"Dov'è la felicità"

Un nuovo racconto dedicato a CS scritto da Lilly81

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    “Dov’è la felicità”
    di Lilly81





    Beatrice era incantata dal reflusso del mare contro lo scafo della barca ferma al centro della baia.
    Le onde lo accarezzavano mansuete con guanti ricamati di bianco, poi d'un tratto cambiavano umore, senza apparente ragione, per capriccio o per noia, e finivano per produrre un suono brusco e secco, simile a quello di uno schiaffo.
    Chissà quanto poteva durare quel moto! Quando pareva interrompersi, riprendeva di nuovo.
    Una carezza e poi subito un altro schiaffo. Solo di tanto in tanto, il mare si permetteva un momento di indecisione, un brevissimo istante in cui la barca era lasciata a se stessa, senza odio né amore.
    D'improvviso una pinna tagliò la spuma bianca e lei urlò: «Juan, corri, vieni a vedere, un delfino!»
    Juan rise. Gli parve una bambina, in quel momento, col cappellino di paglia e i riccioli agitati dalla brezza. Ancora innocente, malgrado la notte prima fosse diventata donna tra le sue braccia.
    «Un delfino dici? Potrebbe essere anche uno squalo. Ti conviene non sporgerti troppo.» Le sue scarpe cricchiarono tranquille sul fasciame di legno. Diede l'ultimo morso a una papaya e gettò quello che restava in un secchio bruciato dal sole. Non distante, alcuni ciuffi di ananas, raccolti in una cesta, davano l’impressione di un cespuglio cresciuto all’ombra di una vela: gli erano stati offerti, insieme alle papaye, da un pescatore che, sceso da una goletta carica di frutta, si era andato a congratulare per il suo matrimonio con le braccia spalancate.
    Era stata un'ottima idea portare sua moglie a vedere il Satan quel pomeriggio e improvvisare una passeggiata lungo la baia.
    «No», asserì convinta. «Ti dico che era un delfino... eccolo!»
    «Ma io non vedo niente», fece sornione e si concentrò di più su una ciocca dei suoi capelli, non appena fu più vicino. «Forse, era solo un banco di piccoli pesci. Siamo troppo vicini alla riva.»
    La pinna fu inghiottita dalla scia color arancio che arrivava fino al tramonto. In quel punto si stagliava l'infinito e pareva che anche il Satan seguisse la stessa direzione.
    «E invece l'hai visto anche tu», lo rimbrottò lei.
    «Sai cosa vedo soltanto?»
    «Cosa?» si voltò.
    Ancora una volta lo sguardo dell'uomo cadde su quel neo bruno che spuntava sul suo petto, come una pietruzza sarebbe risaltata su un fondale di sabbia bianca e finissima: afferrarla richiedeva un'immersione a pieni polmoni, in acque più profonde di quanto apparissero, ma ne valeva la pena perché lo scenario intorno era mozzafiato.
    «Vedo una donna bellissima», l'attirò a sé, con tenerezza.
    Lei si smarrì dove era solita smarrirsi. Forse, non avrebbe mai imparato quella strada che portava fin dentro i suoi occhi. In verità, c'erano molti altri sentieri tra i quali correva il rischio di perdersi, altrettanto impervi e pericolosi, come quello del suo petto nudo che sbucava dalla camicia completamente sbottonata.
    «Davvero mi trovi…. bella?» chiese seria.
    Lui restò sorpreso. Le tolse il cappello e scoprì un cipiglio di preoccupazione sulla fronte. Pareva che dalla sua risposta dipendessero molte cose. «Certo che lo sei.»
    Gli parve tenera ed indifesa almeno quanto la sera prima e non riusciva a capire cosa d’un tratto l'avesse afflitta davanti a quel romantico tramonto sul mare. «Sono belli i tuoi occhi, la tua bocca, il tuo profilo…» e intanto lo sguardo era di nuovo catturato da quella pietruzza sul petto. «Ma non si tratta solo di questo.» Ridurre la sua sensualità ad un fatto estetico significava non aver capito niente. «C’è anche altro che ti fa bella: il fatto stesso di non esserne consapevole, i tuoi imbarazzi, la tua dolcezza, il tuo candore».
    Candore? Dopo quello che avevano fatto insieme? A Beatrice cominciò a battere forte il petto. Persino adesso lo vedeva senza vestiti, con la pelle scura che risaltava tra le candide lenzuola. Con uno scatto afferrò il capello dalle sue mani e si voltò a guardare il mare. Da quella mattina aveva la sensazione che pure lui avesse la capacità di guardare oltre il tessuto delle sue vesti.
    «Hai, forse, dei dubbi che tu non sia bella?»
    Lei non rispose. Ci fu solo un sospiro nel quale pesarono fragilità che prima non pensava di avere. Non le era mai importato di essere... desiderabile. Neppure quando si illudeva di essere promessa ad Andrea.
    Juan provò ad indovinare la fonte dei suoi tormenti. «Cosa voleva Anna stamattina?» e indovinò bene.
    «Sai già cosa voleva sapere». La valigia della madre era stata solo una scusa per introdursi in casa loro di primo mattino.
    «E tu glielo hai raccontato?»
