il CS di Claire

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    1,670

    Status
    Offline
    RITORNO A CAMPO REAL
    Come la regina Maria Antonietta di Francia – di cui si narra che, a neppure 40 anni , durante la prigionia prima della esecuzione, i suoi bellissimi capelli divennero da un giorno all’altro completamente bianchi - a Campo Real una giovane donna si era trasformata in poco tempo, a causa dei dispiaceri, nell’ombra di se stessa. Chiunque l’avesse incontrata solo pochi anni prima, mentre altera si aggirava tra i saloni scrutando tutto con occhio vigile, non l’avrebbe riconosciuta. Ampie ciocche grigie, raccolte costantemente in uno chignon, le circondavano il viso; il volto era pallido ed impietosamente segnato dalle rughe. Tutto era perduto dell’atteggiamento di un tempo.
    Luana aveva conservato il vecchio ruolo di governante della casa; non grazie allo zio Basilio, questa volta, che non poteva più proteggerla da quando era stato incarcerato; non grazie alla signora Sofia, che dopo la partenza del figlio per l’Europa aveva perduto il senno e si era tolta la vita; non grazie al signor Andrea, che aveva ben pensato di porre miglia e miglia di mare tra sé ed un passato troppo doloroso, e non era rientrato alla tenuta neppure per il funerale della madre; no, Luana era ancora al suo posto grazie al nuovo padrone, al signor Juan, l’acerrimo nemico di suo zio, che non era riuscito ad ucciderlo pur avendolo gettato in mare da un’alta rupe.
    Juan non aveva voluto alcuna vendetta nei confronti di chi, in passato, gli aveva fatto del male; dopo la partenza del fratellastro l’uomo era divenuto l’unico padrone della ricca tenuta, ma la insperata fortuna ed il nuovo ruolo sociale non lo avevano cambiato. Per rispetto di Andrea aveva consentito a sua madre di continuare ad abitare a Campo Real ed aveva garantito che non avrebbe apportato grandi cambiamenti;, lui avrebbe continuato a vivere a San Paolo dei suoi commerci; certo il personale avrebbe dovuto rendere conto ad un amministratore, un uomo originario della Capitale che aveva assunto su consiglio del genero dell’avvocato Manera, il giudice Marcello Romero Barra.
    Il nuovo amministratore si era rivelato corretto e giusto, la paga era rimasta invariata, i controlli erano assidui ma garantivano a ciascuno una certa libertà di organizzazione. L’unico vero cambiamento consisteva nel fatto che non venivano più utilizzati come manodopera i carcerati, né bambini sotto i 12 anni: si trattava però di migliorie già adottate qualche tempo prima al signor Andrea. Poco dopo le sue nozze infatti, con l’avvento di Juan come amministratore e l’impegno di Beatrice, era stata attivata una scuola per i figli dei contadini, che garantiva un’istruzione elementare fino a 11 anni.
    In generale i dipendenti avevano salutato con favore quel mutamento al vertice, poiché Juan aveva dato buona prova di sé già come amministratore, mostrando di avere a cuore le condizioni dei lavoratori. Spesso, quando a fine giornata si scambiavano opinioni sull’andamento del raccolto , o più in generale sulle loro condizioni, sul governo, sulla politica, capitava di sentire gli uomini elogiare il signor Juan, che era sì un padrone, ma era stato uno di loro e per questo non riuscivano a considerarlo un nemico.
    In questi discorsi Luana non era mai entrata. Istintivamente non riusciva ad essere grata a Juan del Diablo (così suo zio lo aveva sempre chiamato e non le riusciva altrimenti) di averla mantenuta nel suo ruolo e mansioni. Si era illusa di poter mutare condizioni di vita tramite la relazione con Andrea, ma ciò che ne aveva guadagnato era solo il disprezzo da parte di tutti: la sua gente, il resto della servitù , che era costretta a tollerarla, ma in fondo la considerava una poco di buono, e la gente altolocata che non aveva smesso di considerarla una serva anche quando era ben vestita, truccata e pettinata come una signora. Paradossalmente avrebbe accettato meglio la ritorsione, vedersi cacciata con ignominia da Campo Real; invece era dovuta restare, senza che le fossero consentite le alzate di capo di un tempo, o l’assunzione di iniziative. Costretta a trattare con rispetto tutti, senza alcun particolare privilegio che non fosse quello derivante dalla gerarchia tra i domestici, conservare il posto di lavoro per i primi tempi aveva significato per Luana stare tutto il giorno a contatto con una donna che aveva perduto la ragione, che per ore ed ore ripeteva lo stesso ritornello, intrecciando confusamente ricordi di epoche diverse… così Andrea diventava improvvisamente un neonato da allattare, uno studente che doveva seguire le lezioni con il precettore, un giovane soldato, un uomo cocciuto cui dare consigli… i discorsi ossessivi di Sofia si incentravano sempre sul figlio … A volte la signora si aggirava nei saloni in sua ricerca , chiamandolo disperata. I medici che avevano visitato la signora Sofia avevano raccomandato che la si assecondasse in tutto e per tutto; così Luana, che era la sua dama di compagnia e quindi la persona che più le stava a contatto, aveva trascorso mesi raccontando bugie, leggendo finte lettere del signor Andrea, fingendo addirittura che Andrea scrivesse direttamente a lei, a Luana. Già, perché nella sua follia la signora Sofia non aveva dimenticato il vecchio proposito di accoppiare suo figlio alla cameriera, purchè le desse la gioia di un nipote… ma quel piano di Sofia, come del resto tutte le sue trame, non aveva funzionato.
    Così Luana, vittima degli eventi e pedina di un gioco più grande di lei, era stata dapprima travolta dalle brame di grandezze dello zio e della padrona, ed ora che si trovava a metà del suo cammino era una donna sola, senza famiglia, privata ad un certo punto anche di quell’affetto e prestigio che, a modo suo, la padrona le aveva elargito.
    La signora Sofia aveva posto fine alle sue sofferenze lanciandosi da un balcone, una mattina di maggio. Era stata Luana a trovarla, a dare l’allarme; sempre Luana a vestire la morta, a preparare la camera ardente, ad organizzare il funerale, ad accogliere i notabili venuti a porgere l’estremo saluto alla nobildonna. Luana aveva poi aperto il corteo subito dietro la signora Beatrice, l’unica della famiglia che fosse venuta da San Paolo per il triste incombente.
    Tumulata la signora nella cappella di famiglia, accanto al marito Francesco (la tomba della nuora Anna si trovava sul lato opposto), Luana aveva sentito d’improvviso su di sé il peso della solitudine. Così da un giorno all’altro, come la leggenda sulla regina di Francia, si era ritrovata incanutita, smunta e senza voglia di vivere.
    Erano trascorsi poi dei mesi di silenzio, di giorni sempre uguali che si susseguivano uno dopo l’altro, senza che da San Paolo – né tanto meno dal signor Andrea - si avessero notizie sulle sorti della tenuta. Che intenzioni avevano gli Aleardi? Le piantagioni erano come sempre curate, sotto la vigile direzione dell’amministratore, i raccolti erano fruttuosi e la famiglie dei contadini godevano di un tenore di vita dignitoso: era chiaro però che gli interessi dei due fratelli erano altrove. Juan era un uomo di mare e non un latifondista; Andrea, da quel poco che era trapelato, aveva ripreso la carriera militare in Europa e non aveva alcuna intenzione di tornare in patria.
    Il silenzio però durò poco. All’inizio dell’autunno l’amministratore informò Luana, quale direttrice della servitù, di una grossa novità: la signora Beatrice e suo marito avevano deciso di trascorrere un periodo alla tenuta, quindi si doveva rimettere a nuovo e ripulire la casa grande per poterli degnamente ospitare.
    Erano state quindi date direttive per predisporre una camera per i signori ed una camera adiacente per Meche la quale, nonostante si fosse maritata, era rimasta come persona di fiducia della signora per accudire il bambino, il piccolo Francesco di un anno e mezzo.
    Luana obbedì senza porsi troppe domande sul significato di quell’arrivo; in un certo senso acquistò anche serenità nel vedere l’abitazione rifiorire, con i vetri scintillanti, i tendaggi profumati , gli arredi spolverati, la biancheria che dalle casse prendeva nuova vita al caldo sole messicano….
    Come ai vecchi tempi, il giorno previsto per l’arrivo fu organizzato un comitato di accoglienza composto dall’amministratore, da Luana, dalla cuoca e a seguire tutta la servitù della casa. Aveva insistito per essere presente Quintila, la sorella minore di Meche, che nutriva una vera e propria venerazione per Beatrice, grazie alla quale aveva imparato a parlare e che tanto si era adoperata per creare la scuola elementare di Campo Real. Quintila stringeva emozionata fra le mani un mazzo di fiori di campo ed una letterina, nella quale voleva raccontare alla sua benefattrice dei bei risultati che aveva ottenuto a scuola …
    L’arrivo della carrozza fu salutato con un sospiro di sollievo degli astanti. Due inservienti si occuparono dei cavalli, portandoli nelle stalle non prima di averli abbeverati con secchi colmi di acqua fresca; il primo a balzare fuori dalla carrozza fu il signor Juan, che rapido tese la mano alla consorte per agevolarne la discesa, poi trasse fuori il bambino, che si portò in collo; fu poi la volta di Meche, aiutata dall’amministratore. Terminata la discesa dei passeggeri Luana impartì secche istruzioni ai facchini per lo smontaggio ed il trasporto dei bagagli nelle camere. Quintila, naturalmente, saltellò felice tutto il tempo intorno al bambino ed alla signora Beatrice, che la abbracciò e ringraziò dei doni, che ricambiò con un sacchetto contenente frutta candita.
    Juan chiese a sua moglie se avesse bisogno di rinfrescarsi, ed alla risposta affermativa rimandarono a più tardi la passeggiata nel giardino con Quintila. Francesco era ancora pieno di vitalità, ma la mamma preferì che fosse affidato alle cure di Meche per un sonnellino pomeridiano. La sorella maggiore redarguì severa Quintila, affinchè non stuzzicasse il bambino, che altrimenti, con la prospettiva del gioco, avrebbe faticato ad addormentarsi. Indi intervenne la cuoca, che si affrettò a comunicare ai signori il menu che aveva previsto, chiedendo se il bambino avesse esigenze particolari; Beatrice rispose con un gran sorriso che tutto era ottimo e che una cena leggera sarebbe stata l’ideale, dato il caldo.
    Dopo che la servitù si era ritirata , il bambino era in mani sicure, le disposizioni essenziali tutte impartite, Beatrice e Juan si ritrovarono nella camera che li avrebbe ospitati per quel periodo di vacanza.
    “Che bella luce c’è qui!”- osservò Beatrice aprendo le tende. Juan si era già liberato della giacca ed approfittava dell’acqua fresca versata nel bacile di rame, in un angolo della stanza, per sciacquarsi il viso. Anche Beatrice si allontanò dalle finestre e lo raggiunse nell’angolo della stanza sbottonandosi la camicetta. L’acqua fresca le ravvivò le gote e le rinfrescò il collo sottile. Immediatamente il marito si avventò come un falco su di lei: lasciò cadere sull’omero la spallina sinistra del corpetto ed iniziò a baciare la spalla, risalendo verso il collo.
    “Stavo pensando che non abbiamo mai fatto l’amore qui….”sussurrò l’uomo. “Smettila Juan – lo interruppe la moglie, sfuggendogli protetta da un asciugamano che coprì le sue grazie - per quello abbiamo tutta la notte”; poi, poiché Juan rise malizioso, Beatrice intuì il doppio senso della frase che aveva appena pronunciato e si affrettò a precisare che intendeva dire che non era il momento, che non c’era alcuna fretta.
    “Dopo anni di matrimonio, non mi sono ancora abituato alla tua verecondia” – esclamò Juan con impazienza “Ed io alla tua irruenza!”- replicò Beatrice con quella risata cristallina che lo faceva impazzire.
    “Sono d’accordo che è giorno, ma la porta è chiusa a chiave, io sono il padrone e nessuno può entrare senza il mio permesso. Potrei avere per lo meno un’anticipazione della serata?”- la canzonò lo sposo. Beatrice senza rispondere chiuse la tenda, indossò una veste da camera comoda e si accoccolò sul letto accanto al suo Juan. L’uomo rispettò le volontà della consorte e si limitò ad alcuni casti baci, lasciando che poi Beatrice sprofondasse rilassata nei cuscini, rimanendole a fianco e giocando con ciocche dei suoi capelli dorati.
    “E’ strano essere di nuovo qui, dopo tutto quello che è successo. Qui tutto ha avuto inizio….” - disse Juan pensieroso “è vero, la nostra storia è iniziata proprio qui “ – commentò Beatrice. “Tutto è nato qui – proruppe Juan – il mio inatteso arrivo tanti anni fa causò il precipitarsi degli eventi, la morte di mio padre… lo stesso accadde quando tornai la seconda volta, rabbioso, intenzionato a distruggere Andrea , che per l’ennesima volta mi aveva depredato del mio. Questo luogo ha sempre avuto il potere di mutare il mio destino. Mi fa quasi paura esserci tornato”.
    “Non fare il superstizioso, Juan. Questa volta non accadrà nulla. E poi tu sei sempre stato capace di andare oltre gli eventi sfortunati. La prima volta che arrivasti qui, quando la mia madrina ti scacciò, prendesti in mano le redini della tua vita; accettasti l’aiuto dell’avvocato Manera, imparasti a leggere e scrivere, decidesti di imparare a governare le barche… insomma hai superato difficoltà, commesso errori, ma hai trovato la tua realizzazione, sempre con dignità. La seconda volta….”. “La seconda volta ho incontrato un angelo … “Non scherzare, Juan!” “Non scherzo – disse serio Juan – se non avessi incontrato te nel cortile, se non avessi sfogato subito quella rabbia, accumulata durante tutto il tragitto, credo che la avrei vomitata su Andrea, sua madre, tua sorella… e cosa ne avrei ricavato? Con dolcezza, ma con fermezza al tempo stesso, tu riuscisti a farmi andare oltre quella amarezza… stando vicino a te imparai a dominare i miei impulsi e ad andare oltre le apparenze. Mi resi conto dell’abbaglio che avevo preso con tua sorella e scoprii che dietro quell’aria mite e remissiva tu nascondevi una forza di volontà, un coraggio, una passione straordinari. Mi innamorai di te come un pivellino.” “Anche per me questo luogo è denso di significato. Qui si sancì il mio destino quando alla morte di mio padre la madrina stabilì del mio futuro; qui lo si disfece, quando Andrea decise di sciogliere il fidanzamento; qui ti ho conosciuto e ho imparato ad apprezzarti…. Qui fu organizzato il nostro matrimonio, che all’inizio sembrò l’ennesima trama di altri… nessuno sapeva che già ci amavamo, neanche noi…”. Tacquero per un po’. “Un’altra cosa che ho imparato qui a Campo Real – riprese Juan – è leggere la limpidezza del tuo sguardo. Quando si offusca c’è qualcosa che non va. Come ora – le disse guardandola di sottecchi - C’è un pensiero che ti ha turbato. Di che si tratta?”
    “Mi è ritornato in mente un pensiero ricorrente di quel periodo a Campo Real, appena uscita dal convento. Mi tormentavo chiedendomi come sarebbero le andate le cose se solo Andrea non avesse fatto tappa nella capitale , se invece fosse tornato direttamente qui. Se a quella festa non avesse conosciuto Anna, pensavo, forse avrebbe tenuto fede alla promessa nei miei confronti. Poi una volta Anna durante un litigio mi disse che nessun uomo avrebbe potuto interessarsi a me, dopo aver conosciuto lei. E quello che era un mio intimo tormento assunse i contorni di un mostro più grande, l’incubo che fosse un pensiero comune a tutti, senza il coraggio di dirmelo. Immaginavo che tutti mi paragonassero ad Anna, notando quanto fossimo diverse; mi sentivo inadeguata nell’aspetto, nel modo di muovermi, di sorridere, di vestirmi, di conversare e così via. Poi tu mi dicesti che nessuno sano di mente avrebbe rinunciato ad una donna come me, soprattutto per una svergognata come Anna… rimasi di sasso. E quella stessa sera a cena i nostri sguardi si incrociarono, come per magia. Per un istante fu come se il tempo si fosse fermato! Non riuscivo proprio a capire come potessi essere interessato a me, a me che non ritenevo di essere interessante per nessuno! Ovviamente non avevo già capito di essere innamorata di te, ma le conversazioni con te mi lasciavano sempre… in subbuglio”.
    “Era quello che accadeva anche a me, e non me ne capacitavo! Ero abituato a donne sfrontate, prepotenti, umorali … tu apparivi così eterea, dolce, una creatura da trattare in maniera delicata. Senza rendermene conto, con te mi sforzavo di comportarmi da gentiluomo, perché se alzavo la voce, o ero brusco, dopo mi sentivo un verme!”
    “Infatti notai questo cambiamento in te, e gli sguardi che mi lanciavi, e il resto…”
    Juan la strinse forte a sé. “Qui c’è stato anche il nostro primo bacio. Eri venuta nella mia stanza tutta trafelata perché avevi scoperto che Basilio e Castaldo facevano prostituire le figlie dei contadini. Non facevi che difendere Andrea, io ero stanco della giornata ed irritato da tutte quelle discussioni con Sofia, Carrara, Andrea, tua sorella… Ti trattai davvero male, ricordo che piangevi, non sapevo come farti smettere…”. Beatrice sorrise “Come potrei dimenticarlo? Risposi al tuo bacio, ma poi scappai via turbata… A dire il vero, ricordo ogni istante del nostro fidanzamento, con grande piacere. L’unico cruccio è che avremmo dovuto parlare un po’ di più, tanti dubbi sarebbero stati fugati e tante amarezze evitate… tu avevi quello che mi stessi sacrificando per amore di Andrea” “E tu avevi il dubbio che mi fossi interessato a te per vendicarmi di Anna e che ti volessi sposare solo per ripicca” “Avevo il dubbio, ma in fondo mi fidavo di te. Eri tu che non ti fidavi affatto di me! Ricordi quella scenata di gelosia per la foto? – fece Beatrice. Juan rise: “Già, penso che per te non deve essere stato facile sopportarmi in quell’occasione…quella però fu la svolta. Ti convinsi a parlare, a tirare fuori ciò che provavi. Ed io feci lo stesso. Da quel momento i malintesi diminuirono”. “E’ vero- convenne Beatrice – se non avessimo vissuto insieme quei momenti di complicità, che diventarono sempre più frequenti, non avrei avuto la forza di affrontare quei successivi momenti terribili… quanto fosti in prigione, ferito, poi mi fecero credere che eri fuggito con Anna e morto….”
    “Ritrovarsi fu come un nuovo inizio. Eravamo come due amanti clandestini, costretti ad incontrarsi di nascosto dai gendarmi. La passione tra di noi era fortissima. Vi erano ancora nubi però all’orizzonte”.
    “Già – aggiunse Beatrice – non mi piace parlare di quel periodo. Quello della separazione. Ti comportasti in maniera veramente inaccettabile”. “Ero avvilito perchè non ero stato in grado di mantenere la promessa di renderti felice. Mi avevi confessato che vivevi in uno stato di angoscia continua, ed io non sopportavo di essere causa della tua sofferenza. Discutevamo per il rapporto con Andrea, per il processo, per il fatto che avrei dovuto tornare in carcere… Ancora una volta, fu qui a Campo Real che presi la decisione definitiva. Mi accordai con tua madre per comprare la sua casa e allontanarti da me” “Io però non avrei mai accettato quella decisione. Ero venuta qui a cercare Andrea, per avere giustificazioni dopo che mi aveva ingannato ed aveva venduto il Satan; anche se non avessi ottenuto soddisfazione, mi ripromettevo di tornare anche a piedi a San Paolo, se necessario, per chiarire con te. Ancora una volta il destino si mise di traverso: mi ero incamminata, cercando di incontrare un carro di contadini per avere un passaggio, ma lungo il sentiero vidi Anna, il cavallo si imbizzarrì, lei cadde… a lungo pensai che fosse stata colpa mia, poi si scoprì che era stato Basilio a posizionare una pietra sotto la sella, sperando forse di favorire in tal modo la nipote. Assistere all’agonia di Anna fu per me il segno di una punizione divina, tanto è vero che le feci l’assurda promessa di non tornare mai più con te. Qualunque cosa tu mi avessi detto o fatto, non ti avrei mai abbandonato. Fu quell’evento a scuotermi. La mia vita cambiò per l’ennesima volta, sempre qui a Campo Real”.
    “Fummo davvero lontani in quel periodo, non solo per i chilometri che ci dividevano. Arrivasti a chiedere l’annullamento delle nostre nozze religiose! Eppure, quante volte ti avevo ripetuto che il mio cuore ti apparteneva e che eri la cosa che più mi importava al mondo?” “L’annullamento lo aveva chiesto mia madre, in realtà. Ero delusa, mi avevi lasciato in malo modo senza più cercarmi, e in fondo mi ero convinta di meritare tutto quello che era accaduto, che non fosse destino che dovessimo stare insieme.” “Temetti davvero di averti persa per sempre… ma il nostro amore fu più forte delle avversità. Ne abbiamo affrontate talmente tante amore mio, che nulla mi può più spaventare. E non permetterò a nessuno di rovinare la nostra felicità. Ci hai mai riflettuto? Tutti quelli che ci hanno fatto del male sono morti o sono a marcire in galera. Ti confesso che ho insistito tanto per questa vacanza perché non voglio più avere paura di questo posto, del passato, della nostra storia, anzi, vorrei cercare insieme a te il modo per trasformare questo luogo e farne qualcosa di utile per gli altri. Sai che non sono interessato a fare il proprietario terriero… il mare è la mia vita”.
    Beatrice riflettè. Il marito non le aveva mai parlato con tanta franchezza. Intuiva quanto quell’eredità fosse ingombrante per lui, ma al tempo stesso capiva che non voleva recidere nettamente i legami con il suo passato. Così rispose: “Io credo, Juan, che Campo Real è pur sempre una proprietà della tua famiglia, da generazioni. Non sarebbe giusto venderla e farla finire in mano di qualche speculatore, che farebbe tornare tutto come prima. Hai già fatto tanto per i lavoranti e le loro famiglie, chi ti dice che gli acquirenti garantirebbero loro lo stesso trattamento? D’altra parte i nostri figli potrebbero da grandi non essere interessati alla vita di mare in un paesino piccolo come San Paolo. Le rendite di Campo Real potrebbero garantire anche per la nostra vecchiaia un futuro sereno … Capisco comunque le tue esigenze e ti propongo una cosa. Che ne pensi di trasformare questa casa in un orfanotrofio o in una casa famiglia? Ci sono tanti orfani sia qui che a San Paolo, sarebbe bello dar loro un posto dove vivere, aiutare ragazze madri , risollevarle dalla loro condizione , garantire che possano imparare un mestiere, ricevere un’istruzione… certo si dovrebbe potenziare la scuola, trovare altri insegnanti… “ Il marito le sorrise “ Sapevi di poter contare su di te, tesoro mio. Come al solito hai saputo dare concretezza ai miei desideri. Sei proprio il mio angelo custode! Anch’io sono stato un orfano, il destino mi ha privato dei genitori, però mi ha restituito molto: non solo l’amore della donna più incantevole del mondo, ma anche ricchezza e benessere. Trovo giusto condividere la mia fortuna con chi non ne ha avuto altrettanta. La tua idea mi piace molto, ne parlerò domani stesso con l’avvocato Manera e con il giudice Romero Barra. Adesso però godiamoci questo periodo di riposo…” “Ricordati che ti sosterrò sempre amore mio, qualsiasi cosa accada” – replicò Beatrice in un soffio, accarezzandogli il viso. Juan, felice, la strinse appassionatamente tra le sue possenti braccia ed i due amanti si persero l’una nelle labbra dell’altro, mentre il sole calava all’orizzonte.
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    1,670

