"Alla deriva"

Un racconto di Lilly81 dedicato a Cuore Selvaggio

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    Questo racconto non è stato scritto a scopo di lucro. I personaggi di Juan e Monica non sono i miei, ma questo scritto lo è. Qualsiasi attribuzione a nome altrui è da considerarsi plagio.


    “Alla deriva”



    di Lilly81



    D'accordo.
    Era disposto ad aspettare ancora, per quanto la pazienza non fosse mai appartenuta ad uno soprannominato Juan del Diablo.
    Ancora una volta, lei gli tirava fuori dal corpo tesori sommersi sul fondo del mare.
    Sembrava che ella sapesse il punto preciso in cui il mare li aveva sepolti e le bastasse un soffio leggero di brezza per farli risalire a galla.
    Ci riusciva senza aver mai visto da vicino le molte tempeste che lo avevano attraversato, se non una, la più terribile di tutte, quando furioso giunse in Campo Real, e fu lei a governarla con la sola forza del suo spirito, come solo ad un’entità soprannaturale si addice.
    Perciò, se era riuscita a fermare la rabbia di allora, lui la riteneva capace di affrontare qualsiasi sua tempesta o addirittura di deviarne il percorso.
    Eppure, Juan non aveva mai immaginato che si potesse annegare nelle acque limpide e tranquille che si generavano alla sua presenza.
    Era dolce Monica e gli piaceva naufragarci dentro.
    Eccome gli piaceva.
    Lei abbassava lo sguardo timido e lui sentiva una corrente nuova che lo trascinava piano piano alla deriva.
    Lei parlava poco e lui tentava di capire dove fosse la fonte.
    Lei si lasciava baciare e lui sentiva il mare ribollirgli intorno.
    Lei chiedeva di avere pazienza e lui si lasciava annegare ai suoi piedi in un palmo d'acqua.
    Sembrava esserci riuscita anche questa volta a tenerlo a bada.
    L'uomo si alzò da tavola senza aver ricavato altro che il disappunto di sapere che sua moglie aveva paura di lui.
    Glielo aveva detto chiaramente.
    Ora, non sapeva quale delle due cose fosse peggio.
    Che lei non riuscisse ancora ad ammettere di aver sofferto per colpa di Andres o la poca fiducia che riponeva in lui e nella sua capacità di comprenderla.
    Eppure, aveva fatto di tutto per metterla a suo agio, in qualunque momento della giornata, qualunque punto della casa condividessero, di giorno o di sera, la mensa o il letto.
    Le aveva dato la libertà di ragionare con la propria testa, persino di ribellarsi ad una sua decisione, ma Monica non era un libro aperto.
    Lui aveva sfogliato molte pagine, in verità, come a nessuno era stato concesso ma, arrivato nel mezzo, non era stato più capace di decifrarne la scrittura.
    Non si accorgeva Juan che, se solo avesse guardato meglio, avrebbe scoperto che l’inchiostro stava sbiadendo già da un po’ di tempo e che quelle pagine di vita per Monica non significavano più niente.
    La ragazza si umettò le labbra e sul tovagliolo restò l'impronta della cioccolata calda.
    Gli ricordò che era la festa del santo patrono. Non era riuscita ad andare alla messa vespertina, ma le sarebbe piaciuto prendere parte alla processione serale con le reliquie.
    Non se ne era mai persa una da quando era bambina.
    Era una tradizione importante, di quelle dove accorreva gente dai villaggi vicini e il piccolo borgo brulicava come un covo di formiche.
    Le signorine perbene si ritiravano quando le reliquie venivano riposte sull'altare, ai piedi della statua, ma per il resto della povera gente era una notte di balli, di baldorie, di rum rovesciato a fiotti nei bicchieri, di bancarelle allestite nella piazza provenienti dalle isole vicine.
    «Puoi farti accompagnare da Meche o da Azucena.»
    «Preferisco che sia Meche», rispose senza neanche pensarci.
    Juan si accorse di essere stato brusco e ritornò sui suoi passi.
    «Mi dispiace non accompagnarti, ma queste cose non fanno per me».
    Con tutto il rispetto per il santo e le tradizioni: «Lo sai che non amo la confusione.»
    Aggiunse che sarebbe andato alla taverna e poi si sarebbe ritirato.
    Lei sorrise e disse di non preoccuparsi. Stava per domandargli se la taverna fosse un luogo silenzioso e tranquillo, ma lasciò perdere e ingoiò la delusione con un ultimo sorso di cioccolato.
    «Tornerò non appena finirà la processione».