    Lei non era intenzionata a dargli una risposta, e intanto rigirava il cappello tra le mani, con lo sguardo che vagava irrequieto tra il mare e il borgo di San Paolo che spuntava dietro il filare di alberi sulla spiaggia e si inerpicava lungo la collina tra chiazze di tufo e di verde. Era un quadro bellissimo, ma lei aveva già smesso di contemplarlo.
    «Sono discorsi fra donne?»
    Ma a Beatrice non andava di essere associata ad Anna.
    Ci sono donne e donne.
    «Io e lei non abbiamo proprio alcun argomento in comune. Le ho soltanto risposto che era andato tutto bene», si limitò a dire.
    «E a lei è bastato?» A lui non di certo, ma il suo orgoglio maschio non poteva pretendere di più da una come lei.
    «Per favore, ti ho detto che mi imbarazza parlare di queste cose e comunque Anna è l'ultima donna sulla faccia della terra alla quale racconterei certi dettagli!» Ora sì che aveva parlato più forte del mare e dello stormo di gabbiani che sfiorava la vela variopinta.
    «Anna non se ne va senza aver sputato in qualche modo il suo veleno. Qualcos'altro devi averti detto.»
    Beatrice fece finire il capellino sulla cassa dove lui l'aveva fatta sedere. Era stato bello guidare l'imbarcazione in quel punto della baia, facendosi stringere le dita dalle sue mani forti e sicure. Ora, parve che l'incantesimo si fosse spezzato e che persino il mare stesse cambiando. Non erano più schiaffi quelli che finivano contro la carena, ma colpi di frusta.
    «Lei dice che non ti basterà una sola donna.»
    Juan comprese e sogghignò. «Mi interessa di più sapere quello che pensi tu.»
    «Io so soltanto che hai giurato fedeltà davanti a Dio.»
    «No. Io l'ho giurato davanti a te», fece duro.
    Lei tornò ad abbassare lo sguardo.
    Juan mise un piede sulla cassa e respirò a pieni polmoni l’aria salmastra. Questo gesto gli permise di ritrovare la calma. «Non mi sarei sposato se avessi voluto fare la vita di prima.» Nella stessa cassa, durante l’ultimo viaggio, era stato trasportato rum di contrabbando. Nel prossimo, quasi sicuramente, ci sarebbero stati barattoli di miele provenienti dalle isole domenicane, regolarmente registrati.
    Beatrice ripensò alla capanna sulla scogliera che lui aveva accennato con un dito mentre costeggiavano l’insenatura. Lo immaginò tra le sue pareti di bambù, libero di vivere la vita come più voleva, senza pregiudizi e convenzioni. Senza lacci. Pensò alle molte donne che erano andate e venute su per quella scala e… alla sua solitudine.
    «Perché ti sei voluto sposare?»
    Lui non rispose subito. «Suppongo che, a certo punto della propria vita, un uomo senta il bisogno di mettere radici. E tu…», rimpallò la domanda, convinto che le ragioni dell’altra fossero molto più interessanti delle proprie «… tu perché hai voluto farlo?»
    «Sai già le cose come sono andate.»
    Lui lo sapeva fin troppo bene e volle affondare il coltello nella piaga, per far del male a se stesso prima che a lei. Proprio non riusciva a godersela la felicità. Tutti i buoni propositi di gettarsi il passato alle spalle si sbriciolarono sotto questa riflessione: «A quest'ora, in un'altra vita, potevi essere su un transatlantico verso l’Europa in compagnia di Andrea Aleardi. Ci hai pensato?»
    No, non ci aveva pensato. La verità era che non le importava affatto di essere con Andrea o con qualunque altro uomo, ma non ebbe il coraggio di confessargli che, seppure fosse tornata indietro nel tempo, non avrebbe desiderato altro che essere lì al suo fianco e che quello che guardava era il tramonto più bello di tutta la sua vita.
    «Non ha senso pensare alle alternative. La vita è una sola ed è quella che stiamo vivendo in questo preciso istante, qui su questa barca.»
    «D'accordo. Lasciamo perdere Andrea. Diciamo che potevi essere sposata con Alberto Carrara», fu altrettanto implacabile.
    «Mio Dio! Mi fa ribrezzo soltanto l'idea di essere… toccata da un uomo come lui!»
    Juan si mise a ridere, ma era un riso amaro. «Una volta mi dicesti che anche la mia presenza ti ripugnava».
    La donna ebbe lo stesso scatto di allora. «Sei ingiusto... io non ti conoscevo nemmeno e tu ti divertivi a provocarmi.»
    Lui cambiò umore. D'improvviso, come faceva il mare. Qualcosa agitò anche il suo sangue e tutti i pensieri. Al diavolo il passato. Il transatlantico, suo fratello e i suoi amici parassiti. Con poche mosse intelligenti, lui si era preso il meglio del meglio ed era stato il più fortunato di tutti. Mai la sorte lo aveva arriso a tal punto ad un tavolo di gioco, senza nemmeno sedersi.
    «Già allora, con la tonaca addosso, pensai che tu fossi bella. Sarebbe stato un vero peccato se ti fossi chiusa tra le pareti di un convento», la squadrò compiaciuto, dalla fronte intransigente fino all’orlo della gonna agitata dalla brezza.
    «Non essere irriverente.»
    «Irriverente? E perché?» aveva uno strano sorriso sulle labbra.
    «Ho già capito cosa stai pensando.»
    «Cosa?»
    «Che alla fine hai… hai sedotto una ragazza che voleva farsi suora.»
