casa così piena di ambiguità, dove volti e maschere, vero e falso si mescolavano, a favorire inganni e giochi di potere. Non voleva più restare lì. Doveva andarsene. Ma poi? Juan?
    Si alzò di scatto a sedere sul letto. Perché le era venuto in mente Juan? Perché un po’ alla volta aveva cominciato a pensare a lui sempre più spesso? L’aveva scacciato, l’aveva osteggiato, poi aveva imparato a conoscerlo e a rispettarlo. Solo che non c’era solo questo. Più passava il tempo, più pensare a Juan provocava in lei delle inquietudini, delle emozioni che non riusciva a definire. Lui la turbava. La faceva sentire vicina e lontana. La faceva sentire felice e infelice. Oh, avrebbe voluto che se ne andasse!
    Per scacciare quei pensieri si alzò dal letto e prese in mano il libro che aveva portato con sé dalla biblioteca. Pensava che quei racconti che lo zio le aveva letto tante volte avrebbero potuto darle un po’ di pace, e che il ricordo di ore serene avrebbe potuto riportarle indietro dal passato un po’ di quella gioia.
    Ma poi successe qualcosa che cambiò la vita di tutti.
    Dalle pagine del libro erano cadute tre fotografie. Lei le prese in mano osservandole senza capire.
    La prima era una foto di suo zio, bello, elegante, sicuro di sé come lei lo ricordava. Caro zio Francisco……
    C'era poi una foto di Andrea da bambino, con gli occhi sinceri e un sorriso fiducioso… Lei, guardando quel bimbetto, sorrise a sua volta al ricordo di quel suo cugino che allora le sembrava tanto più grande di lei….. Girò il cartoncino e lesse “Il mio piccolo Andrea” .
    L’ultima foto rappresentava un ragazzino sconosciuto, vestito modestamente, ma che mostrava una sua naturale dignità. Con insistenza le ricordava qualcuno. La fronte corrugata, lei si sforzava, ma non riusciva a capire a chi la faceva pensare. La prese una sorta di malessere. Chi era quel bambino, di chi era quel volto che era rimasto tra le immagini più care conservate da suo zio. Girò ansiosamente la foto e lesse la scritta che vi era riportata “Juan Aleardi della Valle, il mio figlio primogenito”
    Stupefatta tornò a scrutare l’immagine del ragazzo, e vide che la guardava con uno sguardo diritto nei suoi begli occhi, che erano gli occhi di Francisco, gli occhi di Juan.
    Che succedeva? Chi era Juan?
    Tutto era falso, tutto era ambiguo, doppio. Juan che incontrava nella camera di Anna vestito come un masnadiero, lo sguardo insultante, il sorriso beffardo, e ora vedeva aggirarsi per campo Real in abiti eleganti, che sembrava un signore, che camminava con un passo da padrone.
    Chi era Juan? Tutti erano doppi, Anna, la zia Sofia, la mamma, modesta e calcolatrice.
    E non sono forse doppia anche io? Chi era lei stessa, con quale diritto giudicava gli altri quando non riusciva neppure più a capire che cosa voleva veramente, che si tappava gli occhi con le mani per non vedere cosa provava per quell'uomo, che aveva disprezzato, che aveva insultato, minacciato, di cui avrebbe voluto guidare i passi, e che ora le faceva battere il cuore al solo vederlo da lontano
    Deve uscire da quella casa tetra. Deve andarsene. Spaventata, confusa, corre via ciecamente, come a fuggire da se stessa, le sue angosce, le sue paure.
    Va avanti nel giardino, in mezzo alle aiole, le mani a trattenere il lungo vestito ornato di azzurro, bella senza saperlo, indifesa, persa nel suo smarrimento. Chi sono io, chi la mamma, e la zia Sofia, e Anna, e Andrea…. Chi è Juan….
    I piedini calzati dalle scarpette chiare scendono giù per le scale in un mare di foglie cadute. Fugge, semplicemente, e non sa dove andare. Sa solo che deve allontanarsi, che deve scrollarsi di dosso tutta quella falsità.
    Non vede né sente niente e nessuno, finché il rumore di una corsa concitata non le rivela la presenza di qualcuno che la sta seguendo.
    Si gira, spaventata. Lo vede. Vede Juan che corre veloce verso di lei. Juan. Lui. Perché? Finalmente…
    La raggiunge, si avvicina fino a toccarla, la prende tra le braccia senza parlare, come se non potesse fare altro, guardandola negli occhi. E lei lo guarda e perde i suoi occhi in quelli di lui. Juan la stringe, china la testa e porta le sue labbra su quelle di lei.
    E lei? A lei improvvisamente tutto questo sembra giusto e naturale. Istintivamente accoglie quell’abbraccio e istintivamente lo ricambia rispecchiandosi nei gesti di lui. Abbandona ogni difesa baciandolo a sua volta, lungamente, profondamente: il suo primo bacio, il suo primo brivido.

    “Sai a che cosa mi fai pensare? A una farfalla”. Lei scivola nei suoi ricordi, ripensa sorridendo a quel corridoio scuro, al suo spirito abbattuto, a quella farfalla che l’aveva consolata. Tra le braccia di Juan si sente…… così…..
    Alza lentamente la testa e lo guarda in viso, gli cerca gli occhi, come per leggervi qualcosa. E rivede gli occhi dello zio Francisco, quegli occhi verdi fermi e teneri, intensi, pieni di affetto e di attenzione. Ma in quelli di Juan c’è qualcosa in più, qualcosa che mi fa battere il cuore, che mi fa tremare e mi fa desiderare di essere sempre….. così…...
    “Proprio a una farfalla. Colorata, luminosa. Leggera. Sì, leggera. Riesci a regalare a tutti un po’ di bellezza, un po’ di libertà. Sei la mia farfalla”, carezzandole piano le palpebre con le sue dita sottili. E lei non risponde. Ora tutto è in sintonia e il suo mondo è tornato in ordine
    Felice chiude gli occhi e lui prende a baciarli, ma poi passa a baciarle le gote, lungamente, poi le labbra, e poi ancora le labbra, il respiro sempre più veloce mentre la tiene stretta.
    La farfalla arriva volando veloce, non si vuol perdere la scena.
    Gira su se stessa, poi intorno a loro, infine si allontana trionfante mentre Beatrice, la tenera, confusa, forte Beatrice continua a sorridere ai suoi ricordi con l’aria di chi la sa lunga.



    3 MAGGIO 2019

    RITORNO A CAMPO REAL

    " Civetta? Ma io direi qualcosa di più.... è.... è....."
    "Una spudorata? Una svergognata?" suggerisce a sua madre la giovane Celia dalla poltrona in cui è sprofondata.
    Finora se ne è stata lì zitta, assorta nei suoi pensieri, facendo girare attorno alla punta del piede la preziosa scarpetta nera ricamata a fiori rosa e giallini. Ma l'accenno al capitano.......
    Appena uscita di collegio, appena entrata nel circuito delle serate e dei balli, Celia è accuratamente occupata a far sparire ogni traccia di inesperienza e ingenuità dalla sua mente e dalla sua persona.
    Ma mentre la señora Garzia Lopez ammonisce la figlia per la sconvenienza del suo linguaggio, la matrona che le è seduta di fronte esplode " Oh, insomma, Helene. In fondo la bambina non fa altro che dire la pura verità. Gloria ieri ha proprio esagerato. Sempre attaccata ad Aleardi, sempre a sorridergli, a guardarlo a quel modo..... Quello che è troppo è troppo. Non capisco come il colonnello....."
    "Il colonnello", riprende la terza delle signore riunite nel salotto di casa Garcia Lopez e impegnate a produrre un attento rapporto della serata precedente, "il colonnello ha venti anni più di lei. Un uomo della sua età fa finta di non vedere quando ha una moglie bella e tanto più giovane di lui. Sta' tranquilla. Finché civetta e fa la sciocchina la lascerà fare, ma saprà fermarla al momento giusto......"
    "Ma la moglie di lui, poverina. Tanto bella, tanto aristocratica, vedersi sotto gli occhi sempre lo stesso spettacolo, sera dopo sera, Gloria sempre attorno a suo marito...... Noi la conosciamo bene, sapete? Siamo amici da sempre della contessa d'Altomonte, e anche della zia di Beatrice, donna Sofia Aleardi della Valle, del figlio, Andrea.
    Ci aspettavamo tutti che Andrea sposasse Beatrice, ma alla fine lui si è deciso per la sorella più piccola, mentre la contessina se l'è presa il capitano.
    "Che strano... Ha sposato una sorella invece dell'altra"
    " Proprio così. La più piccola, Anna, è leggerina, superficiale, ma è un incanto e lui era innamorato cotto, ma in effetti Il matrimonio di Andrea sembra sia stato un fallimento.
    E adesso anche la nostra Beatrice, a pochi mesi dalle nozze, presa in giro così, davanti a tutti.....Mi dispiace per lei. Ecco. "
    La figlia la guarda divertita. Sua madre che si dispiace per un'altra donna, specie una "tanto aristocratica e tanto bella." Ma via...
    "Be', vedremo stasera al nostro ballo se questa commedia continuerà. Perché veramente sta diventando uno scandalo"
    E così le signore continuano a conversare, a raccontare, a commentare, tutte intente a fare allegramente a pezzi le loro care amiche

    Ora Celia è sola. Un uomo, furtivo, le si avvicina. E' il più innamorato, il più tenace, il più disperato dei suoi tantissimi adoratori. Si butta in ginocchio davanti alla sua poltrona e bacia estatico la scarpetta scollata. "Vi adoro, Celia. Voi mi uccidete. Non posso vivere senza di voi. Voglio il vostro amore" La fanciulla si perde in un riso provocante.
    "Il mio amore? Moltissimi uomini mi hanno posseduto, ma il mio amore non l'ho mai dato a nessuno. Accontentatevi del mio corpo, come tutti gli altri. Il mio cuore lo serbo per me" Così dicendo, incrocia le braccia dietro la nuca e si offre alle brame dell'uomo che, pazzo di passione, la ghermisce e la ama con furore.
    "Celia, ma perché fai quella faccia da scema?" Risvegliata dalla sua fantasia voluttuosa, indispettita per quel ridicolo ritorno alla realtà, la ragazza prende a scrollare furiosamente il fratellino che, offeso e indignato, le tira un calcio. Celia lo prende per i capelli e lo trascina a terra .
    Entra di corsa la mamma, e aggiunge il suo carico da novanta "Insomma, bambini, che cosa state combinando? Non vi vergognate di picchiarvi così, come dei selvaggi? Mi meraviglio di te, Celia. Ormai dovresti cominciare a comportarti da signorina ".
    Bambini!!! Ricacciata tra i bambini, lei!
    Umiliata, disperata Celia urlando corre in camera sua e si butta sul letto singhiozzando convulsamente. Ma prende subito atto della nuova situazione, tanto promettente, e in un attimo si ricicla.
    Eccola, povera principessa che piange disperatamente, rinchiusa nella torre del castello.
    I parenti la tengono prigioniera per impossessarsi delle sue ricchezze e per darla in sposa al loro primogenito, un giovane gobbo e deforme, che tutti i giorni passa da lei, la guarda con lascivia e cerca di impadronirsi del suo corpo e del suo cuore. Ma la coraggiosa Celia resiste. Sa che un giorno arriverà il Principe Azzurro, che spezzerà le catene che la tengono prigioniera e la porterà con sé nel suo castello.
    Con la piccola bocca semichiusa, trattenendo il respiro, la fanciulla si vede aggirarsi tra le eleganti stanze del castello in cui è entrata sposa e padrona, accanto al suo principe innamorato e felice......

    “E questa è la piccola Celia?”
    La piccola Celia. La bambina. Lei sorride appena, segreta. Non sanno chi sono.
    Ormai ho diciotto anni, sono una donna. Una donna. Donna.
    Quella parola piena di mistero rimbomba nella sua testa, alimenta sogni e desideri
    In realtà, la personcina che, in piedi accanto ai genitori, riceve con loro gli ospiti che, così numerosi, stanno arrivando per il ballo a palazzo Garcia Lopez, lo merita davvero l’appellativo “piccola”.
    Minuta e delicata, arriva appena alla spalla del padre e agli occhi della madre, una señora ben più provvista e opulenta di lei
    Sembra, in effetti, quasi una bambina, nel suo vestitino di seta di un giallo tenue ( il suo colore preferito….) che le fascia i fianchi esili e il seno appena abbozzato.
    Il viso sottile, la massa di riccioli neri, la piccola bocca rotonda sono il suo pezzo forte
    E soprattutto gli occhi, degli occhi scuri che tiene abbassati nel salotto di sua madre, ma ha già cominciato a far lavorare con intensità nei confronti dell’altro sesso
    Ha iniziato con i ragazzi più giovani. Ho cominciato a lanciare loro sguardi improvvisi, diretti e provocanti, per poi abbassare subito le palpebre. E ha visto quei giovani reagire prontamente, guardala all’improvviso come non l’avevano mai guardata prima, la ragazzina insignificante e silenziosa. Ma quegli occhi, quello sguardo, a che cosa alludevano? Che cosa promettevano?
    I ragazzi avevano cominciato a ricercarla, a seguirla, per trovare la conferma di quanto letto in quello sguardo, e l’esaudirsi di quella promessa che vi avevano intravisto e li aveva riempiti di eccitazione.
    Dopo essersi esercitata un bel po’ con i più giovani, Celia ora è pronta a passare agli uomini. Ha provato con degli estranei, per la strada. Uomini maturi e interessanti, sconosciuti che avevano reagito prontamente alla sua provocazione, che l’avevano seguita e avevano cercato di avvicinarla, ma inutilmente, vista l’ attenta e a continua sorveglianza a cui la fanciulla è sottoposta.
    Vedrete. Mi avete trascurato, avete sfiorato con lo sguardo il mio corpo esile, annoiati, con sufficienza, ma vincerò io.
    Il capitano Aleardi…….. Celia solo a pensare al suo nome si sente turbare. E’ talmente bello, aperto, audace…… E su di lui si raccontano certe cose…. Lo chiamavano Juan del diablo. Sarà vero? Sarà vero che è stato un pirata? Ma devo far presto. Parte domani, ho sentito dire.
    Celia saluta, fa la riverenza, ringrazia, sorride meccanicamente, mentre i suoi occhi corrono sempre verso la porta di ingresso, da dove il capitano deve giungere. Ho solo questa sera per farmi notare da lui, per legarlo a me
    Se non ci fosse quella maledetta Gloria. Se non ci fosse quella maledetta Beatrice.
    Di nuovo saluta, di nuovo fa la riverenza, mentre la sua immaginazione si sbriglia.
    Lei è seducente e provocante. E’ bella e crudele. Tutti gli uomini la desiderano, si getterebbero nel fuoco per lei…….
    E Celia, la piccola Celia li prende, li usa e poi li butta via scalzandoli col suo piedino indifferente. Due signori si sono suicidati per lei,.Sì, per quella fanciulla dagli occhi stupendi. La chiamano la Lupa. Conscia di quello che il suo sguardo può fare, la ragazza abbassa gli occhi

    “Trasparente e serena come l'aurora” mormorò il vecchio ufficiale, mentre con discrezione, ma indubbio interesse, osservava la bella signora Aleardi della Valle. Un leggero sospiro di rimpianto…… se avesse avuto quarant’anni di meno……..
    Vestita di un rosa tenue, i capelli biondi che le incorniciavano il viso, la contessina, come tutti la chiamavano, sedeva eretta, ma morbida, rilassata.
    Diversa da tutte quelle donne brune e pesanti, appariva una figurina irreale, tutta chiara, occhi, capelli, abito su quello scuro sfondo opulento. E risaltava, come luminosa, contro il rosso cupo delle parature, che i decori dorati non riuscivano a rischiarare. Un colore pesante e opaco, che affaticava gli sguardi col suo greve splendore e sembrava riflettere il calore intenso che pervadeva il grande salone illuminato.
    Lei conversava con sorridente disinvoltura, tranquilla, rispondeva alle osservazioni con cortese interesse.
    Apparentemente.
    Perché se, da persona beneducata, controllava le proprie emozioni a meraviglia , dentro di sé la contessina ribolliva.


    1_Beat


    Ma è proprio possibile che ovunque sia Juan ci debba essere di mezzo un’altra donna….. Beatrice se le vedeva sfilare davanti…. Anna, Angelica, la ragazza dell’osteria, quell’insopportabile ragazzina che gli aveva arredato la casa ( arredato!….), quella Marianna….. e mentre risponde sorridendo a un’osservazione della signora seduta accanto a lei, Beatrice ignora quanto lo scintillio dei suoi occhi aggiunga fascino al suo viso di solito tanto pacato
    E chissà quante altre ce ne saranno state!
    In realtà, se avesse potuto sapere quante altre ce n’erano effettivamente state, Beatrice avrebbe avuto molto da sopportare…...Perché, be’ Juan bello lo è sempre stato. E poi quel fare deciso, quell’aria un po’ arrogante, un po’ impaziente…. Fin dall’adolescenza ha sempre travolto un numero impressionante di cuori, e piuttosto spesso si è concesso senza farsi troppo pregare. Meglio lasciar perdere…

    Questa, però. Proprio quando le cose avevano cominciato a procedere bene, dopo tante contrarietà, tanto dolore… Beatrice rivede tutto, e si sente stringere il cuore.
    Solo l’amore di Juan era riuscito a rasserenarla, a farle riprendere sicurezza e gioia di vivere. Solo Juan.
    E poi arriva questa.
    E poi somiglia a Anna.
    Le stesse mossette, gli stessi guardi, l’aria birichina e provocante.
    Non ci posso credere. Gloria si è sfilato un fiore dai capelli e lo ha infilato nel taschino della giacca di Juan. Di Juan! E mi insultano così, davanti a tutti.
    Offesa e indignata, Beatrice gira lo sguardo e si allontana col giovane ufficiale che le ha chiesto un ballo.
    Non vede Juan che, distrattamente, chiaramente pensando ad altro - ma che fa? questa Gloria comincia a diventare proprio invadente- si sfila il fiore dal taschino e lo restituisce alla proprietaria, stupita e confusa.
    Non vede che la coppia viene raggiunta da due persone provenienti da due parti opposte della sala
    Il colonnello, vestito da viaggio, si avvicina a sua moglie, in piedi, rossa in viso, il fiore che le scotta in mano, impietrita davanti al capitano Aleardi.
    L’ufficiale li osserva. Gli è simpatico Juan. E’ un uomo franco, diretto, di lui ci si può fidare. Speriamo che questa sciocchezza di Gloria non rovini i nostri rapporti.
    Lui e sua moglie sono persone che gli piacciono molto.
    “Gloria, cara – la guarda con una certa freddezza- sono costretto a portarti via.
    Ho appena saputo che mia madre non sta bene e voglio andare da lei il più presto possibile. Del resto, una vacanza nella nostra campagna alta farà bene anche a te. Ti vedo un po’ provata, ultimamente.
    Partiamo immediatamente. Nella carrozza c’è il tuo mantello e delle coperte che stanotte ti ripareranno dal freddo. Ci seguirà la carrozza piccola con la tua cameriera, e i bagagli. Non molte cose, per la verità, non avrai bisogno di grandi toilettes con la vita ritirata che ci aspetta lassù”
    Gloria alza gli occhi spaventata. Legge nello sguardo del marito delusione e rimprovero. Si sente prendere dalla disperazione. Che cosa ha fatto? Per un capriccio, per una pulsione temporanea e senza futuro ha messo a repentaglio il rapporto con suo marito, il suo caro, buono, paziente, adorato marito.
    I suoi occhi sono così pieni di confusione, di pentimento, che lui la perdona all’istante. Gli occhi inteneriti del colonnello parlano a quelli addolorati di sua moglie. Grata e sollevata istintivamente gli si fa vicinissima, gli prende la mano. Sì caro. Andiamo. Andiamo subito via di qui
    “Signorina Celia” La padroncina di casa si è avvicinata silenziosa. “Sono costretto a portare via mia moglie . Preferirei andar via in silenzio, con discrezione. Per non disturbare questa bellissima festa, devo purtroppo rinunciare a congedarmi dai vostri genitori.
    Posso affidare a voi l’incarico di portare le mie scuse e i miei saluti a loro e a tutti i nostri amici? Al più presto scriveremo e manderemo nostre notizie…..”
    Scivolano via silenziosi, Gloria aggrappata al braccio del marito che la guarda con indulgenza e infinito affetto.


    Sono rimasti loro, Celia e Juan. Adesso!
    “Capitano, devo parlarvi. Vi prego, seguitemi in giardino.” Juan è perplesso. Che vorrà questa ragazzina. Ha voglia di tornare da sua moglie. Ha bisogno di stringerle la mano, di sentire la sua presenza.
    Ma che fa? Celia si è stretta contro di lui. Gli lancia un ridicolo sguardo torbido. Sulla punta dei piedi, lo abbraccia convulsamente e mormora agitatissima parole sconnesse. “Juan, ti amo. Gloria se n’è andata, ma ci sono io. Farò tutto quello che vuoi…..”
    Che seccatura. Anche questa. Juan è proprio stufo. Si libera delle braccia che gli stringono il collo, e, con più foga che tatto, guardando dritto in faccia quella noiosissima ragazzina si lancia in una severissima predica
    Ma non gliel’ hanno insegnato che che gli uomini sposati si lasciano stare?
    Ma non sa che…….
    Ma non è gliel’ha mai detto nessuno che……..