    Status
    Offline
    IL VIAGGIO
    È una notte scura, insolitamente fresca a San Paolo. Si è alzato il vento dal mare, e tutto lascia presagire che, calato il maestrale, arriverà una burrasca. Il silenzio dei vicoli è rotto dal passo veloce sul selciato di una fanciulla che corre . Arriva a destinazione, suona con forza il batacchio, una, due , tre volte; si odono rumori di passi all’interno dell’abitazione, una luce che si accende, rumori di chiavistelli azionati; quando il pesante portone si apre una donna anziana, stretta in uno scialle nero, appare sulla soglia. Uno scambio di poche parole è sufficiente. Sono abituati, in quella casa, a ricevere viste notturne. La donna anziana fa accomodare la più giovane in anticamera, affinchè si ripari dal fortunale imminente. Trascorrono pochi minuti, che alla ragazza sembrano un tempo infinito. La donna anziana ritorna, accompagnata da un uomo maturo, che prende svelto borsa e soprabito e si avvia, insieme alla giovinetta, sotto la pioggia ormai battente. L’uomo ben conosce la casa in cui è richiesto il suo intervento, vi si è recato più volte; sa che non c’è un attimo da perdere. “Un parto difficile… due mesi prima del termine… il marito è fuori per un viaggio… sì, è venuta la levatrice, ma il bambino si presenta dai piedi… abbiamo messo l’acqua a bollire, sì” : la servetta dà le informazioni del caso al medico, strada facendo. Il cielo in lontananza è squarciato dai fulmini, e man mano l’intensità della pioggia aumenta, cosicchè, nonostante il tratto da percorrere sia breve, i due giungono a destinazione completamente fradici. La ragazza prende il soprabito del medico, lo appoggia all’ingresso , grondante d’acqua, e senza neanche preoccuparsi di asciugare il pavimento conduce il dottore dalla partoriente. I tuoni scuotono i vetri delle finestre, ed il picchiettare della pioggia, col suo ritmo convulso, fa da sottofondo ai movimenti concitati delle persone all’interno dell’abitazione. Cessa poi il temporale, e con esso anche le voci ed i rumori: la casa pare piombare in un silenzio irreale.
    È quasi l’alba quando il dottore rincasa. Si reca in camera da letto, si spoglia con cautela, per non svegliare la moglie; ella però è solo assopita e si solleva sui cuscini, chiedendo ansiosa: “Com’è andata?”: “Una bambina, è nata sana – risponde lui continuando a svestirsi – ma non so se la madre supererà la notte”. La donna, impietrita, porta una mano alla bocca, trattenendo un gemito.

    POCHI GIORNI PRIMA
    “Buon giorno, Fernando! Sono venuta a prendere del vino per i signori Romero.”
    “Ciao Angelica – la saluta cordiale il padrone della locanda – come stai? Meche è di là, sta allattando Carolina, se vuoi puoi passare a salutarla mentre ti preparo la brocca ! Il solito, vero?”
    “Sì, il solito rosso, grazie. Non voglio disturbare Meche, ci siamo viste solo l’altro ieri del resto. Tua cognata è proprio un’incapace! Ho dovuto farle vedere io come si stira! Con la signora Beatrice nelle sue condizioni , Meche dovrebbe sbrigarsi a tornare! Ho incontrato tua moglie al mercato e gliel’ho detto, Lorenza non è buona a nulla, non doveva proporre proprio sua sorella per farsi sostituire a casa di Juan!”
    “Ha solo 14 anni – replica l’oste – non ricordi com’eri tu alla sua età? Una gran fannullona! Lorenza almeno si dà da fare! Poi non è colpa nostra se vi siete messe d’accordo, con queste pance! A te, quanto manca?” “Due mesi circa – risponde la ragazza accarezzandosi il ventre rotondo – ma anche alla signora Beatrice e alla signora Marianna, dovremmo partorire più o meno tutte nello stesso periodo, a quanto ha detto il medico”.
    “Ah però, che coincidenza! Farete ringiovanire San Paolo, di questo passo! Sicura di farcela con la brocca? O ti faccio accompagnare da Serafino?” “Ce la faccio, ce la faccio. Purtroppo Gioacchino non c’è, altrimenti sarebbe venuto lui”.
    “Ah, non lo sapevo! dov’è tuo marito? ” – chiede il Guercio.
    “Ha accompagnato l’avvocato Manera e sua moglie a Veracruz, dovevano chiedere un consulto ad un medico importante, per via del cuore, non ho capito bene. Pare che l’avvocato abbia un problema serio. Del resto, dopo la disgrazia, non si è più ripreso”.
    “Mmm – mugugna l’uomo scuotendo il capo – certi dolori sono troppo anche per un uomo forte come lui. Un bambino così bello…”
    “Fecero di tutto per salvarlo, ma le medicine arrivarono troppo tardi. Aveva solo due anni. Povera signora Marianna… a quel punto, mi ripeto sempre, meglio come capitò a me. Nemmeno il tempo di affezionarmici, alla creatura”.
    “Sappiamo come va la vita– replica l’uomo - Ne abbiamo visti tanti di bambini morire, di morbillo, di scarlattina, di colera, addirittura di fame, giù al porto! Ma tu non dovresti fare questi tristi pensieri, aspetti un bambino, devi stare tranquilla! Asciugati gli occhi, e torna dritta a casa, altrimenti chi lo sente il giudice!”
    “Nemmeno lui è a casa in questi giorni- risponde la ragazza, alzandosi dallo sgabello con gesti misurati- Ti ricordi quei contrabbandieri arrestati a Campeche l’anno scorso? Pare che uno di loro abbia vuotato il sacco ed abbia fatto il nome di certi delinquenti di fuori, dalle parti della Capitale, che facevano parte della banda. Così il signor Marcello è dovuto andare a parlare con la polizia del posto, a cercare non so che carte, insomma per vedere se devono essere sbattuti in galera anche loro”.
    “Ah, non gli manca certo il lavoro al tuo padrone! – ride il Guercio – Come al nostro Juan del resto. Hai saputo che è partito per Isla Mujeres?”
    “Sì, certo, con Francesco! Il loro primo viaggio insieme. Sono fuori già da 4 giorni ormai. Aspettano un carico importante – replica Angelica - Allora vado, salutami tanto tua moglie, dille che verrò a trovarla uno di questi giorni, appena torna Gioacchino!”
    “Va bene, riguardati!” – la saluta calorosamente l’oste, tornando a sistemare bicchieri e brocche.

    ISLA MUJERES
    Il mercato della piccola isola affacciata sul Golfo del Messico brulica come un formicaio. Frutta, verdura, spezie, stoffe, indumenti ed accessori creano un mosaico di colori e di profumi. Un bambino trotterella, mano nella mano ad un uomo alto e bruno dal passo deciso. “Dobbiamo scegliere un regalo bellissimo per la mamma” – dice il bambino, i capelli biondi che risplendono al sole, mentre si aggira curioso tra le bancarelle. Juan annuisce e guarda orgoglioso suo figlio. Ha solo 5 anni, ma è già un ometto assennato. Ha il carattere serio e riservato di Beatrice, è testardo, ma ubbidiente; ama mantenere gli impegni e pretende altrettanto dagli altri. Così Juan ha dovuto rispettare la promessa fattagli tempo prima di insegnargli a governare la sua barca, una volta compiuti i 5 anni. Hanno progettato da mesi questo viaggio insieme; è un viaggio di soli uomini: l’equipaggio è composto da Edoardo, Pietro ed altri fedelissimi di Juan. Devono recarsi a Cancun per un carico importante di prodotti che si dovranno poi rivendere a San Paolo e nei paesi vicini.
    Anche Beatrice avrebbe dovuto accompagnarli, ma poi, accortasi di essere nuovamente in dolce attesa, per prudenza ha reputato opportuno non affaticarsi e restare a casa. Juan avrebbe voluto rimandare il viaggio, ma Beatrice ha insistito e vinto le sue rimostranze con una serie di argomentazioni talmente razionali da risultare insuperabili: “non sarò mai da sola, ti prometto che starò attenta, riposerò, mangerò a sufficienza, non deludiamo il bambino”. Così Juan si è fatto convincere, anche se, fino alla notte prima della partenza, ha tentato di far cambiare idea a sua moglie: “Non vorrei partire. Non esiste posto al mondo più bello che fra le tue braccia” – le aveva sussurrato tra le lenzuola. Beatrice gli aveva accarezzato i capelli, sorridendo. “Mi mancherai tanto, ma in fondo si tratta di poco tempo e la felicità di Francesco non ha prezzo! E’ importante che ti senta vicino, perché tra pochi mesi dovrà dividerti con qualcun altro, e non è detto che sarà facile per lui!” “Con una madre come te, non potrà che sentirsi ancora più amato di prima; sono io che dovrò mendicare le tue attenzioni!” “Non accadrà mai e tu lo sai bene!” – aveva riso Beatrice, suggellando quelle parole con un bacio di fuoco.
    Juan ripensa a quel dialogo e pensa che, mai come questa volta, gli manca tanto la sua Beatrice. Non è la prima volta che trascorrono del tempo lontani, ma mai come questa volta gli pesa essere privato, anche se per un tempo limitato, di quei piccoli gesti quotidiani che solo quando due innamorati sono separati riescono ad apprezzare in pienezza. Cosa darebbe per averla accanto, vedere il suo sorriso, scambiarsi tenerezze, poter accarezzare la pancia che cresce e sentire suo figlio scalciare…
    “Papaàà!” – lo richiama all’ordine suo figlio – A cosa stai pensando? Hai la testa fra le nuvole oggi!”
    Juan ride ed accarezza la testolina bionda che tanto gli ricorda Beatrice, mentre si fermano accanto ad un banco di lavori artigianali. Francesco sceglie per la mamma una borsetta azzurra ricoperta di perline argentate. È un bambino deciso, ha le idee chiare: poco importa se il padre gli fa osservare che la mamma a breve non avrà molte occasioni mondane per sfoggiare quel regalo!
    Sostano davanti ad altre bancarelle, comprano qualche leccornia, che consumano lungo il tragitto verso il porto, impiastricciandosi dita e bocca di zucchero, ridendo l’uno dell’altro; terminata la merenda, Francesco e Juan risalgono a bordo del Satan. Al bambino piace giocare con le carte nautiche del babbo; sta imparando a leggere e scrivere, e con voce incerta prova a leggere i nomi sulle carte o su qualche libro che ha trovato sotto coperta. Ha una venerazione per il padre, e adora ascoltare le sue storie di mare…si è emozionato quando Juan gli ha fatto tenere il timone, sotto la guida delle sue forti mani! Da grande vuole diventare un capitano proprio come lui, e non vede l’ora di raccontare alla mamma tutto quello che ha visto ed imparato nel corso del viaggio!
    Juan controlla alcuni documenti e pianifica le prossime tappe; il bambino ben presto inizia a gironzolargli intorno cercando di attirare la sua attenzione. Comincia a porgli mille domande: papà, avrò un fratellino o una sorellina ? fra quanto tempo ? potrò giocare con lui? Tu e la mamma mi vorrete sempre bene?
    Con pazienza Juan cerca di arginare quel fiume di interrogativi. “Non si sa ancora se avrai un fratellino o una sorellina, lo sapremo presto, mancano un paio di mesi … dovrai aspettare che sia abbastanza grande per poter giocare con te… certo che ti vorremo sempre bene, vorremo bene a tutti e due! Ora però lascia che il papà termini il suo lavoro! Non appena ci metteremo in viaggio verso Cancun ti prometto che ti farò mantenere la rotta!”
    Il bambino si stende a pancia in giù e gioca con una barchetta di carta, cui fa solcare un mare immaginario.
    Juan si tuffa a capofitto nel lavoro, finalmente indisturbato. Quanto è faticoso essere genitore! per fortuna c’è Beatrice ad accompagnarlo in questa avventura. Come sarebbe bello averla accanto, e quanta voglia di riabbracciarla! Conta i giorni Juan, mentre il Satan solca l’azzurro mare caraibico…

    HAVANA , CUBA
    A bordo di un transatlantico attraccato al porto dell’Avana un gentiluomo sfoglia un quotidiano, proteggendosi dal sole con un panama bianco. Lo avvicina un servitore, porgendogli alcune monete ed un involto.
    “Grazie Enrique- dice l’uomo, infilando il denaro in un portamonete – hai trovato quello che ti avevo chiesto?”
    “Sì, signore. Dei sigari e della cioccolata. Li ho fatti impacchettare, come mi avevate detto”. “Molto bene. Puoi portare tutto in cabina, appena hai finito raggiungimi. Ti hanno detto fra quante ore salperemo?”
    “Credo fra un paio d’ore, così mi ha detto un ufficiale di bordo addetto ai controlli all’ingresso. Domattina mattina saremo a Cancun”.
    “Ci converrà affittare una carrozza fino a Villahermosa. Confidiamo almeno nel buon tempo, perché il viaggio è ancora lungo”. Il servitore si congeda con un inchino appena accennato ed il gentiluomo resta nuovamente solo. È un po’ teso… come ha detto al suo accompagnatore, il viaggio , iniziato in Spagna 10 giorni prima, è ancora lontano dal concludersi. Devono raggiungere il Messico, paese natale dell’uomo con il panama. In realtà, egli ha trascorso la maggior parte della sua vita in Europa, che negli ultimi anni ha girato in lungo ed in largo, dalla Francia, all’Inghilterra, all’Italia, alla Germania, ai Balcani, fino alla Russia. Ha intrapreso la carriera militare, raggiungendo i gradi più elevati; successivamente però si è reso conto di essere insoddisfatto della sua scelta e si è dato alla carriera diplomatica, approfittando di un’ottima conoscenza delle lingue acquisita nel corso degli studi giovanili. Ha quindi trovato uno stabile impiego all’ambasciata francese a Madrid; tuttavia, essendo di nazionalità messicana, è stato individuato come la persona giusta per una interlocuzione con il governatore del Messico volta a regolare gli scambi commerciali tra il paese americano e la Francia.
    Così il giovane ritorna in Messico per incontrare il governatore. Non sa quanto potrà durare la sua permanenza in patria, ma è certo che non sarà lunga. Ha una strana fretta di sistemare tutte le faccende di cui deve occuparsi, salutare qualche parente ed amico, e poi rientrare in Europa.
    Il fatto che il viaggio sia ancora così lungo lo inquieta. Si sentirebbe più sicuro sapendosi a destinazione. O forse, più che il viaggio, teme le conseguenze del viaggio? E se non fosse servito a nulla porre quella barriera di mare e di chilometri tra sé e gli errori del passato? Del resto i rimpianti ed i rimorsi non lo hanno abbandonato mai, nemmeno in Europa. L’uomo non può mentire a se stesso: sa benissimo che né il tempo né la distanza hanno cancellato ciò che è stato. Non è tornato a casa neppure per il funerale di sua madre… la scusa ufficiale è stato che era impegnato in una campagna in Russia, ma neppure dopo il congedo è rientrato. Apparentemente non ha conti in sospeso con nessuno: prima di partire si è riconciliato con suo fratello e sua cognata ed ha mantenuto con loro, negli anni, un cordiale rapporto epistolare; si rende conto però che il passo più difficile consiste nel fare pace con se stessi…. dopo più di sei anni di lontananza, sotto uno spesso strato di cenere, nel suo cuore ancora cova una brace ardente e l’uomo teme che rivedere persone e luoghi potrebbe far divampare il fuoco in maniera devastante.
    Eppure, sa che deve affrontare i propri fantasmi, altrimenti non potrà avere più pace in nessun angolo della terra.