    Lui finì per incrociare le braccia e ridere.
    «Non è rimasto più nulla di quella tonaca e di quella ragazza ancor prima che tu arrivassi a Campo Real», lo informò Beatrice serissima, tornando a guardare il mare, lei avanti, lui alle spalle, come quella volta sugli scogli.
    «Lo dici con rimpianto.»
    Lei negò.
    Juan poggiò le mani sulla sua vita sottile e sentì i fianchi percossi da un brivido. «Ieri sera non ho fatto l’amore con una monaca mancata. L’ho fatto con una donna. E se non vuoi dirmi tu che cosa hai provato, te lo dirò io.»
    La fece voltare e lei lo fissò sconvolta.
    Il suo fiato era caldo e la sua voce si era fatta roca. «Mi è piaciuto ogni bacio che ti ho dato e mi hanno sconvolto l’anima tutti quelli che tu hai ricambiato.»
    Lei gli mise un dito sulla bocca, fremente. «Per favore, Juan, non puoi parlare così di queste cose…»
    L’uomo sfiorò con le labbra ciascuno dei suoi polpastrelli.
    «Pensi che si commetta peccato anche solo a parlarne? Finiremo all’inferno per quello che abbiamo fatto?»
    Beatrice scosse la testa. «No. Non abbiamo commesso alcun peccato. Io e te siamo marito e moglie.»
    «Pensi basti solo questo? Essere marito e moglie?»
    Lei domandò a cosa si stesse riferendo.
    Juan parlava di amore e di sentimenti, ma si rese conto che lei non sarebbe stata pronta a parlare di questi, non certamente quel giorno e neppure il seguente, e che neanche a lui andava di esporsi così presto; così deviò il discorso nella speranza di non aver mandato all’aria la magia di quel momento.
    «Avresti mai pensato che un giorno ti saresti sposata con quel lurido marinaio che osò sfiorarti il braccio a pochi passi dal mare?»
    «In verità, anche la prima volta, nella stanza di mia sorella, ti permettesti di farlo.»
    «Temo che non riuscirò mai ad essere un gentiluomo, mi spiace», mormorò per niente afflitto.
    Lei con un dito tracciava linee invisibili intorno al suo mento, come a suggellare nella memoria ogni contrazione e poterla riconoscere anche nelle tenebre. «Io so soltanto che ora da nessun altro vorrei essere toccata se non da te.»
    Juan era estasiato. Sua moglie. Che incredibile miracolo aveva sotto gli occhi! Davvero lei valeva più di qualsiasi ricchezza. «E così sarà. Nessuno ti toccherà mai finché sarò in vita io.»
    «No, di più: finché io sarò in vita.»
    E mentre il giuramento veniva sancito con la dolcezza di un bacio, Beatrice si ritrovò a pensare che la luce del giorno, seppur morente, e l'aria aperta non consentissero di accarezzarla lungo i profili morbidi del suo corpo come lui aveva cominciato a fare.
    Dischiuse appena le palpebre. Non erano soli. C'era un'altra imbarcazione e poco importava che fosse a qualche miglio di distanza. In più, il molo di fronte brulicava ancora di gente. No... non poteva farsi. Non era pronta per fare certe cose alla luce del giorno.
    Trovò un solo modo per liberarsi, costringendo l'uomo a conficcarsi i denti nel labbro quando non trovò più quella piega del collo che si era messo a mordicchiare. E lo fece ad un prezzo alto: «Hai pensato ad Andrea, persino ad Alberto Carrara e non hai considerato che anche a te la vita avrebbe potuto offrire delle alternative e a quest’ora potevi essere qui con Anna.»
    Juan si riprese subito da quello scroscio di acqua fredda e non parve scomporsi più di tanto, se non per il fatto di essere stato interrotto sul più bello, e per cosa? Per parlare di qualcuno che in quel momento non c’entrava niente!
    Strinse una mano intorno ad una cima e parve far mantenere a galla l'intero Satan con la sola forza del suo braccio. Era bello e selvaggio quando disse: «Molto meglio che ci sia tu.»
    Allora, si accese una luce di speranza negli occhi della donna.
    «Anna è come il mare in tempesta, bella da guardare... ma da lontano, standosene con i piedi all'asciutto. Se tu fossi un marinaio, preferiresti navigare in acque burrascose o in acque che, seppur profonde, sono tranquille, limpide e trasparenti, con la certezza di rivedere presto o tardi la terra? Tu sei cosi, Beatrice, sei il mare che ogni marinaio spera di attraversare. Credo di essermi trovato su questa rotta per puro caso, senza alcun merito, ma intendo continuare a seguirla.»
    La donna provò una forte commozione. Si avvicinò a lui e gli scostò dal volto una ciocca di capelli agitata dal vento.
    Che avrebbe dato Juan perché fosse stato amore e non riconoscenza ad aver smosso quella carezza!
    «Pensi davvero quello che hai detto?» chiese lei.
    «In quanti modi vuoi che te lo dimostri?»
    Lei sorrise e poggiò la fronte contro la sua bocca. Furono dei baci dolcissimi intorno alla tempia a stemperare le incertezze di quel momento. Quando l’uomo arrivò alla bocca, i loro respiri erano già mutati. Si cercarono, si riconobbero, si intrecciarono in uno solo. Si mozzarono e si ricomposero ancora con crescente bisogno. Ancora e ancora.