    Celia scappa via. Juan si mette in cerca della moglie, gira per il salone,ma rimane deluso.
    “La contessina aveva mal di testa e poco fa ha lasciato il ballo. Sarà giusto un quarto d’ora” Preoccupato, ora Juan vuole solo raggiungere i padroni di casa per prendere congedo e tornarsene di corsa a casa.
    C’è chi lo ferma. Chi gli chiede un parere. Chi gli riporta una battuta.
    Gli occhi foschi, Juan si aggira per i salotti maledicendo quei seccatori che gli fanno perdere del tempo prezioso. Finalmente. Ecco i Garcia Lopez.....
    Un attimo dopo Juan è nella strada e si precipita verso casa

    Celia si è nascosta tremante dietro una siepe. Quell’uomo l’ha umiliata, l’ha distrutta. Eccitata, furiosa, pensa solo a vendicarsi.
    Juan, e anche Gloria e la moglie, la perfettissima Beatrice. L’hanno trattata con indifferenza, come una bambina.
    L’hanno esclusa. L’hanno fatta soffrire.
    Ma adesso la pagheranno. Lo so solo io che Gloria è partita con suo marito. Vedrete! Impreca, silenziosa, i piccoli pugni stretti sugli occhi rossi e gonfi

    Ancora chiusa nella sua stanza, Beatrice piange. Ha sentito il portone di ingresso sbattere con violenza. Juan se n’è andato…. l’ho lasciato andare via senza dirgli una parola….
    Ma dopo quello che ho visto… Juan è un traditore, sempre a caccia.
    Ma anche lei.
    Che sfrontata, quella Gloria.
    La fronte corrugata, gli occhi socchiusi, ripensa furiosa agli avvenimenti della sera precedente.
    E’ ancora distesa sul letto, la testa che le gira. Non ha dormito affatto ed è sfinita
    La luce che entra dall’imposta socchiusa crea una colonna d’oro, dal soffitto al pavimento, dove danzano milioni di granelli di polvere lucenti. Ma lei non li vede, come non vede i disegni bizzarri che la luminosità del primo mattino imprime sulle tende.
    Assorta nei suoi pensieri, cupa, si sente piuttosto imprigionata in un cono d’ombra, che le preme addosso e le fa battere le tempie.
    Pensa, rimugina, immagina complicati progetti di vendetta, ma Beatrice è una ragazza onesta, in fondo sa che la ferita al suo orgoglio amplifica i fatti, deforma la realtà
    Si impone di ragionare con calma e così, a mente più fredda, in effetti comincia a inquadrare le cose con maggiore obiettività. Comincia ad ammansirsi.
    In fondo, che ha fatto di male, Juan. E’ lei che gli gira sempre intorno. Lui non la cerca mai...
    Dopo tutto quel fiore non glielo ha mica chiesto lui.
    Ha giudicato troppo in fretta? Ha sbagliato a condannarlo senza neppure dargli la possibilità di spiegarsi?
    E adesso lui è andato via, e per dieci giorni non potrò parlargli, non potrò stringerlo. Juan……
    Dopo un’ora di riflessioni e ripensamenti Juan è perdonato, e le lacrime di Beatrice sono ora lacrime di rimpianto e di desiderio.

    “Signora, hanno appena consegnato questa lettera.i. L’ha portata un ragazzino tutto cencioso. Me l’ha messa in mano ed è subito scappato via”
    “Contessina, con tutte le vostre arie non siete riuscita a tenervi vostro marito
    L’ho visto con i miei occhi imbarcarsi stamattina insieme a quella Gloria che tanto ha corteggiato, sotto gli occhi di tutti.
    Entro stasera tutta la città saprà e riderà di voi”
    Le lacrime di Beatrice si sono prosciugate. Juan e Gloria!
    Ma è impossibile. Stamattina Juan era qui, mi cercava, mi implorava di aprirgli
    E se quella Gloria si fosse fatta trovare sulla sua strada. Se Juan per ripicca, per vendicarsi di lei…… Ma no, sono tutte sciocchezze. Eppure...
    “Mercedes, corri a casa del colonnello” prende in mano un libro a caso “porta questo alla signora, me la chiesto proprio l’altro giorno...”
    La ragazza viene spedita di corsa a casa di Gloria, ma ben presto è di ritorno, agitata e perplessa. Non sa proprio spiegarsi
    Il palazzo è chiuso. Finestre e portone sono sbarrati. Nessuno sa dove siano andati il colonnello e la signora. Nessuno ha visto nulla. È un vero mistero.
    Beatrice è allibita. Juan e Gloria sono fuggiti insieme. Il colonnello è subito partito per cercare di raggiungerli. Li cercherà, chiederà a Juan soddisfazione. E lui si batterà.
    Per Gloria
    Soffoca. Deve andar via, Deve andarsene subito. Esce dalla sua stanza imbambolata. Cerca la cameriera per darle i suoi ordini . Un attimo, ed è già pronta per la partenza

    Così, racchiuso tra le sue manine avide il destino di tre persone, la piccola Celia ha distrutto in un sol colpo la reputazione di una donna, la fiducia di un’altra donna e la felicità di un uomo, quell’uomo che aveva pensato di amare tanto…

    Sulla carrozza che da San Paolo deve portarla a Campo Real, Beatrice rimane tutto il tempo a occhi chiusi
    Il viaggio in treno dalla capitale è stato un incubo.
    Tutto quello stare li, ferma, bloccata, zitta, mentre avrebbe tanto bisogno di muoversi, di scappare, di urlare l’ha stremata.
    Seduta di fronte a lei Mercedes la seguiva continuamente con gli occhi, spaventata dal suo pallore, dal suo silenzio. Senza parlare, le offriva tutto l’appoggio che poteva, anticipando i suoi bisogni e cercando di trasmetterle un po’ del suo calore. Beatrice percepiva questi doni, e ogni tanto le rivolgeva un pallido sorriso riconoscente.

    Adesso non ha più nemmeno lei, la ragazza, che ha lasciato a San Paolo.
    La mia famiglia la devo affrontare contando solo su me stessa, senza l’aiuto di nessuno
    Beatrice procede da sola, rannicchiata dentro la carrozza, imprigionata nei suoi cupi pensieri
    Ora che sta per arrivare il cuore si stringe fino a farle male. Finalmente apre gli occhi e le scorre davanti quel paesaggio tanto conosciuto, tanto amato, i luoghi che l’hanno vista bambina, poi ragazza, e poi giovane sposa
    Campo Real è sempre stata il centro del suo mondo,

    E’ stato il luogo della sicurezza e della felicità, poi della disillusione, del dolore, e come in un circolo che ruota senza fine, di nuovo il luogo della felicità, il luogo dove tra lei e Juan è nato un sentimento che li aveva straordinariamente avvinti, che lei pensava sarebbe durato per sempre
    Tornare a Campo Real significa fare i conti con i fatti fondamentali della sua vita. E con le persone fondamentali
    Sta per trovare i suoi parenti. Questo incontro la terrorizza. Non ce la fa. Ma dove altro potrebbe andare
    E’ crollato tutto. Tante volte Beatrice aveva pensato a quel ritorno a Campo Real, lei e Juan, felici.
    Magari col nostro bambino...
    Realizzati e sicuri di sé avrebbero dimostrato a tutti quanto era valsa la pena di darsi reciproca fiducia, di sfidare il mondo intero per stare insieme, certi del loro amore
    E adesso deve affrontarli tutti, tutti loro che l’avevano sconsigliata, pregata, minacciata perché non sposasse Juan. Il gelo di Sofia, le lacrime di sua madre, la violenza di Andrea, la furia di Anna. E lei l’aveva voluto per forza
    All’inizio era stata mossa solo dal desiderio di favorire un po’ di normalità, di serenità al matrimonio di sua sorella ed Andrea, ma poi….. la sua vita ordinata era stata travolta come da un fiume in pena, l’amore, la sofferenza, la passione l’avevano trasformata. E Juan……. Quanto aveva dimostrato di capirla, di amarla fin dal principio “Si y la olbiese tedino a uste solo involvendo cingo, sordo o imbecille la habitat decado por orta y muchi meno por la sorra de su germana”
    Il pianto così a lungo trattenuto prorompe. Il suo ritorno, il suo fallimento. Avevano ragione loro
    Sente con forza questa umiliazione, Beatrice, ma non soffre per orgoglio. Quello che le spezza il cuore è la consapevolezza di aver perso Juan, e il senso di abbandono che la sua fuga con un’altra donna apre come una voragine davanti ai suoi occhi, al suo futuro.
    La perdita. Juan non sarà mai più suo.

    Quanto mi hai ingannato. Che cosa amavi in me? Che cosa ti ha stancato?
    Il mio rigore, la correttezza, il senso del dovere che ammiravi tanto ti sono poi venuti a noia, sempre precisa, sempre perfettina? Ti ha allontanato proprio quello che avevi amato tanto? Ma non è meglio una donna che ti stuzzica e ti provoca, ti incuriosisce e ti fa sentire vivo? Non si era innamorato perdutamente di Anna? Come hai potuto amare lei, poi me? Come ho potuto crederti?
    "Se voi foste stata promessa a me,solamente se fossi diventato cieco, sordo o completamente folle, vi avrei lasciata per un'altra e meno che mai per una donna come vostra sorella!"
    Perché mi dicevi queste cose? Tu le vuoi, le donne come mia sorella
    Sei come tutti gli altri, Juan, quello che cerchi in una donna non è quello che ti può dare per una vita intera, ma è come ti fa sentire in un attimo che poi se ne va.
    A che serve comportarsi bene, essere fedele, comprensiva, affidabile quando è sempre l’ultima arrivata, sventata, capricciosa, provocante a prendersi l’amore di un uomo.
    Si innamorano follemente di donne così, che non se lo meritano affatto, e meno se lo meritano, più si innamorano
    Ma io sono come sono. Non voglio cambiare. Coraggio, Beatrice, andiamo avanti e affrontiamo tutto quello che c’è da affrontare, le lacrime, le occhiate ironiche, gli interrogatori, il biasimo verso Juan che sarà certamente meritato, ma mi ferirà terribilmente.
    Devo sopportare tutto. Ho solo bisogno di un posto dove stare. Poi rimetterò insieme i miei cocci e mi studierò di andare avanti.

    Appena sbarcato Juan si precipita a casa sua.
    Non vede l’ora di abbracciare Beatrice. Ha ormai perdonato il suo capriccio ( lei, di solito così equilibrata), vuole solo averla accanto a sé, felice, tenera, baciare quegli occhi che si spalancheranno di stupore e di piacere di fronte ai meravigliosi regali che le ha portato.
    Juan è costretto ad aprire con la sua chiave. Nessuno al portone, nessuno nelle varie stanze in cui si affaccia, una dopo l’altra
    Entra nella loro camera da letto. Uno sportello dell’armadio è rimasto semichiuso, e lascia intravedere al suo interno degli spazi vuoti. Anche dai cassetti mancano chiaramente dei capi di biancheria, come mancano dalla toilette le spazzole e tutte le misteriose bottigliette di cristallo che hanno sempre tanto incuriosito Juan per i loro profumi così delicati.
    Quello che è completamente pieno, intatto, è lo scrigno dei gioielli, tutti i gioielli che lui gli regalato sono lì: Beatrice non ne ha portato via nemmeno uno.
    Juan si spaventa. Vi legge un’offesa e un rifiuto. Uno schiaffo.
    Nessun biglietto, nessuna spiegazione. Niente.
    Deve riuscire a sapere dove è andata, dove sono tutti, ma deve muoversi con tatto e discrezione. Non ha alcuna voglia di creare scompiglio, di suscitare curiosità, magari per niente. Il portone sbattuto da una mano impaziente e nervosa e Juan è già sulla strada
    Gira per la città, per i quartieri più esclusivi, dove abita la maggior parte dei loro conoscenti, nella speranza di venire a sapere qualcosa casualmente, ma non incontra nessuno. All’improvviso,Celia.
    Maledizione. Ci manca solo questa. Juan fa già per attraversare la strada, per defilarsi al più presto, ma la ragazza è più svelta di lui. Con una spinta si libera della cameriera che l’accompagna, si ferma di fronte a Juan.
    “Capitano, che sorpresa! Credevamo tutti che non vi avremmo più rivisto, dopo tutto quello che è successo
    Non andate anche voi a fare gli auguri alla nuova coppia felice?
    Certo che è stato un bellissimo colpo di scena: il signor Andrea che ottiene l’annullamento del matrimonio e la signora Beatrice che corre subito da lui, per far annullare il suo e poter sposare finalmente il bel cugino.
    Del resto, si amano da anni, erano destinati a stare insieme, sono fatti l’ uno per l’altra. Lo sanno tutti ”
    Una risata cattiva, un accenno di saluto con la testa ricciuta e la piccola Celia riprende il cammino. Non le importa delle conseguenze, non le importa che ben presto le sue parole verranno smascherate e lei passerà per quello che è, una sciocca e perfida bugiarda.
    Intanto Juan vivrà ore di incubo, tra dubbio, sospetto, furore, gelosia. Pagherà. Come ha pagato Beatrice. E Gloria.
    Le piccole mani che tremano, Clelia si sente svenire, ma va avanti. La certezza di avere causato dolore le dà forza.

    Juan è incredulo. Come può essere successo quello che diceva quella piccola serpe? Andrea è negli Stati Uniti, da molto tempo. Sarà lì che ha ottenuto…..
    Torna a casa. Sul vassoio d’argento posto sul tavolo d’ingresso nota una lettera. E’ indirizzata a Beatrice e la grafia è quella di Caterina.
    Juan ovviamente non ha il minimo scrupolo. La apre stracciando frettolosamente la busta.
    “Carissima Beatrice, non sai quale incredibile novità. Andrea ha ottenuto l’annullamento del matrimonio e ora sta tornando a Campo Real...”

    Beatrice, varca il portone d’ingresso, confusa e avvilita. Dovrà raccontare, spiegare.
    Il disagio è grande, ma quando, sentite delle voci provenienti dallo studio, entra trepidante nella grande stanza, si rende conto stupita che le danno appena retta, come se tutti si fossero aspettati di vederla capitare lì da un momento all’altro
    “Beatrice, che sorpresa. Sei già qui, tesoro? Come hai fatto ad arrivare così presto? Andrea, non è meraviglioso che la nostra Beatrice sia la prima a felicitarsi con te e a conoscere la tua fidanzata? Harriet, cara, questa è Beatrice, la cuginetta di Andrea. Bea, Harriett e Andrea sono fidanzati, si sposeranno tra qualche mese, non è meraviglioso?”

    Beatrice è rimasta veramente senza fiato. E così Andrea l’aveva ottenuto, l’annullamento, si risposava. Sembravano tutti felici. Andrea che l’abbracciava e le dava due sonori bacioni sulle guance, Sofia che si covava con gli occhi scintillanti l’amato figliolo e si teneva stretta la giovane donna, una preda di prim’ordine. Persino sua madre, la povera Caterina sempre così suggestionabile, subiva l’entusiasmo generale e se ne stava lì, sorridente, abbracciava sua figlia, le chiedeva se non era meraviglioso che Andrea e Harriet…….
    E Anna? Nessuno pensa ad Anna, lassù, nella sua stanza, che muove le mani, canta sottovoce e ogni tanto, come presa da ricordi laceranti, piange disperata?
    Ma certo. Anna è un capitolo chiuso. Solo lei ha avuto delle colpe. Andrea, Sofia, Caterina, sono tutti innocenti. E così giustizia è fatta. La traditrice è stata punita e dimenticata.
    Ma la curiosità prende il sopravvento. Pur sorridendo con gentilezza, Beatrice osserva attentamente la sua futura cugina che si è fatta avanti, la mano tesa e un sorriso franco. E’ abbastanza alta, né bella né brutta, e sembra simpatica.
    E ha un vestito… La fa sentire subito ammuffita. Non è niente di particolare, ma la linea…. Asciutta, sottile, il colore sobrio, ma grintoso, la giacchina accostata e la gonna più corta che Beatrice abbia mai visto. Si sente subito troppo colorata e agghindata E’ così che ci si veste adesso su al Nord. Ebbene…….. mi piace tanto
    Tutti parlano, tutti si congratulano e all’improvviso, la domanda fatale. “E Juan? Come mai non siete venuti insieme? Ti raggiungerà presto?”
    Beatrice lo deve dire. Prima o poi lo deve pur dire. “Io e Juan…. Noi ci siamo lasciati, non riuscivamo proprio ad andare d’accordo...” Si impappina, si confonde, e poi, tutti le parlano e lei non crede alle proprie orecchie “Via, Beatrice, sono cose che capitano, liti tra innamorati. Vedrai che in un batter d’occhio Juan sarà qui e tutto si aggiusterà con un bacio” Da tutti, indulgenza, buonsenso, qualche sorrisino complice. Insomma, proprio nessuno si occupa di lei
    Poi lo fa Harriet. Le si avvicina. E’ discreta. Non chiede nulla. Parla piuttosto di sé, è la prima volta che viene in Messico, ed è veramente frastornata. Tutti quei colori. Tutto quel calore. Tutti quegli alberi. “ Io sono sempre vissuta a Detroit. Non puoi immaginare che differenza. Da noi freddo, fabbriche, smog e stress. Ce la sogneremmo, questa pace. ”
    Pace. Beatrice sorride appena. Se sapessi quanti conflitti, passioni, rabbie nei nostri cuori in questa atmosfera sonnolenta, tra questo verde fitto, sotto questo sole accecante. No, la pace...no. Non è proprio questione di latitudine.

    Per tutto il viaggio sulla Santa Monica verso San Paolo, Juan non ha fatto che imprecare e attaccare briga.
    La verità è che la paura, il sospetto, la gelosia gli tolgono il respiro.
    L’immagine di Beatrice e Andrea insieme gli dà alla testa.
    In fondo l’ha sempre amato. In fondo è lui che voleva. Le parole di Celia gli rimbalzano nel cervello “…. potrà sposare finalmente il bel cugino. Del resto, si amano da anni, erano destinati a stare insieme” Destinati a stare insieme . Destinati a stare insieme
    Ormai i suoi uomini girano al largo e aspettano solo il momento che gli sia passata
    Stesso linguaggio e stesso atteggiamento a San Paolo, nello studio dell’avvocato Manera. “Sì, Juan. Ho saputo che il matrimonio di Andrea è stato dichiarato nullo per consenso simulato.
    E’ risultato che Anna l’ha sposato con un inganno, ha pronunciato l’impegno della fedeltà coniugale pur volendo continuare la sua relazione con un altro uomo. Con te, se la vogliamo dire proprio tutta.
    Era proprio determinata. Ed è stata indiscreta, ha parlato in giro, l’ha detto anche a te, no?. La sua cameriera ha sentito, ha testimoniato.
    Povera figliola. E’ sempre stata una sciocchina, ma che fine terribile
    L’ho saputo l’altro giorno a Campo Real. Aspettavano il ritorno di Andrea da un momento all’altro. Ormai sarà a casa.
    In effetti, adesso che mi ci fai pensare, avevano tutti un’aria misteriosa. Sorridevano. Mi dicevano di prepararmi a grandi cambiamenti.
    Juan non fare quella faccia. Perché salti sempre a quel modo a delle conclusioni assurde . Chi l’ha detto che Beatrice…..Juan dove vai . Questo fa un’altra pazzia. Juan torna qui”
    Ma Juan è già montato a cavallo, e come un matto si precipita verso Campo Real.
    Si è trovato già una volta in quella situazione, a cavalcare su quella stessa strada pieno di furia per il tradimento subito, ma quella volta andava a reclamare Anna.
    Stavolta quella che corre a riprendersi è Beatrice, il suo amore.
    Stessa ansia, stesso furore. E se avessero già deciso tutto? Se anche stavolta fosse già troppo tardi.
    No. Il mio ritorno a Campo Real oggi sarà diverso.
    Andrea non ti mettere in mezzo. Ti ho perdonato, ti voglio bene, ma Beatrice è mia.
    E’ sempre stata mia. E’ sempre nella mia mente e nella mia anima.
    E se non provasse i miei stessi sentimenti sarei tanto egoista che la obbligherei e se fosse ,di un altro la rapirei.

    Quando arriva a casa di suo padre, Juan non passa affatto dalla stalla. Si dirige verso l’abitazione ancora sulla groppa del suo cavallo, che ormai, stremato, è coperto di schiuma. Juan gli circonda col braccio il grosso collo tremante.

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    Scende, comincia ad asciugarlo con la coperta. Non può vedere nessuno soffrire, nemmeno un animale
    E quando alza gli occhi, vede Andrea e si fa avanti
    Quanto è diversa la situazione reale da quella che aveva immaginato.
    Come il suo ritorno a Campo Real è differente da quello che si era aspettato
    Andrea non è solo, abbracciato a Beatrice, pronto a sfidarlo
    E’ circondato dai familiari. Felice, gli sorride, gli va incontro tenendo per mano la fanciulla sconosciuta che ha a fianco. “Juan! Che gioia. Harriet, è arrivato mio fratello Juan. Lei – si porta la mano alle labbra e la bacia con trasporto – lei è la mia fidanzata. La ragazza più cara del mondo”
    Dietro di loro Beatrice, pallidissima, lo guarda come se fosse un fantasma

    “Juan, ho saputo da Beatrice che avete fatto baruffa. Via, risolvete al più presto la situazione. Voglio che tutti siano felici come me. Va’ da lei. Lo so che saprai convincerla ” Nello studio di Andrea, in effetti, Juan sta friggendo di impazienza. Ha dovuto seguire lì suo fratello, ascoltare tutte le novità, le peripezie attorno all’annullamento, i particolari della sua conoscenza con Harriet – ero andato a trovare suo padre, avevamo intenzione di combinare un affare, una società per impiantare una fabbrica su al Nord, quando nello studio è entrata la mia streghetta. Per tutti e due è stato amore a prima vista e non ci siamo lasciati più…..”
    E giù, tutto il repertorio degli innamorati che, si sa, non hanno dubbi: è il loro amore, ovviamente, la cosa più importante del mondo
    Finalmente Juan riesce ad allontanarsi e corre alla ricerca di Beatrice.
    La va a cercare nella camera che occupava da ragazza, durante le sue visite agli zii.
    Entra senza farsi sentire e la sorprende girata di spalle, verso la finestra, contro il verde fitto del giardino.
    Juan la guarda e gli sembra stranamente piccola e fragile, per come si stringe nelle spalle, quasi per evitare un colpo. La rabbia e il turbamento cominciano a calare, la fronte è ancora corrugata, ma già si vede uno sciogliersi della tensione nei solchi ai lati della sua bocca, un qualcosa che non è proprio ancora un sorriso, è piuttosto un ammorbidirsi delle labbra, e un addolcirsi degli occhi ancora severi. Juan non pensa più alla propria collera, pensa alla sua Beatrice, la vede sconvolta e vuole consolarla
    La gira dolcemente verso di sé e le prende il viso tra le mani
    “Amore, che c’è?. Perché sei scappata a quel modo? Maledizione, Beatrice. Mi hai fatto morire di paura. Mi hanno detto che volevi lasciarmi. Che volevi sposare Andrea….”
    “E a me hanno detto che eri fuggito con Gloria!”