    SAN PAOLO
    Con un gesto delicato la giovane donna scosta la neonata dal proprio seno , la appoggia delicatamente sulla propria spalla e le massaggia la schiena con piccoli movimenti verticali.
    “Ha proprio una gran voglia di vivere, questa piccolina!” – esclama Angelica, asciugandosi una lacrima.
    “Già” – risponde l’altra, cullandola dolcemente tra le braccia.
    “Meno male che ci sei tu, Mercedes. Non so come avrebbe fatto a sopravvivere, visto che la madre….”
    “Per fortuna ho latte in abbondanza per Carolina e per lei. L’importante è che stia crescendo bene: il dottore ha detto che se continua così sarà presto fuori pericolo, come una bambina nata a termine. Certo bisogna stare molto attenti a che non prenda colpi di freddo, che non si ammali”.
    “Con le madre in quelle condizioni, ed il padre in viaggio, è una grande responsabilità prendersi cura di lei! Ti ammiro molto!”
    “Lo faccio con piacere – si schernisce Mercedes – lo farei per chiunque, ma a maggior ragione per la signora, che è tanto buona. Sono sicura che si risolverà tutto per il meglio, prima ancora che il marito ritorni a casa”.
    “Che Dio ti ascolti!” – conclude l’amica.

    ***
    La camera da letto della ricca dimora è in penombra. Una donna tormenta l’orlo delle lenzuola di seta. Bussano alla porta.
    “Avanti”.
    “Signora, è arrivato vostro padre” – dice la cuoca, facendo capolino dalla porta.
    “Fallo entrare, presto!”- intima la donna. L’anziano varca la soglia. È curvo, ha gli occhi lucidi, il passo lento.
    Marianna si solleva sui cuscini e stende le braccia verso di lui: “Padre! Avete saputo di Beatrice?”
    “Vengo ora da lì, figliola. Io e tua madre abbiamo fatto a lungo compagnia alla signora Caterina”- risponde dandole un bacio sulla fronte - tu come si senti ?”
    “Come volete che stia! Il dottore ieri mi ha visitato, mi ha trovato la pressione bassa e mi ha detto che devo stare a letto. Mi annoio tanto però! Marcello rientrerà tra qualche giorno, ho ricevuto poco fa un suo telegramma. Piuttosto voi, cosa vi ha detto il medico di Veracruz?”
    “Mi ha prescritto un tonico, dice che il mio cuore non è malandato come pensavamo. Devo stare attento all’alimentazione, fare tante passeggiate…una tranquilla vita da vecchietto insomma! Tua madre è molto sollevata.”
    “Anch’io lo sono! Ci voleva una bella notizia in questo momento! E Juan , padre? Non pensate che bisognerebbe avvisarlo? Angelica ieri mi ha detto che la sua gente non sapeva cosa fare, aspettavano di consigliarsi con voi…”
    “Prima di venire da te ho inviato un telegramma indirizzato a lui a Cancun, spero che sia già arrivato in porto o che al massimo la sua barca attracchi in serata. Juan non ci perdonerebbe mai di non averlo avvisato subito”.

    CANCUN
    I passeggeri, appena sbarcati dalla “Esmeralda”, sciamano a gruppi in direzione della città, percorrendo il lungomare; donne ben vestite agitano ritmicamente i ventagli cercando di trovare ristoro dalla calura, gli uomini accendono i sigari e conversano tra di loro avvolti da ampie volute di fumo, mentre servitori indios trascinano i loro bagagli. Coppie di innamorati camminano sotto braccio senza curarsi del resto del mondo. Una folla di ragazzini circonda i notabili appena sbarcati, offrendo fiori alle signore, o semplicemente stendendo la mano per l’elemosina. Andrea coglie alcuni commenti infastiditi intorno a sè: come sempre in Messico la povertà dà noia a chi non la vive sulla propria pelle, riflette l’uomo. Un bambino lacero, dai capelli ricci, gli tira la giacca. Andrea lo osserva, sorride e gli porge una moneta; lo segue con lo sguardo mentre, scalzo e felice, raggiunge i compagni. “Cerchiamo una carrozza, Enrique” – dice poi al servitore, che ha appena terminato di sistemare i numerosi bauli.
    Preso dai suoi pensieri egli non nota la barca ormeggiata al molo, sulla cui fiancata campeggia la scritta rosso fuoco “El Satan” …
    Frattanto, all’ufficio postale Juan stringe tra le mani il pezzo di carta appena consegnatogli dall’impiegato: “URGE TUO RIENTRO. NICOLA MANERA”. Come mai l’avvocato è stato così sintetico nel messaggio, ma al tempo stesso perentorio? Nervoso, Juan si pone mille domande e comincia a temere che sia successo qualcosa a Beatrice. Quale altra ragione per farlo rientrare così all’improvviso? Forse è nato il bambino in anticipo? Manera glielo avrebbe scritto. E se invece ci fosse stato un problema con la gravidanza? Un problema grave, per sollecitare il suo ritorno. Juan si convince che non può esserci altra spiegazione, si tratta di lei, di Beatrice. Già solo il fatto che il telegramma sia firmato dal signor Nicola, e non da Beatrice, è un brutto segno… la ruga alla tempia gli si gonfia, sente il cuore scoppiargli nel petto. Non c’è un attimo da perdere. Juan si dirige di corsa verso la piazza e riflette sul da farsi. Il modo più rapido per raggiungere San Paolo è farsi sellare un cavallo.. anzi no, non può costringere Francesco ad una cavalcata nel cuore della notte… Una carrozza… con una sosta , il minimo indispensabile per far riposare i cavalli e poi potrà tornare a casa. Però se è successo davvero qualcosa di grave a San Paolo, come può non far percepire nulla a Francesco? Potrebbe affidarlo a Pietro ed Edoardo e partire da solo… mentre pondera le varie soluzioni, Juan calcola i minuti, e l’angoscia gli dilania l’anima, perché i chilometri per arrivare a casa sono troppi, troppi…. Arriva alla stazione di posta, contratta per una carrozza, ma non ve ne sono disponibili: sono state tutte prenotate. “L’ultima è appena partita, l’ha presa un signore distinto diretto a Villahermosa, comunque era carico di bauli e non ci sarebbe stato spazio per voi” – sentenzia il noleggiatore, indicando con la mano un punto ormai distante. “Ma io ho assoluto bisogno di partire subito per San Paolo! Con la mia barca non farei in tempo!”- esclama Juan furioso, afferrando l’interlocutore per la manica. “Mi dispiace, signore – è la fredda replica – prima di domani mattina non ho carrozze da noleggiarvi. Non posso proprio aiutarvi”.
    Juan volta le spalle e corre al molo. Se non c’è altra soluzione, si potrebbe arrivare almeno a Campeche con la barca; poi proseguire a cavallo. In tre giorni potrebbe farcela. Sale a bordo e cerca i suoi uomini per dare disposizioni per la partenza, ma Edoardo non gli lascia neanche il tempo di spiegare: “Juan, Francesco ha la febbre alta”. “Cosa?” . risponde l’uomo, che non si aspettava quest’altra tegola sul capo. “Io e Pietro lo abbiamo visto che all’improvviso lamentava stanchezza, ha voluto stendersi sul lettino e si è addormentato. Dopo un po’ Pietro è andato a controllarlo , lo ha toccato ed era come un tizzone ardente”. “Ma così, all’improvviso? Quando sono andato alla posta mi sembrava stesse bene, e non è passata più di mezz’ora!” – replica il padre, incredulo. “In realtà , ricordi, tu eri stato a discutere con Barros per il prossimo carico giù, a terra, quando è arrivato quel ragazzino che ti avvisava del telegramma. Da più di un’ora sei via”. “Non possiamo partire in queste condizioni, Juan- interviene Pietro - E se il bambino avesse bisogno di un medico, di medicine?” “Sì, ma non capite che io DEVO tornare a San Paolo ADESSO? Andiamo subito di sotto, voglio vedere come sta mio figlio” – taglia corto Juan. I tre uomini scendono sotto coperta e trovano il piccolo ancora semiaddormentato. Juan constata che Francesco è rosso in viso ed accaldato. Dà a Pietro indicazioni di cercare in un baule degli scampoli di stoffa e di bagnarli con acqua fresca. Eseguito l’ordine, il piccolo apre gli occhi, guarda il padre per un istante e li richiude rapidamente. “Voglio la mamma…e ho tanta sete”– mormora. Juan intenerito lo abbraccia e gli sussurra all’orecchio qualche parola per tranquillizzarlo. Dopo averlo fatto dissetare, Juan gli scopre le braccia, il tronco e le gambe.
    “Pensavi al piccolo Romero Barra, Juan? Per questo lo stai controllando?”- chiede inopportuno Edoardo, commentando quel gesto. “Non dirlo neanche per scherzo!” – urla Juan con gli occhi di bragia – Francesco starà bene, ha solo un po’ di febbre. Gli è capitato anche altre volte. Anzi, fa’ una cosa: vai a chiamare subito il dottor Bartolini, spiegagli la situazione, digli che deve venire con noi, che abbiamo urgenza di partire e che deve portare con sé tutte le medicine che potrebbero servire. Prendi queste per il medico – e gli lancia un sacchetto di monete – Ormai è deciso, arriveremo a Campeche via mare, poi in base a come sta Francesco valuteremo il da farsi”.

    SAN PAOLO
    “Requiem aeternam dona eis, Domine,
    et lux perpetua luceat eis.
    Requiescant in pace.
    Amen”.
    Al termine del rito funebre l’anziano sacerdote asperge la salma con l’acqua santa, indi i portantini sollevano la bara e la portano all’ingresso della chiesa, aprendo il corteo che la scorterà sino al piccolo cimitero del paese. Dopo aver effettuato quell’ultimo, triste tragitto, recate parole di conforto ai parenti, Padre Domenico rientra in chiesa e nota che, seduto all’ultimo banco vi è qualcuno che lo attende.
    Il sacerdote invita il fedele ad accomodarsi in sagrestia, dove, dismessi i paramenti violacei, gli dedica la dovuta attenzione.
    “Che notizie mi portate, avvocato Manera?” Il legale scuote la testa “Non buone purtroppo, padre. Ho spedito un telegramma al marito di Beatrice, a Juan, ma mi ha risposto che ha incontrato difficoltà a trovare una carrozza, e non arriverà qui prima di due giorni..” “La figlia come sta?” “La bambina bene, tutto sommato, non corre pericolo, a detta del medico, ma Beatrice, padre… è già un miracolo che abbia superato la febbre dei primi giorni dopo il parto, il medico temeva per una setticemia, ma l’abbiamo scongiurata. Il problema è che ha perso troppo sangue, non riesce ad alimentarsi, non ha quasi mai ripreso conoscenza… il dottor Sanchez ha detto che le ultime ore saranno decisive. Ho tanta paura che il marito non faccia in tempo a tornare”.
    “Vi è quindi il serio rischio che Beatrice non sopravviva?”- chiede il sacerdote, preoccupato “E’ così padre, purtroppo”. “E solo ora me lo dite? – si inalbera il prelato – sapete quanto bene voglio a Beatrice, la conosco fin da bambina! Una fanciulla così devota alla Vergine! Ella non vorrebbe certo morire senza il conforto dei sacramenti! Cosa aspettavate a venirmi a chiamare? Devo darle l’Estrema unzione! Ora preparo tutto il necessario, andate a casa sua ed avvisate la servitù che prepari la stanza dell’ammalata come si conviene! E radunate tutte le persone che le sono care, per una veglia di preghiera. Imploriamo il Signore che conceda la guarigione alla nostra cara Beatrice!”
    CAMPECHE
    Dopo aver mangiato polvere per ore, i cavalli trovano il meritato riposo alla stazione di posta di Campeche. I cocchieri chiedono ai passeggeri di effettuare un cambio di vettura, così Andrea scende dalla carrozza, accende un sigaro, e chiede al suo accompagnatore di acquistare il quotidiano per ingannare l’attesa durante il tempo della sosta. Sfogliando il giornale, il gentiluomo sobbalza incredulo. “Guarda qui, Enrique: c’è la notizia di un grave incidente ferroviario avvenuto tra la Capitale e Veracruz, e pare che sia rimasto coinvolto lo stesso governatore!” Il servitore si avvicina per leggere di persona “C’è scritto che il signor governatore è stato ricoverato all’ospedale di Città del Messico … Questo vuol dire, signor Andrea, che non potrà incontrarsi con voi domani a Villahermosa, come era stato stabilito!” – commenta l’uomo. “E’ ovvio, l’appuntamento è saltato – riflette Andrea - questo significa che dobbiamo cambiare i nostri piani. Ci recheremo prima a San Paolo e da lì invieremo un telegramma all’ufficio del governatore per chiedere informazioni innanzitutto sul suo stato di salute, poi sul prosieguo della nostra missione diplomatica, magari mi indicheranno loro stessi un altro funzionario cui potermi rivolgere”.
    “Bene, padrone. Volete che invii un telegramma ai vostri parenti di San Paolo, avvisandoli della vostra visita?”
    “Non ce ne sarà bisogno. Faremo loro una sorpresa” – replica l’uomo, immergendosi nuovamente nella lettura.

    ***
    Intanto, qualche ora dopo il Satan attracca nella baia di Campeche. A bordo il dottor Bartolini, medico di origine italiana, visita il piccolo Francesco, mentre Juan attende ansiosamente il responso.
    “Il bambino sta molto meglio, la febbre è calata. Ritengo però che necessiti di ulteriore riposo e che non sia assolutamente in condizioni di effettuare un viaggio così lungo, fino a San Paolo, tanto meno a bordo di una carrozza che dovrebbe percorrere via incidentate, senza potersi distendere, senza poter effettuare dei pasti regolari… sarebbe opportuno, almeno per altre 24 ore, attendere che sia completamente sfebbrato ed in grado di rimettersi in piedi”.
    “Io però ho necessità di rimettermi immediatamente in viaggio. Con una carrozza o a cavallo arriverei comunque non prima di questa notte a San Paolo. Pensate che il bambino possa rimanere da solo con voi e con i miei uomini?”
    “Non sono un indovino, signor Aleardi, ma al momento non ritengo che le condizioni di vostro figlio possano subire un peggioramento; non ho elementi che mi facciano presumere ciò . In ogni caso, se voi me ne conferite l’autorità, vi assicuro che in assenza vostra farò per vostro figlio tutto quanto fosse necessario per rimetterlo in piena salute”.
    “Ma certo, dottore, ci mancherebbe, e vi ringrazio enormemente dell’aiuto che mi state dando”- risponde Juan stringendogli la mano.
    Dopo dieci minuti, è già in sella ad un baio spronato al galoppo in direzione di San Paolo.