    «Juan, ti prego…» provò a porre resistenza, ma senza troppa convinzione, continuando ad inclinare il collo per assecondare i suoi baci.
    Juan sapeva che i pescatori sarebbero usciti solo più tardi. Con le vele, il sartiame e tutti gli altri componenti, il Satan pareva essere l’alcova ideale per amarsi all’aria aperta, a pochi metri dalla spiaggia. «Non preoccuparti. Ai gabbiani non interessa quello che stiamo facendo», spostò lo sbuffo della manica per tornare ad assaporare la rotondità di una sua spalla. Ecco l’odore di mandorla, appena percepibile, che aveva sentito sotto il naso per tutta la notte!
    «Ma non siamo soli. C’è una barca lì…. » mugugnò lei, senza rendersi conto che le sue mani erano finite sotto la camicia sbottonata e gli stavano accarezzando la schiena.
    Juan, allora, piantò all’orizzonte uno sguardo ubriaco, soltanto per mormorare che la nave era troppo lontana e che persino un cannocchiale avrebbe messo a fuoco da quella distanza soltanto una massa informe.
    «No… non qui», cercò ancora di appigliarsi ad un briciolo di lucidità. Sembrava che l’imbarcazione fosse finita in una specie di mulinello, insieme al paesaggio sulla collina, al delfino e al tramonto, e che la papaya e le fette di ananas che aveva mangiato andassero su e giù per l’esofago.
    «D’accordo… ti porto in cabina», si staccò quasi con dolore.
    Gliela aveva mostrata quando erano saliti a bordo. Le aveva anche detto che mai nessuna donna era stata là dentro. C’era una branda con le lenzuola disfatte dall’ultimo viaggio. Non era comoda per dormirci e aveva immagazzinato calore dopo una giornata assolata, ma per qualche momento d’amore, impellente come quello, sarebbe andata più che bene.
    Si era appena piegato nell’atto di sollevarla, quando si accorse che qualcosa in lei non andava e che ad illanguidire le sue gambe non era affatto il desiderio.
    «Che hai, Beatrice?» la sostenne.
    Lei era sbiancata quanto la sua veste. Si toccò la fronte dolorosamente e disse di avere un capogiro. Juan la fece sedere sulla cassa. «Deve essere il dondolio del mare. Non sei abituata. Adesso, torniamo a casa.»
    L’uomo si accorse solo ora che il mare stava cambiando. Adesso, si era fatto di piombo anche nella baia. Una striscia ancora più scura lo separava dal mare aperto ed un’altra verdognola dall’orizzonte. Si affrettò a sistemare le vele. Quando fece ritorno, si accovacciò davanti a lei per sincerarsi delle sue condizioni.
    «Va un po’ meglio?»
    Lei annuì.
    «Pochi minuti e saremo in porto.» Juan saliva e scendeva dalla sua visuale con l’intero Satan.
    «Mi dispiace», mormorò lei.
    L’uomo non comprese. «Per cosa?»
    «Per… per prima.»
    Juan guardò in direzione della cabina. Si rese conto di aver perso il controllo nel luogo e nel momento sbagliato: lei gli faceva anche questo effetto. «No, sono io che ti chiedo scusa.» Poi, per alleggerire la tensione, aggiunse: «Bisogna mangiare cose molto salate quando si sale su una barca, anche se non ci si allontana. La frutta non va bene. Ricordamelo quando ti porterò davvero per mare. Mi piacerebbe fare qualche viaggio con te, ma non il prossimo, perché sarà di lavoro e la tratta non è delle più belle. Diciamo tra un mese».
    Aggiunse pure che avrebbe fatto piazzare una branda nuova e più grande.
    Beatrice sorrideva e in cuor suo lo amava ogni minuto di più, finché lui, in quel ragionamento tutto suo, non disse: «Sicuramente, lo faremo prima che tu possa restare incinta».
    Lei recuperò colore tutto d’un colpo.
    Parve che solo in quel momento lui si fosse accorto di star parlando con lei. «Ti stupisci? Guarda che ho intenzione di fare l’amore con te così tante volte che lo sarai presto.»
    Lei rise e scosse la testa con rassegnazione, andando a nascondere il volto contro la sua spalla. «Sei troppo… troppo audace. Te l’ho detto già questa mattina. Prima o poi, mi farai morire di vergogna.»
    Juan le accarezzò una gota e lei sentì più forte l’odore della salsedine, come se lui avesse un pugno di sale tra mani. «Sei felice di diventare un giorno madre?»
    Dio, quanto lo amava! Doveva trovare il coraggio di dirglielo, sì doveva farlo al più presto, ma ora le girava ancora la testa. «Certo.»
    «Anche se porterai un figlio mio?»
    «Ancor di più perché sarà figlio tuo.»
    Juan sentì una strana euforia sulla bocca, mentre la premeva forte sulla sua fronte di nuovo pallida e andava a recuperare il controllo dell’imbarcazione. Con quella esaltazione in corpo avrebbe potuto navigare tutta la notte e affrontare qualsiasi tempesta, ma il tragitto si ridusse a poche e semplici manovre per rientrare in porto.
    Quando si allontanarono dal pontile, lui era tornato ad indossare il gilet di raso scuro sulla camicia. Distinto ed elegante, come se qualcun altro avesse ammainato le vele e assicurata la barca.