    E’ un urlo. Adesso viene tutto fuori. Anni di autocontrollo, di buona educazione, di stile se ne vanno in fumo, e d’incanto viene fuori la piccola furia che, di fronte a un’ingiustizia, sostituiva Beatrice bambina, la Beatrice ordinata, sempre accomodante e sorridente.
    Una belvetta che strepita, e batte i piedi e pretende che subito – subito! - le cose vengano messe a posto, tra lo sgomento della madre e il divertimento del padre……..



    3_Fan_BEA


    “Una lettera anonima. Tu non c’eri. Gloria era sparita. “
    “Ma come hai potuto pensare…..”
    Beatrice crolla “Certo che l’ho potuto pensare. Lei sempre attorno a te, con le sue risate, con i suoi sguardi provocanti. E io lo so che sono quelle le donne che piacciono a te.
    Purché siano civette e insinuanti e sfacciate…. tu subito perdi la testa.”
    E più tira fuori tutto, più si sovreccita, più, povera Beatrice, fa confusione.
    “Io sono sempre qui, quella scontata, quella seria, quella noiosa. Io che ti amo da morire, e ti rispetto. Ma a te piacciono quelle che ti provocano, ti prendono in giro. Basta. Basta con Anna, con Angelica, con Marianna. Loro ti hanno ingannato, ti hanno mentito, si sono servite di te e tu sempre pronto a difenderle, a proteggerle. A trattarle con riguardo. Guai a chi te le tocca.
    Io non ho mai ricevuto tutte quelle attenzioni.
    Mi hai trattato duramente, mi hai respinto. Mi hai abbandonato e te ne sei andato lontano. Da me . Che ti ho sempre amato.
    Tu ami solo quelle che non se lo meritano….”

    “Insomma, Beatrice, ma di che cosa parli? Io amo te. Ho scelto te. E poi che discorsi sono?
    Che cosa non meritano? L’amore? Ma nessuno merita l’amore, nessun tipo di amore.
    Una madre ama suo figlio perché se lo merita, tu mi ami perché me lo merito?
    L’amore non è un premio, è un’altra cosa. Qualcosa che permette a tutti noi di essere consolati e riconciliati, che ci dà una tregua, che crea legami di vita.
    L’amore è gratuito, si dà e si riceve senza tenere la contabilità.
    Tu meriti l’amore, tu no.
    E chi giudica chi merita? Chi è tanto al di sopra da giudicare, condannare e punire ?”

    La ragazza è folgorata . Gli rivolge uno sguardo spaurito.
    Juan subito si intenerisce e se la tira sulle ginocchia “Piccola, ma sei proprio determinata a vivere con la bilancia in mano, a giudicare gli altri, tu meriti, tu non meriti, a condannarli senza appello? Insomma amore, non vorrai mica andartene con le pietre in tasca, pronta a lapidare chi ha sbagliato…….”
    Beatrice è ammutolita, e lo guarda come se non lo conoscesse. Quelle parole vengono da Juan, proprio da Juan che è vissuto nella strada,, che non era mai stato battezzato e iscritto all’anagrafe, un bimbo senza nome a cui nessuno ha mai insegnato niente e che solo da Manera ha avuto affetto, e una guida….. E Juan ha dentro di sé parole che lei, educata e seguita, ha ascoltato tante volte, ma in fin dei conti non è stata capace di fare sue.
    Oh, Juan ha capito. Lui ha capito. Le lacrime che scendono lungo quel volto tanto amato commuovono Juan fin dal profondo. La culla, la coccola, le sussurra il suo amore
    "Meritare, non meritare….è difficile dire perché uno si innamora.
    Io ti amo, Beatrice perché ne ho bisogno. Per me non ci sono altre donne. Nella vita di tutte le persone prima o poi arriva qualcuno, e tu senti che è quello che hai sempre cercato.
    Probabilmente altre donne hanno le tue stesse qualità,ma per me tu sei speciale...Il tuo modo di fare,di dire le cose, quando ridi o quando mi chiami, tutto mi attrae.
    E soprattutto mi piace quello che mi fai sentire: che per te niente e nessuno sono più importanti di me………”
    La tiene stretta a sé fino a quando non sente che lei è ormai consolata. Solo allora la prende in braccio e la depone sul letto. La sua Beatrice.
    La guarda, le bacia gli occhi ancora umidi di pianto “ Non ti tendi conto che ho bisogno di te come dell’aria? Nemmeno per un istante ho mai smesso di pensare a te. Anche quando faccio altre cose, sei sempre qui, accanto a me...” Sfinita, eccitata, infinitamente sollevata dopo tante paure e traversie, Beatrice si avvinghia a lui. Finalmente. Finalmente…

    Dalle finestre socchiuse della stanza entra il riverbero verde e la frescura degli alberi del giardino di Campo Real, quel vasto giardino dove i fiori per il gran caldo stentano a crescere, ma gli alberi sono così folti e ricchi da creare uno scenario vivo e sempre in movimento, che sembra circondare e proteggere la grande casa
    Seduto alla sua scrivania, Andrea appare molto assorto, lo sguardo fisso, il mento appoggiato sulle mani intrecciate, ma, in realtà, sta semplicemente fantasticando.
    Dopo tante sofferenze, e abbagli, dopo tanti errori – e quanto li ha pagati cari... - si apre davanti a lui una vita nuova, una vita finalmente pulita, e serena, e piena di amore.
    Alza gli occhi e vede venire avanti Beatrice. Alzandosi dalla sua poltrona l’osserva con affetto. Ha l’aria un po’ stanca. Deve ancora risentire delle fatiche del viaggio. La notte, chiaramente, non le ha portato il riposo auspicato
    “Entra, Beatrice, cara, accomodati” e le avvicina una sedia pesante e austero, come pesante è tutto l’arredamento della vecchia casa.
    La ragazza rimane in piedi. Lo guarda
    “E Anna, Andrea? Che ne sarà di Anna?” lo affronta senza giri di parole.
    “Finora è vissuta qui, isolata, ma al sicuro. Ma adesso? Non puoi certo lasciarla nelle sue stanze e imporla a tua moglie, ma una sistemazione va trovata ”
    “Certo. No, ci ho pensato, naturalmente. Anna deve andarsene. Non può restare qui, è fuori discussione. Non so. Troverò una soluzione. Francamente non ho proprio idea di dove mandarla. E’ un problema. Finora ho avuto talmente da fare…..”
    Andrea è in imbarazzo. Non sa che dire. La situazione non è facile. Forse potrebbe...

    Ma è entrata Harriet. Rossa per l’indignazione. Ha sentito tutto, e non riesce a credere alle proprie orecchie.
    “Ma come, Andrea, la tua prima moglie è qui, in questa casa? Non hai ancora risolto questa questione? Non è mica un particolare secondario, sai?
    Naturalmente conoscevo la situazione, l’avevo accettata. Niente da dire. Ma non questo.
    Mai avrei immaginato una cosa del genere. Tua moglie qui, rinchiusa, confinata in una stanza.
    Ma insomma, Andrea, dove sono finita? Non siamo nel Medio Evo.
    Le persone malate si curano. E chi se l'aspettava di capitare nel vivo di un romanzo gotico.
    Lui, lei, la moglie malata di mente al piano di sopra.
    Ma scherziamo. Tutto questo è inaccettabile. Assolutamente inaccettabile.”
    Si volta e in lacrime scappa via dalla stanza
    E così ora tocca ad Harriet essere arrabbiata, confusa, disperata.
    Mio Dio, sembra non possa esserci mai pace, per queste ragazze…….

    Che momento difficile. Beatrice è disorientata, ma segue il suo istinto, e non sbaglia.
    Lei deve pensare a sua sorella. E’ generoso, l’istinto di Beatrice, e benevolo, e gentile
    Prima di tutto deve andare da Anna, accertarsi di persona delle sue condizioni.
    Come starà, che avrà fatto in tutti questi mesi? Vuole raggiungere al più presto sua sorella, ma è inquieta, preoccupata, non sa come l’accoglierà.
    E se la turbasse? Se poi stesse peggio?

    Apre la porta, piano. La donna è seduta presso la finestra, assorta. Che sia questo il suo modo di partecipare alla vita degli altri, guardare giù, veder passare ora questo, ora quello, immaginare……chissà, immaginare……
    Ormai è tanto che è lì
    Il trauma provocato dalla caduta da cavallo, la fine così drammatica della sua gravidanza, il ripudio da parte del marito……
    Aveva perso Juan e aveva perso Andrea . Non aveva più nulla.
    La sua mente aveva rifiutato di accettare la realtà. Anna è rinchiusa in un torpore in cui non ricorda nulla, non vede più nulla. Non c’è passato e non c’è futuro. E il suo presente sta tutto in quel suo dondolarsi sulla sua poltrona.
    Beatrice, lenta, con cautela avanza verso di lei,.
    Anna sembra non riconoscerla, ma almeno non grida e non la respinge con furore, come faceva le prime volte. “Come stai, Anna…...Sono venuta a trovarti”
    Lei si volta e tace, ma ha appena alzato il volto e volge lo sguardo verso il lato opposto della stanza. Anche Beatrice si gira, lentamente, per seguire la direzione degli occhi della sorella. E così , inquadrata nel vano della porta, vede Harriet immobile che le sta osservando, attenta, assorta, con le palpebre socchiuse

    E’ salita silenziosamente dietro Beatrice, sulle sue scarpette leggere. Ed ora che finalmente è lì, si trova di fronte una donna sconosciuta che la riempie di paura e di tristezza
    Anna, nonostante la magrezza che fa diventare enormi i suoi occhi, nonostante il pallore intenso che scava ombre sul suo viso, conserva una sorta di incancellabile bellezza . Incanta soprattutto il fascino dei suoi occhi chiari che sembrano guardare lontano e ancora esprimono fame di vita e disperazione
    Harriet prova una fitta di gelosia così acuta che le manca il respiro. Questa è la donna che Andrea ha tanto amato, che ha sposato e per la quale è quasi impazzito di dolore.
    Questa ragazza bellissima, come io non sarò mai. Ma è un attimo. Il dolore profondo che ha sentito è già passato. Di fronte a lei ora c'è soltanto una povera donna sola e malata che ha bisogno di aiuto
    Anna la guarda fisso in faccia “Chi sei? Hai pianto? Non devi piangere sai, altrimenti ti si gonfiano gli occhi e diventi brutta. E allora, se sei brutta, nessuno ti ama”
    Ma già ha perso interesse. Ricomincia a giocare con le mani, a girare e rigirare intorno al dito un anello inesistente”
    “Ci penseremo noi, Beatrice”
    Andrea stavolta ci ha visto giusto e ha scelto una donna saggia e di buon cuore
    “ La porteremo nella mia città. Ci sono cliniche buonissime che riusciranno a guarirla, o almeno a farla star bene. La seguiremo tu e io. E solo quando starà meglio, quando le avremo assicurato una vita comoda e serena sposerò Andrea. Finché questa donna è così spersa e infelice io…. io non me la sento”
    Beatrice si commuove. La abbraccia. Sono due donne, e sono dalla stessa parte.

    Che dire di questa storia? Juan e Beatrice sono ritornati a Campo Real, tutti e due guidati dalle rabbia, dalla paura, dallo sconforto, si sono fronteggiati, si sono capiti, e arresi al loro amore ed ora che si sono ritrovati sono di nuovo uniti e felici.
    Ora passeggiano per il giardino sotto uno scintillio verde che illumina il cielo e i loro occhi.
    Ed ecco che si fermano, lui sempre più emozionato la guarda, la fa sedere accanto a sé e sussurrandole tutto il suo amore la rovescia piano sull’erba e la bacia come se non volesse lasciarla mai più. Lei che si abbandona, gli occhi socchiusi, il respiro affrettato

    E il cammino del loro amore riprende da dove era stato interrotto.
    Chi lo sa dove li porterà ancora. La loro storia sembra destinata a non finire mai…...


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    FINE



    IL BACIO IN GIARDINO
    18) La farfalla
    Muovendosi con cautela per il lungo corridoio, guardava dietro di sé per accertarsi di non essere seguita. Ecco. Era finalmente arrivata.
    Aveva aperto la porta ed era scivolata zitta zitta nella grande stanza silenziosa. Con un gesto rapido aveva richiuso l’uscio dietro di sé. Ce l’aveva fatta. Adesso era completamente sola.
    Si era appoggiata alla parete e aveva respirato profondamente.
    In fondo si trovava in una situazione insolita, poteva anche essere confortante, anzi, elettrizzante. Era come trovarsi su un’isola deserta. E già l’ombra di un sorriso modificava l’espressione della sua bocca dolorosa: era arrivata. Era nella biblioteca dello zio Francisco
    Beatrice si era avviata con sicurezza verso il centro della grande libreria. Sapeva perfettamente dove era collocato il libro che cercava, lo zio glielo aveva letto tante volte.
    Tutti i volumi era disposti con un ordine meticoloso, divisi per argomenti. La ragazza si fermò di fronte al settore storia, controllò un attimo, quindi sfilò il libro pesante che tante volte aveva visto tra le mani dello zio e lo strinse tra le braccia.
    Che sollievo stare finalmente un po’ in pace in quella penombra profumata di citronella e di alloro e rosmarino, e di tutte le essenze che da sempre venivano rinchiuse nei minuti sacchetti ricamati a punto croce. Nascosti tra un volume e l’altro sulle ampie scaffalature, le piccole bustine odorose profumavano l’aria e tenevano lontani i parassiti dai preziosi libri che dormivano lì ormai da tanti anni.
    Si era guardata lungamente intorno, lasciandosi portare via dai suoi ricordi
    Lo zio Francisco.
    Se n’era andato quando lei era ancora molto piccola, ma lo ricordava bene, e con tanto amore. Anche allora sgusciava dentro quella vasta stanza silenziosa, si nascondeva dietro qualche mobile e rimaneva a guardare lo zio grande e bello che trovava alla scrivania, intento a leggere i suoi libri misteriosi.
    Leggeva assorto, ma rilassato, le lunghe gambe distese davanti a sé, le caviglie accavallate, il gomito appoggiato al bracciolo dell’ampia poltrona, quella poltrona tanto diversa da tutte le altre presenti nella vasta dimora di Campo Real: di cuoio, severa, senza fronzoli, era proprio una poltrona adatta ad un uomo, e un uomo grande e importante.
    Tutto in quella stanza era maschile e rigoroso e sapeva di pensieri, progetti, sogni, desideri di uomo. Per la piccola Beatrice che aveva perso suo padre quando aveva solo pochi, anni, stare vicino a un figura maschile, in quell’esercito di donne, significava entrare in un mondo parallelo in cui abitudini, gusti, svaghi, gioie e rammarichi e silenzi differivano completamente da quelli femminili. Come comporli? Beatrice continuava a non saperlo.
    Lo zio Francisco…..Tutti parlavano di Francisco Aleardi della Valle come di un uomo coraggioso e volitivo, che non aveva paura di nulla
    Ora, per lei, ricordandolo attraverso i ricordi degli altri, poteva essere difficile mettere insieme tutte quelle immagini che convivevano nella sua memoria. Don Francisco sul cavallo rampante, veloce come il vento, uno scavezzacollo sempre pronto a saltare gli ostacoli più impervi. Il marito della zia Sofia, spesso impaziente, che alzava la voce con la moglie e che era rispettato da tutti. Il padrone di Campo Real, che curava con fermezza e buonsenso le sue proprietà , sempre giusto e sempre attento al benessere di chi lavorava per lui.
    E infine lo zio immerso nella lettura, nel silenzio e nella solitudine della sua biblioteca, che alzava la testa quando la sentiva entrare e subito si alzava, guardava sotto i tavoli e i mobili dicendo “Chi è entrato? Una topolina? Dove si sarà nascosta? Eccola!”
    Beatrice scivolò nei suoi ricordi.
    Entrava piano piano, cercando di non farsi sentire, ma lo zio la vedeva subito, la tirava fuori dal suo nascondiglio, la prendeva tra le braccia e la faceva saltare in alto, in alto. E lei, spaventata e felice rideva e gridava.
    A casa nessun altro la faceva volare e nessuno le parlava come si parla a una persona grande.
    Ed effettivamente, ma la piccola Beatrice non poteva capirlo, solo lo zio doveva aver compreso quella bimba silenziosa, ma che si apriva spontaneamente al calore e alla tenerezza, e tirava fuori con chi glielo consentiva quell’allegria e quella gentile arguzia che l’atmosfera di Campo Real, resa pesante e cupa dai rancori implacabili e dal riserbo altezzoso di Sofia, soffocavano inesorabilmente. Soffocavano anche lui, e si teneva più che poteva lontano da casa sua, e quando vi doveva restare si guardava bene dal lasciarsi coinvolgere dal dispotismo della moglie e si chiudeva nella sua biblioteca.
    Eppoi, Francisco lo vedeva, era una bimba curiosa di tutto, bisognosa di senso, e lui le raccontava tante storie, le parlava di paesi lontani, mostrandoglieli sul grande atlante, le leggeva dei passi dei suoi libri, le narrava miti greci e leggende messicane, la faceva parlare guardandola con affetto con quei suoi occhi grandi, verdi, penetranti. Beatrice sapeva che quelli erano gli occhi di un gatto, che forse lo zio era un gatto, un gatto coraggioso e aggressivo, ma che sapeva essere così gentile e affettuoso con le persone a cui voleva bene.
    Ora quegli occhi li aveva visti di nuovo. Ebbe quel pensiero all’improvviso, e ne fu folgorata, ma fu un attimo, fu un pensiero fuggevole, inafferrabile, che se ne andò così come era venuto.
    Uscì dalla stanza lentamente. Non ce la faceva a tornare nel mondo reale. Non ancora. Con un sospiro si appoggiò alla pesante porta di noce, lo sguardo rivolto davanti a sé, verso il lungo corridoio. Forse nessuno l’aveva capita bene come lo zio. Poi anche quello era finito. E adesso……
    Quel corridoio troppo scuro e silenzioso era lo specchio di tutta la grande casa. Qui nessuno ride, nessuno canta.
    La mamma che si fa piccola piccola per non dar fastidio, Andrea soddisfatto di sé che non si accorge di quello che gli succede sotto gli occhi, Anna come un gatto che si lecca i baffi e si illumina quando guarda Juan, cova, ma non dice nulla, la zia Sofia che osserva tutto e tutto chiude nel suo cuore ostinato.

    In questa casa è sempre stato così, solo lo zio Francisco aveva capito che cosa mi mancava, eppure …….è così facile sapere di che cosa gli altri hanno bisogno, che cosa desiderano veramente. Sul serio. E’ così semplice……. .
    Questa farfalla che è riuscita a trovare uno spiraglio tra queste pesanti tende che tappano le finestre e chiudono fuori il grande caldo del pomeriggio, è entrata con coraggio, leggera, e adesso volteggia per il corridoio e volando ha cambiato tutto, e lo sa.
    E invece gli esseri umani impacciati, goffi, non sanno volare perché le paure e l’avidità, l’egoismo li rendono troppo pesanti e li inchiodano a terra. Non riescono a capire quelli che hanno vicino, che cosa desiderano. Sono troppo ossessionati dai propri bisogni e rimangono ciechi…...
    Quante storie. La farfalla lo sa benissimo che cosa vorremmo e ce lo regala a piene mani: leggerezza, aria, luce colore, libertà. Ci regala se stessa senza calcolo, spontaneamente e a guardarla siamo felici. Voliamo come lei, leggeri come lei. Basta, Beatrice. Ricaccia indietro queste stupide lacrime.
    E la giovane donna percorre svelta il corridoio e sale in silenzio le scale che la portano verso la sua stanza, verso un altro silenzio, un silenzio vuoto.