    SAN PAOLO
    “Per istam sanctam Unctionem, et suam piissimam misericordiam, indulgeat tibi Dominus quidquid deliquisti. Amen”.
    Il sacerdote avvicina il crocifisso alle labbra esangui dell’ammalata , mentre le suore del convento, la madre e gli amici di Beatrice recitano le litanie di rito, colmi di trasporto e di commozione.
    Andrea esce dalla stanza, sentendosi soffocare. Non avrebbe mai immaginato, nel ritornare a San Paolo, quel genere di accoglienza: il prete, l’unzione degli infermi, Beatrice esanime sul letto… Aveva tanta voglia di rivedere lei in particolare, di guardarla negli occhi e chiederle perdono per il suo inqualificabile comportamento di anni prima. Formalmente quelle scuse sono state rese ed accettate, i due cognati si sono scambiati varie lettere nel corso degli anni; eppure Andrea ha la sensazione che il percorso per riprendere in mano la propria vita non può partire che da Beatrice e da un confronto diretto con lei.
    Appena arrivato, il gentiluomo ha preso in disparte Lorenza, che tra le lacrime gli ha raccontato che la sua padrona una settimana prima si era sentita male, al settimo mese di gravidanza; che i dolori erano rapidamente aumentati, facendo chiaramente intendere che si trattava delle doglie del parto; che lei era corsa a chiamare la levatrice, ma il bambino si presentava con i piedi, allora era andata a chiamare il dott. Sanchez; era venuta al mondo una bambina, la signora però aveva perduto tantissimo sangue, e aveva avuto la febbre… i primi giorni temevano per una grave infezione, ma le medicine avevano avuto effetto… la signora sembrava migliorare, la aveva anche ringraziata per averle sistemato i cuscini e preparato il brodo… Mercedes le aveva portato la bambina in stanza per fargliela vedere, ma non aveva la forza di prenderla in braccio e così le aveva dato solo un bacio… poi aveva perso conoscenza, non riusciva più ad alimentarsi, era pallida, e nessuno sapeva cosa fare…
    “Dove abita il dott. Sanchez? Voglio parlare con lui” – chiede Andrea alla fanciulla, che si offre di accompagnarlo. Mentre percorrono i vicoli di San Paolo Andrea medita in silenzio, e ricambia frettolosamente il saluto che qualche conoscente gli rivolge, riconoscendolo. Lorenza bussa alla porta e si ripete la scena di qualche notte prima: la governante apre la porta ed introduce i visitatori in anticamera, mentre va a chiamare il medico. Andrea si presenta al dott. Sanchez e, prima di discutere del caso di Beatrice, ordina alla servetta di tornare a casa e di non riferire niente a nessuno di quella visita.
    I due uomini si accomodano in sala, e Andrea va subito al dunque. “Dottore, quando ero in Russia, negli ospedali da campo, ho assistito spesso a delle trasfusioni di sangue in caso di ferite gravi. Una volta mi è capitato di fare da donatore, ricordo che hanno fatto delle verifiche, mi dissero che il mio gruppo era compatibile con tutti gli altri tipi di sangue. Non si potrebbe tentare la stessa cosa con Beatrice?”
    “E vorreste voi donarle il sangue? In astratto si potrebbe, ma avevo scartato la possibilità per due motivi: innanzitutto non è facile trovare il donatore, vanno fatte delle analisi preliminari e non ve ne sarebbe stato tempo e modo. Se devo prestare fede a quello che dite, questo passaggio potrebbe essere saltato. In secondo luogo, io non ho il macchinario necessario, sono solo un medico di paese… e vostra cognata non può affrontare il viaggio fino a Veracruz, o peggio ancora alla Capitale”.
    “Quindi per voi è opportuno farla morire nel suo letto, benchè i progressi della scienza ci diano qualche speranza e possibilità di guarigione”?
    “Signor Aleardi, vi parlerò con franchezza. Mi hanno chiesto di aiutarla a partorire, e l’ho fatto. Ringraziando il Signore, la bambina è salva. Ho evitato la setticemia, che l’avrebbe portata a morte certa tra indicibili sofferenze. Le ho dato dei tonici per aiutarla a riprendersi. Sfortunatamente, l’emorragia non si è fermata…Dal punto di vista medico ho fatto il possibile. Conoscete bene vostro fratello, in sua assenza non me la sono sentita di assumere decisioni altamente rischiose per la salute di sua moglie”. “Adesso però qualcuno della famiglia c’è. Ci sono io”. “Voi però, scusate l’ardire, non avete alcun diritto …” “Sono suo cognato, e sono anche suo cugino di secondo grado – afferma Aleardi con sussiego - La signora non ha parenti prossimi, escludendo mia zia Caterina, che per ovvie ragioni di età e di salute non è opportuno coinvolgere in questo tipo di decisioni. Quando mio fratello tornerà, potrebbe essere troppo tardi per qualsiasi altra soluzione. La cameriera mi ha fatto intuire che voi avevate detto che la situazione di Beatrice è certamente compromessa , se non si interviene subito in qualche modo. Non è forse così? Insisto per tentare”.
    Il dottore riflette per qualche istante. “Sapete bene che se non avremo successo vostro fratello ucciderà me e voi”. “Mi assumo la responsabilità di tutto – risponde Andrea - Dirò che voi eravate assolutamente contrario, che vi ho minacciato e costretto. Quanto a me, preferisco correre il rischio che Juan mi uccida, piuttosto che rimanere impotente a guardare Beatrice che muore”.
    ***
    “E’ matto, completamente matto! Quando Juan arriverà se la vedrà con lui! Avrebbe dovuto uccidere quell’imbecille tanti anni fa! La farà morire prima del tempo, vedrai!”
    “Angelica! – la riprende l’amica Mercedes – siediti e stai calma, mi stai facendo girare gli occhi per seguirti! Devo far mangiare la piccola Maria”. “Perché la chiami Maria? Sarà Juan a decidere che nome darle!”- ribatte Angelica con tono acido “Lo decideranno insieme, lui e la signora – replica la balia – la chiamo Maria perché mi sono stancata di chiamarla “bambina” o “piccina”. Tutti devono avere un nome. Maria è il nome della Vergine, cui la signora Beatrice è tanto devota; l’unica che in questo momento può fare il miracolo che tutti desideriamo. Comunque, tornando al tuo discorso, non capisco perché devi essere sempre così diffidente. Il signor Andrea in fondo si è solo offerto di aiutare la signora… noi altri ci siamo ciecamente fidati del dottore, mentre lui che è un uomo istruito ha voluto approfondire la cosa. Secondo me ha fatto bene”.
    “Un corno! – sbotta la più giovane – che razza di idea è, darle il suo sangue? Ma scherziamo? Secondo me lo fa apposta, vuole farla morire per farla pagare a Juan, per vendicarsi di lui!” “Angelica, stai delirando. Non ti ricordi che il signor Juan ha fatto pace con suo fratello? Il signor Andrea vuole bene alla signora, è sua cugina, sa che per colpa sua ha sofferto molto e forse vuole rimediare ai suoi errori…” “Tu credi nelle favole, cara mia. In ogni caso, anche se per un miracolo la signora Beatrice si riprendesse, a Juan non farà affatto piacere che il fratello si sia immischiato. Ogni decisione competeva solo a lui”. “Ma lui non c’era, Angelica! Forse si sarebbe arrabbiato di più, se nessuno avesse mosso un dito per aiutarla! Ascolta, non ho voglia di continuare a discutere; se vuoi darmi una mano, procurami le fasce pulite, ché devo cambiare Maria. Altrimenti puoi tornartene a casa tua!”.

    ***
    Juan giunge a San Paolo in un pomeriggio afoso, che inviterebbe volentieri solo alla siesta. Neppure gli insetti o gli uccelli osano attraversare la calura soffocante: il piccolo paese sulla costa è immerso nel silenzio. L’uomo è sudato, esausto per il lungo cavalcare, ma i nervi tesi gli impediscono di avvertire la stanchezza. Lega il cavallo ad un tronco d’albero e si reca immediatamente a casa. Lo accoglie un’aria leggermente più fresca; le imposte sono socchiuse e dalle finestre filtra una lieve corrente. “Beatrice!” subito chiama a voce alta la moglie. Dalla cucina appare Lorenza. È intimorita, ma si è preparata mentalmente a quell’incontro. Per fortuna c’è anche Mercedes in casa con lei. Con il suo carattere placido quest’ultima è la persona più indicata a trovare le parole giuste per raccontare a Juan cosa è accaduto negli ultimi giorni. Mentre la giovane racconta, sul volto dell’uomo si avvicendano diverse espressioni: incredulità, dolore, sorpresa, disperazione, rabbia. La prima parte della spiegazione è più semplice: Mercedes deve raccontargli che sua figlia è venuta al mondo e non è troppo difficile far immaginare ad un uomo che un parto avvenuto in anticipo possa avere delle complicazioni; d’altra parte il discorso viene deviato subito sul fatto che la bambina sta bene e che lei se ne sta prendendo cura. Juan, fortemente turbato, non manca di ringraziare Mercedes per le sue amorevoli premure, ma ancora non è stata data risposta alla sua prima domanda, quella posta appena varcata la soglia: “Dov’è Beatrice?” Le due sorelle si scambiano un intenso sguardo, ed ancora una volta è Mercedes a parlare….

    ***
    Juan spalanca la porta della camera da letto. La stanza è vuota, completamente in ordine. Le ragazze hanno ripulito ed eliminato ogni traccia del via vai di persone degli ultimi giorni. Hanno cambiato le lenzuola e sul letto hanno posto un copriletto bianco, damascato, il cui candore nella penombra della stanza è quasi abbacinante. Juan viene attratto lì come da una calamita , si siede ed appoggia la testa ad una delle colonnine del baldacchino, chiudendo gli occhi. In quel momento pare avvertire tutta la stanchezza e la tensione degli ultimi giorni. Riapre gli occhi, sfiora con la mano le coltri ed in un attimo gli scorrono davanti immagini lontane nel tempo, ma vivide come se si fossero svolte un secondo prima.
    Quel letto , teatro di mille promesse e giuramenti di fedeltà ed amore eterno : “nessuno potrà separarci, neanche la morte”: quanto beffarda gli appare ora questa frase! La morte non potrà mai spegnere l’amore che ci unisce , pensa Juan, ma potrebbe dividerci, eccome! Quanto sarebbe ingiusto! Non ora, non in questo modo!
    Rivede sua moglie seduta al cassettone, intenta a sciogliersi lo chignon appena tornati dal funerale del piccolo Romero Barra. Lui seduto sul letto, nervoso, provocandola : “Come può il tuo Dio permettere questo? La morte di un bambino innocente! Perché non lo ha salvato, perché le preghiere non sono servite a nulla?” “Non lo so, Juan – aveva risposto lei – ci sono eventi che la ragione umana non può né comprendere, né spiegare. Il Vangelo dice che le Sue vie non sono le nostre vie, i Suoi pensieri non sono i nostri pensieri. L’unica cosa che posso dirti è che credo fermamente che il Signore non desidera il male degli uomini, e se ci manda un dolore ci dà anche la forza per sopportarlo. È la fede che mi aiuta a guardare oltre la sofferenza di questo momento, la consapevolezza che dopo la croce c’è la resurrezione.”
    Quanto vorrebbe avere le certezze di Beatrice, in quel momento! A Juan tornano in mente parole pronunciate anni prima: “potrei sopportare tutto: la fame, la sete, la prigione, le umiliazioni, le torture, ogni sorta di privazione; ma al tuo amore, Beatrice, a quello non potrei mai rinunciare”.
    Come potrebbe immaginare una vita senza Beatrice? Come andare avanti, portando nel cuore quel peso tremendo? Juan sente che non potrebbe sopportarlo. Se davvero esiste il Dio di cui parla Beatrice, sua moglie si salverà. Juan si fa forza con quel pensiero, chiude nuovamente gli occhi e lui, non abituato a pregare o a frequentare la chiesa - se non sporadicamente e solo per far piacere a Beatrice - invoca la protezione divina sull’amatissima sposa, con l’intensità e la disperazione di chi sa che non esiste altra via d’uscita.


    VILLAHERMOSA
    “E’ stato un colpo di fortuna incontrarvi, davvero, signor Governatore. Dovete sapere che mia moglie era estremamente affranta per la situazione della signora Aleardi, e saperla sollevata, nel suo stato, è una consolazione anche per me”.
    “Me ne rallegro anch’io, signor giudice. Una combinazione fortunata per tutti. A mia volta posso ritenermi miracolato, con tutto quello che è successo”.
    Marcello Romero Barra ed il politico sorseggiano un caffè nell’elegante palazzo governativo.
    “Non mi sembra ancora vero di essere tornato a casa. Dopo essere stato coinvolto in quel grave incidente ferroviario ed essere stato ricoverato in quell’ ospedale della Capitale temevo di doverci trascorrere mesi”.
    “Sì, deve essere stato terribile…”
    “I feriti erano centinaia. Tantissimi avevano bisogno di sangue, ed i macchinari disponibili nella città per le trasfusioni erano insufficienti: Io stesso avevo perduto molto sangue dalla ferita al braccio, ed i medici mi prospettarono l’eventualità di una trasfusione. La mia delegazione ha provveduto subito ad allertare questo mio amico di Villa Hermosa, medico di origini francesi, il cui laboratorio è attrezzato anche per evenienze simili. Inizialmente il dottor Dupain si era organizzato per raggiungermi lui stesso con il macchinario a Città del Messico, ma non ve ne è stata necessità, dal momento che i medici hanno riscontrato che ho solo questa frattura al braccio e che la ferita era ben suturata”.
    “Il caso ha voluto che il giorno stesso del vostro miglioramento sia venuto a trovarvi in ospedale. Avevo concluso le mie indagini nella Capitale ed avevo comunicato a mia moglie che mi accingevo a rientrare a San Paolo, ed ella in risposta mi aveva dato pessime notizie riguardo questa carissima amica di famiglia , che lottava tra la vita e la morte dopo un parto difficile. È stato solo grazie al vostro interessamento che siamo riusciti a far sì che Beatrice potesse sottoporsi alla trasfusione di sangue, insieme ad Andrea Aleardi, presso lo studio del vostro amico”.
    “Non sapete quanto mi abbia fatto piacere poter rendere un servigio a voi, signor giudice, uno dei più fedeli servitori di questo Paese, nonché al signor Andrea Aleardi, di cui ignoravo che la contessa D’Altomonte fosse cognata”.
    “Vi ringrazio ancora infinitamente; noi amici e familiari di Beatrice siamo debitori nei vostri confronti – replica il magistrato – ora perdonatemi, ma fremo dal desiderio di avere notizie. Mi avete detto che lo studio del dottor Dupain è proprio a due passi da qui, vero?”
    “Ve lo confermo. Perdonatemi se non vi accompagno, ma con questo braccio al collo faccio fatica a muovermi… appena avete notizie della paziente, mandate però subito qualcuno ad informare anche me.”


    SAN PAOLO
    Juan si sveglia di soprassalto. Si trova nella sua camera da letto, ma non ricorda di essersi steso a dormire. La camicia pulita che ha preso dall’armadio per cambiarsi è ancora accanto a lui, non indossata: evidentemente la stanchezza gli ha giocato un brutto scherzo. “Signor Juan, di sotto c’è l’avvocato Manera” – si ode la voce di Lorenza, il cui tocco alla porta poco prima evidentemente lo ha svegliato.
    “Digli che scendo subito” – risponde il giovane, abbottonandosi la camicia pulita. Controlla l’orologio: Dio, com’è tardi!
    Juan raggiunge di corsa il salotto, con la giacca sul braccio. Senza troppi preamboli, rovescia sull’avvocato Manera la tensione e la frustrazione degli ultimi giorni. L’avvocato conosce bene il carattere del suo protetto e non si lascia travolgere da quel fiume di “non avreste dovuto” e “avreste potuto”, che in realtà Juan rivolge a se stesso. Con estremo pragmatismo, l’avvocato gli risponde : “Juan, tua moglie stava morendo. Anche se avessi avuto le ali, non saresti tornato il tempo per prendere decisioni; né potevamo caricarti a distanza di questa delicata responsabilità: se da subito ti avessi informato delle condizioni di Beatrice, ti saresti solo angosciato ed avresti perso ogni lucidità. Per puro caso, il giorno che padre Domenico è venuto a somministrarle i sacramenti è arrivato Andrea, il quale ha proposto al dottore di tentare una trasfusione, tecnica che già aveva praticato in Europa. Neanche a farlo apposta, poche ore dopo mi è arrivato il telegramma di Marcello che suggeriva la stessa cosa, e per fortuna, per il tramite del Governatore, vi è stata la possibilità di effettuarla a Villa Hermosa, con un tragitto più breve rispetto a quello che di pensava! A tutti noi è sembrata la soluzione migliore, sebbene non del tutto priva di rischi”. “Era una scelta MIA! – sbotta Juan – non è giusto che ora non possa fare altro che stare a guardare! Ed ora scusatemi, ero crollato dal sonno e sono già in ritardo, devo recarmi subito a Villa Hermosa a vedere come sta mia moglie!” “Juan, ascoltami bene, comprendo la tua ansia ed in un certo senso anche la tua collera, ma ti chiedo solo di non farti accecare da essa, soltanto per il fatto che nella vicenda è coinvolto tuo fratello... sono passati tanti anni, non avrebbe alcun senso rivangare questioni ormai morte e sepolte! Dei sentimenti di Beatrice penso che non hai alcuna ragione di dubitare…”
    “Signor Nicola, qui non è questione di cosa prova Beatrice per me ed io per lei, sta di fatto che quell’idiota si è posto un’altra volta sulla mia strada, arrogandosi il diritto di scegliere cosa è meglio per Beatrice!”
    “Tu non sopporti di dovergli essere grato per averle salvato la vita, non è vero? Sei geloso della gratitudine che lei potrà provare per lui, del sentimento che li unirà se, come ci auguriamo, tutto andrà per il meglio? Non è forse così?”
    Juan fissa l’uomo mordendosi le labbra, e senza neppure salutare va via, chiudendo vigorosamente la porta di casa alle sue spalle.