    La ragazza diede una sistemata ai capelli e si accorse di aver lasciato il cappello sul sedile. Nei pochi attimi che servirono a Juan per risalire in coperta, lei si guardò intorno e vide che le chiazze di tufo e di verde su per la collina si stavano amalgamando in una massa più scura.
    Quando il suo sguardo vagò ad altezza d'uomo, si sentì addosso la curiosità di almeno dieci pescatori. Uno di questi si avvicinò a torso nudo e disse di avere una cassa di buon vino da regalare al Capitano. Lei non seppe che dire.
    «Fammela recapitare a casa mia. Me la berrò alla tua salute!» fece Juan giusto in tempo, dandogli una pacca sulla spalla.
    Tutti lo conoscevano da quelle parti.
    «Ancora congratulazioni, Capitano!»
    Qualcun altro diceva: «Avete portato la vostra signora a vedere il Satan? Complimenti!»
    «Ehi, Juan del Diablo, finalmente ti sei sposato!»
    Beatrice ebbe la sensazione che la strada del porto fosse la navata di una chiesa e che una seconda cerimonia fosse stata appena celebrata. Così tante congratulazioni non le avevano ricevute neppure il giorno prima.
    Quello era il mondo da cui lui veniva e lei lo attraversava con la voglia di librarsi in volo come un gabbiano, non per disdegnare le sue umili origini, ma per sorvolare tanto clamore. Era stato così anche in paese, fin dal loro fidanzamento. Bastava che camminassero a braccetto e calamitavano gli sguardi di tutti, di uomini con i cilindri e di donne con le bluse larghe. Solo i bambini ignoravano il loro passaggio, a meno che non fossero figli di pescatori e conoscessero la fama di Juan del Diablo.
    «Non esiste un’altra strada che porti verso casa, altrimenti te l’avrei risparmiata.»
    Beatrice disse di non preoccuparsi.
    «Ti dà fastidio che mi chiamino ancora Juan del Diablo?»
    Lei fece spallucce. Non lo sapeva. Forse, un giorno non ci avrebbe fatto più caso. «A te dà fastidio?»
    Lui rispose che quasi certamente non si sarebbe mai scrollato di dosso quel soprannome, che neppure il cognome altisonante degli Aleardi della Valle avrebbe avuto il potere di scalfirlo.
    «È come se lo avessi marchiato a fuoco sulla fronte.»
    Lei lo fissò e disse significativamente: «Io non vedo scritto nulla».
    Intanto, due ragazze con i gonnelloni colorati mormoravano tra loro e li fissavano. «Buonasera, Capitano.» Lo salutarono in coro con civetteria, scuotendo i fianchi mentre procedevano nella loro direzione. L’ultima risatina si perse dietro l’angolo scrostato di una bottega che vendeva terrecotte.
    Beatrice, allora, si staccò dal suo braccio e rivolse avanti a sé uno sguardo più severo del normale. Il veleno iniettato da Anna quel mattino rientrò in circolazione.
    Juan la fissò in tralice. Cos’era quella? Gelosia? Per due ragazze che nemmeno ricordava? O pensava che stessero ridendo di lei? «Quando si ride a quel modo è perché non si ha nulla di intelligente da dire.»
    «Sarò anche ingenua ed inesperta, ma per certe cose non so fino a che punto serva l’intelligenza.»
    Juan sogghignò. «Serve eccome quando si tratta di dover scegliere una sola donna tra tante.»
    A sue spese aveva imparato come la passione da sola portasse a scelte avventate. Per questo, era convinto di averci messo il cervello quando aveva scelto in pochi secondi di sposare lei. L’orgoglio, il cinismo, il sangue freddo. Aveva messo di tutto in quella scelta, per poi scoprire che c’erano solo la voglia e la speranza di poter essere amato da una come lei.
    Una vecchia accese una lanterna fuori la sua umile casa e un fascio di luce illuminò l’asfalto sempre più scuro. Neppure quando era alto, il sole riusciva a passare tra i rampicanti rigogliosi che univano i tetti in modo tale da farne sembrare uno solo.
    «Ti senti meglio? La testa ti gira ancora?» la riprese sotto il braccio e le sfiorò la mano con le labbra galantemente.
    Beatrice pensò che fosse meglio smaltire in fretta il veleno di Anna per evitare più danni e rispose di stare bene. D’improvviso, la sua attenzione fu attirata da una tenda completamente ricamata di conchiglie e di sassolini, piazzata davanti ad una porta lasciata aperta. Stavano per oltrepassarla quando un’ombra sbucò nel mezzo di quel tintinnio: «Ehi, bel Capitano, che fai? Passi oltre e non ti fai leggere le carte?»
    «Lasciami in pace, Flora!» fece Juan allegramente. «Non lo sai che mi sono sposato proprio ieri? L’ultima volta mi dicesti che non lo avrei mai fatto.»
    Beatrice si ritrovò davanti una cascata di riccioli neri, un ombelico che spuntava al di sotto di una blusa bianca e larga, che metteva in risalto la carnagione olivastra degli indigeni nativi. Le braccia erano coperte da bracciali intrecciati con altrettante conchiglie, tra cui canestrelli, dentali, lumachine, murici. Tra i gusci, ad intervalli più o meno regolari, brillavano perle autentiche. Sembrava una sirena, la cui pinna era stata trasformata per sortilegio in un paio di gambe umane.