    Da quando si era sposata Anna viveva e si sentiva come sdoppiata.
    Gustava fino in fondo la propria buona fortuna. Si era sposata lei, non Beatrice. Lei era la signora di Campo Real, la signora giovane, bella e rispettata da tutti. Suoi erano ormai i bauli pieni di quella preziosa biancheria che sua madre e sua sorella avevano ricamato con tanta cura, pomeriggio, dopo pomeriggio, anno dopo anno, sedute vicine a parlare di quelle nozze, di quel fidanzato che c’era sempre stato, fin da quando Beatrice era una bambina, sempre presente nelle chiacchiere della mamma e della zia e sempre assente, lontano, nella realtà.
    Mai una lettera, mai un pensiero. Ma che stupide. Ricamavano, sorridevano, parlavano di Andrea con rispetto e devozione. Che starà facendo? A che cosa starà pensando? Come avevano fatto a non capire…..
    Andrea era una figura lontana, un’idea, un ricordo, ma Anna era vera e bella, vivace e seduttiva. E quando l’immagine di un uomo atteso intensamente e ricordato a stento si era materializzata ed era venuta a contatto con la realtà, quell’immagine era diventata un giovane disinvolto e intraprendente che si era incontrato con quell’Anna viva, elusiva e disponibile, mutevole e pronta per lui. E l’aveva subito desiderata a voluta per sé.
    Il fidanzamento era stato veloce e ora Anna era una donna sposata. E adesso che Juan era venuto a vivere a Campo Real tutto si sarebbe sistemato.
    Sì, ora lui era arrabbiato con lei, con Andrea, era geloso e la evitava. Eppure Anna sapeva che proprio quella gelosia, il desiderio di averla tutta per sé lo avrebbe ricondotto a lei. E lei l’avrebbe reso folle stimolando il suo senso del possesso, gli avrebbe detto come suo marito la voleva continuamente, lei cercava di respingerlo, ma lui le stava sempre addosso, la assillava, e lei era tanto infelice. Poi l’avrebbe rassicurato, gli avrebbe detto quanto lui fosse superiore ad Andrea, quanto le mancava, sarebbe apparsa sperduta, confusa, una vittima tra le mani avide di suo marito, e così innamorata di Juan….E lui l’avrebbe consolata prendendola tra le braccia e l’avrebbe trascinata ancora una volta in un mare di sensazioni.
    Si diresse con decisione verso la biblioteca, a cercare della carta da lettere. Aveva terminato la sua e non aveva alcuna voglia di rivolgersi alla suocera. Se mi prende mi attacca sicuramente una della sue asfissianti prediche sulle vere signore, sui doveri, su Andrea, i bisogni di Andrea, il benessere di Andrea... Per carità. Meglio tenersi alla larga. Nella biblioteca ci doveva pur essere il necessario per scrivere.
    Quella stanza le era quasi sconosciuta. Dopo la morte di Francisco era rimasta sempre chiusa, l’odio che la moglie provava per lui aveva fatto sì che con la sua morte morissero anche le sue cose, i suoi ricordi .
    Andrea, poi, al suo ritorno, si era scelta come studio una stanza più piccola, l’aveva fatta arredare con mobili moderni, e lì riceveva o semplicemente oziava.
    Anna non aveva mai osato entrare nella biblioteca quando era ancora vivo Francisco. Aveva paura di suo zio, era grande, scuro e non le parlava quasi mai. Con quella barba nera e quegli occhi scontenti sembrava il diavolo e aveva sempre l’aria di essere arrabbiato, specialmente con la zia. Era sempre spazientito, con la zia, e a volte li aveva sentiti litigare.
    Anna aveva capito fin da piccola che tra loro due esisteva una forte tensione. In un lampo le tornò in mente un momento preciso; lei giocava seduta in terra, dietro le tende del salotto, succhiando le caramelle che aveva preso dalla bomboniera di cristallo in un momento in cui nessuno la guardava.
    La zia Sofia parlava di Andrea e di Beatrice, di contesse e matrimoni. Sembrava molto contenta e soddisfatta di sé. Lo zio alzava la voce, diceva che sperava che divenuto grande Andrea avrebbe avuto il buon senso di non darle ascolto, che erano tutte sciocchezze, che si augurava che suo figlio si scegliesse la moglie da solo. “Spero che mio figlio scelga la moglie che vuole”, aveva detto con voce sprezzante. Poi era uscito dalla stanza e la zia Sofia era rimasta lì, a labbra strette, lo sguardo pieno di odio e di rancore. Allora, naturalmente, lei non si era resa conto di che cosa parlassero, ma adesso… E bravo lo zio Francisco che aveva capito tutto.
    Era rimasta immobile al suo posto, zitta. Pur essendo molto piccola capiva bene qual era il suo interesse, e che la zia Sofia, così impettita e controllata, non avrebbe gradito affatto che si scoprisse che cosa si celava sotto la perfezione in cui sembravano fuse la sua famiglia, la sua casa, la sua vita. No. La zia Sofia non voleva testimoni. E lei era rimasta nascosta succhiando caramelle e facendo tesoro della sua precoce esperienza sul matrimonio e sui rapporti di coppia
    Girando per la grande biblioteca ripensò con curiosità a suo zio. Chissà che tipo era. E che morte terribile aveva fatto. Il cavallo, la caduta. Si sentì gelare.
    Questa stanza enorme sempre silenziosa, sempre vuota mi mette i brividi. Sì, è come se fosse morta, come lo zio Francisco, come………
    Anna oltrepassò la soglia e rinchiuse rapidamente la porta dietro di sé.
    Tornò alle sue occupazioni e alla vita e alla grande biblioteca non pensò più.

    E anche a Juan in quei giorni capitò di entrare nella biblioteca di Don Francisco. Successe per caso, passò davanti alla porta chiusa mentre si stava dirigendo in giardino, ma trovandosi lì non poté resistere alla tentazione. Si guardò intorno. Nessuno arrivava. Entrò e rivide tutto come quella prima volta.
    Aveva quattordici anni, allora, e non era mai andato oltre la spiaggia, la taverna e la baracca dove era vissuto. Entrato nella biblioteca, Juan era stupefatto. Non era mai entrato in una stanza così bella, senza tanti fronzoli, semplice, ma che al tempo stesso rimandava a un’aria di vecchie tradizioni, di prosperità e di lusso raffinato ed elegante. Mentre avanzava nella grande stanza i vari elementi gli venivano incontro e sorprendevano la sua vista. Non aveva mai nemmeno immaginato che potessero esistere cose così belle, le tende chiare e leggere che ombreggiavano i vetri, mentre ricche sovrattende di velluto scuro ornavano le grandi finestre; un tavolinetto rotondo di forma capricciosa che reggeva un piccolo perfetto busto di marmo, e poi la grande scrivania alla quale sedeva quello che doveva essere suo padre: un tavolo ampio, austero e imponente, su cui si trovavano, sparsi, un semplice candelabro, delle carte sparpagliate un po’ alla rinfusa, dei libri accatastati casualmente, senza tanta precisione .
    Era stato l'avvocato Manera che l'aveva portato lì nel suo veloce calessino e per tutto il tempo il ragazzo gli aveva ripetuto che mai sarebbe andato ad abitare in quella casa. L'altro insisteva e lui non voleva ascoltare l’avvocato che gli elencava tutte le opportunità che avrebbe trovato crescendo in quella casa grande e bella dove avrebbe potuto studiare, avrebbe potuto imparare a svolgere un lavoro dignitoso, procurarsi un futuro migliore.
    Cupo, ostinato, legato suo malgrado da un vincolo di lealtà all’uomo che lo aveva cresciuto - ossessionato da quelle parole che non poteva dimenticare , che gli ordinavano di odiare suo padre, di ucciderlo - si era opposto con tutte le sue forze, ma poi, era entrato in quella stanza, aveva visto l'uomo dall'aspetto autorevole e nobile, l'aveva osservato lungamente, in silenzio e poi aveva guardato i suoi occhi: guardavano i suoi, ed erano pieni di un’attenzione ed un interesse che pian piano si mutavano in comprensione e dolcezza.
    Allora si era arreso ed era rimasto, ma era durato così poco: suo padre era morto e lui immediatamente era stato scacciato da quella casa.
    Ora era di nuovo lì. Era arrivato a cavallo, come un pazzo, un uomo forte, spinto da una collera troppo intensa per essere dominata, ma ora Juan non sapeva neppure lui perché era lì, perché era rimasto. Non certo per Anna.
    Perché era tornato? Perché aveva deciso di per riprendersi Anna? Per creare chiasso e disagio? Ed era restato per un pensiero che solleticava il suo cupo umorismo, di vivere come un sottoposto, amministratore della casa che sarebbe dovuta essere sua? Ma tutto questo ormai aveva perso ogni senso, Anna non gli interessava più. Come ho potuto innamorarmi di una donna come quella? E poi c’era quella ragazza…
    Perché ora i suoi pensieri erano pieni di un’altra fanciulla.
    Non si trattava di Anna, era un'altra giovane donna dagli grandi occhi sinceri, dalla bocca dolce e lo sguardo troppo spesso triste. Sì, questo lo teneva legato a Campo Real
    Si era insinuata silenziosamente nella sua mente e nelle sue emozioni, facendosi spazio, trattenendo su di lei la sua attenzione senza sforzo, senza calcoli e civetteria. Altro che Anna….
    Eppure faceva fatica a mettere a fuoco l’immagine che aveva cominciato a formarsi nel suo subconscio: le era apparsa sotto tanti aspetti diversi, con volti così differenti che faceva fatica a metterli assieme.
    Era stata la piccola furia che gli aveva sbarrato la strada, gli aveva bloccato il cavallo mentre gli intimava di andarsene subito da Campo Real; la giovane suora pallida e tragica che aveva raggiunto vicino alla rupe e che cercava…. Che cosa cercava? Che cosa c'era in quel visino smarrito, disperato?
    L’aveva poi vista precisa e competente vicino al letto di Angelica malata. Naturalmente decidendo di occuparsi di “quella selvaggia”, e per di più nella camera di un uomo, aveva scandalizzato tutti, ma con la sua pazienza e la sua modestia era andata avanti senza esitare, l’aveva aiutato, aveva anteposto a tutto il suo desiderio di essere utile. Lui la guardava muoversi con grazia per la stanza, infaticabile, sopportando gli sgarbi e le cattiverie di Angelica, serena, pronta a sdrammatizzare e addolcire quella ragazza aspra e insolente.
    L’aveva vista tra i suoi pari, i suoi familiari, con quei begli occhi tanto spesso pieni di una tristezza che avrebbe voluto allontanare per sempre. Lei rimaneva per lo più silenziosa, un riserbo e un mistero che ne aumentavano la seduzione, ma un attimo dopo era di nuovo diversa, mentre rintuzzava con una risposta garbata e maliziosa qualche attacco della sua dolce sorellina o rispondeva con sorridente umorismo a qualche osservazione fuori luogo. Indulgente e autoironica. Rideva di sé senza mai ridere degli altri
    Scopriva che Beatrice non era la lamentosa, la perfettina, la lagna mortale dipinta da sua sorella, che anzi era capace di brio e leggerezza.
    Pesante, greve era invece proprio Anna, con la sua sensualità spessa e senza grazia, le sue passioni cupe e gelose.
    E lui che all’inizio Beatrice l’aveva giudicata pedante, ottusa…..
    Che stupido che sono stato. Be’, non avevo proprio capito niente.
    Uscì dalla biblioteca di suo padre scuotendo la testa, con un sorriso nuovo, e si diresse verso il giardino. Chissà, forse Beatrice era lì.

    Si era ritirata nella sua camera per la siesta quotidiana, ma il sonno non voleva venire. Troppo caldo, troppo silenzio, troppe passioni represse fuori e dentro di lei. Restava lì, sdraiata, lo sguardo perduto nei suoi ricordi. Quanti ricordi cupi suscitava in lei la vecchia casa. E quei silenzi. Ormai ne stava diventando preda, la circondavano, ritornavano per rattristarla e farla precipitare all’indietro, verso altri ricordi e altri turbamenti.
    Eccola di nuovo nel grande salotto di donna Sofia dove verso sera le donne della casa, le signore e le inservienti, recitavano il rosario con le bambine accanto a sé e tutto sembrava tranquillo in quel rituale rassicurante, sempre uguale: nessuno avrebbe mai potuto percepire che cosa si nascondesse sotto tutta quella apparente normalità, che cosa si celasse dietro il volto composto della signora di casa.
    Quella sera la zia Sofia era stata chiamata fuori dalla stanza “Vostro marito è tornato, signora, e desidera palarvi.” E dopo qualche minuto Beatrice l’aveva seguita, non vista. Aveva tanta voglia di salutare il suo grande zio, che era stato per giorni lontano da casa……. Ma era rimasta incollata dietro la porta, spaventata
    Li aveva sentiti discutere, lei ritta e composta, lui spazientito e scontento, che ancora parlando aveva cominciato a salire le scale……. “Ci sono ragazzi appena poco più grandi già in grado di difendersi da soli, senza paura di niente. Non parlare. Se vuoi saperlo stai facendo di mio figlio un insicuro, un debole. Adesso basta. Io te lo proibisco. Andrea è perfettamente in grado di controllare quel cavallo e voglio che lo cavalchi tutte le volte che lo desidera. Ti ordino di non intrometterti”. Aveva continuato a salire le scale senza più voltarsi indietro mentre lei, Sofia, impassibile e gelida sibilava :”Voglio solo che abbia una buona educazione. Mio figlio sarà un vero gentiluomo, non un contadino travestito da signore come te. “
    Beatrice era rimasta sconvolta da quello che aveva visto e udito e quella sera aveva intuito che la realtà non è sempre quella che ci viene mostrata, che bisogna guardare oltre un volto, un sorriso, una scena preparata come uno spettacolo teatrale. Sì, era sempre stato così, specie a Campo Real.
    E lei cominciava ad odiarla quella casa così piena di ambiguità, dove volti e maschere, vero e falso si mescolavano, a favorire inganni e giochi di potere. Non voleva più restare lì. Doveva andarsene. Ma poi? Juan?
    Si alzò di scatto a sedere sul letto. Perché le era venuto in mente Juan? Perché un po’ alla volta aveva cominciato a pensare a lui sempre più spesso? L’aveva scacciato, l’aveva osteggiato, poi aveva imparato a conoscerlo e a rispettarlo. Solo che non c’era solo questo. Più passava il tempo, più pensare a Juan provocava in lei delle inquietudini, delle emozioni che non riusciva a definire. Lui la turbava. La faceva sentire vicina e lontana. La faceva sentire felice e infelice. Oh, avrebbe voluto che se ne andasse!
    Per scacciare quei pensieri si alzò dal letto e prese in mano il libro che aveva portato con sé dalla biblioteca. Pensava che quei racconti che lo zio le aveva letto tante volte avrebbero potuto darle un po’ di pace, e che il ricordo di ore serene avrebbe potuto riportarle indietro dal passato un po’ di quella gioia.
    Ma poi successe qualcosa che cambiò la vita di tutti.
    Dalle pagine del libro erano cadute tre fotografie. Lei le prese in mano osservandole senza capire.
    La prima era una foto di suo zio, bello, elegante, sicuro di sé come lei lo ricordava. Caro zio Francisco……
    C'era poi una foto di Andrea da bambino, con gli occhi sinceri e un sorriso fiducioso… Lei, guardando quel bimbetto, sorrise a sua volta al ricordo di quel suo cugino che allora le sembrava tanto più grande di lei….. Girò il cartoncino e lesse “Il mio piccolo Andrea” .
    L’ultima foto rappresentava un ragazzino sconosciuto, vestito modestamente, ma che mostrava una sua naturale dignità. Con insistenza le ricordava qualcuno. La fronte corrugata, lei si sforzava, ma non riusciva a capire a chi la faceva pensare. La prese una sorta di malessere. Chi era quel bambino, di chi era quel volto che era rimasto tra le immagini più care conservate da suo zio. Girò ansiosamente la foto e lesse la scritta che vi era riportata “Juan Aleardi della Valle, il mio figlio primogenito”
    Stupefatta tornò a scrutare l’immagine del ragazzo, e vide che la guardava con uno sguardo diritto nei suoi begli occhi, che erano gli occhi di Francisco, gli occhi di Juan.
    Che succedeva? Chi era Juan?
    Tutto era falso, tutto era ambiguo, doppio. Juan che incontrava nella camera di Anna vestito come un masnadiero, lo sguardo insultante, il sorriso beffardo, e ora vedeva aggirarsi per campo Real in abiti eleganti, che sembrava un signore, che camminava con un passo da padrone.
    Chi era Juan? Tutti erano doppi, Anna, la zia Sofia, la mamma, modesta e calcolatrice.
    E non sono forse doppia anche io? Chi era lei stessa, con quale diritto giudicava gli altri quando non riusciva neppure più a capire che cosa voleva veramente, che si tappava gli occhi con le mani per non vedere cosa provava per quell'uomo, che aveva disprezzato, che aveva insultato, minacciato, di cui avrebbe voluto guidare i passi, e che ora le faceva battere il cuore al solo vederlo da lontano
    Deve uscire da quella casa tetra. Deve andarsene. Spaventata, confusa, corre via ciecamente, come a fuggire da se stessa, le sue angosce, le sue paure.
    Va avanti nel giardino, in mezzo alle aiole, le mani a trattenere il lungo vestito ornato di azzurro, bella senza saperlo, indifesa, persa nel suo smarrimento. Chi sono io, chi la mamma, e la zia Sofia, e Anna, e Andrea…. Chi è Juan….
    I piedini calzati dalle scarpette chiare scendono giù per le scale in un mare di foglie cadute. Fugge, semplicemente, e non sa dove andare. Sa solo che deve allontanarsi, che deve scrollarsi di dosso tutta quella falsità.
    Non vede né sente niente e nessuno, finché il rumore di una corsa concitata non le rivela la presenza di qualcuno che la sta seguendo.
    Si gira, spaventata. Lo vede. Vede Juan che corre veloce verso di lei. Juan. Lui. Perché? Finalmente…
    La raggiunge, si avvicina fino a toccarla, la prende tra le braccia senza parlare, come se non potesse fare altro, guardandola negli occhi. E lei lo guarda e perde i suoi occhi in quelli di lui. Juan la stringe, china la testa e porta le sue labbra su quelle di lei.
    E lei? A lei improvvisamente tutto questo sembra giusto e naturale. Istintivamente accoglie quell’abbraccio e istintivamente lo ricambia rispecchiandosi nei gesti di lui. Abbandona ogni difesa baciandolo a sua volta, lungamente, profondamente: il suo primo bacio, il suo primo brivido.

    “Sai a che cosa mi fai pensare? A una farfalla”. Lei scivola nei suoi ricordi, ripensa sorridendo a quel corridoio scuro, al suo spirito abbattuto, a quella farfalla che l’aveva consolata. Tra le braccia di Juan si sente…… così…..
    Alza lentamente la testa e lo guarda in viso, gli cerca gli occhi, come per leggervi qualcosa. E rivede gli occhi dello zio Francisco, quegli occhi verdi fermi e teneri, intensi, pieni di affetto e di attenzione. Ma in quelli di Juan c’è qualcosa in più, qualcosa che mi fa battere il cuore, che mi fa tremare e mi fa desiderare di essere sempre….. così…...
    “Proprio a una farfalla. Colorata, luminosa. Leggera. Sì, leggera. Riesci a regalare a tutti un po’ di bellezza, un po’ di libertà. Sei la mia farfalla”, carezzandole piano le palpebre con le sue dita sottili. E lei non risponde. Ora tutto è in sintonia e il suo mondo è tornato in ordine
    Felice chiude gli occhi e lui prende a baciarli, ma poi passa a baciarle le gote, lungamente, poi le labbra, e poi ancora le labbra, il respiro sempre più veloce mentre la tiene stretta.
    La farfalla arriva volando veloce, non si vuol perdere la scena.
    Gira su se stessa, poi intorno a loro, infine si allontana trionfante mentre Beatrice, la tenera, confusa, forte Beatrice continua a sorridere ai suoi ricordi con l’aria di chi la sa lunga.

    Edited by ancoratu. - 13/11/2023, 08:17
     
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    Grazie per aver letto il mio racconto!
    Se avessi voglia di scrivere un commento, potresti farlo qui, nel topic apposito?

    https://csforum.forumfree.it/?t=76121529
     
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    In viaggio verso se stessi: dove l’andata si fonde col ritorno

    Quando inizia un viaggio? Quando i tuoi bagagli sono già stati sistemati dietro la carrozza, e allora viene abbassato il predellino e tu finalmente sali, e ti siedi al tuo posto con un sospiro. E allora parte un ordine, secco e veloce. Nemmeno una parola vera e propria, piuttosto una contrazione, uno schiocco, l’elemento di un codice condiviso solo da cocchiere e cavalli. E gli animali, che erano rimasti in attesa, di colpo rizzano le orecchie e alzano la testa, si muovono, si slanciano, e ti portano via, verso il futuro?
    O il viaggio inizia molto prima, quando comincia ad annidarsi tra i tuoi pensieri la consapevolezza che così non ce la fai ad andare avanti, che restare è inutile, che devi andare via?
    E allora cominci a pensarci. All’inizio sembra solo un sogno: finalmente altrove, finalmente serena, finalmente sciolta da tutti quei legami dolorosi e tossici, da quella famiglia dove tu finisci sempre all’ultimo posto. Dove sogni e chi più dovrebbe averti cara ruba i tuoi sogni e te li manda in frantumi.
    Comincia così a delinearsi il mondo che verrà, quello che tu desideri. Una casa, anche piccola, un lavoro. Giornate utili e attive Questa potrà essere la tua vita, una vita piena, che ti renda libera di essere finalmente te stessa. E’ un sogno o un progetto? Dipende solo da te. Devo andarmene.
    La Beatrice che avevano costruito gli altri, sposa e nuora perfetta, la silenziosa e sorridente moglie di Andrea non esiste più. Devo partire alla ricerca di me stessa.

    E che cosa c’è tra quei due mondi contigui e diversi, tra la te che ormai, lo sai, non c’è più e quella che deve ancora nascere? Dove collocare quel tempo di mezzo, che non è vero tempo perché non appartiene a nessuna dimensione, fatto di ricordi del passato e progetti per quel futuro che non c’è, a meno che tu non lo voglia, e tu intanto non sei che sospesa? .
    E per passare da un mondo all’altro basta un saltino e tu ti trovi di là, e tutto cambia? O ci deve essere un qualcosa a far da ponte ? Per andare di là potrebbe andar bene un viaggio? E il viaggio ha la sola funzione di staccare e riconnettere due dimensioni differenti o anche questo tempo sospeso ha la sua storia e la sua importanza? Che cos’è il viaggio? Solo il passaggio tra i due mondi? O anche quella è vita?
    Seguiamo il percorso di questa fanciulla che vuol partire per imparare a conoscere se stessa. Inizia ora un cammino che tanto influirà sul futuro di Juan e Beatrice. Hanno appena cominciato a conoscersi e già si separano: ma il viaggio è una preparazione alla loro vita futura, e invece di allontanarli, li avvicina.