    CIUDAD DEL CARMEN
    “Pietro, che si mangia oggi?” “Riso alla messicana e pesce arrostito”. “E per dolce? Mi puoi preparare dei churros?” “Ragazzino, mi hai preso forse per un locandiere? - replica divertito l’uomo - Se vuoi diventare un vero marinaio devi adattarti alla vita di mare. Si mangia quello che si trova in cambusa!” “Sei un gran golosone, Francesco! Non preoccuparti, Pietro ha preparato anche qualcosa di dolce per te! Ma non esagerare: sei stato ammalato, ed il tuo stomaco non deve affaticarsi!” “Grazie, dottore!” – risponde il bambino, gettando le braccia al collo al medico. “L’appetito è un ottimo segnale di guarigione, vero dottor Bartolini?” – domanda Pietro. “Sì, è così, in particolar modo con i bambini. Tanto rapidamente si abbattono per la malattia, tanto rapidamente si riprendono. Solo due giorni fa non riusciva nemmeno a deglutire un po’ di minestra”. “Voi cosa intendete fare? - chiede Pietro al medico - Volete accompagnarci fino a San Paolo o preferite fermarvi in questo porto e fare poi ritorno a Cancun?” “Venite a San Paolo, dottore! Così vi faccio conoscere la mia mamma, mia nonna Caterina, il nonno Manera e tutti i miei amici!” – esclama Francesco con voce supplichevole.
    “Vi ha preso proprio in simpatia, non c’è che dire!” – commenta Pietro sorridendo sotto i baffi.
    “Verrei volentieri a casa tua, Francesco, ma sai che ho tanti pazienti a Cancun, non posso lasciarli senza le mie cure per molti giorni, ti pare?” Il bambino annuisce, ma lo sguardo tradisce la sua delusione. “Andiamo a fare una bella passeggiata sul ponte del Satan, così mi racconti per bene chi mi volevi presentare a San Paolo” – propone il dottore.
    I due si avviano sul ponte mentre Francesco comincia a raccontare della sua mamma che si chiama Beatrice, che aspetta un bambino, che deve nascere tra poco; c’è poi la nonna Caterina, che vive dalle suore perché è anziana; il nonno Manera “che non è il mio vero nonno, però io lo chiamo così perché mi vuole molto bene”; poi ci sono Alejandro, Simon e Gaston” “Chi sono, i tuoi cuginetti?” – domanda il medico. “No – scuote la testa Francesco – non ho nessun cuginetto. Loro sono gli amichetti con cui gioco a volte nel cortile. Non ho nemmeno zii, voglio dire, l’unico fratello di mio padre non l’ho mai conosciuto, vive in Europa da prima che io nascessi. La mia mamma non ha nessuno. Una volta aveva una sorella, ma è morta”.
    “Mi dispiace molto” – replica Bartolini.
    “Non ho conosciuto neanche lei. Mamma non ne parla mai. Solo una volta la nonna mi ha raccontato che era molto bella e sfortunata, è morta cadendo da cavallo. La nonna si asciugava gli occhi mentre lo diceva. Neanche papà parla molto di suo fratello. Una volta mi ha spiegato che loro non sono vissuti insieme da piccoli, nella stessa casa, perché avevano mamme diverse. Poi gli ho chiesto se aveva conosciuto la zia Anna e mi ha risposto di sì, ma si vedeva che non aveva tanta voglia di raccontarmi. So solo che la zia Anna era sposata con questo zio Andrea che vive in Europa. Forse se n’è andato a vivere lì perché era tanto triste per la morte di zia Anna…Tu hai fratelli o sorelle, dottore?”
    “Io ho due fratelli e una sorella. Vivono tutti in Italia, un paese lontano, che si trova in Europa.”
    “Dove vive mio zio Andrea allora! Mi piacerebbe vedere l’Europa, un giorno. Ma è una cosa bella o brutta avere dei fratelli? Perché i miei genitori non mi dicono nulla e non sembrano contenti quando faccio loro queste domande...”
    “Avere dei fratelli è molto bello, Francesco, però vedi, ci possono essere dei casi in cui fratelli e sorelle non vanno d’accordo, non si frequentano e si comportano come fossero degli estranei. È triste, ma è così. Forse ai tuoi genitori è capitato questo; oppure la mamma non vuole parlare di sua sorella perché ricordare che è morta tanto giovane le provoca tristezza. Tu non insistere con queste domande. Magari, quando sarai più grande, ti racconteranno meglio. Nel frattempo, non devi preoccuparti. Vedrai che ti affezionerai molto al tuo fratellino , o sorellina: giocherai con lui, lo aiuterai quando dovrà imparare a parlare e a camminare, gli insegnerai tante cose. Poi, quando sarete grandi, vi aiuterete nelle difficoltà e potrete sempre contare l’uno sull’altro. Facciamo una cosa: tu sai leggere?” “Un pochino” – replica il bambino. “Bene. Adesso ti scrivo il mio nome ed il mio indirizzo su questo foglio di carta – così dicendo il medico tira fuori un biglietto dal taschino della giacca – e tra un anno esatto tu mi scriverai una lettera in cui mi racconti del tuo fratellino o sorellina” “E poi verrai a trovarci?” L’uomo ride. “Promesso, promesso, tra un anno verrò a trovarti, anzi a trovarvi a San Paolo! E chissà se questo bambino che deve nascere diventerà un chiacchierone come te!”- commenta Bartolini, scompigliandogli la testolina bionda.


    VILLA HERMOSA
    Al suo ingresso nello studio medico, il giudice sente le narici pizzicare per l’acre odore del cloroformio. Dopo un breve periodo trascorso in sala d’attesa, una porta a vetri si apre e ne esce un uomo in camice bianco; fatte le dovute presentazioni, il dottor Dupain spiega a Romero che la procedura è conclusa e che la paziente dovrà rimanere in osservazione per i giorni successivi. Marcello ringrazia e chiede se è possibile salutare Andrea Aleardi. Quest’ultimo, vegliato dal fedele Enrique, si è già rivestito e sorseggia un tè caldo. Andrea spiega al giudice che intende approfittare per una notte della cortese ospitalità del governatore, in modo tale che il giorno successivo possa portare a compimento la missione diplomatica per la quale è arrivato. Marcello si informa dei suoi successivi programmi e gli viene risposto: “Non credo che mi fermerò a lungo in Messico. L’unico mio desiderio è recarmi a Campo Real per una visita ai defunti della mia famiglia. E mio fratello? Non è ancora arrivato? ”- domanda Andrea.
    “Pare di no – scuote la testa Romero – mi auguro che non ci siano stati imprevisti”.


    SAN PAOLO, una settimana dopo
    “Non riesco a non pensarci. Deve esserci per forza lui dietro il mistero della sparizione di Juan!” – sostiene convinta Angelica, mentre strofina vigorosamente delle pentole.
    “Dai Angelica, basta con questa storia! – replica il marito –se il sig. Andrea era a Villa Hermosa con la signora Beatrice, e da lì sono tornati insieme qui a San Paolo, come avrebbe potuto bloccare Juan durante il tragitto?”
    “Che ingenuo che sei, Gioacchino – ribatte la ragazza – Andrea Aleardi dispone di tanto denaro e mezzi che avrebbe potuto incaricare chiunque di fermare Juan, senza sporcarsi le mani personalmente! Spiegami, se non è stato lui, chi altri può averlo voluto ostacolare.”
    “Beh, il signor Juan ha sempre avuto molti nemici. È vero che da un po’ di tempo non ha avuto più alcun problema nei suoi affari, né tanto meno con la giustizia, però dimentichi che con suo fratello si sono riconciliati e che Andrea si sta adoperando molto per le ricerche di Juan. Ieri sono passato a casa della signora Beatrice, c’era anche lui e l’ho visto davvero preoccupato.”
    “Secondo me sta fingendo di aiutarla per farsi bello agli occhi della signora. Non hai visto come la guarda, e non ti sembra strano che non si sia mai risposato in questi anni? Per me ha trovato la maniera di vendicarsi di Juan, lo ha fatto imprigionare (se non peggio) e per vendetta gli porterà via la moglie, come voleva fare tanti anni fa”.
    “Ascoltami bene Angelica . Ti proibisco di andare avanti con queste sciocchezze, a maggior ragione nel tuo stato, perché ti fanno agitare troppo. Sono certo che ritroveranno Juan quanto prima. Il sig. Andrea non c’entra nulla con la sua sparizione e la signora Beatrice ama suo marito più della sua stessa vita; se anche gli fosse accaduto qualcosa non si risposerebbe mai con suo cognato. Bisogna starle vicino in questo momento: anzi, ascoltami bene: quando andrai a trovarla non osare farti scappare, con quella boccaccia, una sola parola sui tuoi assurdi sospetti!”
    Angelica annuisce ed abbassa la testa, in cuor suo poco convinta.


    ***
    “La situazione è ogni giorno più complicata, devo ammetterlo. Ero fiducioso, credevo che setacciando tutto il territorio lo avrebbero ritrovato; lui, o almeno il suo cavallo. Invece sembrano spariti entrambi nel nulla. Dove può essere finito?” – esclama il giudice, tormentando un tagliacarte poggiato sulla sua scrivania.
    “Non riesco a darmi una spiegazione neppure io – replica il suocero, colmo di disappunto – la povera Beatrice è disperata. Possibile che su quella famiglia si stiano abbattendo, una dopo l’altra, tante sciagure?”
    “Non ci sono burroni, dirupi o corsi d’acqua abbastanza profondi lungo il percorso; nei villaggi nessuno lo ha visto – riflette il magistrato, senza neppure rispondere a Manera - Abbiamo perlustrato tutte le baracche o ruderi abbandonati. Ci sono pattuglie lungo la via di accesso a Villa Hermosa, tutti i veicoli vengono controllati all’ingresso o all’uscita dal paese. Dove ho sbagliato? Quale tassello manca? C’è da diventare matti….ripetetemi ancora una volta: voi siete l’ultimo ad aver visto Juan. Che ora era e cosa vi disse esattamente?”
    “Credo fossero le sette di sera, all’incirca. Te l’ho detto, avemmo una discussione e lui andò via come una furia, sbattendo la porta, senza neppure congedarsi in modo civile. Gli andai dietro, aprii la porta e lo vidi montare a cavallo e partire a tutta velocità in direzione est.”
    “Era quasi buio quindi. Forse per quello nessuno lo ha visto. Se era diretto a Villa Hermosa senza tappe intermedie avrà preso la via per Pico de Oro. È una strada diritta, non può essersi perso, tantomeno si sarebbe fermato, data l’urgenza di rivedere Beatrice. Purtroppo mi sa che questa volta la mia servetta ha ragione. Qualcuno lo ha fatto sparire. Dobbiamo lavorare sul movente, per scoprire chi.”
    “Marcello, sai che da molto tempo non seguo più gli affari di Juan dal punto di vista legale, tranne qualche volta, quando mi chiede qualche consiglio di massima. Non mi viene in mente nulla che possa aiutarti. Neppure Edoardo ti ha saputo riferire qualche elemento utile?”. “Nulla. Mi ha detto solo che nel corso dell’ultimo viaggio non hanno potuto portare a termine tutte le consegne e che partiranno la settimana prossima per completare il tutto. Juan non ha debiti con fornitori e neppure grosse problematiche con i creditori. Apparentemente in paese nessuno ce l’ha con lui. A meno che…”
    “A meno che, cosa?” – chiede Manera incuriosito.
    “Stavo pensando che potrebbe trattarsi di un nemico che proviene dal passato, anziché dal presente.”
    “Non dirmi che credi alle frottole di Angelica” ribatte scandalizzato l’uomo più anziano.
    “Ma no, cosa dite! Non pensavo ad Andrea Aleardi, ma a qualcuno che ha pagato un prezzo molto alto per colpa di Juan e che potrebbe volersi vendicare. Qualcuno che non lo ha fatto fino ad ora perché non aveva ancora trovato l’occasione giusta; devo scoprire chi potrebbe essere. ”


    LA VENTA
    Quando apre gli occhi Juan si ritrova disteso su una branda, in un luogo che gli è sconosciuto. Ha polsi e caviglie legati ben stretti da corde robuste. La testa gli duole: ricorda di essere stato colpito alle spalle, poi più nulla. D’improvviso gli torna in mente la sua destinazione: Beatrice! Che ne sarà stato di lei? Quanto tempo è passato? Chiunque sia il responsabile di quella situazione, bisogna uscirne al più presto. Ora ricorda quel posto: è una stanzetta al piano terra nello stabile di Roberto Castaldo, quello da cui tempo addietro aveva liberato Angelica, rapita da quel furfante nel periodo in cui Juan era ancora latitante. Eppure è strano, la Venta è stata sequestrata a Castaldo immediatamente dopo il suo arresto ed l’immobile è stato acquistato da un locandiere onesto, che tuttavia poco dopo ha chiuso i battenti: si tratta di un edificio abbandonato da mesi, chi può averlo portato lì?
    La curiosità di Juan viene presto soddisfatta. Gli si para davanti un giovane di una ventina d’anni approssimativamente, con capelli castani leggermente lunghi alla nuca, il viso magro e scavato. Ha in mano un vistoso coltello ed alla cintola una pistola. Ha occhi scuri ed una inquietante risata dipinta sul volto.
    “E così sei tu il famoso Juan del Diablo! Finalmente ti conosco! Anche se tu non conosci me!” – esclama , scoppiando ina una sguaiata risata.
    “Perché mi trovo qui? Cosa vuoi da me?” – replica fiero il marinaio.
    “Quanta fretta, amico mio – risponde il giovane, avvicinando pericolosamente la lama del coltello al collo di Juan – avremo tanto tempo per parlare, io e te. Devo raccontarti una storia lunga ed interessante, anche se il finale non ti piacerà per niente!” – conclude , sempre ridendo in modo raccapricciante.
    Juan si rende conto che la persona che è al suo cospetto non è perfettamente sana di mente, e che dovrà essere molto cauto se vuole riuscire a uscire indenne da quella situazione...


    SAN PAOLO, ufficio del giudice Romero
    “Accomodatevi signor Perez. Favorite le vostre generalità complete al cancelliere, poi raccoglieremo la testimonianza”.
    “Ernesto Perez, nato a Città del Messico il 15 ottobre 1860, di professione amministratore della tenuta di Campo Real. Coniugato con Luana Campos”.
    “Sig. Perez, stiamo indagando sulla scomparsa del signor Juan Aleardi, avvenuta il 10 novembre 1899: avete qualche elemento rilevante da riferire?”
    “Sì signor giudice. Qualche tempo fa, un paio di mesi all’incirca, si è presentato alla tenuta un giovane, il quale si è qualificato come Ramon Morales, chiedendo di Luana, non sapendo che fosse mia moglie. Gli ho domandato, anche piuttosto seccato in verità, la ragione per cui volesse parlarle. Egli ha raccontato di essere suo cugino, di venire dal nord e di stare cercando un impiego alla tenuta. Ho mandato a chiamare mia moglie, e con somma sorpresa abbiamo appreso che il ragazzo sarebbe figlio naturale di Basilio Campos, il precedente amministratore, zio di mia moglie. Il ragazzo non è mai stato riconosciuto dal padre; ci ha riferito che la madre era una delle campesine che lavoravano alla tenuta, che circa venti anni fa ebbe una relazione con Basilio, il quale però disconobbe la paternità quando la giovane gli comunicò di essere incinta. La ragazza fu scacciata in malo modo da Campo Real; salì su un carro diretto verso Monterrey, e lì trovò impiego come bracciante, almeno fin tanto che la gravidanza glielo consentì. Dopo il parto la donna fu accolta in una famiglia benestante, ove lavorò come cameriera fino alla morte, avvenuta pochi mesi fa. Afferma di aver vissuto sempre in ristrettezze economiche e che la madre non gli aveva mai raccontato la verità sulle sue origini finchè non si è trovata in punto di morte. Ramon mi riferì che circa sette anni fa la donna, Lucrezia Morales, venne a cercare Basilio e lo stesso, stranamente, non si rifiutò di darle un aiuto economico, affermando che aveva un grosso affare tra le mani, e che avrebbe potuto spillare moltissimo denaro alla sua padrona, perché custodiva un oggetto che per lei era estremamente prezioso. Aveva anche promesso di dare il cognome al bastardo, qualora fosse riuscito nel suo intento. Il giovane non ha mai conosciuto Basilio, il quale aveva solo scambiato un paio di lettere con la madre, nei mesi successivi al loro incontro. In seguito le aveva scritto tale Roberto Castaldo, un amico di Basilio, spiegandogli che l’uomo era morto in seguito ad uno scontro a fuoco con gli uomini “di un fuorilegge chiamato Juan del Diablo”, testuali parole. Ramon nell’occasione mi mostrò appunto quella lettera, e mi chiese anche che fine avesse fatto Juan del Diablo. Gli riferii, piuttosto, imbarazzato, che l’uomo un tempo chiamato con quell’epiteto era il padrone della tenuta in cui ci trovavamo… Ramon si adirò, parve come impazzito, disse che allora il lavoro non gli interessava, che non avrebbe mai lavorato alle dipendenze del maledetto che aveva ucciso suo padre. Cercai di farlo ragionare e gli offrii del denaro per le sue necessità più impellenti. Rifiutò la mia offerta e, alla domanda se avrebbe fatto rientro a Monterrey, rispose che ci doveva pensare. Sia io che Luana non abbiamo più pensato a quella conversazione, fino a che abbiamo saputo che il padrone è scomparso”.
    “Pensate in qualche modo che i due fatti siano collegati? Credete che il ragazzo sia venuto da queste parti per vendicare suo padre? E perché non raccontaste all’Aleardi dell’arrivo di Morales?”
    “Signor Giudice, il sig. Aleardi viene di rado alla tenuta e sinceramente non ho avuto occasione di vederlo di persona negli ultimi mesi. Gli ho scritto qualche mese fa per rendicontare del raccolto, ma non gli ho fatto parola della visita di Ramon, anche perché mi sembrava un fatto di poca importanza. Mi sembrò strano che questo ragazzo nutrisse tanto rancore nei confronti di un uomo che non conosce, solo sulla base di una lettera scritta da un amico di un padre che non ha mai conosciuto e di cui non porta il cognome”
    “Non vi disse perché cercava lavoro alla tenuta? Uno che cerca lavoro lo fa per stabilirsi in un luogo, non pensate?”
    “Può essere. Comunque, il ragazzo è molto magro, non è alto… non credo che senza aiuto avrebbe potuto immobilizzare un uomo prestante come il sig. Aleardi, che tra l’altro non conosce”.
    “Di questo non preoccupatevi, siamo noi che svolgiamo le indagini. Vorrei chiedervi, se possibile, di fare una descrizione il più accurata possibile di questo Ramon Morales. Voglio verificare se qualcuno qui a San Paolo è stato avvicinato da un giovane rispondente alla descrizione, negli ultimi mesi.”