    Era minuta e seducente, eppure c’era qualcosa nei suoi occhi scuri che non mise Beatrice in stato di allerta.
    «D’accordo. Non leggerò le carte. Tanto non ne ho bisogno. Certe sensazioni valgono molto più di un mazzo da mescolare, e se qualche volta sbaglio è perché il destino si mette di mezzo alle mie parole. Non allarmarti, ma voglio dirti che stanotte ho sognato niente di meno che la tua morte.»
    Beatrice si portò una mano al crocifisso che pendeva dal collo. «Per favore, Juan, andiamo via. Non crederai mica a queste cose?»
    La sirenetta si piantò davanti a lei e rovesciò le mani sui fianchi, facendo tintinnare tutto il mare che portava addosso. «Non abbiate paura di me, signora. Non vi mangio di certo. Il Capitano mi conosce bene e sa che non oserei mai mancare di rispetto a chi sta sotto il suo braccio.»
    Flora era una ragazza sola al mondo. Non era innamorata di Juan del Diablo. Forse, era tra le poche donne a non aver subito il fascino dei suoi occhi verdi. Lei non amava nessuno. Un solo uomo aveva amato e se lo era portato via il mare. Juan conosceva quel pescatore e passava da lei di tanto in tanto per salutarla. Con la scusa di farsi leggere le carte, lasciava degli spiccioli sulla tavola. Era una cara ragazza.
    «Ho portato mia moglie a vedere la mia barca. Ho trascorso un bellissimo pomeriggio nella baia e tu che fai? Mi dici di aver sognato la mia morte?» la canzonò l’altro.
    «Una morte che non era morte», fece lei seria. «Ho sognato anche due armi da fuoco, ma senza sangue che fosse versato.»
    Juan l’ascoltò con più interesse. «Avete molti nemici», disse spostando lo sguardo dall’uno all’altra. «Tutti e due.» Non aveva carte tra le mani. Sembrava trarre ispirazione da qualcosa che solo lei poteva vedere nell’aria. Per qualche istante nessuno fiatò. Si sentì solo il mare rumoreggiare più lontano, come se la donna avesse il potere di manovrarlo con i suoi bracciali. «No, non sarà affatto facile uscirne senza conseguenze. È tutto troppo ingarbugliato.»
    Beatrice stava per dire di non credere affatto ai sogni o alle carte quando da un crocicchio più avanti sbucò un’altra donna, con al seguito la cameriera.
    «Teresa…» mormorò come fosse stata colta in flagranza di reato.
    «Beatrice, ma che sorpresa! Che ci fai da queste parti?» Più o meno, aveva la stessa espressione di quando al mercato si imbatté in Anna camuffata con abiti del popolo.
    La ragazza, allontanandosi di più dal consorte, spiegò che Juan l’aveva portata a vedere la sua barca e adesso stavano tornando a casa.
    L’altra raccontò che la madre superiora, terminata la messa vespertina, le aveva chiesto la cortesia di portare delle focacce e altre provviste alla famiglia Serrano che abitava da quelle parti. La cameriera, infatti, reggeva sotto il braccio un cesto di vimini ormai vuoto.
    «Da quando è morto il marito, sono in grave difficoltà. Ti ricordi della signora? Puliva sempre l’altare della Vergine.»
    Beatrice rispose di ricordarla bene, anche se il periodo in cui frequentava assiduamente la parrocchia e adornava di fiori freschi i piedi delle statue, ancor prima del noviziato, le parve lontano nel tempo. D’improvviso, sentì un sussulto nel ventre, ma questa volta il mare non c’entrava niente. L’immagine di Juan nudo tra le candide lenzuola irruppe tra i ricordi dei salmi, degli inni, dell’incenso, e lei strinse un’altra volta il crocifisso al collo.
    «Non ti senti bene? Sembri strana», constatò Teresa. Ora che la guardava più attentamente, al fascio di luce della lanterna, si accorse che lei appariva diversa dal solito. Cambiata… avrebbe detto, ma non riuscì a capire da cosa dipendesse. Aveva spostato la frangetta, sì… ma c’era dell’altro.
    «Scusami, il mare mi ha fatto un po’ girare la testa. È stato un pomeriggio molto stancante.»
    Per un istante, il suo sguardo incrociò quello del marito, vagando nell’aria, attraversando gli oggetti e le teste di altri passanti, superando ogni altro ostacolo, nella perfetta sincronia del tempo e dello spazio. Solo due innamorati sono capaci di indovinare l’attimo giusto.
    «Ma quella non è la cartomante?» fece sottovoce Teresa da dietro il ventaglio.
    Beatrice, stranamente turbata, ritornò a fissare l’amica e si inventò che la donna li aveva fermati fuori il suo uscio e che Juan stava cercando di liberarsene con… garbo.
    Mentre le due amiche discutevano, Flora se ne era approfittata per dire a Juan: «È molto bella tua moglie. Non potevi scegliere di meglio. Mi ha fatto un’ottima impressione, anche se sta troppo sulle sue. Elegante, raffinata, perbene…»
    «Sì e tu l’hai spaventata», la riprese, abbassando di nuovo lo sguardo su di lei.
    La ragazza incrociò le braccia. «Se mi aveste fatto finire di parlare, vi avrei detto che, nonostante tutto, vedo un futuro roseo per entrambi. Non sarà imminente, ma prima o poi arriverà.»