    Beatrice si alza dal letto. Ha la testa pesante, i pensieri amari, in tumulto.
    Solleva la camicia da notte bianca, semplicissima, la sua camicia da notte da ragazzina. E’ madida di sudore. Se la sfila dalla testa, è l’immagine di quello che è stata e non vuole più essere.
    Quanto è semplice, solo dei ricamini, un giro di punto a giorno sui polsini e attorno allo scollo appena accennato
    Rivede le camicie da notte preparate per il suo corredo. Per il suo matrimonio con Andrea. Donna Caterina era stata riluttante a mettere nelle mani di sua figlia, una fanciulla, indumenti destinati ad un’intimità di cui la piccola non aveva alcuna idea, mai poi si era rassegnata. Non poteva permettersi sarte, camiciaie e ricamatrici capaci di preparare per sua figlia il corredo all’altezza della signora che era destinata a diventare. Del resto, anche se la zia Sofia aveva promesso un corredo da regina, Caterina non voleva che la sposa uscisse di casa a mani vuote.
    Così Beatrice aveva messo a frutto le abilità apprese nel convento dove aveva studiato e, assorta e silenziosa, aveva cucito e ricamato da sola molta di quella lingerie, tanto diversa dalla biancheria che usava normalmente: dei capi diafani, leggeri, che avrebbero scoperto del suo corpo più di quanto lei potesse immaginare
    Sua madre le aveva detto di non preoccuparsi, a suo tempo le avrebbe spiegato tutto e lei avrebbe capito. E così le sue bianche mani dita, anno dopo anno, si erano mosse leggere su quegli indumenti che avrebbero affascinato suo marito, lo avrebbero stregato e legato a lei. Un sorriso amaro piega le sue belle labbra. Ora Beatrice sa che è Anna, e non lei, a far impazzire Andrea col suo collo tornito che usce dalle trine elaborate dei suoi sapienti negligés
    Questo caldo è un tormento. Spalanca la finestra e la luce della luna inonda la stanza, dandole un aspetto traslucido, sospeso. In quella luce, Beatrice è tutta bianca. Getta in un canto la camicia da notte sgualcita. Appallottolato, umido e afflosciato, l’indumento sembra un animaletto opaco, stanco e mortificato, che nessuno vuole più.
    Pallida per il caldo e la stanchezza, la ragazza cerca di rinfrescarsi, solleva la brocca e versa l’acqua nel bacile di porcellana pesantemente fiorita: impregna la sua spugna e lentamente la passa sul viso, le spalle. Ora che non sei più quello che eri destinata ad essere, chi sei, Beatrice. Vuole saperlo, con tutte le sue forze.
    Adesso deve andare avanti. Anche questo è l’inizio di un viaggio? Un viaggio dentro, e incontro a se stessa?
    E per la prima volta in vita sua, si gira verso lo specchio e osserva con intenzione la sua immagine completamente scoperta.
    Lo sa da sempre di essere graziosa. Glielo hanno detto gli sguardi maschili che l’hanno seguita per la strada, le osservazioni della mamma e della zia Sofia. Solo Anna...
    E poi quell’uomo, giovane e arrogante, aggredendola l’aveva apostrofata “Devo ammettere che non avevo mai vista una suora così carina”. E quando le aveva chiesto come mai una bella fanciulla come lei avesse deciso di farsi suora…….
    Perché poi c’è quell’uomo. Era apparso all’improvviso, scavalcando la finestra.
    Un uomo in camera di Anna, e si muoveva per la stanza come se fosse casa sua.
    Beatrice aveva creduto di sprofondare. Quell’uomo, quell’uomo bellissimo e insolente doveva avere con Anna un livello di intimità molto stretto, un rapporto che non ci sarebbe dovuto essere. Che cosa li legava? Oh, Anna. Chi sei veramente
    E poi lui è entrato come un uragano nella nostra vita, l’ha scrutata con le sopracciglia aggrottate e l’ha messa sottosopra.
    E questa sera, a cena, mi guardava in un modo…lì, come inquadrato tra le due candele che brillando rendevano i suoi occhi ancora più fondi e misteriosi.

    Lui_u

    “Dopo aver visto me nessun uomo ti guarderebbe” Eppure lui la guardava. Lo sguardo attento, mi fissava, e ascoltava tutto quello che dicevo. E nonostante sapessi di avere su di me tutta la sua attenzione non mi sentivo affatto a disagio, ero contenta. Dicevo quello che volevo e che pensavo. Libera. Leggera. Lui mi dava forza, la forza di essere me stessa
    Finalmente. C’è un altro modo di vivere, ci deve essere un altro modo di vivere, un mondo dove le persone dicono ciò che pensano e realizzano i loro sogni, e stasera ne ho avuto l’intuizione. Rapporti liberi, non immaturi.
    Ma non qui. Bisogna che me ne vada via. Questo posto mi sta tarpando le ali.
    A Beatrice, invece, stava tornando la voglia di volare.
    Quanta parte ha avuto Juan in questa voglia di liberazione?
    Quanta attenzione, quanta ammirazione c’era nel suo sguardo?
    Andare lontano. Anche dal suo sguardo?
    Mi ha preso alla sprovvista.

    L’immagine che vede riflessa nel suo specchio le conferma quello che fino ad oggi ha solo intuito. Sì. E’ bella anche lei. Anche lei potrà essere desiderata. Il suo corpo giovane, forte anche se delicato e sottile, la sosterrà, lei sarà il suo corpo, e sceglierà la sua vita e la vivrà.
    Questa consapevolezza le basta. Solo uno sguardo. Con la mente altrove sfila dal baule una camicia da notte pulita, ampia, ormai quasi lisa per l’uso, se la infila dalla testa e, infagottata com’è, torna lentamente a letto. I pensieri vorticano nella sua testa. Qui non posso avere la mia vita. Devo andarmene. Devo trovare un altro modo.

    Juan la guardava, serena e radiosa tra la luce delle candele accese che brillando rendevano i suoi occhi ancora più teneri e lucenti

    Lei_u

    Continuava a guardarla e non sapeva spiegarsi il perché. Era turbato, e per sfuggire a questo stato d’animo, inatteso e incomprensibile, cominciò a giocherellare con i suoi pensieri. A che pensava questa bella, dolce ragazza, tanto diversa da tutti gli altri. Soffriva? Di che soffriva? Amava realmente Andrea , lo aveva mai realmente amato?
    Come c’era capitata Beatrice in mezzo a gente così? La conversazione, la personalità degli altri convitati non lo interessavano affatto. Solo lei meritava attenzione.
    Ma tu? Sei veramente quella che sei o non hai ancora avuto l’occasione di mostrare il tuo vero volto, come tua sorella?
    Lei continuava a parlare, lui l’ascoltava sempre più attento, e sorpreso.
    Esprimeva i suoi giudizi, difendeva le sue opinioni con calma, con gentilezza, nello stesso tempo con fermezza e decisione, col tono di chi è sicuro di quello che dice. Aperta ed equilibrata. L’aveva valutata male, non era certo il tipo di donna il cui orizzonte non andava oltre il velo da sposa.
    E poi quella ragazzina bionda se n’era uscita con quello frase incredibile:“ Ho deciso di partire. Non ho mai visto niente in vita mia. Non mi sono quasi mai mossa da San Paolo. Ora mi piacerebbe girare un po’, visitare le nostre bellissime città, i siti archeologici. Potrei viaggiare in treno per qualche tempo, facendo tappa nei posti più interessanti e poi arrivare a Città del Messico. Ma non vorrei andare a stare dalla zia. Rimarrò da lei solo per qualche tempo. Mi cercherò una piccola casa, e un lavoro, e poi...”
    Juan non smise più di guardarla, nemmeno quando le risposte le erano piombate addosso come proiettili e gli occhi di lei andavano dall’uno all’altro, senza abbassarsi mai. Juan cercò di captare il suo sguardo, trasmetterle la sua approvazione e il suo appoggio, di sostenere questa lotta, lei sola contro tutto il suo mondo. Non riusciva a capire perché l’avesse tanto coinvolto
    Mi ha preso alla sprovvista.

    Beatrice si muove lentamente verso il giardino nel caldo estenuante della tarda mattinata.
    Alla luce del sole spietato sembra tutto immobile, ma invece tutto parla, e canta.
    Il vento, impercettibile, ma vivo, smuove appena tra le fronde, creando una melodia sottile e vibrante e la lucertola frusciando l’arricchisce di note nuove, dissonanti e contemporanee. Un uccello si alza in volo all’improvviso, con un canto acuto e felice. Solo lei è muta, sola, in gabbia.
    Nulla era andato come aveva immaginato. Non era riuscita a convincere nessuno della bontà del suo progetto, anzi, della sua necessità di andarsene, di cercare altrove di riallacciare i fili della propria vita, da sola, in un altro posto. Stupiti. Scandalizzati. Irremovibili. Tu non vai da nessuna parte. Che bisogno c’è di lasciare la tua famiglia per…. per che cosa? E poi dove? Beatrice, ma sei impazzita? Proprio quando io e tua sorella ci siamo appena sposati. Che cosa penserà la gente?
    Solo Juan la guardava con attenzione e rispetto, ma taceva.
    E ora Anna. L’ha raggiunta, l’ha bloccata afferrandole tutte e due le braccia e scuotendola le ha vomitato addosso tutte quelle orribili parole.“ Che pensi di fare, adesso, piccola spudorata. Che era quella scena di ieri sera? Vuoi attirare l’attenzione proprio di tutti i maschi di Campo Real? Prima punti Andrea, cerchi di riprenderlo con tutte le tue smancerie, i tuoi bambini, la tua scuola, le povere ragazze rapite. E adesso cerchi di portarmi via Juan. L’ho visto come lo guardavi, come ti mettevi in mostra con tutte le tue idiozie. E poi ti permetti di criticare me. Ma guardati in faccia, una buona volta. Non sei altro che una sgualdrinella ipocrita”

    Beatrice fugge. Scende disperatamente nel vialetto del giardino, senza sapere dove sta andando.
    Juan già da un po’ la sta seguendo con lo sguardo, preoccupato per il suo pallore e la sua confusione, la vede vacillare e le corre incontro. Lei lo guarda sperduta. Lui la prende tra le braccia, e lei non lo respinge, come trovasse naturale essere lì stretta a quell’uomo che la guarda intensamente negli occhi e sa che non potrà più lasciarla andar via. Ora ha un tale desiderio di baciarla che il sangue gli pulsa nelle tempie e si sente tremare i polsi
    Prende a parlarle, col volto vicino al suo “Sono dalla vostra parte. Realizzate il vostro sogno. Ditemi come posso esservi utile” Parla di cose pratiche e concrete per vincere il desiderio di sollevarla tra le sue braccia e portarla via, lontano da tutto e da tutti.
    Si domina. Riflette. Dove va da sola questa ragazzina che non è mai uscita dal convento. Ma per come l’ha sentita tra le sue braccia forte, vibrante, e nuova, ha capito che ce la farà.

    giardino

    Bisogna organizzare tutto in modo che il progetto sia credibile. “Se volete andare, vi offro il mio aiuto. Qualsiasi cosa. Rispondetemi francamente: avete denaro a sufficienza?
    E intanto, non puoi partire da sola. Hai qualcuno che venga con te? “
    Beatrice è stupita, il momento è straordinario e nuovo, un uomo che conosce così poco le parla con interesse profondo, preoccupato per il suo benessere, per la sua felicità, ma tutto questo sembra tanto appropriato e giusto che non si è accorge nemmeno dell’improvviso tono di familiarità con cui Juan le ha rivolto le sue ultime parole. Lo trova naturale. Come essere tra le sue braccia. Parlano, si scambiano opinioni. Si conoscono da mille anni? Il piano prende forma.
    L’avrebbe accompagnata una ragazza del posto, Mercedes. Beatrice conosceva la sua storia e la rispettava, l’ammirava per come aveva ripreso in mano la sua vita, umile, silenziosa, capace di rendersi utile a tutti.
    Era andata a parlarle. Il bel visino chiuso, lo sguardo ferito della ragazza le avevano fatto stringere il cuore. Ma c’era una dignità nei suoi occhi, una calma consapevolezza di non essere in colpa che avevano fatto capire a Beatrice di non essersi sbagliata: era lei la sua compagna di viaggio verso il cambiamento.
    E una notte qualcuno aveva bussato alla porta di quella casetta. Mercedes, un po’ intimorita era andata alla porta, slacciandosi il grembiule. “Il signor Juan! Entrate”
    Lui era andato dritto al punto. La cosa gli stava troppo a cuore.“Mercedes, devi vegliare sulla signorina Beatrice. Hai fiducia in me?” Lieta e riconoscente che due persone che tanto ama abbiano pensato a lei, la ragazza annuisce, le guance rosse e gli occhi finalmente sorridenti. “Qui c’è del denaro – le passa un sacchetto rigonfio- lo userai in caso di bisogno. La signorina non lo deve assolutamente sapere. Sicuramente ce la farete da sole, ma proprio io non potrei vivere al pensiero che possiate restare senza denaro, lontane da tutti, alla mercé di qualunque mascalzone.
    E c’è una altra cosa, importantissima, che deve restare segreta…”

    Le nostre viaggiatrici sono ormai lontane da Campo Real. Beatrice si guarda intorno, cerca di vedere e fare il più possibile tesoro di ogni particolare che incontra il suo sguardo. Stringe tra le manine guantate la scatola di dolci e il libro di viaggi pieno di illustrazioni che Juan le ha porto quando già erano salite sulla carrozza. Era stato l’unico a venirle a salutare. Tutti gli altri, i suoi familiari, quelli che avrebbero dovuto amarla, si erano alzati alla fine della colazione a labbra strette e si erano allontanati senza dirle una parola.
    “Buon viaggio. Fate tesoro di questa esperienza. Quando ci incontreremo di nuovo...” Juan non finisce la sua frase. Solleva la mano di Beatrice, la tiene a lungo premuta contro le sue labbra. Un cordiale saluto a Mercedes e dà l’ordine di partire.
    Il viaggio ha inizio
    Beatrice e Mercedes passano da città all’altra, da una costa all’altra senza fretta, usando i mezzi di trasporto più vari, fermandosi dove più la loro immaginazione viene colpita, tanto per loro tutto è nuovo…...Dalla Playa del Carmen si spostano verso Tulun, la perla della costa Maya. E qui non resistono alla tentazione. Svelte svelte si spogliano ed entrano in acqua, a nuotare e a giocare con le tartarughe. Tornano bambine e i passanti guardano sorridendo queste due ragazzine, una bionda e una bruna, che si schizzano l’acqua, si lasciano cadere ridendo in mare, finalmente spensierate e felici.
    Ma il posto da cui maggiormente Beatrice si sente coinvolta è Chichén Itzá, il luogo che più le parla della sua storia e delle sue radici.
    E’ lì che prende coscienza del suo essere così complessa, figlia di due civiltà tanto differenti. La lingua, la cultura, il nome sono spagnoli. Gli occhi azzurri, i capelli biondi, la carnagione lattea la portano ancora oltre la Spagna, più a Nord, nel cuore di quell’Europa da cui la sua famiglia discende.
    Ma qui Beatrice trova qualcos’altro di suo. Quell’essere remota, lontana, irraggiungibile e silenziosa come le pietre che sussurrano al vento parole misteriose, e calda e essenziale sotto quel cielo di un blu assoluto.
    E questo, Beatrice lo sente nel profondo del suo cuore, è il mondo a cui, totalmente, appartiene Juan.
    Le sembra di vederlo salire quelle gradinate a grandi falcate, agile, forte, bellissimo e misterioso. Lo trova tra quei sassi, in quel colore intenso, lo sente fondersi e diventare tutt’uno con le pietre rossicce scavate nella roccia. Da qui è scaturito Juan, da questa essenza del Messico. A Beatrice batte il cuore. Sempre Juan

    Maya

    Il viaggio prosegue tra gli splendidi colori del Messico, tra il giallo della città di Merida, che le riempie gli occhi e le comunica tanta allegria e vitalità, e l’azzurro di Palenque, con le sue acque e le sue rovine, dove torna il silenzio:dopo il chiasso e le voci delle città ridenti e piene di musica, qui l’unica voce che si sente è quella delle cascate di Aqua Azul, dove il trascorrere dell’acqua e del tempo porta Beatrice ancora più lontano, e più dentro di sé. Si sente pronta.
    E Juan? Juan sa tutto, e veglia su tutto, vigile e protettivo, e allo stesso tempo molto, molto soddisfatto che la sua piccola ( ormai è così, lei, dentro di lui) sia così brava, che se la sappia cavare così bene da sola. Segue, una ad una, tutte le sue tappe

    Come arrivava le informazioni a Juan? Quali sono i mezzi misteriosi? Chi conosce i canali di comunicazioni tra Nord e Sud, tra Est e Ovest, tra mare e terra?
    Chi può capire come un messaggio possa passare da una città all’altra, dalla terraferma al mare, da un treno a una diligenza in modo tanto nascosto e silenzioso?
    E come si sono buttati in questa allegra impresa gli amici di Juan, i contrabbandieri, le sguattere, i mozzi di stalla, i rissaioli, le prostitute, i dannati della terra, felici di aiutare Juan, un capo, un amico, disposti a dare il loro cuore protettivo per vigilare su una ragazza bionda col coraggio da leone e l’esperienza di una bambina. A che cosa possono arrivare l’amore, la riconoscenza, la curiosità, la sfida, la voglia di avventura…...
    Quella sera, mentre Beatrice tornava per una stradina solitaria verso la locanda dove avrebbero trascorso la notte, chi era che aveva affrontato l’uomo che la bloccava, le tappava la bocca e cercava di trascinarla fuori dalla strada, tra i cespugli? La fanciulla si era sentita morire, così lontana da tutti com’era, chi sarebbe potuto venire in suo aiuto?. Ma un uomo era uscito dall’oscurità. Silenzioso e rapido aveva atterrato l’aggressore con qualche pugno così energico che lo aveva ridotto in un attimo all’impotenza. Quando si era sollevata, si era girata per ringraziarlo non c’era già più. Era sparito…….
    E il pomeriggio in cui Beatrice tornava dal centro città, carica di pacchetti?
    Non era abituata a negozi così grandi, così eleganti, pieni di abiti meravigliosi, già pronti da indossare. Da non credere…. Lei non aveva potuto resistere, ne aveva scelto uno blu, col cappello uguale. Costava una fortuna e ci aveva pensato su un bel po’, poi alla fine si era decisa: si guardava nello specchio e gongolava. Non poteva lasciarlo lì. Le stava così bene…...E poi, i loro soldi sembrava non finissero mai……

    Beatrice_blu

    Ora tornava molto soddisfatta di sé, del suo vestito, del suo cappello, la testa un po’ tra le nuvole per l’emozione e la stanchezza. E da dove era sbucata la giovane donna spettinata e in disordine, ma bella e ridente, che all’improvviso aveva afferrato il polso del ladruncolo che si stava già impadronendo del borsellino di Beatrice e che poi si era dato alla fuga spaventato? Una volta tornata la calma, avrebbe voluto ringraziare la sua salvatrice, ma la strada era deserta. Non aveva trovato più nessuno.
    E il ragazzino che quella sera l’aveva tirata senza tanti complimenti per la gonna? Arrivate dalla stazione, stanche, impolverate ed affamate, Beatrice e Mercedes avevano ringraziato la loro buona stella vedendo una locanda con bel lampione rosso proprio in fondo alla strada, un po’ lontana dalle vie più frequentate. Finalmente avrebbero potuto riposarsi, rifocillarsi, fare una bella dormita. Quel posto, anche se un po’ appartato, aveva un aspetto così allegro, e si sentiva suonare una musica forte, trascinante. Ma quel bambino ( veniva anche lui dalla loro stessa direzione, l’avevano visto scendere dal treno…) quel bambino piccolo e scuro le aveva tirate via senza parlare, le spingeva, rosso per l’ imbarazzo. Loro non capivano il motivo di questa intrusione, cercavano di interrogarlo, chiedere spiegazioni, ma lui ripeteva solo “No, non va bene. Quello non è un luogo per due signorine a posto come voi. Venite con me. Vi accompagno io in una locanda adatta alla gente perbene” E mentre Mercedes si rimproverava tra sé e sé per la sua storditezza, le aveva portate in una pensioncina linda e da cui ogni mattina erano uscite felici per l’esplorazione della città.
    Beatrice viaggiava, visitava città e paesaggi, le coste e le tierras templadas e pensava a Juan
    Dove sarà, Juan. Che farà?
    E’ sempre nella sua mente. Ricorda come l’ha incoraggiata, aiutata a guardare in se stessa
    – Ma tu, Beatrice, quand’è che sei felice? Io ti ho visto felice nelle case dei campesiños, sempre pronta a dare una mano, a dire una parola buona, di incoraggiamento. Ti ho visto felice nella scuola, sorridente, piena di impegno e di competenza, e di affetto verso le persone che hanno bisogno di te. Aperta, generosa, intelligente. Serena e te stessa. Tu non sei la bella bambola da agghindare per il futuro sposo. Tu sei una donna che vede i problemi e sa risolverli. Non puoi vivere in questo ambiente ristretto, tra questi desideri meschini. In te c’è una forza, una passione che forse neanche tu conosci. Fallo. Va’ dove puoi realizzarti per come sei veramente. Voglio che tu sia felice. Ti darò tutto l’appoggio che posso --
    Sì. Lei a lui pensava spesso. Tra le sue braccia. Lei lo sentiva tremare impercettibilmente, come lo aveva sentito allora, nel giardino, ed era serena
    Sapeva che con lui stava bene, si sentiva se stessa. E gli piaceva tanto…. era così bello, così intenso. Era stato così meraviglioso rimanere stretta a lui.
    Non voglio perderti.
    Si sarebbero ritrovati e allora...

    Tra attracchi, porti e porticcioli, seguendo il tam tam che lo tiene sempre collegato alla giovane donna, Juan pensa sempre a lei, sente crescere sempre più il bisogno di lei, la consapevolezza di non poter più stare senza di lei.
    Il fatto è che i giorni passano e Juan ormai non ce la fa più. Ha voglia di vederla, di toccarla, di parlarle. Come ho fatto ad innamorarmi così. Devo andare da lei.