    LA VENTA
    Il giovane osserva il suo prigioniero con occhi stralunati. Lo stupisce il fatto che rimanga fiero, incurante delle minacce, apparentemente tranquillo. Lo ammira quasi: eppure non dovrebbe! È il famoso Juan del Diablo, il delinquente a causa del quale suo padre è morto e non ha potuto dargli quanto promesso! Ha indagato su di lui, in quei mesi: sa che ha una bella casa, una bella moglie, un figlio ed un altro in arrivo. Ha seguito i suoi spostamenti, ha pianificato con pazienza, meticolosamente, l’agguato da tendergli, ed è riuscito nel suo intento, giovandosi dell’effetto sorpresa: mentre Juan era di strada verso VillaHermosa ha finto di essere ferito, di avere una gamba rotta. Juan si è fermato, ed il giovane gli ha chiesto aiuto. Con uno stratagemma è riuscito a far girare Juan di spalle e dopo uno scatto repentino, con un colpo secco alla nuca gli ha fatto perdere conoscenza; indi lo ha chiuso in un sacco e lo ha caricato, con fatica, sul cavallo.
    Ha condotto il prigioniero alla Venta, dopo aver verificato che si trattava di un locale abbandonato da mesi. Il cavallo di Juan è stato ucciso e lasciato agonizzante nelle stalle della Venta.
    Deve combattere se stesso e la voglia di eliminare subito il nemico: vuole spiegargli la storia fin dall’inizio…
    Juan ascolta in silenzio, senza muovere neanche un ciglio, la storia di Ramon Morales, figlio di Basilio. Si rende conto che il ragazzo, disperato, è giunto da lontano pianificando un’assurda vendetta contro colui che ritiene responsabile della morte del padre. Sa che non ha grandi possibilità di sfuggire alla folle disperazione del ragazzo, ma deve fare un tentativo, non tanto per se stesso, ma per Beatrice e per i suoi figli.
    “Intendi quindi ammazzarmi per vendicare la morte di un uomo che non hai conosciuto e che non ha mai fatto nulla per te in vita, anzi, ha abbandonato tua madre incinta al suo destino? Tu non hai conosciuto Basilio, ma io sì. Era un uomo prepotente e violento, che odiava i bastardi come me e te. Sì, anch’io sono vissuto senza un padre e senza un cognome: tu almeno hai avuto una madre che ti amava, io nemmeno quello, perché la mia morì nel darmi alla luce. Basilio è stato ucciso durante uno scontro a fuoco con i miei uomini, ma non è avvenuto certo per ordine mio: io non ho mai desiderato la morte di nessuno. Avevo semplicemente l’esigenza di recuperare una cosa che aveva tuo padre e che mi apparteneva: una lettera, scritta da Francesco Aleardi, nella quale mi riconosceva come suo figlio, lettera che tuo padre aveva rubato alla signora Sofia Aleardi ed che utilizzava per ricattarla. Quel ricatto è stato la mia fortuna… se quella lettera fosse rimasta in mano di Sofia, la avrebbe certamente distrutta e non avrei mai potuto recuperare i diritti che mi spettavano. Ti assicuro che non ho mai odiato tuo padre, benchè da ragazzino mi avesse scacciato come un cane da quella che doveva essere casa mia: è lui che mi ha sempre odiato e che ha cercato di farmi fuori più volte. Sei proprio sicuro che se egli fosse sopravvissuto ti avrebbe riconosciuto? Io credo proprio di no. Forse ti avrebbe dato del denaro per metterti a tacere, ma non ti avrebbe mai portato a Campo Real a vivere con sé, non ti avrebbe mai trattato da figlio. Lui ci teneva a mostrarsi ai peones come un duro, un uomo da temere; godeva nell’infliggere punizioni fisiche ai braccianti, anche se anziani e malandati… domanda a tua cugina Luana se non mi credi, domanda a chi vuoi nell’hacienda. Non avrebbe mai ammesso, mai, di avere un figlio illegittimo. ”
    “Non ti credo!” – urla Ramon come impazzito.
    “Ti ho detto solo la verità. Ascoltami: se hai bisogno di soldi posso dartene, anche se capisco che quello che tu cerchi non si può comprare con il denaro... Conosco quella rabbia che ti rode e ti consuma dall’interno, quella sensazione che ti accompagna tutta la vita di avere subito un’ingiustizia, di non poter essere un uomo degno; l’invidia per chi, anche involontariamente, reputi responsabile delle tue disgrazie… è quello che ho vissuto io nei confronti di mio fratello Andrea, il figlio legittimo, quello che è stato a lungo il padrone di Basilio. Sapessi quanto lo ho odiato… c’è stato un periodo della mia vita in cui l’ossessione per vendicarmi di lui mi stava portando a perdere di vista ciò che ho di più importante al mondo. Pensare che quando tu mi hai sequestrato, pochi giorni fa, stavo per ricadere nello stesso errore. Andrea è ricomparso a San Paolo, dopo anni trascorsi in Europa, si è riavvicinato a mia moglie, che un tempo era la sua promessa sposa, offrendole aiuto per salvarle la vita. Ed io, invece di essergli grato, ho rivissuto tutta la frustrazione della mia giovinezza, la sensazione di non poter competere con lui perché più fortunato, più dotato di mezzi, rispettato e riverito dagli altri, pronti ad assecondare una sua sola parola. Ho rivissuto l’ impotenza di quegli anni, la sensazione che lui mi oscurasse con la sua sola presenza e che, affinchè io potessi essere qualcuno, dovesse sparire dalla faccia della terra. Sbagliavo; e me ne sono reso conto proprio grazie a questi giorni di prigionia. Io non so cosa deciderai, ti chiedo solo di riflettere. Credi che la mia morte potrà restituirti tuo padre, anni felici di vita insieme? O uccidendomi aggiungeresti al vuoto della tua vita il rimorso per aver privato due bambini di un padre? Sei giovane, potresti finire in carcere il resto dei tuoi giorni! È questo che desideri? Ne vale la pena? Io sono stato sempre un ribelle ed un testardo, Ramon, ma un uomo che cambia idea ed ammette di aver sbagliato mostra la propria forza, non la propria debolezza. In te rivedo il giovane arrabbiato con il mondo che ero un tempo: io ho avuto la fortuna di avere accanto persone che hanno creduto in me e non mi hanno lasciato solo nella disperazione e nella povertà. La solitudine è una cattiva compagnia. Posso tenderti una mano se vuoi, sul serio. Posa quel coltello e la pistola, liberami, e non dirò a nessuno cosa è successo, anzi ti aiuterò. Fidati di me. ”
    Ramon si morde le labbra ed il coltello gli trema nella mano…


    SAN PAOLO
    “Devi avere fede, angelo mio, devi reagire! Altrimenti non riuscirai a rimetterti in piedi! Pensa ai tuoi figli, se non vuoi pensare a te stessa!”
    “Avete ragione, madre – replica flebilmente Beatrice, scostando con la mano il cucchiaio di minestra che la signora Caterina vorrebbe imboccarle – ma in questo momento non ho fame. Vorrei solo riposare un pochino.”
    La signora Caterina chiede a Lorenza di riportare il piatto in cucina e riscaldarlo più tardi. “E controlla che mia figlia termini tutto!”- le raccomanda. Osserva con disappunto il pallore e la magrezza della giovane; è sempre stata così delicata, ma anche così cocciuta! Beatrice non è più la bambina ubbidiente e remissiva di un tempo; quanto è cambiata per colpa di quell’uomo, che non cessa di costituire una continua fonte di sofferenze! L’anziana madre si sforza di allontanare i pensieri malevoli rivolti al genero, si congeda da Beatrice con un bacio sulla fronte e la dà appuntamento all’indomani; all’improvviso torna sui suoi passi, ricordando qualcosa di importante.
    “Ascolta, Beatrice, so che sei stanca, ma padre Domenico mi ha chiesto di ricordarti la questione del battesimo.”
    “Madre, vi ho già detto che non mi sembra proprio il momento! Quando Juan tornerà stabiliremo la data. Con che stato d’animo posso pensare ad una festa?”
    “Non parlo di festa, Beatrice, ma del sacramento! Quella povera creatura non ha neanche un nome, è fuori dalla grazia di Dio, è disdicevole! Quanto pensi di poter aspettare? Scusa se te lo faccio notare, ma tuo marito è sparito nel nulla, nessuno sa dove sia! Nemmeno tuo cugino Andrea è stato in grado di aiutarti!”
    “ Sicuramente Juan non è sparito per sua volontà e non mi ha abbandonato, madre – replica Beatrice in tono asciutto, riacquistando improvvisamente colore sulle guance – di conseguenza continuo a nutrire in cuor mio la speranza di poterlo rivedere sano e salvo. So che dentro di voi pensate che mi stia facendo illusioni, anzi, proprio perché vi conosco bene, non mi stupirei che stiate già fantasticando sull’ipotesi di Andrea e me insieme. Sappiate che se anni fa sono stata troppo remissiva per oppormi alla vostra volontà adesso ho le idee ben chiare sulla mia vita e non consento a nessuno, nemmeno a voi, di intromettervi!”
    “Beatrice, cosa dici? Sei sempre prevenuta nei miei confronti! Anch’io sono in pena per tuo marito, e se ho nominato Andrea è solo perché mi aspettavo che mettesse a disposizione i suoi mezzi e le sue conoscenze per darti una mano!”
    “Andrea è stato qui qualche giorno fa. Mi ha detto che hanno effettuato delle ricerche di Juan nei dintorni, ma senza successo”.
    “Oggi non verrà? Avevo piacere di salutarlo.”
    “Mi ha detto che oggi sarebbe andato a Campo Real; poi tra qualche giorno ripartirà per l’Europa, ma non mancherà di venirvi a salutare prima di partire. Comunque avete ragione, madre. La bambina non ha colpa di nulla. Dite a padre Domenico di passare nella giornata di domani per fissare la data del battesimo.”


    CAMPO REAL
    Le strade polverose che costeggiano i campi, braccianti dalla pelle scura chini sul raccolto, e poi, la casa padronale dipinta di colori tenui con una targa “Casa famiglia Nostra Signora di Guadalupe” : questo lo scenario che appare davanti agli occhi di Andrea Aleardi. L’uomo fa cenno al cocchiere di posteggiare la carrozza nella zona delle stalle, e non appena disceso si guarda intorno, notando che parecchio è cambiato dall’ultima volta che è stato lì. Ben presto si forma intorno a lui una frotta di dipendenti più anziani che si avvicina per salutargli e stringergli la mano. Andrea saluta tutti e spiega rapidamente che la sua sarà una visita breve e che non occorre preparargli una stanza per la notte. Se ha richieste? Solo una: che gli vadano a prendere un oggetto dalla sua vecchia stanza, se è rimasta intatta come lui l’ha lasciata….
    Per poco non riconosce Luana. Magrissima, capelli quasi bianchi tirati in uno chignon, abito nero; seria ed altera come appariva sua madre.
    “Buongiorno signor Andrea – lo saluta – non vi aspettavamo. Avreste potuto avvisare, vi avrei fatto preparare la stanza, un pranzo di vostro gradimento…”
    “Non occorre, Luana, grazie. Non sono venuto per restare, mi fermo per poco; ho avuto un colloquio con il Governatore, faccio tappa qui ma a breve rientrerò in Europa: Vorrei che mi accompagnassi alla tomba di mia madre”.
    Luana maschera il suo stupore, mantenendo il volto impenetrabile che si è abituata ad assumere in tanti anni di frequentazione della signora Sofia, ed esegue l’ordine.
    Andrea si ferma dinanzi ai loculi profondamente commosso. Tutta la sua vita, o quasi, è racchiusa tra quelle lastre di marmo. Suo padre, quell’uomo severo, ammirato e rispettato profondamente, ma spesso assente: una presenza fugace nella sua vita. Sua madre: fin troppo presente, eccessiva in tutto, impunita dinanzi alla giustizia umana ma soggetta alla più tremenda delle condanne, l’abbandono dell’adorato unico figlio. Sua moglie Anna, con la sua bellezza, la sua giovinezza, il sorriso sfrontato di chi si sente vincente…Dio, quanto l’aveva amata! Andrea si lascia avvolgere per un istante dal ricordo del sentimento profondo che provava per lei, dimenticando il rancore e l’odio che avevano sconvolto il suo cuore alla scoperta del tradimento. Gli occhi gli si riempiono di lacrime al pensiero di quel figlio mai nato, il bambino che Anna portava in grembo: chissà era un maschio o una femmina! Il destino aveva voluto che non vedesse mai la luce, e lui era precipitato in un baratro di solitudine e disperazione.
    Luana lo attende all’esterno della cappella. Compiuto il triste omaggio ai defunti, Andrea si ferma a scambiare qualche parola con lei.
    “Ernesto è un brav’uomo. Ci siamo sposati otto mesi fa. Il signor Juan lo ha scelto come amministratore poco dopo la vostra partenza, su consiglio del giudice Romero. Vi sembrerà strano, magari vi chiederete come mai ho aspettato tanto tempo; il fatto è che ad un certo punto della vita ho sentito il bisogno di ripartire, di costruire qualcosa.” “Ti comprendo più di quanto tu immagini” –riflette l’uomo tra sé e sé. Pensa che in fondo quella ragazza se lo merita, che Ernesto è stato un uomo generoso ad accettare di sposare una fanciulla con il passato di Luana… tutto per colpa sua e di Sofia, che non avevano esitato a sacrificare l’innocenza di una sottoposta al solo fine di creare un diversivo per un gentiluomo annoiato e deluso.
    “Si sa nulla di vostro fratello? - prosegue la donna.
    “Nulla purtroppo – risponde Andrea, interrompendo il flusso di quei pensieri non lieti - Sono passati tanti giorni che le speranze di ritrovarlo vivo sono sempre più flebili. Mia cognata è così angosciata che non ho osato privarla di quella speranza”.
    “Eppure il signor giudice ha detto ad Ernesto che la sua testimonianza poteva essere importante”.
    “Quale testimonianza? Cosa c’entra tuo marito con la scomparsa di Juan? Spiegati meglio!”.
    Andrea ascolta l’incredibile racconto di Luana e pensa che non può partire prima di conoscere gli sviluppi dell’indagine…


    SAN PAOLO, pochi giorni dopo
    “Siete proprio sicura di volervi alzare, signora?” – chiede Lorenza premurosa.
    “Mi sento molto meglio. Porgimi l’abito bianco coi i fiocchi azzurri, per cortesia”.
    La servetta aiuta la padrona ad infilare l’abito prescelto, glielo accomoda, la guarda compiaciuta mentre si siede alla toeletta per incipriarsi e passarsi sulle labbra un velo di rossetto color corallo.
    “Oggi è una splendida giornata. Cosa ne pensate di uscire un po’ in giardino insieme ai bambini? Se volete vi accompagno fin sulla spiaggia. Oppure possiamo andare a trovare vostra madre, se ve la sentite” – propone garrula Lorenza.
    “Mi farebbe piacere uscire in giardino, per oggi non voglio allontanarmi troppo. Per favore, prepara Francesco e la bambina mentre io mi pettino”.
    Beatrice osserva la sua immagine riflessa nello specchio, il volto un po’ smagrito, una ruga leggermente più marcata sulla fronte, simbolo delle recenti preoccupazioni, che non sono svanite, ma in fondo hanno ragione sua madre, l’avvocato Manera, suor Giuliana, il suo confessore: la vita prosegue, deve proseguire. Bisogna ripartire dalle piccole cose: sistemare i fiori in giardino, godere di un raggio di sole, occuparsi dei preparativi del battesimo. Già: anche su questo sua madre aveva ragione. Non si può rimandare ulteriormente quel momento. Beatrice si sente morire a quel pensiero, ma dovrà scegliere da sola il nome per sua figlia. Mercedes, da quando è nata, l’ha chiamata Maria; pensa che le piacerebbe aggiungere ad esso un altro nome: Juana magari, in onore di quel papà cui tanto la bambina assomiglia e che un destino crudele le ha strappato.
    Beatrice ricaccia indietro le lacrime che già le affiorano tra le ciglia ed infila la testa sul fondo dell’armadio in cerca di un cappellino di paglia per proteggersi dal sole, quando la porta della camera viene spalancata di colpo.
    La donna si volta sorpresa , spaventata dal rumore improvviso; porta istintivamente le mani al petto, ed il cuore fa un sobbalzo quando sente pronunciare il suo nome da una voce inconfondibile.
    “Juan! Amore mio! Sia lodato il Signore!” – esclama Beatrice, avanzando verso di lui. L’uomo le corre incontro e la stringe tra le braccia con ardore.
    “Non credevo ti avrei più rivisto: ho avuto davvero paura di perderti questa volta!” – esclama l’uomo, baciando in maniera convulsa il viso della moglie, che in un attimo è diventato completamente rigato di lacrime.
    “Anche io” – gli sussurra Beatrice, accarezzandolo e baciandolo a sua volta.
    “Come stai, come ti senti?” – chiede l’uomo, osservandola attentamente.
    “Meglio – risponde Beatrice asciugando le lacrime con il dorso della mano - come vedi quest’oggi mi ero alzata per fare una passeggiata in giardino con i bambini; ora che ti ho visto poi, che sei di nuovo accanto a me, mi sento al settimo cielo, con la forza di affrontare il mondo intero! Tu piuttosto, come stai? Cosa ti era successo?”
    “Non mi chiedere di parlarne adesso, ti racconterò tutto più tardi. È una storia incredibile: l’importante è che ci sia stato un lieto fine. Ora voglio pensare solo a te, a Francesco e alla piccola. A proposito, come l’hai chiamata?”
    “Padre Domenico ha fissato il battesimo per domenica prossima. Non ha ancora un nome, anche se Mercedes si è sempre rivolta a lei come “Maria”. In realtà aspettavo te, per sceglierlo insieme. Mi piacerebbe un nome composto” – risponde soavemente Beatrice.
    “Sono tornato al momento giusto, allora – risponde Juan, ritrovando il suo piglio sicuro– mi sono perso già troppe cose negli ultimi tempi. Fammi pensare…. mi piacerebbe chiamarla Marisol, perché in questi giorni di lontananza il pensiero di lei e di voi è stato come un sole, che non ha smesso mai di illuminarmi e di darmi forza!” .
    Beatrice sorride, intenerita “E’ un nome che piace tanto anche a me! Siamo d’accordo, come sempre” – conclude poi, abbandonandosi sicura sul petto dell’uomo.