    Juan stava per tirare qualcosa dalle tasche quando la ragazza si alzò sulle punte e gli disse all’orecchio, scandendo con tutti i denti, simili ad altre perle: «Diglielo».
    «Dire cosa?»
    «Davvero non hai capito?»
    Juan incominciò a perdere la pazienza. «Si può sapere di cosa stai parlando?» sibilò.
    «Dille che sei innamorato, stupido.»
    «E questo lo avresti visto in sogno o nelle carte?» la guardò sottecchi. Juan incominciò a prendere in considerazione le abilità di quella ragazza per la prima volta da quando la conosceva.
    «Non ce ne era bisogno. Ho visto come la osservi. Quegli sguardi me li ricordo ancora. Come non ci fosse altro sulla faccia della terra», disse malinconicamente. «Diglielo, Juan, diglielo. Non serve a nulla perdere tempo. Quello che ora nascondi potrebbe non servire al momento debito.»
    Senza poter replicare niente, Juan la vide svanire tra il tintinnio delle conchiglie e dei sassi della tenda, come una sirena inghiottita dalle onde, alla ricerca tormentata di antichi ricordi.
    In quella porta oscura Juan vide l’abisso della propria coscienza. Toccò il fondo e risalì in superficie aggrappato ad una sola convinzione: glielo avrebbe detto sì, ma solo quando fosse stato sicuro dei sentimenti dell’altra.
    Ancora inquieto, si avvicinò alle due donne e Beatrice con un po’ di imbarazzo gli domandò se si ricordava di Teresa. «C’era anche lei a Campo Real quando… ecco… quando arrivasti quel giorno, e ieri era alla nostra cerimonia.»
    L’uomo si limitò ad un laconico buonasera e dimenticò il baciamano.
    Teresa, assai a disagio, si affrettò a congedarsi.
    «Vienimi a trovare uno di questi giorni», disse Beatrice.
    Lei rispose, senza troppa convinzione, che lo avrebbe fatto non appena le fosse stato possibile.
    Quando i due novelli sposi ripresero il cammino e i passi delle altre due donne si attutirono nella direzione opposta, Juan chiese: «Pensi che verrà?»
    «No, non credo.»
    «Cosa te lo fa pensare?»
    Lei rispose che era solo una sensazione.
    «Non verrà per colpa mia, vero?»
    «Se questa dovesse essere la ragione, vorrà dire che farò tranquillamente a meno della sua amicizia.»
    Quando raggiunsero la piazza, il sole volgeva ormai al tramonto, ma c’era più luce nell’aria di quanta ce ne fosse tra i vicoli del porto.
    Beatrice si ricordò di quella sirena con le gambe che li aveva fermati poc’anzi e gli chiese come fosse andata a finire e cosa volesse da loro.
    Juan spiegò che Flora era esattamete come si era presentata, brusca e senza peli sulla lingua, ma era una brava ragazza. «Ha pochi mezzi e, per tirare a campare, si è inventata di avere…come si dice… dei poteri. Se ci pensi, è di gran lunga meglio leggere le carte che mettersi a fare altro. Non credi?», e gli venne in mente quell’altro problema che si era portato fin sotto il suo stesso tetto. Che errore madornale aveva fatto!
    «Ha detto delle cose terribili. Non ci crederai davvero? Si commette peccato. Sarà pure una brava persona, ma è stregoneria.»
    Juan rivelò che, alla fine, aveva detto che sarebbero stati felici.
    «Non c’è bisogno che me lo dica una maga. Io credo che davvero saremo felici», disse lei con fiducia varcando il cancello di casa.
    Juan se lo chiuse alle spalle e il rumore lo destò da una specie di sogno ad occhi aperti. «Lo pensi davvero?»
    Il vialetto profumava di tuberose dai fiori bianchi e argentei. Il loro effluvio voluttuoso, più intenso al tramonto, così narcotico da far credere agli antichi che potesse indurre alla tentazione le fanciulle, avvolse i loro corpi come in un sortilegio e li predispose a quella seconda notte da passare insieme.
    «Tu credi di no?» Beatrice, passando accanto, sfiorò con la gonna uno dei boccioli ancora chiusi.
    Doveva trovare il coraggio di dirgli che l’amava. Lo amava talmente tanto che temeva che il suo cuore esplodesse di felicità. Sì, glielo doveva dire, ma non lì fuori, dove le tuberose ammaliarono i suoi sensi, ma non piegarono il pudore.
    «Dipende cosa tu intendi per “…essere felici”.»
    «Non lo so… penso che la felicità sia nelle piccole cose. Può essere su una barca al tramonto o anche in un giorno di pioggia.»
    La vetrata di ingresso vibrò dopo il loro passaggio. Dalla cucina proveniva adesso un buon odore di brodo di verdure, ma loro non avevano fame.
    «E cosa fa la differenza?» domandò lui.
    Beatrice rispose che, almeno per lei, non c’era alcuna differenza. «L’importante è essere con la persona giusta.»
    Juan fissò la sua indecifrabile schiena. Insieme imboccarono il corridoio che portava in camera da letto. «Mi stai dicendo che ti è piaciuto questo pomeriggio in mia compagnia? Che sarebbe stata la stessa cosa se ti fossi trovata nel mezzo di una tempesta?»
    La porta della stanza era già aperta.
    Lei ripensò al malessere avuto a bordo e finì per ridere.
    «È molto bella la tua barca…»
    Eccola, la felicità!