    Beatrice avanzava tranquilla sulla strada larga e animata. Era sola, ed era anche quella un’esperienza nuova, quell’ avanzare tra gente che si muoveva veloce, tra persone completamente sconosciute, che probabilmente non avrebbe rivisto mai più. Non si sentiva sola, anzi, percepiva di far parte di una vita dinamica, veloce, di un mondo nuovo che l'aveva accolta dentro di sé.
    Guardava tutti e nessuno, si specchiava nelle vetrine di quei bei negozi grandi e si sentiva sicura e adeguata. E anche carina, nel suo vestito blu che le dava un’aria elegante e contemporanea.
    Lungo il viale alberato passavano a volte anche quei nuovi mezzi di trasporto, le automobili.
    Si era ormai abituata alla presenza delle auto, già abbastanza frequenti nelle grandi città che aveva visitato, ma stavolta guardò quella carrozzella buffa senza cavalli con occhio più attento e, al tempo stesso più distante e distaccato.
    Finora queste automobili sono un po’ un’eccezione nelle nostre strade piene di carrozze, di carri, di cavalli e di muli che si muovono più o meno rapidi tra una folla di passanti che percorrono a piedi le nostre strade polverose. Ma si fanno più numerose. E poi? Saranno queste le nostre carrozze? E il modo in cui siamo soliti spostarci ci sembrerà lento, inadeguato, mentre le macchine saranno sempre più perfezionate, più numerose, più economiche, per essere accessibili a più persone?
    Che porterà questa velocità? Come saranno le città? Attireranno ancora più gente dalle campagne, ci sarà bisogno di più abitazioni, che necessariamente si svilupperanno verso l’alto per ottimizzare gli spazi delle zone più ambite e comode. Beatrice cominciò a vedere la città sempre più estesa, le strade larghe piene di negozi, le periferie piene di officine, tanta gente strapiantata da culture e tradizioni diverse vivere a stretto contatto senza conoscersi, senza capirsi
    Ebbe un brivido. Che sarebbe rimasto delle campagne sonnolente dove i contadini sudavano sfruttati, ma ricevevano in cambio protezione e identità.
    Che sarebbe rimasto della vita signorile nelle grande aciendas, dei pomeriggi lunghissimi , degli armadi profondi come antri dove riposavano i corredi ancora intatti, che generazioni di giovanissime padrone di casa, spose novelle, avevano fatto stipare e cospargere di erbe secche profumate e lavanda, e menta, rosmarino, chiodi di garofano e cannella.
    Che sarebbe rimasto delle spaziose camere da letto in cui da secoli si consumavano passione, rancori, risentimento e lacrime, e parti, e speranze e vite ormai tramontate
    Si può arrestare il tempo? E il progresso? E’ un bene? E’ un bene che riguarda più persone? E’ questo l’importante?
    Beatrice sospira. Non ha risposte, ma sente che si è messo in moto un meccanismo che travolgerà la vita di tutti con una rapidità sempre crescente. Il nuovo secolo sarà il secolo della velocità
    Un’automobile arrivò lenta, accostò lungo il bordo della strada e si fermò in un putiferio di scossoni, scoppi e sbuffi che man mano si facevano sempre più contenuti, fino a quando la macchina non rimase finalmente immobile e silenziosa.
    Sulla via non era rimasto che un forte odore di petrolio e questa specie di salottino essenziale, montato su quattro ruote, su cui spiccava la figura di un uomo, lunghi capelli scuri che sfioravano le spalle larghe, il colletto di una giacca nera dal taglio perfetto.
    Non può essere che lui. Scende dall’auto e le si fa incontro senza parlare. E’ troppo emozionato. Lei si dirige verso di lui senza sorpresa e senza domande. In fondo, è logico e naturale che lui sia lì, dove c’è lei.
    Più tardi, a cena, i pensieri che erano maturati nel loro cuore in quei giorni di distacco vengono fuori da soli.
    Finalmente riuniti, finalmente insieme. E secondo lo schema di un tenero gioco millenario, si raccontano del loro amore, di come è stato, di come è iniziato.
    Beatrice, penso di essermi innamorato di te la prima volta che ti ho visto.
    E io ce l’avevo tanto con te perché mi mettevi in subbuglio, non capivo più niente e mi infuriavo
    Amore, voglio passare tutta la mia vita con te. Non provare a respingermi. Se tu non provassi i miei stessi sentimenti ti obbligherei. Ti rapirei e ti insegnerei ad amarmi.
    Non c’è bisogno di rapirmi - e compare il suo sorriso radioso. Che cosa credi? Anche io sai…… Ma Juan, tu pensi che noi potremo…..? E come potremo….?
    Beatrice, non posso spiegarti, se mi guardi così
    E questa è la fine di un viaggio. Il viaggio di Beatrice, che diventa anche quello di Juan. Un viaggio alla scoperta del Messico, nel corso del quale i confini della loro ricerca si allargano, dai luoghi attraversati fino al loro mondo interiore, così che Juan finisce col conoscere Beatrice e Beatrice riesce a conoscere se stessa-
    La prima fase della loro storia si è conclusa. E insieme ora possono iniziare un altro viaggio


    Satan

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    IL RIVALE

    “Per carità non mettere di nuovo in funzione quel grammofono.
    Non capisco davvero come Andrea abbia potuto regalarti quell’oggetto infernale “
    “Volete dire che non posso sentire un po’ di musica, mamma? Dobbiamo prendere tutti il lutto perché Beatrice non sposa più Juan?
    “Tua sorella non ha niente a che vedere con questo. E tu faresti molto meglio a fare qualcosa di utile, Anna, specie adesso che sono arrivati gli amici di Andrea. La casa è piena di ospiti e per la sera del tuo ballo c’è ancora tanto da organizzare. La zia Sofia si è già lamentata che ti alzi tardi, e che non fai nulla tutto il giorno.”
    “Se credete che mi interessi quello che pensa di me la zia Sofia”
    “Eppure dovrebbe importarti, Anna. Sofia è la madre di Andrea, nonché tua suocera”
    Sofia, Andrea, proprio quello che sto cercando di dimenticare
    Juan e Beatrice non si sposano più…..
    Anna sorrise, trionfante. Alzò il volume e si mise a volteggiare per la stanza.

    Era troppo. Questo era troppo.
    Prima Angelica. Si era fatta sotto e si era piazzata davanti a lei, aggressiva e sfrontata “Aspetto un figlio. E’ di Juan.“ Le aveva riso in faccia. “Che cosa credevi, di prenderti Juan? Credevi che Juan si sarebbe accontentato di una come te? Solo io sono la sua donna. Juan è mio. E’ sempre stato mio” E l’aveva lasciata lì, raggelata, il cervello in tumulto. Non sapeva che cosa pensare.
    E’ vero che già in convento, con quella stessa espressione impudente e provocatoria, la ragazza andava dicendo di avere una relazione con Juan, di essere la sua amante, ma poi lui le aveva raccontato la storia di Angelica, una povera ragazzina di strada, di come si era preso cura di lei dopo quel disgraziato primo incontro, e Beatrice si era rassicurata.
    E poi l’aveva visto come si occupava della ragazza, quando era stata tanto malata, com’era attento, premuroso. Ma quello era il comportamento di un fratello maggiore, non di un amante. Lentamente si calmò. La storia era inverosimile. Il suo punto di forza, la sua ragionevolezza, le venne in aiuto: riflettendo, guardando con oggettività i fatti, capì che Angelica aveva mentito. Per cattiveria, per immaturità, per gelosia…..
    Beatrice era nauseata, ma Angelica rimaneva una povera creatura scartata, e solo la gentilezza e la generosità di Juan scaldavano la sua vita. Non le credette, decise di non dare importanza alla cosa e tornò a pensare a se stessa, a Juan, a chiedersi, timidamente, che cos’era quello che piano piano, ma ogni giorno di più, la legava a quell’uomo tanto difficile da decifrare

    Ma poi c’era stato il fatto di Anna.
    E quello era innegabile, era avvenuto sotto i suoi occhi.
    Era sera e avevano fatto tardi, in giardino, tutti insieme, i giovani di Campo Real e i giovani ospiti, a scherzare, a parlare del ballo. I più scatenati erano gli amici Andrea, che continuavano a tirare fuori delle idee balzane, una più assurda dell’altra, per far ridere le ragazze
    Ormai stanca si era ritirata nella sua stanza e ora aveva appena finito di spogliarsi per andare a letto - ma era così caldo…. come erano calde quelle lente, pigre serate…-
    Si era accostata alla finestra per spalancarla, una grande finestra che dava sul giardino ormai deserto, un ammasso oscuro di verde e fiori coloratissimi.
    E aveva visto sua sorella abbracciata a Juan, le loro figure avvinte sullo quello sfondo tanto rigoglioso e lussureggiante da apparire selvaggio.
    Rapidamente si era tirata indietro, nel buio della stanza, incredula e tremante. Era rimasta così, appoggiata alla parete, gli occhi asciutti e il respiro affannoso. Juan e Anna. L’avevano tradita due volte
    Non aveva capito che Anna , in uno dei suoi interminabili tentativi di appartarsi con Juan, si era buttata tra le sue braccia non appena aveva visto aprirsi la finestra della camera da letto di sua sorella. Un tempismo perfetto. Così, tanto per lacerare e far soffrire.
    Come le era sfuggito il gesto di ripulsa con cui Juan l’aveva respinta, disgustato, prima di allontanarsi da lei con passo veloce .
    Beatrice si allontanò dalla finestra e si girò verso il suo letto, istintivamente, come un bambino che si rintana in un cantuccio per nascondere il suo dolore.
    Lentamente si sdraiò tenendosi stretta la testa tra le mani. Non era gelosia. Non solo gelosia. C’era anche lo sgomento per la sua fiducia tradita, per la slealtà di Juan che le si rivelava all’improvviso. Juan, di cui si fidava tanto.
    Rimase lì, distesa, mentre il tempo cambiava rapidamente e le nuvole scure cominciavano ad ammassarsi, sospinte velocemente dalle correnti...

    Ho voglia di vento. Un vento forte, freddo, che mi attraversi, che rinfreschi il mio corpo troppo caldo e troppo stanco. Che si fermi sul mio viso e lo faccia tornare bianco. Che asciughi le lacrime. Che spenga questa febbre che mi sta consumando. Ecco. Il vento lo potrebbe fare. Se passasse su di me, cancellerebbe questa angoscia, e io potrei tornare quella che ero, senza ansia, senza rancore, senza paura. Non voglio vivere così. Il vento ce la deve fare. Basta Anna. Basta Juan. Basta Angelica.
    Solo Beatrice, e il suo mondo.
    Quanto tempo passò Beatrice a tormentarsi? Ma alla fine la notte ebbe pietà di lei, e la fanciulla si assopì, sfinita.
    E arrivò Juan.
    Juan era un uomo difficile, spesso nervoso, impaziente, ma con lei aveva presto abbandonato i modi bruschi e sarcastici dei primi incontri . Un po’ alla volta, e sempre più rapidamente, era cambiato, e ora c’erano solo dolcezza e rispetto
    Juan……E’ stato come se fosse venuto da me con un fiammifero, proteggendo il focherello con la sua mano premurosa, e avesse acceso qualcosa. Una luce. Un fiamma .
    Con gentilezza la prese per mano e la portò con sé ai i confini tra realtà e sogno.
    Lui era tenero e cortese e lei lo seguì con fiducia e mentre già la realtà cominciava a svanire, varcarono abbracciati la porta del sogno. Finalmente si trovarono in un mondo in cui tutto andava bene e loro due erano di nuovo insieme. E così Beatrice poté ancora vivere insieme a Juan gli ultimi, preziosi momenti felicità

    Quando disse a Juan che lo lasciava Beatrice pensò che sarebbe morta di dolore
    Come avrebbe fatto senza di lui
    Parlava e le tremavano le labbra. “ Lo so che Angelica ha mentito, ti credo, va bene, il bambino non è tuo, mi ha fatto una cattiveria, ma la perdono. Ma Anna? Ti ho visto con i miei occhi. Ti ho visto abbracciato ad Anna. A mia sorella. Che cosa vi aspettavate, che non me ne sarei mai accorta? O pensavate che me sarei stata a guardare? Basta, Juan. Tutti questi intrighi, queste menzogne, tutta questa bassezza.
    Non ci sto, Juan. E’ finita qui. Io non ne voglio più sapere”
    Juan aveva reagito come una furia. Come se se lo fosse sempre aspettato. Ancora un rifiuto. Ancora un abbandono. La sua mente sconvolta aveva afferrato solo una parte delle parole di Beatrice, quelle che lo riportavano indietro, ai momenti cupi, al muto dolore della sua infanzia. Non vedeva il dramma della ragazza. Vedeva solo il suo.
    Immagini e ricordi confusi arrivarono tutti insieme. Per me è sempre stato così. Le persone che amo mi abbandonano. Mi tradiscono e se ne vanno. Con indifferenza.
    Ma dal tuo cuore non me lo sarei mai aspettato. Il tuo cuore sembrava diverso, Beatrice, caldo, capace di capire e di accogliere. Proprio tu, Beatrice …...
    Ma non una di queste parole uscì dalla sua bocca. Dentro di sé selezionava tutte le frasi più offensive, le parole più false da scagliarle addosso per punirla, per vendicarsi di lei .
    Ma certo. La signorina non se la sente di essere sfiorata da un po’ di volgarità, la contessina non si mescola con gli aspetti brutti della vita. Se cose non le piacciono lei si tira indietro, si gira e se ne va per i fatti suoi.
    Ma di’ che ci hai ripensato, di’ che adesso ti è capitata l’occasione di trovare qualcuno al tuo prezioso livello. L’ho visto, sai, come ti guarda. Ti gira sempre intorno. Fatti avanti, Beatrice. Ce l’hai in pugno. Finalmente è arrivato l’uomo per te, ricco, istruito, bello. Non gli manca niente, è simpatico anche a me. Sarete una coppia magnifica. Ve lo diranno tutti. Auguri, Beatrice. Va’ pure avanti per la tua strada. Io con le contessine ho chiuso.
    Lei lo guardò allontanarsi, ferita. Non aveva detto una parola per negare, per scagionarsi.
    Ora Beatrice si sente solo stanca, ma in un certo senso sollevata. Ha fatto la cosa giusta. E’ finito tutto. Doveva finire. Lui non ha mai lasciato veramente Anna.
    E si trovò stranamente scissa, da una parte consapevole che quel taglio, netto e preciso, era stato necessario, inevitabile, dall’altra spezzata, semplicemente spezzata dal tormento di quella rinuncia

    Che Juan fosse prevenuto non c’è proprio da metterlo in dubbio. Già prima dell’arrivo degli ospiti era entrato in agitazione e aveva cominciato a rodersi dalla gelosia. All’hacienda erano tutti eccitati. La famiglia Aleardi della Valle aveva deciso di dare un grande ballo per onorare il matrimonio dell’erede. Sarebbe stato un evento indimenticabile. E gli amici intimi di Andrea sarebbero arrivati qualche giorno prima, per passare una breve vacanza a Campo Real. Finalmente la grande casa sarebbe tornata quella di un tempo, sarebbe stata di nuovo animata dalle voci e le risate di gente giovane e allegra
    Che farsa. Non gli era bastata quella cerimonia organizzata in fretta e furia, per metterli insieme prima che uno dei due cambiasse idea. Adesso volevano far vedere a tutto il mondo la coppia felice, con Anna che lo seguiva dappertutto per buttarglisi tra le braccia appena poteva e Andrea….. Juan non riusciva a capire che cosa provava per suo fratello, se più rabbia o pena .
    Ma che fastidio avere sempre intorno tutta quella gente estranea, quella massa di snob con la puzza sotto il naso. Juan si vedeva già guardato dall’alto in basso, etichettato e messo in disparte
    Quando poi aveva visto arrivare gli ospiti di Andrea, i suoi amici più cari, aveva avuto momenti di vera rabbia
    Mai si era sentito tanto fuori posto, tanto diverso.
    Tutti belli. Tutti educati, colti, cortesi, con le loro giacche strette e i loro colletti tondi.
    Tutti felici di partecipare al grande evento.
    Tutti ricchi.
    Le ragazze sorridenti, molto compite, ma aperte, pronte al sorriso. Gli uomini disinvolti, pieni di tatto. Sapevano parlare. Avevano la parola giusta per ogni occasione. Juan si rodeva dentro. Era chiaro che quello era il mondo di Beatrice, che Beatrice era lì che avrebbe potuto trovare qualcuno che facesse per lei.
    Li osservava torvo, uno a uno, già geloso, già pieno di sospetti. Quello, per esempio, quello col nome strano. Doveva essere lui il compagno di università di Andrea. E infatti….. “ E lui è il mio grande amico Wyatt Trent”.
    Alto, capelli chiari e lisci che gli ricadevano sulla fronte. Lui li respingeva indietro con un gesto meccanico. Gli deve essere abituale. Con quei capelli così sottili e morbidi….. E parla con una voce educata, si rivolge a tutti e a nessuno in particolare. Già ha visto Beatrice. Già l’ha adocchiata.

    Mai Wyatt avrebbe pensato che potesse accadere sul serio, nella vita reale, invece l’aveva vista e se ne era innamorato
    Guardava Beatrice con una sorta di stupore e gli sembrò la fanciulla più incantevole che avesse mai conosciuto.
    Chiara, luminosa, un che come di latteo sulla fronte e sulle palpebre, lo sguardo azzurro tenero, ma diretto, una figura seducente, e quella testa piccola e dorata su un collo lungo e flessuoso
    “Una candida cerva sopra l’erba
    verde m’apparve...” non poté fare a meno di mormorare, tra sé, assorto.
    La fanciulla alzò verso di lui uno sguardo pieno di curiosità e di interrogazione, un accenno di sorriso sulla bella bocca
    Lui sorrise in risposta “Sono versi di Petrarca. Purtroppo non conosco l’italiano: li ho letti nella traduzione che ne fece Thomas Wyatt, il poeta preferito di mio padre. E’ a lui che devo il mio nome”
    Beatrice taceva e lo guardava, discreta, ma interessata. Lui si sentì incoraggiato a continuare.
    “Wyatt è un poeta inglese, lo conoscete? Un grande studioso, con una storia abbastanza movimentata… Mio padre sa tutto di lui. E’ nato e cresciuto in Inghilterra, e nulla gli sfugge del meglio della cultura inglese. Me ne ha sempre parlato.
    Si dice che avesse una relazione con Anna Bolena, che fosse innamorato di una regina, bella come voi, bionda come voi…..” sollevandole una ciocca di capelli.
    Ebbe il merito di arrossire. Confuso si scusò immediatamente “Perdonatemi, non so che mi abbia preso” E invece lo sapeva benissimo.
    Beatrice non volle dare peso alla cosa. Al tocco del giovane aveva alzato istintivamente la testa e l’aveva guardato offesa negli occhi, ma quello che vi trovò scacciò via la sua indignazione. Si capiva che era molto dispiaciuto per il suo gesto troppo ardito, che era turbato, che non sapeva come rimediare. In un momento in cui si sentiva tanto coinvolto il suo tatto gli stava venendo meno.…
    Lei preferì lasciar perdere, non umiliarlo, scosse solo la testa, appena un sorriso in fondo allo sguardo. Il giovane intuì istantaneamente quello che era intervenuto tra i pensieri di Beatrice, e il motivo per cui l’aveva perdonato. Era bastato un attimo e si erano capiti. La gentilezza, la tenerezza del suo cuore colpirono il giovane come una rivelazione. Wyatt ne fu incantato e fu così che si innamorò …
    “Caro padre, tienti forte, perché quello che sto per dirti ti lascerà a bocca aperta.
    Lo so che hai sempre pensato che mi infiammo troppo facilmente, ma questa volta non è così. Quello che provo per Beatrice è qualcosa di profondamente dolce, protettivo. Voglio prendermi cura di lei per sempre e renderla felice.
    Per farla breve, Beatrice è la cugina di Andrea, è bellissima, educata e raffinata dentro e fuori. E’ chiara, bionda, potresti prenderla per una di noi, ma nonostante la sua classe e e suoi colori è diversa, speciale. Ha dentro di sé un calore e una tenerezza che noi inglesi nemmeno ci sogniamo.
    E’ deliziosamente antiquata e senza un soldo, anche se è titolata e imparentata con le famiglie più importanti della zona. E’ timida, fragile, e nello stesso tempo molto determinata. Insomma è una donna dolce e forte, capace di rendere felice qualsiasi uomo. E quell’ uomo, se mi vuole, vorrei essere io.
    Ti chiedo, padre, il permesso di dichiararmi, e cerca di concedermelo di buon grado, tanto non rinuncerei lo stesso…….. “
    Mr Trent rimase profondamente colpito da quella lettera. A ventiquattro anni , per quanto maturo e serio nella vita come nella conduzione dell’impresa di famiglia, alla quale lo aveva già associato, suo figlio aveva intrecciato con le ragazze soltanto rapporti non impegnativi, giusto dei flirts che non prendeva mai veramente sul serio. Stavolta sembrava che le cose stessero in un altro modo... Il suo ragazzo era cambiato, era diventato adulto
    E ne fu contento. Era ora che si sistemasse. E se lei lo rendeva migliore…..
    Sorrise tra sé. Era già pronto ad accogliere con affetto questa nuova figliola.