    ***
    Andrea si volta a scrutare un’ultima volta dall’oblò le coste del paese natio. Ben presto San Paolo diventerà un puntino sfocato in lontananza ed i passeggeri della nave potranno ammirare per giorni, come unico panorama, la sconfinata, azzurra distesa dell’oceano.
    “Vi dispiace partire, signore? Mi sembrate di malumore” – chiede il segretario, mentre svuota le valigie nella cabina del piroscafo che è stata assegnata al signor Aleardi.
    “No, Enrique – replica Andrea – niente affatto. Sono solo un po’ provato e stanco, dati gli eventi degli ultimi giorni, ma sono contento di tornare in Europa. Qui ci sono le mie radici e gli unici affetti familiari che mi restano, ma dopo questo viaggio mi sono reso conto una volta per tutte che il mio posto non è qui”.
    “Capisco. Certo che la vostra presenza è stata provvidenziale per vostro fratello. Prima avete salvato la vita di sua moglie, e poi la sua. Avete avuto un’ottima intuizione, nel cercarlo in quella posada abbandonata”.
    “ Già! Passandovi dinanzi con la carrozza ho notato una carogna di cavallo circondata da un branco di cani randagi e mi sono insospettito, perché quel luogo doveva essere abbandonato. Quel Ramon, riposi in pace, era davvero un folle pericoloso; non oso immaginare fino a dove si sarebbe spinto, se i gendarmi, allertati su mia segnalazione, non fossero giunti di sorpresa a disarmarlo! Mio fratello sostiene che gli aveva parlato, che aveva provato a farlo riflettere sull’assurdità della sua vendetta e che quel povero ragazzo non era una persona cattiva, in fondo… lo credo anch’io tutto sommato, altrimenti non si sarebbe suicidato in carcere. Non ha sopportato la vergogna per quello che aveva fatto”.
    “Che tragedia… una vita talmente sfortunata! Possibile che il vostro fattore avesse tenuto nascosto a tutti la notizia dell’esistenza di quel ragazzo?”
    “Io non ho mai saputo nulla; probabilmente neanche mia madre, che stimava molto Luana e glielo avrebbe certamente riferito, in caso contrario. Luana è stata più di una semplice dipendente per mia madre, e mi consola pensare che abbia avuto almeno lei accanto nei suoi ultimi giorni di vita”.
    “Campo Real vi ha cambiato, signore . Siete diverso, da quando siamo stati lì.” – commenta Enrique. Sono anni che accompagna Andrea, prima come suo attendente ed ora come segretario e factotum. Più che un servitore, per il gentiluomo Enrique è un amico fedele e devoto, tanto che intrattiene con lui un rapporto estremamente confidenziale.
    “Proprio così. È come se avessi rivisto in un attimo tutti i miei errori: la mia testardaggine, il mio egoismo, la mia ottusità nel rifiutare di accettare la realtà… Mi sono reso conto di essere stato scorretto ed ingiusto nei confronti di troppe persone: Luana, Beatrice , la stessa Anna, mia madre… tuttavia, è stata una visita molto istruttiva. Tutto questo periodo trascorso in Messico mi è stato utile a capire tante cose.”
    “Cosa intendete dire?” – chiede Enrique.
    “Mi sono reso conto che gli sbagli commessi in passato condizionavano la vita presente e mi avevano rubato la speranza di un futuro diverso: intendo dire che per anni mi sono limitato a sopravvivere, trascinando un giorno dietro l’altro senza impegnarmi realmente in un progetto, senza uno scopo, quasi senza desiderare nulla; continuavo a colpevolizzarmi e mi ritenevo quasi immeritevole di continuare a vivere. Salvando la vita prima di Beatrice e poi di Juan ho salvato anche me stesso: ho capito che nessuno di noi è inutile, che anche l’individuo peggiore al mondo può cogliere l’occasione di fare del bene. Inoltre mi sono reso conto che non si deve mai rinnegare la propria storia, si può ricominciare anche dalle proprie ferite. Pensa a Luana: ha trascorso la propria esistenza al nostro servizio, sempre fedele a mia madre, trattata quasi come una persona di famiglia, seduta alla sua stessa mensa; si era illusa di poter ambire ad un ruolo superiore, inimicandosi tutto il resto della servitù, ma alla fine si è ritrovata con un pugno di mosche in mano. So che ha sofferto molto quando mia madre è morta; è come se avesse perduto una sorella, un’amica. Ha toccato il fondo della disperazione, ma poi ha incontrato Ernesto, ha avuto il coraggio di lasciarsi amare e si è concessa la possibilità di iniziare una nuova vita. Io, invece, rimasto incatenato ai miei errori, non ero mai stato capace di ripartire. Adesso però le cose devono cambiare: quando arriveremo in Europa voglio provare ad essere felice, come mi hanno più volte consigliato Juan e Beatrice”.
    “Sono perfettamente d’accordo con i vostri parenti – commenta Enrique – avete atteso anche troppo. Vivendo per anni al vostro fianco percepivo tale malessere, ma non osavo azzardarmi ad esprimere opinioni non richieste. Ora che avete parlato liberamente della cosa, mi sento sollevato; anzi, a questo proposito, come primo segnale di cambiamento, con il vostro permesso inizierei a dare riscontro, in senso positivo, all’invito al ricevimento del generale Gonzalez, previsto tra due settimane”.
    Andrea scoppia a ridere “Che eccellente collaboratore sei! Mi hai preso alla lettera! Va bene, vorrà dire che appena arrivati in Spagna mi immergerò a capofitto nella vita sociale: del resto le due figlie del generale sono entrambe molto graziose, non trovi?”
    “Direi proprio di sì, signore” – conclude l’uomo, sorridendo a sua volta.

    SAN PAOLO, una settimana dopo
    “Mamma, papà, guardate che cosa ho qui!” Francesco irrompe nella camera da letto dei genitori sventolando una busta. “E’ una lettera per me!” “Come per te?”- domanda Juan. “C’è il mio nome, guarda – risponde il bambino, mostrando orgoglioso la scritta sulla busta – e c’è anche un pacco grandissimo, lo ha portato il signor Ernesto”.
    “Ernesto? – chiede incredulo Juan – l’amministratore della tenuta?”
    “Lui in persona. È di sotto”. “Leggiamo questa lettera, vediamo chi ti scrive” – propone Beatrice al figlio, chiamandolo accanto a sé, mentre Juan raggiunge l’amministratore. Francesco sale sulle ginocchia della madre, che ha già estratto il foglio dalla busta.
    “E’ dello zio Andrea, guarda. Ti ha mandato un regalo, un oggetto che apparteneva a lui; glielo aveva regalato il nonno Francesco quando era piccolo, arredava la sua stanza. Sapendo che ti piace molto viaggiare, desidera che lo abbia tu. Lo aveva fatto mettere da parte quando è stato a Campo Real, avrebbe voluto consegnartelo di persona ma gli è sfuggito di mente ed ora ha incaricato Ernesto di fartele avere”.
    “Che bello! – esclama felice il bambino – posso andare giù ad aprire il pacco? Mi accompagni?”
    In men che non si dica il bambino e la madre sono al piano di sotto ed aprono la scatola, che si rivela contenere un enorme veliero.
    “È bellissimo, papà! Quando sarò grande voglio comprare una barca grande così e navigare sull’oceano, per arrivare fino in Europa e in Africa!”
    “E’ fantastico! Mi auguro che ci porterai con te in questo viaggio meraviglioso! Ora però devi scrivere una lettera per ringraziare lo zio, la mamma ti aiuterà”.
    “Mi sembra un’ottima idea!” – aggiunge Beatrice.
    “Sììì, che bello! – esclama Francesco entusiasta, cercando carta e penna – sono proprio contento di aver conosciuto lo zio. Peccato che si sia fermato così poco da noi”.
    “Lo zio è molto impegnato, ha un lavoro importante in Europa – spiega Juan – siamo stati fortunati a poterlo rivedere, anche se per pochi giorni”.
    “Siamo stati fortunati davvero” – soggiunge Beatrice, scambiando con il marito una significativa occhiata di intesa.
    Juan ricambia lo sguardo e le prende una mano tra le sue. “Dobbiamo molto ad Andrea, e mi auguro che trovi presto la pace che merita.”
    “La troverà. Ne sono sicura” – risponde Beatrice, mentre le si avvicina Francesco, munitosi di tutto l’occorrente.
    Intanto la piccola Marisol, agghindata con uno splendido vestitino color panna, adorno di trine, dorme placidamente all’interno della sua carrozzina. Juan si china a guardarla orgoglioso, mentre Beatrice e Francesco discutono animatamente sul contenuto del famoso biglietto da spedire allo zio a Madrid.
    Juan, raggiante, osserva uno ad uno i componenti della sua famiglia, finalmente unita, finalmente serena dopo tante tempeste. Riflette che è bello viaggiare, allargare le proprie conoscenze, assaporare la libertà dell’essere in movimento, ma più bello ancora è ritornare a casa, quando si ha la consapevolezza di approdare in un porto sicuro come nessun altro al mondo.
     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    1,670

    Status
    Offline
    Un rivale per Juan

    Beatrice era andata via da pochi minuti, quando Miguel fu raggiunto nello studio dalla sorella, che aveva uno sguardo che non prometteva nulla di buono. “Posso esserti utile, Isabel?” – chiese il giovane con nonchalance. Conosceva il carattere poco docile della fanciulla e si preparò psicologicamente a dover sostenere una discussione poco piacevole con lei.
    “A che gioco stai giocando, Miguel?” – domandò la moglie di Andrea, parandosi dinanzi al fratello con un atteggiamento inquisitorio.
    “Non capisco a cosa tu ti stia riferendo.”
    “A Beatrice. Alla proposta che le hai appena fatto.”
    Il giovane medico ridacchiò e rimbrottò la sorella: non si addiceva ad una fanciulla del suo rango origliare conversazioni altrui come una cameriera qualunque! Replicò, in ogni caso, che non stava giocando a nessun gioco e si era limitato a suggerire a Beatrice ciò che realmente pensava, cioè che quella fanciulla fosse sprecata per il convento: le aveva quindi offerto la possibilità di rifarsi una vita in Europa, dopo la profonda delusione patita per colpa di Andrea.
    La ragazza bruna sdegnosamente rispose che non aveva origliato, ma che si trovava a passare di lì, la porta era aperta ed aveva udito la loro conversazione. Aggiunse poi: “Proprio perché Andrea l’ha delusa, suo malgrado, quella ragazza mi fa pena e non voglio che la deluda anche tu! Mi sembra chiaro che l’offerta di ospitalità nella casa dei nostri genitori non è avvenuta a caso, ma perchè hai mire ben precise su di lei”.
    “Beatrice è molto graziosa, intelligente, sensibile; gradisco la sua compagnia, e allora, che male c’è? L’aiuto che le ho offerto è totalmente disinteressato. Non la forzerei mai a qualcosa che non desidera. In cosa dovrei deluderla, di grazia, se nulla le ho promesso?” – domandò il giovane in maniera ironica.
    “Non prendiamoci in giro, Miguel – replicò Isabel in tono polemico – Sono convinta che Beatrice ti sia simpatica, ma non ti credo un filantropo. Diciamo che, se accetterà il tuo gentile invito in Spagna, avrai preso due piccioni con una fava. Aiuterai Beatrice a riprendersi dalla delusione, ne farai un’abile infermiera, e troverai il modo di vendicarti di Matilde Penalver!”.
    Al sentir pronunciare quel nome il bel volto del giovane medico si rabbuiò in un istante; lo sguardo si fece torvo e feroce, come una pantera sul punto di attaccare la sua preda. Afferrò la sorella per un braccio e la strattonò con violenza, spingendola contro la poltroncina in chintz nell’angolo della stanza, sulla quale la ragazza fu costretta a lasciarsi cadere di peso per sfuggire alla sua furia.
    “Non pronunciare mai più il nome di quella svergognata in mia presenza! – le intimò Miguel – non voglio sapere più nulla di quella donnaccia! A quest’ora si starà sollazzando con il suo bel capitano e non ricorderà neanche come mi chiamo! Non merita che le sia data tutta quest’importanza!”
    Isabel reagì con coraggio, senza farsi incutere timore dalla veemenza fraterna. “Smettila di comportarti come un bruto, ed ascoltami! Ci sono tutte le ragioni per affrontare l’argomento Matilde Penalver, dal momento che eravate in procinto di sposarvi e che ne eri follemente innamorato! Puoi ingannare chiunque, ma non me: ti sono stata accanto per mesi, ho raccolto le tue confidenze, so bene quanto hai sofferto quando quella donna ha rotto il vostro fidanzamento! Non credo che tu l’abbia dimenticata in così poco tempo! Per questo ho il sospetto che tu voglia usare Beatrice per farla ingelosire, una volta che sarai tornato in Spagna!”
    Miguel passeggiò nervosamente per la stanza ritrovando un po’ di calma. Abbassò il tono della voce, e spiegò alla sorella che non era affatto quella la sua intenzione. È vero, aveva sofferto molto quando Matilde aveva rotto il fidanzamento, confessandogli di essere innamorata di un capitano dell’esercito appartenente al reggimento di suo padre; però era acqua passata. Beatrice gli piaceva e non escludeva che potesse nascere qualcosa tra di loro; egli, almeno, non avrebbe avuto difficoltà ad amarla se Beatrice avesse mostrato di condividere gli stessi sentimenti. In caso contrario, l’avrebbe considerata un’amica e null’altro.
    Isabel fissò il fratello con uno sguardo poco convinto. “Beatrice è una ragazza semplice e d’animo buono, ma anche tanto fragile. Le hai offerto la possibilità di dare una svolta alla sua vita e può anche darsi che accetti. Ma un rapporto sentimentale tra di voi… credo che sia un errore. Due delusioni e due solitudini che si incontrano possono farsi compagnia e sostenersi per un tratto di strada, ma sarebbe un ripiego che non condurrebbe a nulla di buono per entrambi”.
    Miguel si accarezzò il mento, coperto da una peluria scura, e ritrovando il suo consueto piglio ironico disse: “Ti ringrazio sorellina per la tua improvvisa sollecitudine, ma le mie traversie sentimentali non sono affar tuo. Matilde Penalver è per me un capitolo chiuso. Non potrei tornare insieme a lei nemmeno se si mettesse in ginocchio, pregasse e supplicasse. Senza contare che, dato il tempo trascorso, sarà sicuramente già sposata con quel capitano Solis. Non temere per Beatrice: ha un’apparenza fragile e delicata, ma credo che al momento opportuno sappia tirare fuori le unghie e difendersi da sola”. Il fratello maggiore pose termine alla discussione affermando che non aveva alcuna intenzione di approfittarsi di quella ragazza e che, qualunque cosa fosse accaduta tra di loro in futuro, non sarebbe andato certamente contro la volontà di Beatrice.
    ***
    Beatrice meditò a lungo, prima di prendere sonno, sulla proposta di quel medico spagnolo. Ripensò anche a Juan, a quel bacio che gli aveva rubato mentre era incosciente… possibile che fosse stata così sconsiderata? E se qualcuno l’avesse vista? Che cosa avrebbero pensato di lei?
    Si rese conto che aveva commesso un terribile sbaglio. Juan non era l’uomo per lei e doveva dimenticarlo. Era il fratellastro di Andrea, aveva il suo stesso sangue, ma ciò non era sufficiente a fare di lui un gentiluomo. Non aveva ricevuto educazione né adeguata istruzione, era vissuto ai margini della legalità, e per quanto leale e di buon cuore non poteva avere nulla a spartire con una contessina cresciuta in un ambiente protetto ed ovattato, dove la forma aveva un’importanza almeno pari a quella della sostanza. E poi, come ci si poteva innamorare di una persona con cui si erano scambiate sì e no quattro parole?
    Le era capitato di avvertire una strana stretta allo stomaco quando era in sua compagnia: ma l’amore non poteva limitarsi a questo. Anche quando pensava ad Andrea, da ragazzina, sentiva le farfalle nello stomaco, ma con Juan era stato diverso dal primo istante… era qualcosa di più viscerale e profondo, che la lasciava turbata.
    Tutto nasceva dalla sua inesperienza in fatto di uomini, pensò Beatrice. Era vissuta solo con la mamma e non aveva avuto occasione di frequentare tanti giovanotti lì a San Paolo né altrove. I suoi sentimenti erano sempre stati concentrati su Andrea e la stessa signora Caterina, contando sulla perdurante validità di quella promessa di matrimonio, non aveva mai ritenuto necessario che Beatrice prendesse parte ai classici ricevimenti in cui le signorine in età da marito si mettevano “sul mercato”. In fondo questa decisione era nata anche dall’impossibilità di dare una dote a sua figlia,
    Non era abituata, Beatrice, a discorrere con uomini della sua età, per cui il fatto stesso che un giovane si interessasse a lei, a cosa pensava, a cosa sentiva, era un’enorme novità. Era curioso che non fosse accaduto solo con Juan: lo stesso dott. Sanchez si era dimostrato molto amabile nel farle quella proposta di studiare da infermiera che avrebbe potuto cambiarle la vita. In Spagna avrebbe potuto farsi un’esperienza di vita che in patria le era mancata, dimostrare a tutti che una donna non è un essere debole che deve a tutti i costi realizzarsi con il matrimonio e la maternità. “Tutto sommato - pensò la fanciulla - male che vada imparerò una professione che mi tornerà utile, grazie alla quale potrò anche fare del bene al prossimo, molto più di quello che potrei fare da suora. Risponderò al dott. Sanchez che accetto la sua proposta. Sarò ospite dei suoceri di Andrea… non credo che mia madre avrà qualcosa da ridire. Anzi, pur di non vedermi chiusa in convento, sola, senza marito e senza denaro accetterà di buon grado questa proposta”.
    Decise però, prima di comunicare la sua definitiva decisione al dottor Miguel, di consigliarsi con Andrea; sia perché si trattava pur sempre di accettare l’aiuto della sua famiglia acquisita, sia perché il giovane le avrebbe consigliato la maniera migliore per sottoporre la questione alla zia Sofia e a sua madre, mettendole di fronte al fatto compiuto onde evitare qualsiasi loro obiezione.
    Il piano riuscì alla perfezione. Benchè sua moglie Isabel, senza scendere in troppi dettagli, avesse cercato di mettere Andrea sull’avviso circa i possibili secondi fini del fratello, il giovane Aleardi (forse anche per scaricarsi la coscienza per aver abbandonato Beatrice ad un passo dall’altare) non ravvisò controindicazioni al fatto che Beatrice e Miguel partissero insieme per la Spagna. Accolse anzi con estrema giovialità la possibilità che tra Beatrice e Miguel nascesse qualcosa di tenero: la cara cugina acquisita, che tanto stimava, sarebbe così diventata parte ancora più stretta della sua famiglia, quasi una sorella! Quando Beatrice gli chiese consiglio sul da farsi, dunque, egli svolse perfettamente il proprio ruolo di avvocato difensore, e con un discorso breve ma profondamente incisivo convinse sia la severa genitrice che l’ansiosa zia a dare il permesso a Beatrice, osservando che ella non poteva sperare in una fortuna maggiore. Le sue doti sarebbero state valorizzate appieno e poi… Andrea accennò al fatto che suo cognato non era né sposato né fidanzato e che, se Dio avesse voluto, oltre alla professione i due giovani avrebbero potuto essere uniti anche da qualcosa di più…
    La signora Caterina non era del tutto serena al pensiero di affidare la sua primogenita ad un uomo che di fatto era uno sconosciuto; ma poiché le questioni economiche la avevano afflitta fin da quando era rimasta vedova, quasi venti anni prima, e le prospettive non erano affatto rosee, pensò che questa soluzione avrebbe garantito un futuro a Beatrice e, nell’immediato, l’avrebbe sollevata dall’onere di farsi carico del suo mantenimento. Alla fine quindi si risolse, rassegnata, a dare il suo consenso alla partenza.
    Fu così che Beatrice cominciò ad organizzare il suo viaggio. Scelse gli abiti più nuovi, parte della biancheria che avrebbe dovuto adoperare come corredo, i suoi effetti personali ed in particolare i suoi libri preferiti; riuscì a congedarsi da tutte le persone care: le amiche d’infanzia, Andrea e la zia, l’avvocato Manera, le suore e padre Domenico, la sorella Anna, che purtroppo dopo la disgrazia del marito non sembrava più la stessa, e… Juan.
    Il caso volle che proprio il giorno prima della partenza le cure di Miguel diedero finalmente il loro buon esito, ed il maggiore dei figli di Francesco Aleardi si risvegliò, in condizioni non ottimali ma sicuramente non più in pericolo di vita.
    I compagni di Juan, che quotidianamente venivano ad informarsi delle condizioni del paziente, accolsero con grande gioia la notizia ed avrebbero voluto fiondarsi dentro la dimora Aleardi per rivederlo; ma il medico vietò qualsiasi intrusione, e ad una sola persona fu consentito di accostarsi al capezzale di Juan: Beatrice.
    Era molto tardi, e nonostante avesse le valigie da finire di sistemare Beatrice non aveva resistito dal fare un salto dai pazienti di cui si era occupata con tanta dedizione, per dare loro un fugace saluto. Appena Miguel la vide, la accolse con un grande sorriso, le tese la mano e le disse che aveva una sorpresa per lei; poi la condusse accanto al letto di Juan.
    Quando la ragazza notò che Juan, seppure molto debole, aveva gli occhi aperti e riusciva ad articolare qualche parola di senso compiuto, si commosse ed i suoi occhi si riempirono in un attimo di calde lacrime. Salutò timidamente l’ammalato, che la riconobbe subito, si inginocchiò accanto a lui e gli tenne stretta la mano, rivolgendogli dolci parole di conforto e di buon augurio per una rapida guarigione. Si sentiva emozionata, come ogni volta che era con lui; ma anche Juan avvertiva un insolito turbamento nel sentirsi vicino a quella eterea fanciulla. Per un attimo aveva creduto che quella delicata fanciulla bionda chinata al suo capezzale fosse un angelo e che il luogo in cui si trovasse fosse il Paradiso. Quando, con voce flebile e malferma, comunicò quel pensiero alla ragazza Beatrice rise, e sbattè timidamente le lunghe ciglia, mentre le gote le si imporporavano. Juan la trovò davvero bellissima. Quella donna gli aveva smosso qualcosa dentro, come mai nessuna prima di allora. Cosa gli stava capitando? Possibile che fosse il delirio della febbre a fargli provare quelle strane sensazioni?
    Rimasero qualche istante in silenzio, mano nella mano, ed anche Miguel non potè non notare, come già era accaduto le volte precedenti, che c’era una strana connessione tra quei due. Fortuna voleva che il giorno dopo avrebbe portato via Beatrice, altrimenti quell’uomo sarebbe stato un temibile rivale.
    Beatrice capì che era venuto il momento di congedarsi. “Sono tanto felice - disse a Juan - di essere riuscita a salutarvi… domani partirò per la Spagna, non credo che avremo occasione di vederci per parecchi mesi”. “Mesi?” - chiese Juan, improvvisamente deluso, sperando di aver capito male.
    “Sì – spiegò la ragazza, volgendo lo sguardo verso Miguel – parto domani insieme al dottor Sanchez per frequentare un corso in Spagna, per imparare la professione di infermiera”. Non aggiunse altro, e Juan avrebbe voluto formulare tante domande, ma il dottor Miguel colse la palla al balzo per porre fine rapidamente a quel colloquio.
    “Venite, Beatrice, il paziente non deve agitarsi. Ha avuto già troppe emozioni per oggi. Signor Juan, d’ora in poi suor Flora e le altre consorelle si occuperanno di voi. Non temete, vi ristabilirete molto presto. Dovete solo avere pazienza e non forzare i tempi. Io e la signorina D’Altomonte, come avete sentito, lasceremo il Messico domani stesso. Ritenetevi fortunato ad aver potuto prendere congedo da questa meravigliosa fanciulla!” – e così dicendo, la prese per mano e gliela baciò.
    Juan non era ancora nel pieno delle forze, ma i sensi gli funzionavano abbastanza per comprendere che quell’uomo era scaltro, e nutriva uno speciale interesse per Beatrice… il modo in cui le aveva preso la mano e se l’era portata alle labbra, il modo in cui parlava di lei, le manovre che certamente aveva posto in essere per convincerla a seguirlo in Europa… dall’altra parte del mondo… di colpo Juan si sentì rodere da un sentimento che finora non aveva mai provato: la gelosia!
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    1,670