    FINE

     
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    Bel racconto! Penso che io e te siamo molto simili nel volere, tramite la scrittura, completare e perfezionare la storia... per questo i chiarimenti ed il confronto sul passato, sul presente e sul futuro del loro rapporto mi hanno lasciata molto soddisfatta!
    Azzeccatissima la scena del percorso tra la gente del porto ed anche il personaggio della cartomante!
    Giusto anche l’inserimento di Teresa ed il commento che giustifica la sua sparizione dalla scena.
     
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    Grazie Claire.
    Mi piacciono molto i confronti tra il passato ed il presente, tra quel marinaio rude che la guardò sfacciato la prima volta e l'uomo che con grande premura l'ha fatta diventare donna.

    Teresa... sì, un vero mistero la sua sparizione.
    E' stata confidente di Beatrice in un periodo assai triste della sua vita, ma poi non si è vista più.
    Evidentemente, non c'era spazio per altre confidenze tra le due amiche e il suo personaggio è stato ritenuto inutile nella prosecuzione della trama.
    A metà della storia, Caterina rinfaccia a Juan che per colpa sua Beatrice ha perso tutte le sue amicizie.
    Quindi, penso che il riferimento fosse anche per questa amica svanita nel nulla dopo il matrimonio.
     
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    Bravissima Lilly, come sempre!!!
     
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    Grazie Saretta
     
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    Bellissimo come sempre!

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    Lily,scrivi così bene...che il mio sembra un raccontino ino ino...
    Mi è piaciuta molto l'idea della cartomante...ha dato degli spunti narrativi davvero buoni!
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    Mi hai fatto venire voglia di rivedere le puntate... per l’ennesima volta... 😂
     
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    CITAZIONE (Fogliarella @ 16/9/2019, 18:50) 
    Lily,scrivi così bene...che il mio sembra un raccontino ino ino...
    Mi è piaciuta molto l'idea della cartomante...ha dato degli spunti narrativi davvero buoni!
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    Ma no! Dai!
    La verità è che io scrivo da tanti anni.
    E' un allenamento continuo. Tutto qui.
     
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    Bel racconto davvero, Lilly.
    Juan e Beatrice sono proprio loro, con un tocco in più, un po' di quello che sarebbero dovuti essere.
    Mi sono piaciuti molto i diversi ambienti in cui si svolge la storia e , come Claire, sono rimasta colpita dall'accoglienza che la coppia riceve sulla strada del porto
    "Beatrice ebbe la sensazione che la strada del porto fosse la navata di una chiesa e che una seconda cerimonia fosse stata appena celebrata. Così tante congratulazioni non le avevano ricevute neppure il giorno prima."
    La mia natura è troppo sostanzialmente democratica per non appprezzare al massimo i tratti di nobiltà che traspaiono in questa gente del popolo 160sjdk_50
    Brava, chicca. Mi sei piaciuta molto
     
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    Ancoratu, immensamente grazie anche a te.
    Cosa intendi con ..."un pò di quello che sarebbero dovuti essere?"
    Sono curiosa... ^_^
     
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    Juan è più paziente, Beatrice più sicura di sé
    Probabilmente se fossero stati un po' più così, sarebbero stati felici più presto.... e CS non sarebbe esistito.
    Sono un po' di corsa, ma tanto ci torneremo
     
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    CITAZIONE (ancoratu. @ 17/9/2019, 14:06) 
    Juan è più paziente, Beatrice più sicura di sé
    Probabilmente se fossero stati un po' più così, sarebbero stati felici più presto.... e CS non sarebbe esistito.
    Sono un po' di corsa, ma tanto ci torneremo

    Ti dirò... io Beatrice la trovo abbastanza "audace" in questa fase.
    Non mi riferisco al sesso, ma nell'esternare i suoi sentimenti.
    Lei gli confessa di amarlo il giorno seguente il matrimonio.
    Glielo dice con candore e con gli occhi gonfi di lacrime, quasi come se avesse avuto il bisogno di liberarsi di quel segreto.
    Dopo aver ricevuto la visita della madre qualche giorno dopo, racconta a Juan di averle detto di essere felice e lo è per davvero, raggiante e piena di fiducia.
    Juan lo trovo un tantinello ingiusto quando si lamenta con l'avv. Manera dicendo che lei è una di poche parole e che non sa mai che cosa stia pensando, ma è chiaro che a offuscargli la mente è la gelosia.
     
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    Bellissimo racconto, mi è piaciuto davvero tanto. Sei davvero brava a scrivere.
     
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