    Andrea gongolava di gioia per l’effetto che Anna aveva prodotto sui suoi amici, e non vedeva l’ora che arrivasse la sera del grande ballo per poter esibire davanti a un pubblico ancora più ampio la sua bellissima moglie.
    Il matrimonio si stava rivelando un vero successo. Anna era sempre stata molto seducente, ma adesso, con quegli splendidi vestiti del corredo matrimoniale, appagata, tranquilla, aveva un'espressione…. come poteva definirla …. radiosa, era addirittura regale.
    E gentile, mai invadente, non lo assillava, non ricercava troppo la sua compagnia….. Sapeva stare al suo posto.
    A letto poi… contegnosa, discreta, una vera signora.
    Andrea aveva avuto molte esperienze, ma mai con una donna “veramente virtuosa”. Aveva avuto incontri con delle prostitute, brevi relazioni con qualche ballerina, qualche ragazza del demi-monde, e anche con alcune gentildonne sposate, che durante l’amore, avevano esercitato un protagonismo che aveva trovato molto eccitante, ma che lui non voleva certo in sua moglie.
    Anna non lo cercava mai per prima, e lasciava completamente a lui l’iniziativa.
    E lui la prendeva tutte le volte che la voleva.
    Decideva tutto lui.
    Lei, ubbidiente, lo lasciava fare. Sì, una vera signora.
    Andrea era sicuro che anche sua madre era stata così. E, il respiro un po’ accelerato, pensò che quella notte l’avrebbe presa ancora una volta tra le sue braccia tra i candidi pizzi del grande letto matrimoniale.
    Anna…… non aveva pace, gli occhi scintillanti, tutto il giorno a brigare, a ordire e tramare per trovare il modo per far tornare a sé Juan. Adesso che era di nuovo, finalmente libero, lavorava raggiante senza sosta per portare a termine il suo progetto, il suo grande capolavoro: moglie di Andrea e amante di Juan.
    Allora sì che avrebbe avuto tutto. Sarebbe stato meraviglioso, e la clandestinità avrebbe reso i loro incontri terribilmente intriganti, ancora più eccitanti
    Se avesse potuto ritrovare la felicità tra le braccia di Juan, avrebbe potuto sopportare di vivere con Andrea.
    Quando lui le saltava addosso…. Oh, Anna doveva mordersi le labbra per frenare il disgusto che sentiva e per l’infinito rimpianto di quello che provava durante le ore d’amore con Juan
    Juan…..Il cervello di Anna lavorava senza sosta. Beatrice non lo avrà mai.

    Nei momenti particolari anche il tempo assume un carattere un po’ speciale .
    In quel turbine di passeggiate, cene prolungate all’infinito, balli improvvisati, in quello stare sempre insieme, a stretto contatto, sentimenti, emozioni crescevano e si sviluppavano rapidamente.
    Ormai libera, Beatrice passava tutto il suo tempo tra gli ospiti di Andrea.
    Lei e Wyatt, poi, si erano subito trovati bene insieme e ormai erano inseparabili.
    Si raccontavano mille cose, che li facevano conoscere in modo sempre più approfondito
    Lui, almeno, si apriva completamente. Beatrice su tanti aspetti della sua vita diventava reticente. Non aveva neppure parlato del suo precedente legame con Juan – a che sarebbe servito.
    Lui le parlava delle vacanze estive in Inghilterra nella grande casa di sua nonna, grande e accogliente, delle giornate piene di cugini, di amici e di giochi, delle interminabili partite di cricket e di tennis, delle cavalcate sulle dune. E dei tempi dell’Università, tra studio, impegno, regate. Era in quel periodo che aveva conosciuto Andrea. Gli era sembrato così sperso in quel mondo tanto lontano da lui e l’aveva preso sotto la sua ala protettrice.
    Ora che si era laureato era tornato a casa, e ……...
    E Beatrice gli parlava di sé, della sua infanzia felice e dorata
    Del periodo che era seguito Beatrice non poteva dire nulla, non poteva raccontare dell’adolescenza solitaria, degli anni vissuti tra la mamma e la zia, troppo occupate a realizzare i proprio progetti per guardare ai suoi desideri, tutti i giorni al lavoro per ingabbiare quella creatura originale e luminosa e trasformarla nella perfetta sposa di Andrea, taciturna e spenta
    L’avevano isolata e imbrigliata, anno dopo anno, nel suo ruolo di eterna fidanzata senza sposo e senza amore
    Ma non era sempre stata così
    La sua vivida infanzia…. Non era una bambina esuberante, anzi, spesso era piuttosto silenziosa, ma dentro di sé era sempre presa da una marea di parole e immagini e colori e suoni che la colmavano di stupore e di gioia e le facevano intravedere una vita piena, dove tutto poteva succedere
    Con Juan stava ridiventando così. E poi tutto questo.
    Ma Beatrice non poteva parlarne…

    E il bello era che come la sua decisione di sposare Juan era stata osteggiata e criticata da tutti, così il suo accordo con il giovane amico di Andrea era universalmente approvato e visto di buon occhio
    Finalmente la cosa giusta. Tutti e due di buona famiglia, belli educati e colti, sembravano veramente fatti l’uno per l’altra. Certo lei era senza dote, bisognava riconoscerlo, ma a lui sembrava che la cosa non importasse affatto. E’ vero che era ricco per due…...
    Juan covava, in disparte. Non si avvicinava al gruppo dei giovani, ma non li perdeva mai d’occhio. E anche loro erano un po’ incuriositi. Le ragazze soprattutto cercavano di conoscerlo meglio. Erano molto intrigate da quel giovane uomo bello e tenebroso, ne parlavano tra loro, facendo mille supposizioni su chi veramente fosse, sul mistero dei suoi legami con la famiglia di Andrea, si chiedevano perché se ne stesse sempre appartato
    L’unico a vincere il muro del suo riserbo era stato proprio Wyatt, che era subito rimasto colpito da quell’uomo così particolare
    Lo aveva avvicinato, gli aveva porto la mano con franchezza e poco a poco era riuscito a farlo sciogliere, e così il povero Juan non poteva nemmeno avere la soddisfazione di poter odiare e disprezzare l’uomo che lo stava soppiantando. Anzi. Gli era simpatico. Decisamente i conti non tornavano.
    E quando li trovavano a parlare fitto fitto, tutti si chiedevano che cosa avessero da dirsi quegli uomini tanto diversi

    Il cielo non è sempre blu, ma nemmeno sempre grigio
    La notte è buia, ma poi sempre arriva la luce
    Il dolore può spezzarti il cuore, ma una mattina ti svegli e il tuo primo pensiero non è un’impressione che ti fa sobbalzare.
    Puoi svegliarti inseguendo un’idea nuova, un progetto, un desiderio.
    Beatrice guardava ormai alla fine della sua storia con Juan con un immenso dolore, ma senza la disperazione dei primi momenti. L’aveva accettata come inevitabile. Era ancora l’amante di sua sorella. Questo decideva tutto, anche se faceva fatica a ritrovare in Juan tutta la doppiezza che quell’abbraccio nel giardino buio le aveva rivelato.
    Ora la cosa era definitivamente chiusa.
    E quell’accettazione raggiunta con tanto dolore e tanto sperdimento l’aveva poco a poco placata. Aveva smesso di dibattersi, di porsi domande. Non doveva più pensare a che fare, agitarsi su quale decisione prendere. Aveva accettato la realtà e fatto la sua scelta.
    L’accettazione ha un sapore asprigno, come ce l’ha spesso la realtà. Asprigno come una medicina che è cattiva, ma guarisce. Aveva soffocato i suoi sentimenti e rinunciato a Juan e quando era arrivata fino in fondo e aveva realizzato che tutto era irrimediabilmente finito e non c’era più niente da fare, il suo cuore aveva preso a placarsi e ormai cominciava a guardare alla sua storia con una sorta di distacco.
    I paradossi del nostro cervello: quando accettiamo di capire che siamo alla fine e non c’è ritorno, quando la sofferenza dovrebbe essere al suo massimo, interviene un cambiamento. Non finisce il dolore, finisce quel tormento. Finiscono l’ansia, l’indecisione, l’agitazione, la smania di fare qualcosa. Che cosa, poi?
    Sperava solo di dimenticare, anche se dentro di sé sapeva che dimenticare un uomo come Juan sarebbe stato impossibile

    E ora nuovi pensieri agitavano la sua mente, e grandi incertezze, ma non riguardavano più Juan. Riguardavano se stessa e il suo futuro.
    Era chiaro che Wyatt era innamorato di lei. Sua madre, Andrea, la zia Sofia erano al settimo cielo, non facevano altro che ripeterle che da un momento all’altro si sarebbe deciso, che si sarebbe dichiarato. “Vedrai! Secondo me farà la sua proposta la sera del ballo. Che cosa romantica. Quando ti vedrà nel tuo vestito da sera perderà la testa e non riuscirà più a trattenersi….. Finalmente hai trovato l’uomo che fa per te. Te lo meriti, Beatrice”
    Anna non si univa ai loro rallegramenti. Invidiava a sua sorella anche quella conquista
    E Beatrice non sapeva che cosa fare. Wyatt le piaceva molto, era gentile, corretto, era un bellissimi ragazzo e l’amava tanto, veramente.
    Perché no.
    Perché non lo amava? Ma sii onesta con te stessa, Beatrice. Lo amavo, Juan, quando ho deciso di sposarlo?
    Volevo solo separarlo definitivamente da Anna. Per Andrea. Povero Andrea. Non meritava tanto squallore
    Solo più avanti aveva conosciuto veramente Juan e se ne era innamorata, neppure lei sapeva quanto. Se ne era resa conto fino in fondo solo quando aveva dovuto tagliare il vincolo che la legava a lui e si era sentita sanguinare.
    Non pensare a queste cose, Beatrice. Ormai questa storia è chiusa. Tormentarsi così non serve a niente
    Se sposi Wyatt avrai una vita serena e piena, sarai circondata da amore e rispetto. In fondo gli vuoi anche un po’ di bene.
    Che devo fare?

    I gomiti appoggiati sul bordo del pozzo, Beatrice guarda giù, la propria immagine riflessa
    Com’è cambiata. Sofia, in vista dell’arrivo degli amici di Andrea, non aveva lesinato, decisa com’era ad approfittare del momento per trovare dei nuovi pretendenti per sua nipote ed allontanare finalmente Juan dalla loro casa e dalla loro vita.
    La sarta e la cameriera erano state all’opera per giorni, impegnate a trasformare la ragazza un po’ infagottata, con la frangia e i vestiti da ragazzina, in una giovane donna elegante ed incantevole, provvista di un ricco guardaroba che mettesse in risalto tutta la sua bellezza.
    Tutto, tutto pur di liberarsi per sempre di Juan. Sofia torce il viso. La sua immagine la ossessiona. Ce l’ha sempre davanti agli occhi. E’ Francesco in persona. E’ tale e quale. Juan. Francesco. E’ tutto suo padre.
    E stasera c’è il ballo. Beatrice, in effetti, è proprio un incanto. L’abito bianco modellato sulla sua bella figura è una meraviglia e lei, ammiratissima, richiestissima, ha perfino offuscato sua sorella, che pure dovrebbe essere la protagonista del ballo. Ma si sa. Anna è sposata, ormai è irraggiungibile . Quella desiderata, ricercata è Beatrice, che non perde un ballo e sorride e cerca di non pensare.
    Ora, un po’ stanca, ha trovato rifugio in giardino e all’acqua del pozzo confida i suoi dubbi e le domande alle quali non sa dare risposta
    A un tratto, nell’acqua scura, compare un’altra testa accanto alla sua, una testa bionda che si avvicina sempre più . Come in un soffio Wyatt le sussurra
    “Beatrice”. E lei entra in agitazione.
    Aveva già sentito pronunciare il suo nome con quel tono carezzevole. Sapeva che cosa significava. L’aveva sentito da un altro uomo, bruno quanto questo era biondo, che palpitava di emozione repressa quando l’aveva presa la prima volta tra le braccia.
    Che cosa deve fare, adesso che il momento della verità è arrivato, che la domanda sta per essere pronunciata e la sua risposta irrevocabilmente deciderà per tutta la sua, la loro vita? Beatrice, Juan, Wyatt .
    Che devo fare
    La fanciulla alza gli occhi e lo vede lì, immobile contro il tronco dell’albero, nel buio della notte. Il suo indomito e tremendo Juan. Vede lo sguardo ansioso, allarmato, che le grida tutto il suo amore e la sua disperazione.
    Si guardano e tutto diventa chiaro.
    La dolcezza di Beatrice non viene meno neppure in quel momento così intenso. Intenerita per il povero Wyatt vuole almeno risparmiargli l’umiliazione di essere respinto. Deve fermarlo. Si fa forza. Assume un tono deciso. “Rientriamo? Ho promesso a Tom Seymour il prossimo ballo”
    Non c’è bisogno d’altro. Wyatt accusa il rifiuto. Senza una parola le porge il braccio e la accompagna nel salone, gentile, un po’ pallido. Un po’ stordito e desolato.
    Che cosa fu che decise per Juan e Beatrice?
    Lei si era ormai quasi persuasa a sposare Wyatt, lui si era ormai rassegnato ad accettare la realtà, e se lei lo avesse voluto, a rinunciare a Beatrice senza fare chiasso, a farsi da parte e lasciarla a quell’uomo così giusto per lei.
    I miei sentimenti non contano. Contano solo i suoi
    Che cosa fu che cambiò le cose? Fu quello sguardo che si scambiarono, che rivelò l’uno all’altra che solo loro due….. solo Juan, solo Beatrice …...?
    Ma veramente uno sguardo può fare da tramite tra due persone e trasmettere in una frazione di secondo sentimenti, sogni, desideri?
    Fatto sta che Beatrice capì che voleva solo Juan, e Juan dagli occhi che si addolcivano su di lui capì che sarebbero stati di nuovo uniti.

    L’aveva raggiunto correndo mentre scendevano le ombre, sempre più dense, sul giardino ormai buio e in un attimo era già tra le sue braccia. Era rimasto lì, ad aspettarla, l’uomo che “ non” faceva per lei ,
    Anna.
    Non ci fu nemmeno il bisogno di parlare. A che cosa potevano servire le parole quando già attraverso gli occhi si erano erano scambiati la fiducia la lealtà e l’amore?
    Anna.
    Sarà stato uno trucco. Conosco bene Anna, come conosco bene Juan
    Beatrice prese tra le mani il suo caro viso. Lo guardò negli occhi. Come potevano essere teneri, e supplichevoli e innamorati gli occhi del suo spavaldo, bellissimo uomo.
    Non parlarono, perché, in realtà, non c’era nient’altro da dire, nient’altro che contasse, niente che non avrebbero potuto superare insieme. Insieme….. I pensieri di Beatrice corrono velocissimi, e si mescolano alle sue emozioni e lei vede già la sua vita insieme Juan
    Dicono che al cuore non si comanda, ma non si comanda nemmeno al corpo.
    E proprio attraverso il corpo era passata la verità che le folgorò la mente.
    Era solo un’intuizione, ancora confusa, eppure Beatrice vide con certezza che sulla sua strada ci sarebbero sempre state altre donne innamorate di Juan, tante donne che avrebbero cercato di portarglielo via. E lei non se ne doveva risentire, semplicemente perché era inevitabile, e perché lui non ne aveva alcuna colpa. Non gliene importava. Lui neppure se ne accorgeva..
    Juan non poteva non piacere alle donne.
    Un uomo così …... Juan era più che bello: era totalmente, apertamente vero e virile. E del tutto inconsapevole di esserlo. Vi era in lui una naturalezza, una fisicità che lo rendevano irresistibile. Altre donne avrebbero provato per lui quello che lei scopriva tra le sue braccia. Juan. Un vero uomo, ombroso, caparbio, tortuoso, ma onesto e sincero. E sarebbe stato sempre interamente suo.
    Rise di gioia, ma in segreto. Non volle dividere con Juan questa sua nuova sapienza. Ne era certa, le avrebbe risposto scuotendo la testa che erano tutte sciocchezze. Ma che cosa dici, Beatrice? Che ti viene in mente? Ombroso, caparbio, cocciuto…
    Oh Juan, passerò la vita a difenderti da te stesso

    PS.
    Devo confessare che mi dispiace per Wyatt. E’ un bravo ragazzo, e poi ormai mi sono affezionata
    Bisognerà trovare una soluzione. Magari può capitare di incontrarlo in un’altra storia, e questa volta possiamo provare a farlo contento...


    Edited by ancoratu. - 7/11/2021, 20:20
     
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    28 Ottobre 2022

    IL BACIO IN GIARDINO
    18) La farfalla
    Muovendosi con cautela per il lungo corridoio, guardava dietro di sé per accertarsi di non essere seguita. Ecco. Era finalmente arrivata.
    Aveva aperto la porta ed era scivolata zitta zitta nella grande stanza silenziosa. Con un gesto rapido aveva richiuso l’uscio dietro di sé. Ce l’aveva fatta. Adesso era completamente sola.
    Si era appoggiata alla parete e aveva respirato profondamente.
    In fondo si trovava in una situazione insolita, poteva anche essere confortante, anzi, elettrizzante. Era come trovarsi su un’isola deserta. E già l’ombra di un sorriso modificava l’espressione della sua bocca dolorosa: era arrivata. Era nella biblioteca dello zio Francisco
    Beatrice si era avviata con sicurezza verso il centro della grande libreria. Sapeva perfettamente dove era collocato il libro che cercava, lo zio glielo aveva letto tante volte.
    Tutti i volumi era disposti con un ordine meticoloso, divisi per argomenti. La ragazza si fermò di fronte al settore storia, controllò un attimo, quindi sfilò il libro pesante che tante volte aveva visto tra le mani dello zio e lo strinse tra le braccia.
    Che sollievo stare finalmente un po’ in pace in quella penombra profumata di citronella e di alloro e rosmarino, e di tutte le essenze che da sempre venivano rinchiuse nei minuti sacchetti ricamati a punto croce. Nascosti tra un volume e l’altro sulle ampie scaffalature, le piccole bustine odorose profumavano l’aria e tenevano lontani i parassiti dai preziosi libri che dormivano lì ormai da tanti anni.
    Si era guardata lungamente intorno, lasciandosi portare via dai suoi ricordi
    Lo zio Francisco.
    Se n’era andato quando lei era ancora molto piccola, ma lo ricordava bene, e con tanto amore. Anche allora sgusciava dentro quella vasta stanza silenziosa, si nascondeva dietro qualche mobile e rimaneva a guardare lo zio grande e bello che trovava alla scrivania, intento a leggere i suoi libri misteriosi.
    Leggeva assorto, ma rilassato, le lunghe gambe distese davanti a sé, le caviglie accavallate, il gomito appoggiato al bracciolo dell’ampia poltrona, quella poltrona tanto diversa da tutte le altre presenti nella vasta dimora di Campo Real: di cuoio, severa, senza fronzoli, era proprio una poltrona adatta ad un uomo, e un uomo grande e importante.
    Tutto in quella stanza era maschile e rigoroso e sapeva di pensieri, progetti, sogni, desideri di uomo. Per la piccola Beatrice che aveva perso suo padre quando aveva solo pochi, anni, stare vicino a un figura maschile, in quell’esercito di donne, significava entrare in un mondo parallelo in cui abitudini, gusti, svaghi, gioie e rammarichi e silenzi differivano completamente da quelli femminili. Come comporli? Beatrice continuava a non saperlo.
    Lo zio Francisco…..Tutti parlavano di Francisco Aleardi della Valle come di un uomo coraggioso e volitivo, che non aveva paura di nulla
    Ora, per lei, ricordandolo attraverso i ricordi degli altri, poteva essere difficile mettere insieme tutte quelle immagini che convivevano nella sua memoria. Don Francisco sul cavallo rampante, veloce come il vento, uno scavezzacollo sempre pronto a saltare gli ostacoli più impervi. Il marito della zia Sofia, spesso impaziente, che alzava la voce con la moglie e che era rispettato da tutti. Il padrone di Campo Real, che curava con fermezza e buonsenso le sue proprietà , sempre giusto e sempre attento al benessere di chi lavorava per lui.
    E infine lo zio immerso nella lettura, nel silenzio e nella solitudine della sua biblioteca, che alzava la testa quando la sentiva entrare e subito si alzava, guardava sotto i tavoli e i mobili dicendo “Chi è entrato? Una topolina? Dove si sarà nascosta? Eccola!”
    Beatrice scivolò nei suoi ricordi.
    Entrava piano piano, cercando di non farsi sentire, ma lo zio la vedeva subito, la tirava fuori dal suo nascondiglio, la prendeva tra le braccia e la faceva saltare in alto, in alto. E lei, spaventata e felice rideva e gridava.
    A casa nessun altro la faceva volare e nessuno le parlava come si parla a una persona grande.
    Ed effettivamente, ma la piccola Beatrice non poteva capirlo, solo lo zio doveva aver compreso quella bimba silenziosa, ma che si apriva spontaneamente al calore e alla tenerezza, e tirava fuori con chi glielo consentiva quell’allegria e quella gentile arguzia che l’atmosfera di Campo Real, resa pesante e cupa dai rancori implacabili e dal riserbo altezzoso di Sofia, soffocavano inesorabilmente. Soffocavano anche lui, e si teneva più che poteva lontano da casa sua, e quando vi doveva restare si guardava bene dal lasciarsi coinvolgere dal dispotismo della moglie e si chiudeva nella sua biblioteca.
    Eppoi, Francisco lo vedeva, era una bimba curiosa di tutto, bisognosa di senso, e lui le raccontava tante storie, le parlava di paesi lontani, mostrandoglieli sul grande atlante, le leggeva dei passi dei suoi libri, le narrava miti greci e leggende messicane, la faceva parlare guardandola con affetto con quei suoi occhi grandi, verdi, penetranti. Beatrice sapeva che quelli erano gli occhi di un gatto, che forse lo zio era un gatto, un gatto coraggioso e aggressivo, ma che sapeva essere così gentile e affettuoso con le persone a cui voleva bene.
    Ora quegli occhi li aveva visti di nuovo. Ebbe quel pensiero all’improvviso, e ne fu folgorata, ma fu un attimo, fu un pensiero fuggevole, inafferrabile, che se ne andò così come era venuto.
    Uscì dalla stanza lentamente. Non ce la faceva a tornare nel mondo reale. Non ancora. Con un sospiro si appoggiò alla pesante porta di noce, lo sguardo rivolto davanti a sé, verso il lungo corridoio. Forse nessuno l’aveva capita bene come lo zio. Poi anche quello era finito. E adesso……
    Quel corridoio troppo scuro e silenzioso era lo specchio di tutta la grande casa. Qui nessuno ride, nessuno canta.
    La mamma che si fa piccola piccola per non dar fastidio, Andrea soddisfatto di sé che non si accorge di quello che gli succede sotto gli occhi, Anna come un gatto che si lecca i baffi e si illumina quando guarda Juan, cova, ma non dice nulla, la zia Sofia che osserva tutto e tutto chiude nel suo cuore ostinato.