    Status
    Offline
    CITAZIONE (Paola Rughetti @ 3/6/2022, 14:44) 
    Ci sarà un seguito della storia?

    Sì, probabilmente in autunno; noi scrittrici del forum scegliamo un tema comune e poi pubblichiamo il racconto lo stesso giorno.
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    1,670

    Status
    Offline
    Ho aperto una nuova discussione per il CS di Claire, aggiungendo i capitoli che risalgono all'epoca del vecchio forum.

    Qui aggiungo una storia a sè stante a tema il Ballo. Purtroppo non riesco a modificare l'oggetto della discussione, sarebbe più corretto fare l'inverso.


    Un ballo.
    Anna era riuscita ad averla vinta ancora una volta. Per giorni aveva tenuto il broncio lamentandosi della noiosa vita che conduceva da dopo sposata, rimproverando il marito di lasciarla troppo tempo da sola per curare gli affari della tenuta, perché in tal modo la costringeva a trascorrere intere giornate in compagnia di una madre petulante e noiosa, di una suocera che non perdeva occasione di criticarla e di una sorella invidiosa e maligna. Invano il marito aveva cercato di farla ragionare, invitandola ad usare un po’ più di diplomazia con la signora Sofia, di pazienza con la signora Caterina, di obiettività con Beatrice, che non aveva mai tentato di metterla in cattiva luce ai suoi occhi come invece sosteneva Anna. A quelle parole la giovane sposa arricciava il nasino, rivolgeva al marito uno sguardo sdegnato e prendeva a soffiarsi nervosamente con un ventaglio, dimostrando chiaramente che non intendeva continuare la conversazione. Quando poi Andrea cercava di superare la barriera del suo ostinato mutismo, Anna lo allontanava risentita, rinfacciandogli di non volerle affatto bene e di darle sempre torto, come facevano tutti gli altri. Alla fine, stremato dalle recriminazioni della moglie e comunque desideroso di accontentarla - da marito innamorato quale era - Andrea aveva dato il permesso a che Anna organizzasse un ricevimento lì a Campo Real. Gli inviti erano stati diramati a tutti i notabili di San Paolo e dei paesi limitrofi, al Governatore, ad alcuni politici della Capitale con le loro consorti.
    La presenza di tanti illustri personalità aveva un po’ addolcito la reazione della signora Sofia alla notizia del ballo: la donna aveva subito compreso che di quel passo la nuora avrebbe preso a fare da padrona in casa sua. Ella da quando era rimasta vedova non aveva certo badato ad organizzare feste da ballo, aveva svolto una vita molto ritirata, accontentandosi del prestigio che le veniva dall’essere una delle donne più ricche del paese, padrona di una piantagione immensa e florida; ma Anna aveva un carattere ben diverso, era frivola, capricciosa, desiderava ostentare dinanzi a tutti la propria fortuna, essere ammirata e invidiata. Se solo Andrea, benedetto figliolo, le avesse dato ascolto prendendo in moglie Beatrice anziché Anna!
    Il salone delle feste, in disuso da decenni, era stato tirato a lucido, la servitù era in agitazione, i cuochi avevano il loro gran da fare, essendo attese almeno cento persone. Il menu della serata era stato personalmente scelto da Anna, che aveva preteso che vi fosse estrema varietà di carni, di pesci e frutta di tutte le specie, e champagne francese a fiumi “Dopo tanti anni che non si organizzavano ricevimenti, e tenuto conto della nostra prestigiosa posizione, non possiamo certo fare la figura di quelli che lesinano” – aveva detto al marito.
    Ovviamente era stata allertata anche la sarta, cui Anna aveva ordinato un sontuoso abito azzurro con impunture d’argento - che era costato l’equivalente del salario di dieci braccianti - cui la ragazza avrebbe abbinato una collana tempestata di zaffiri che Andrea le aveva donato durante il fidanzamento. Tutto sarebbe stato perfetto se solo sua sorella e sua madre fossero andate via prima del ballo, pensava Anna, ma quelle due impiccione non parlavano di partire; anzi probabilmente donna Caterina coltivava la segreta speranza che tra gli invitati potesse individuare qualche pretendente per sua figlia maggiore.
    Quest’ultima sembrava del tutto indifferente all’idea del ricevimento: non poteva non prendervi parte per non offendere Andrea e la casa in cui era ospitata, ma non amava le feste e la infastidivano tutta quell’attenzione all’apparenza, lo sfarzo, l’opulenza del banchetto, quando sapeva perfettamente che a pochi metri da loro viveva gente che lottava quotidianamente per guadagnarsi un tozzo di pane. Sua madre ci teneva tanto a che si presentasse in maniera gradevole, ma Beatrice non aveva portato con sé un abito adatto ed entrambe si vergognavano di chiedere alla famiglia di Andrea un aiuto economico per far realizzare un vestito nuovo. Nonostante Beatrice fosse profondamente contraria, donna Caterina aveva quindi investito Anna della questione, e quest’ultima, gongolando segretamente del ruolo di Cenerentola che la sorella avrebbe ricoperto, tirò fuori dall’armadio un abito di taffetà lilla che aveva acquistato a Città del Messico e che da tempo non aveva più indossato, ritenendolo fuori moda. Appena lo vide Beatrice rimase un po’ delusa: il colore era bello, ma le maniche erano troppo ampie, la scollatura era inadatta alle sue forme – Anna aveva il seno un po’ più piccolo – e la gonna troppo vaporosa per i suoi gusti. Per fortuna però in convento aveva imparato a fare piccoli aggiusti di sartoria: scucì le maniche ricavandone delle strisce di stoffa per arricchire la scollatura con una sorta di bordura arricciata, e con il tulle del sottogonna realizzò delle maniche corte ed una stola da appoggiare sulle spalle. Decise che avrebbe raccolto i capelli in uno chignon basso, appuntando delle violette su un lato della testa. Alla fine rimase particolarmente soddisfatta del risultato, non avrebbe certo sfigurato con quell’abito.
    Finalmente arrivò il giorno della festa: mentre Andrea attendeva all’ingresso l’arrivo degli ospiti Anna, la signora Sofia, la signora Caterina, Beatrice ed Alberto Carrara si accomodarono nel salone commentando l’ottimo lavoro fatto dalla servitù: tutto aveva un aspetto magnifico. “Questo abito mette in risalto tutta la vostra bellezza, signorina Beatrice, mi complimento per la scelta; spero che vogliate concedermi l’onore del primo ballo questa sera” – disse Alberto con sussiego. “Volentieri” –rispose Beatrice, che mal sopportava quell’uomo ed il suo atteggiamento ipocrita, ma non poteva opporgli un rifiuto. Anna a quelle parole fece buon viso a cattivo gioco, celando il proprio disappunto: in effetti il suo vecchio abito aveva completamente mutato aspetto e la sorella non aveva nulla da invidiarle quella sera quanto a grazia e fascino.
    A poco a poco la sala si riempì, i camerieri cominciarono a girare tra gli ospiti con vassoi colmi di calici e di pietanze di vario genere e gli orchestrali iniziarono a suonare. Anna accoglieva gli invitati con ampi sorrisi, intratteneva le signore chiedendo ragguagli sugli ultimi pettegolezzi della Capitale e per la prima volta da quando abitava in quella casa sembrava davvero felice. Anche Andrea conversava amabilmente con politici della Capitale, in particolare circa la situazione europea che lui aveva avuto modo di conoscere direttamente. Donna Sofia e donna Caterina discorrevano invece con le mogli di costoro delle differenze tra la vita tranquilla della campagna e del piccolo paese di mare, San Paolo, rispetto a quella più animata della città. Beatrice aveva incontrato una sua ex compagna di collegio, Margherita Duran Canali, la quale da qualche mese aveva sposato un ufficiale dell’esercito e si era trasferita a Città del Messico: la fanciulla ascoltava in educato silenzio mentre l’amica la ragguagliava sulle ultime novità. Gettò uno sguardo verso sua sorella Anna: con quale agio intratteneva gli ospiti, sorridente, affabile, disinvolta, mentre a lei sembrava di non avere da dire nulla mai di interessante…
    Poco dopo gli sposi Aleardi diedero inizio alle danze. Le note del valzer inondarono il salone, cominciarono a formarsi le prime coppie e, come prestabilito, Alberto si recò a reclamare il ballo promessogli da Beatrice. L’uomo la cinse tra le braccia ed iniziarono a volteggiare tra gli altri ballerini. Terminato il giro vi fu uno scambio di coppie, e Beatrice finì con il marito di Margherita… ancora un altro giro e questa volta Beatrice si trovò di fronte proprio suo cognato che le tendeva la mano. Beatrice la accettò timidamente e Andrea, da perfetto cavaliere, le passò un braccio dietro il busto e la avvicinò a sé. Beatrice non era mai stata così vicina a quello che avrebbe dovuto essere il suo sposo, a quelle labbra che aveva sognato tante volte di baciare, e nonostante l’amarezza per il rifiuto di Andrea non fosse intensa come nei mesi precedenti non si sentiva affatto a suo agio. Durante la danza Andrea le sussurrò che era un’ottima ballerina, e Beatrice non riuscì che a rispondere un “anche tu” di circostanza. Terminata la musica, Beatrice si accomiatò con la scusa che aveva troppo caldo e si diresse a passo svelto nel cortile.
    Respirò a pieni polmoni l’aria fresca della sera, si toccò le guance in fiamme e pregò che nessuno avesse compreso la vera ragione del suo turbamento. “Che c’è, non vi divertivate abbastanza?” – proruppe ad un tratto una voce alla sue spalle. Avvolto tra le spire di fumo del suo sigaro apparve Juan del Diablo. Beatrice constatò che ogni volta che si incontravano il giovane la apostrofava con il suo solito tono sarcastico. “Che ci fate qui?” - gli chiese. “Mi godo il fresco della sera, come voi.” – rispose l’uomo, appoggiandosi al tronco di un albero. “La mia giornata da amministratore di Campo Real è finita, e non avevo voglia di rinchiudermi in camera. Sono abituato a stare all’aria aperta, io.” “Non fate che alludere al fatto che stare qui vi pesa, allora non capisco perché non andate via!” “Ci sono questioni importanti che mi trattengono” – replicò Juan con tono misterioso. Beatrice non demordeva: “Non siate cocciuto! Con Andrea potete trovare una scusa qualsiasi, egli capirà…” “Andrea, Andrea, Andrea! – quasi urlò Juan – smettetela di parlare di lui! Da quando sono arrivato non fate che seguirmi, controllare ogni mio movimento, riempirmi la testa di suppliche affinchè non faccia scoppiare uno scandalo rivelando ad Andrea che ha sposato una sgualdrina! Che vi importa di lui? Possibile che il vostro cuore palpiti ancora per un uomo che è stato capace di rifiutarvi, preferendo una donna che non ha un minimo delle vostre qualità? Per questo siete scappata tanto in fretta poco fa dal ballo, a causa sua?” Prima che la fanciulla potesse obiettare qualcosa aggiunse: “Osservavo da quella finestra, vedete, c’è una visuale perfetta del salone. So che spiare non è un comportamento corretto, ma cosa potevate aspettarvi da un lurido marinaio come me? Le buone maniere non sono il mio forte, anche perché nessuno si è mai preso la briga di insegnarmele. Allora? Non mi avete risposto! Come mai siete andata via in quel modo dalla festa?”
    “Non sono tenuta a darvi spiegazioni, siete solo un villano! – sbottò Beatrice - Sono io che sono esausta del vostro atteggiamento contraddittorio: dite che non vi importa più nulla di mia sorella, che non avete intenzione di vendicarvi, eppure restate qui, alle dipendenze di suo marito, quando mi avete detto che non avete alcun bisogno di denaro; inoltre vi arrogate il diritto di giudicare tutto e tutti, e per quello che riguarda me non vi consento di farlo”. Aveva tentato in tutti i modi di non urtare la suscettibilità di quell’uomo per garantirsi il suo silenzio, ma ora ne aveva abbastanza. Juan senza scomporsi emise l’ultima boccata di fumo e schiacciò con un piede il sigaro esaurito. “Guardate con i vostri occhi – disse, indicando il salone – com’è allegra e soddisfatta vostra sorella, nel ruolo di regina della serata. Ora recita la parte della mogliettina devota, ma sarebbe pronta a tradire il marito nella sua stessa casa se solo io le consentissi di infilarsi nel mio letto… a ragion veduta pertanto la definisco una poco di buono. Avrei voluto ucciderla insieme ad Andrea quando sono arrivato a Campo Real, ma ora li compatisco… sono l’uno degno dell’altra! Lui mi ha accolto in casa sua per tener fede ad una promessa fatta al padre sul letto di morte, ma mi tratta con magnanimità solo in apparenza, in fondo mi considera un inferiore, come tutti quelli del vostro ambiente: immaginatevi cosa succederebbe se entrassi ora in quella sala, che scandalo, che vergogna per il buon nome degli Aleardi! Potrei mai intrattenermi a conversare con il giudice Spaziani, che più volte mi ha condannato per risse e per contrabbando? Con il Governatore? Con tutte quelle persone di San Paolo che ben conoscono la mia fama e che in paese, quando mi vedono, si scansano? Quanto a voi, ormai dovreste esservi abituata ai miei modi non proprio da gentiluomo; il fatto è che, per quanto mi sforzi, non riesco proprio a capire la vostra assurda devozione per un uomo che ha dimostrato in tutti i modi che non vi meritava. Dovreste ringraziare il Cielo di esservi liberata di un tipo simile. Se voi foste stata promessa a me, soltanto se fossi divenuto cieco, sordo o completamente folle vi avrei lasciato per un’altra, e meno che mai per una donna come vostra sorella”. Beatrice arrossì a quel complimento e pensò che Juan, nonostante la strafottenza, i modi bruschi ed indelicati, rivelava con certi atteggiamenti un estremo bisogno di sentirsi accettato ed amato.
    “Andrea non c’entra, me ne sono andata dalla festa perché nel salone si soffoca – mentì la ragazza - e poi non amo questi ricevimenti, non mi sento a mio agio. Ci sono venuta solo per far piacere a mia madre.” “Che brava figlia obbediente – ironizzò Juan – a questo punto però direi che avete preso abbastanza fresco, forse è il caso di rientrare, non credete che la vostra prolungata assenza potrebbe insospettire qualcuno?” “Già – rispose Beatrice – è meglio che vada. Arrivederci”. “Solo un attimo” – fece l’uomo, avvicinandosi a lei. Le sfiorò i capelli, sistemandole le violette che aveva intrecciato tra le ciocche e che stavano pericolosamente oscillando, e le sussurrò: “Siete così graziosa questa sera… l’unico motivo per cui mi dispiace non poter prendere parte a quel ballo è che ho perduto l’occasione di essere io, anziché quel manichino di Carrara, ad avere l’onore di danzare per primo con voi”. Si fissarono per un attimo negli occhi, come in bilico sull’orlo di un confine tra parole dette e non dette: ma entrambi, per motivi diversi, furono incapaci di aggiungere altro. Juan nel salutarla le fece il baciamano; Beatrice lo guardò allontanarsi nel buio, mentre proprio in quel momento sua madre si affacciava dal porticato: “Beatrice, cara, cosa fai lì fuori?” “Arrivo madre” – rispose la fanciulla, con lo sguardo ancora perso dietro quella sagoma nella notte; e mentre rientrava nel salone sfavillante di luci provò per la prima volta l’improvviso ed inconfessabile desiderio che veramente Juan del Diablo la prendesse tra le braccia e la portasse via dalla festa, da Campo Real e da quel mondo di apparenze e di false convinzioni che cominciava a starle stretto.
     
    Top
    .
4 replies since 3/5/2019, 17:26   748 views
  Share  
.