    In questa casa è sempre stato così, solo lo zio Francisco aveva capito che cosa mi mancava, eppure …….è così facile sapere di che cosa gli altri hanno bisogno, che cosa desiderano veramente. Sul serio. E’ così semplice……. .
    Questa farfalla che è riuscita a trovare uno spiraglio tra queste pesanti tende che tappano le finestre e chiudono fuori il grande caldo del pomeriggio, è entrata con coraggio, leggera, e adesso volteggia per il corridoio e volando ha cambiato tutto, e lo sa.
    E invece gli esseri umani impacciati, goffi, non sanno volare perché le paure e l’avidità, l’egoismo li rendono troppo pesanti e li inchiodano a terra. Non riescono a capire quelli che hanno vicino, che cosa desiderano. Sono troppo ossessionati dai propri bisogni e rimangono ciechi…...
    Quante storie. La farfalla lo sa benissimo che cosa vorremmo e ce lo regala a piene mani: leggerezza, aria, luce colore, libertà. Ci regala se stessa senza calcolo, spontaneamente e a guardarla siamo felici. Voliamo come lei, leggeri come lei. Basta, Beatrice. Ricaccia indietro queste stupide lacrime.
    E la giovane donna percorre svelta il corridoio e sale in silenzio le scale che la portano verso la sua stanza, verso un altro silenzio, un silenzio vuoto.

    Da quando si era sposata Anna viveva e si sentiva come sdoppiata.
    Gustava fino in fondo la propria buona fortuna. Si era sposata lei, non Beatrice. Lei era la signora di Campo Real, la signora giovane, bella e rispettata da tutti. Suoi erano ormai i bauli pieni di quella preziosa biancheria che sua madre e sua sorella avevano ricamato con tanta cura, pomeriggio, dopo pomeriggio, anno dopo anno, sedute vicine a parlare di quelle nozze, di quel fidanzato che c’era sempre stato, fin da quando Beatrice era una bambina, sempre presente nelle chiacchiere della mamma e della zia e sempre assente, lontano, nella realtà.
    Mai una lettera, mai un pensiero. Ma che stupide. Ricamavano, sorridevano, parlavano di Andrea con rispetto e devozione. Che starà facendo? A che cosa starà pensando? Come avevano fatto a non capire…..
    Andrea era una figura lontana, un’idea, un ricordo, ma Anna era vera e bella, vivace e seduttiva. E quando l’immagine di un uomo atteso intensamente e ricordato a stento si era materializzata ed era venuta a contatto con la realtà, quell’immagine era diventata un giovane disinvolto e intraprendente che si era incontrato con quell’Anna viva, elusiva e disponibile, mutevole e pronta per lui. E l’aveva subito desiderata a voluta per sé.
    Il fidanzamento era stato veloce e ora Anna era una donna sposata. E adesso che Juan era venuto a vivere a Campo Real tutto si sarebbe sistemato.
    Sì, ora lui era arrabbiato con lei, con Andrea, era geloso e la evitava. Eppure Anna sapeva che proprio quella gelosia, il desiderio di averla tutta per sé lo avrebbe ricondotto a lei. E lei l’avrebbe reso folle stimolando il suo senso del possesso, gli avrebbe detto come suo marito la voleva continuamente, lei cercava di respingerlo, ma lui le stava sempre addosso, la assillava, e lei era tanto infelice. Poi l’avrebbe rassicurato, gli avrebbe detto quanto lui fosse superiore ad Andrea, quanto le mancava, sarebbe apparsa sperduta, confusa, una vittima tra le mani avide di suo marito, e così innamorata di Juan….E lui l’avrebbe consolata prendendola tra le braccia e l’avrebbe trascinata ancora una volta in un mare di sensazioni.
    Si diresse con decisione verso la biblioteca, a cercare della carta da lettere. Aveva terminato la sua e non aveva alcuna voglia di rivolgersi alla suocera. Se mi prende mi attacca sicuramente una della sue asfissianti prediche sulle vere signore, sui doveri, su Andrea, i bisogni di Andrea, il benessere di Andrea... Per carità. Meglio tenersi alla larga. Nella biblioteca ci doveva pur essere il necessario per scrivere.
    Quella stanza le era quasi sconosciuta. Dopo la morte di Francisco era rimasta sempre chiusa, l’odio che la moglie provava per lui aveva fatto sì che con la sua morte morissero anche le sue cose, i suoi ricordi .
    Andrea, poi, al suo ritorno, si era scelta come studio una stanza più piccola, l’aveva fatta arredare con mobili moderni, e lì riceveva o semplicemente oziava.
    Anna non aveva mai osato entrare nella biblioteca quando era ancora vivo Francisco. Aveva paura di suo zio, era grande, scuro e non le parlava quasi mai. Con quella barba nera e quegli occhi scontenti sembrava il diavolo e aveva sempre l’aria di essere arrabbiato, specialmente con la zia. Era sempre spazientito, con la zia, e a volte li aveva sentiti litigare.
    Anna aveva capito fin da piccola che tra loro due esisteva una forte tensione. In un lampo le tornò in mente un momento preciso; lei giocava seduta in terra, dietro le tende del salotto, succhiando le caramelle che aveva preso dalla bomboniera di cristallo in un momento in cui nessuno la guardava.
    La zia Sofia parlava di Andrea e di Beatrice, di contesse e matrimoni. Sembrava molto contenta e soddisfatta di sé. Lo zio alzava la voce, diceva che sperava che divenuto grande Andrea avrebbe avuto il buon senso di non darle ascolto, che erano tutte sciocchezze, che si augurava che suo figlio si scegliesse la moglie da solo. “Spero che mio figlio scelga la moglie che vuole”, aveva detto con voce sprezzante. Poi era uscito dalla stanza e la zia Sofia era rimasta lì, a labbra strette, lo sguardo pieno di odio e di rancore. Allora, naturalmente, lei non si era resa conto di che cosa parlassero, ma adesso… E bravo lo zio Francisco che aveva capito tutto.
    Era rimasta immobile al suo posto, zitta. Pur essendo molto piccola capiva bene qual era il suo interesse, e che la zia Sofia, così impettita e controllata, non avrebbe gradito affatto che si scoprisse che cosa si celava sotto la perfezione in cui sembravano fuse la sua famiglia, la sua casa, la sua vita. No. La zia Sofia non voleva testimoni. E lei era rimasta nascosta succhiando caramelle e facendo tesoro della sua precoce esperienza sul matrimonio e sui rapporti di coppia
    Girando per la grande biblioteca ripensò con curiosità a suo zio. Chissà che tipo era. E che morte terribile aveva fatto. Il cavallo, la caduta. Si sentì gelare.
    Questa stanza enorme sempre silenziosa, sempre vuota mi mette i brividi. Sì, è come se fosse morta, come lo zio Francisco, come………
    Anna oltrepassò la soglia e rinchiuse rapidamente la porta dietro di sé.
    Tornò alle sue occupazioni e alla vita e alla grande biblioteca non pensò più.

    E anche a Juan in quei giorni capitò di entrare nella biblioteca di Don Francisco. Successe per caso, passò davanti alla porta chiusa mentre si stava dirigendo in giardino, ma trovandosi lì non poté resistere alla tentazione. Si guardò intorno. Nessuno arrivava. Entrò e rivide tutto come quella prima volta.
    Aveva quattordici anni, allora, e non era mai andato oltre la spiaggia, la taverna e la baracca dove era vissuto. Entrato nella biblioteca, Juan era stupefatto. Non era mai entrato in una stanza così bella, senza tanti fronzoli, semplice, ma che al tempo stesso rimandava a un’aria di vecchie tradizioni, di prosperità e di lusso raffinato ed elegante. Mentre avanzava nella grande stanza i vari elementi gli venivano incontro e sorprendevano la sua vista. Non aveva mai nemmeno immaginato che potessero esistere cose così belle, le tende chiare e leggere che ombreggiavano i vetri, mentre ricche sovrattende di velluto scuro ornavano le grandi finestre; un tavolinetto rotondo di forma capricciosa che reggeva un piccolo perfetto busto di marmo, e poi la grande scrivania alla quale sedeva quello che doveva essere suo padre: un tavolo ampio, austero e imponente, su cui si trovavano, sparsi, un semplice candelabro, delle carte sparpagliate un po’ alla rinfusa, dei libri accatastati casualmente, senza tanta precisione .
    Era stato l'avvocato Manera che l'aveva portato lì nel suo veloce calessino e per tutto il tempo il ragazzo gli aveva ripetuto che mai sarebbe andato ad abitare in quella casa. L'altro insisteva e lui non voleva ascoltare l’avvocato che gli elencava tutte le opportunità che avrebbe trovato crescendo in quella casa grande e bella dove avrebbe potuto studiare, avrebbe potuto imparare a svolgere un lavoro dignitoso, procurarsi un futuro migliore.
    Cupo, ostinato, legato suo malgrado da un vincolo di lealtà all’uomo che lo aveva cresciuto - ossessionato da quelle parole che non poteva dimenticare , che gli ordinavano di odiare suo padre, di ucciderlo - si era opposto con tutte le sue forze, ma poi, era entrato in quella stanza, aveva visto l'uomo dall'aspetto autorevole e nobile, l'aveva osservato lungamente, in silenzio e poi aveva guardato i suoi occhi: guardavano i suoi, ed erano pieni di un’attenzione ed un interesse che pian piano si mutavano in comprensione e dolcezza.
    Allora si era arreso ed era rimasto, ma era durato così poco: suo padre era morto e lui immediatamente era stato scacciato da quella casa.
    Ora era di nuovo lì. Era arrivato a cavallo, come un pazzo, un uomo forte, spinto da una collera troppo intensa per essere dominata, ma ora Juan non sapeva neppure lui perché era lì, perché era rimasto. Non certo per Anna.
    Perché era tornato? Perché aveva deciso di per riprendersi Anna? Per creare chiasso e disagio? Ed era restato per un pensiero che solleticava il suo cupo umorismo, di vivere come un sottoposto, amministratore della casa che sarebbe dovuta essere sua? Ma tutto questo ormai aveva perso ogni senso, Anna non gli interessava più. Come ho potuto innamorarmi di una donna come quella? E poi c’era quella ragazza…
    Perché ora i suoi pensieri erano pieni di un’altra fanciulla.
    Non si trattava di Anna, era un'altra giovane donna dagli grandi occhi sinceri, dalla bocca dolce e lo sguardo troppo spesso triste. Sì, questo lo teneva legato a Campo Real
    Si era insinuata silenziosamente nella sua mente e nelle sue emozioni, facendosi spazio, trattenendo su di lei la sua attenzione senza sforzo, senza calcoli e civetteria. Altro che Anna….
    Eppure faceva fatica a mettere a fuoco l’immagine che aveva cominciato a formarsi nel suo subconscio: le era apparsa sotto tanti aspetti diversi, con volti così differenti che faceva fatica a metterli assieme.
    Era stata la piccola furia che gli aveva sbarrato la strada, gli aveva bloccato il cavallo mentre gli intimava di andarsene subito da Campo Real; la giovane suora pallida e tragica che aveva raggiunto vicino alla rupe e che cercava…. Che cosa cercava? Che cosa c'era in quel visino smarrito, disperato?
    L’aveva poi vista precisa e competente vicino al letto di Angelica malata. Naturalmente decidendo di occuparsi di “quella selvaggia”, e per di più nella camera di un uomo, aveva scandalizzato tutti, ma con la sua pazienza e la sua modestia era andata avanti senza esitare, l’aveva aiutato, aveva anteposto a tutto il suo desiderio di essere utile. Lui la guardava muoversi con grazia per la stanza, infaticabile, sopportando gli sgarbi e le cattiverie di Angelica, serena, pronta a sdrammatizzare e addolcire quella ragazza aspra e insolente.
    L’aveva vista tra i suoi pari, i suoi familiari, con quei begli occhi tanto spesso pieni di una tristezza che avrebbe voluto allontanare per sempre. Lei rimaneva per lo più silenziosa, un riserbo e un mistero che ne aumentavano la seduzione, ma un attimo dopo era di nuovo diversa, mentre rintuzzava con una risposta garbata e maliziosa qualche attacco della sua dolce sorellina o rispondeva con sorridente umorismo a qualche osservazione fuori luogo. Indulgente e autoironica. Rideva di sé senza mai ridere degli altri
    Scopriva che Beatrice non era la lamentosa, la perfettina, la lagna mortale dipinta da sua sorella, che anzi era capace di brio e leggerezza.
    Pesante, greve era invece proprio Anna, con la sua sensualità spessa e senza grazia, le sue passioni cupe e gelose.
    E lui che all’inizio Beatrice l’aveva giudicata pedante, ottusa…..
    Che stupido che sono stato. Be’, non avevo proprio capito niente.
    Uscì dalla biblioteca di suo padre scuotendo la testa, con un sorriso nuovo, e si diresse verso il giardino. Chissà, forse Beatrice era lì.

    Si era ritirata nella sua camera per la siesta quotidiana, ma il sonno non voleva venire. Troppo caldo, troppo silenzio, troppe passioni represse fuori e dentro di lei. Restava lì, sdraiata, lo sguardo perduto nei suoi ricordi. Quanti ricordi cupi suscitava in lei la vecchia casa. E quei silenzi. Ormai ne stava diventando preda, la circondavano, ritornavano per rattristarla e farla precipitare all’indietro, verso altri ricordi e altri turbamenti.
    Eccola di nuovo nel grande salotto di donna Sofia dove verso sera le donne della casa, le signore e le inservienti, recitavano il rosario con le bambine accanto a sé e tutto sembrava tranquillo in quel rituale rassicurante, sempre uguale: nessuno avrebbe mai potuto percepire che cosa si nascondesse sotto tutta quella apparente normalità, che cosa si celasse dietro il volto composto della signora di casa.
    Quella sera la zia Sofia era stata chiamata fuori dalla stanza “Vostro marito è tornato, signora, e desidera palarvi.” E dopo qualche minuto Beatrice l’aveva seguita, non vista. Aveva tanta voglia di salutare il suo grande zio, che era stato per giorni lontano da casa……. Ma era rimasta incollata dietro la porta, spaventata
    Li aveva sentiti discutere, lei ritta e composta, lui spazientito e scontento, che ancora parlando aveva cominciato a salire le scale……. “Ci sono ragazzi appena poco più grandi già in grado di difendersi da soli, senza paura di niente. Non parlare. Se vuoi saperlo stai facendo di mio figlio un insicuro, un debole. Adesso basta. Io te lo proibisco. Andrea è perfettamente in grado di controllare quel cavallo e voglio che lo cavalchi tutte le volte che lo desidera. Ti ordino di non intrometterti”. Aveva continuato a salire le scale senza più voltarsi indietro mentre lei, Sofia, impassibile e gelida sibilava :”Voglio solo che abbia una buona educazione. Mio figlio sarà un vero gentiluomo, non un contadino travestito da signore come te. “
    Beatrice era rimasta sconvolta da quello che aveva visto e udito e quella sera aveva intuito che la realtà non è sempre quella che ci viene mostrata, che bisogna guardare oltre un volto, un sorriso, una scena preparata come uno spettacolo teatrale. Sì, era sempre stato così, specie a Campo Real.
    E lei cominciava ad odiarla quella casa così piena di ambiguità, dove volti e maschere, vero e falso si mescolavano, a favorire inganni e giochi di potere. Non voleva più restare lì. Doveva andarsene. Ma poi? Juan?
    Si alzò di scatto a sedere sul letto. Perché le era venuto in mente Juan? Perché un po’ alla volta aveva cominciato a pensare a lui sempre più spesso? L’aveva scacciato, l’aveva osteggiato, poi aveva imparato a conoscerlo e a rispettarlo. Solo che non c’era solo questo. Più passava il tempo, più pensare a Juan provocava in lei delle inquietudini, delle emozioni che non riusciva a definire. Lui la turbava. La faceva sentire vicina e lontana. La faceva sentire felice e infelice. Oh, avrebbe voluto che se ne andasse!
    Per scacciare quei pensieri si alzò dal letto e prese in mano il libro che aveva portato con sé dalla biblioteca. Pensava che quei racconti che lo zio le aveva letto tante volte avrebbero potuto darle un po’ di pace, e che il ricordo di ore serene avrebbe potuto riportarle indietro dal passato un po’ di quella gioia.
    Ma poi successe qualcosa che cambiò la vita di tutti.
    Dalle pagine del libro erano cadute tre fotografie. Lei le prese in mano osservandole senza capire.
    La prima era una foto di suo zio, bello, elegante, sicuro di sé come lei lo ricordava. Caro zio Francisco……
    C'era poi una foto di Andrea da bambino, con gli occhi sinceri e un sorriso fiducioso… Lei, guardando quel bimbetto, sorrise a sua volta al ricordo di quel suo cugino che allora le sembrava tanto più grande di lei….. Girò il cartoncino e lesse “Il mio piccolo Andrea” .
    L’ultima foto rappresentava un ragazzino sconosciuto, vestito modestamente, ma che mostrava una sua naturale dignità. Con insistenza le ricordava qualcuno. La fronte corrugata, lei si sforzava, ma non riusciva a capire a chi la faceva pensare. La prese una sorta di malessere. Chi era quel bambino, di chi era quel volto che era rimasto tra le immagini più care conservate da suo zio. Girò ansiosamente la foto e lesse la scritta che vi era riportata “Juan Aleardi della Valle, il mio figlio primogenito”
    Stupefatta tornò a scrutare l’immagine del ragazzo, e vide che la guardava con uno sguardo diritto nei suoi begli occhi, che erano gli occhi di Francisco, gli occhi di Juan.
    Che succedeva? Chi era Juan?
    Tutto era falso, tutto era ambiguo, doppio. Juan che incontrava nella camera di Anna vestito come un masnadiero, lo sguardo insultante, il sorriso beffardo, e ora vedeva aggirarsi per campo Real in abiti eleganti, che sembrava un signore, che camminava con un passo da padrone.
    Chi era Juan? Tutti erano doppi, Anna, la zia Sofia, la mamma, modesta e calcolatrice.
    E non sono forse doppia anche io? Chi era lei stessa, con quale diritto giudicava gli altri quando non riusciva neppure più a capire che cosa voleva veramente, che si tappava gli occhi con le mani per non vedere cosa provava per quell'uomo, che aveva disprezzato, che aveva insultato, minacciato, di cui avrebbe voluto guidare i passi, e che ora le faceva battere il cuore al solo vederlo da lontano
    Deve uscire da quella casa tetra. Deve andarsene. Spaventata, confusa, corre via ciecamente, come a fuggire da se stessa, le sue angosce, le sue paure.
    Va avanti nel giardino, in mezzo alle aiole, le mani a trattenere il lungo vestito ornato di azzurro, bella senza saperlo, indifesa, persa nel suo smarrimento. Chi sono io, chi la mamma, e la zia Sofia, e Anna, e Andrea…. Chi è Juan….
    I piedini calzati dalle scarpette chiare scendono giù per le scale in un mare di foglie cadute. Fugge, semplicemente, e non sa dove andare. Sa solo che deve allontanarsi, che deve scrollarsi di dosso tutta quella falsità.
    Non vede né sente niente e nessuno, finché il rumore di una corsa concitata non le rivela la presenza di qualcuno che la sta seguendo.
    Si gira, spaventata. Lo vede. Vede Juan che corre veloce verso di lei. Juan. Lui. Perché? Finalmente…
    La raggiunge, si avvicina fino a toccarla, la prende tra le braccia senza parlare, come se non potesse fare altro, guardandola negli occhi. E lei lo guarda e perde i suoi occhi in quelli di lui. Juan la stringe, china la testa e porta le sue labbra su quelle di lei.
    E lei? A lei improvvisamente tutto questo sembra giusto e naturale. Istintivamente accoglie quell’abbraccio e istintivamente lo ricambia rispecchiandosi nei gesti di lui. Abbandona ogni difesa baciandolo a sua volta, lungamente, profondamente: il suo primo bacio, il suo primo brivido.

    “Sai a che cosa mi fai pensare? A una farfalla”. Lei scivola nei suoi ricordi, ripensa sorridendo a quel corridoio scuro, al suo spirito abbattuto, a quella farfalla che l’aveva consolata. Tra le braccia di Juan si sente…… così…..
    Alza lentamente la testa e lo guarda in viso, gli cerca gli occhi, come per leggervi qualcosa. E rivede gli occhi dello zio Francisco, quegli occhi verdi fermi e teneri, intensi, pieni di affetto e di attenzione. Ma in quelli di Juan c’è qualcosa in più, qualcosa che mi fa battere il cuore, che mi fa tremare e mi fa desiderare di essere sempre….. così…...
    “Proprio a una farfalla. Colorata, luminosa. Leggera. Sì, leggera. Riesci a regalare a tutti un po’ di bellezza, un po’ di libertà. Sei la mia farfalla”, carezzandole piano le palpebre con le sue dita sottili. E lei non risponde. Ora tutto è in sintonia e il suo mondo è tornato in ordine
    Felice chiude gli occhi e lui prende a baciarli, ma poi passa a baciarle le gote, lungamente, poi le labbra, e poi ancora le labbra, il respiro sempre più veloce mentre la tiene stretta.
    La farfalla arriva volando veloce, non si vuol perdere la scena.
    Gira su se stessa, poi intorno a loro, infine si allontana trionfante mentre Beatrice, la tenera, confusa, forte Beatrice continua a sorridere ai suoi ricordi con l’aria di chi la sa lunga.
     
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