    Questa si dislocava nel consueto percorso che dalla chiesa arrivava alla torre con l'orologio.
    Andata e ritorno.
    Pater Noster, Gloria Patri, Ave Maria.
    I fedeli portavano candele tra le mani e cantavano inni popolari.
    Quando Monica raggiunse la processione, i devoti avevano già compiuto un tratto di strada. Si unì in compagnia di Meche e coprì il capo con il velo di organza.
    Seppe, per altro, che non sarebbero passati per la zona del mercato, perché dei nuvoloni si addensavano a ovest e padre Domingo temeva di non arrivare in tempo in chiesa.
    Pater noster, Gloria Patri, Ave Maria.
    Tra la folla scorse un po’ più avanti l’amica Teresa, ma quando si accorse che lei rispondeva al suo cenno della mano con un altro meno caloroso e che continuava ad avanzare per conto suo, rinunciò a raggiungerla.
    Abbassò la testa e per un tratto sentì solo il rumore di centinaia di scarpe percuotere la strada.
    «…santificetur nomen tuum. Adveniat regnum tuum…»
    Le sue labbra si muovevano senza agganciare il flusso dei pensieri.
    Una cascata di petali bianchi, sospinta dal vento, si rovesciò al suo passaggio da una finestra spalancata e parve allora risvegliarsi. Si tolse il velo, lo scrollò un po’ e poi tornò a posarlo sul capo.
    Meche, devota al suo fianco, ripulì la sua camiciola battendola come avrebbe fatto con una tovaglia piena di briciole.
    La processione girò dall’alto intorno alla baia e da quel punto il paesaggio serale appariva come un insieme di fiaccole, come se la processione fosse infinita e arrivasse fino al mare e qualcuno procedesse per conto suo col dono di camminare sulle acque.
    Monica osservò il panorama, recuperando il filo delle preghiere e sentendo in fondo al cuore la pace più importante, quella con se stessi.
    La folla alzava le candele e cantava più forte.
    I chierichetti furono i primi a salire la gradinata della chiesa.
    Il brusio, che prima si disperdeva nell’aria, crebbe come un sussulto improvviso della navata che parve far tremare le colonne.
    Le campane scampanellavano da fuori a festa.
    L’odore dell’incenso, che prima si mescolava a quello delle boungaville che dipingevano di schizzi viola e rossi i profili delle case quando era giorno, si fece fortissimo.
    Faceva caldo lì dentro.
    Molti spensero le candele e incominciarono a sventolare i ventagli.
    Anche Monica tirò il suo dalla borsetta.
    Meche asciugava la fronte perlata di sudore con il dorso della mano.
    «Benedetto sia sempre il tuo nome, o Santo del Signore…», recitava padre Domingo.
    Quando Monica si rese conto che la calca era troppa e che non sarebbe riuscita a baciare le reliquie neppure quest’anno, fece cenno a Meche di uscire.
    «Sia lodato Gesù Cristo!»
    «E sempre sia lodato!».
    L’aria più fresca all’esterno le fece sorridere entrambe e recuperare un po’ di fiato.
    Il ventaglio ed il velo finirono nella borsetta di stoffa coordinata con il vestito azzurro.
    «E’ la prima volta che riesco a venirci, signora. A Campo Real ne ho sempre sentito parlare, ma non pensavo ci fosse tutta questa gente.»
    La piazza brulicava di cilindri importanti, di bluse variopinte. Gente povera e ricca, senza distinzioni, accalcava le bancarelle.
    Si vendeva di tutto.
    Stoffe pregiate, profumi, pappagalli tropicali, nocciole zuccherate, chincaglierie.
    A Monica colpì solo un’esposizione ed era quella che vendeva miele proveniente da Santo Domingo. Per farcire i biscotti che avrebbe preparato l’indomani insieme a Meche, occorrevano un paio di quei vasetti dal colore dell’oro liquefatto.
    «Date a me, signora». La domestica prese i barattoli e Monica poggiò le monete sul banco, dopo averlo raggiunto quasi a bracciate.
    L’orologio della torre batté le dieci e trenta con un minuto di anticipo.
    In fondo alla strada proveniva il baccano delle trombe e delle vihuele.
    «Torniamo a casa», disse.
    Non si era mai inoltrata in quel vortice di suoni, di mani e di piedi che battevano al ritmo del folklore, e neppure questa volta si lasciò adescare. Ricordava bene certe raccomandazioni della madre e delle suore, anni addietro, sulla perdizione di quelle danze e sull’ora inopportuna.
    Quando si voltò, urtò contro la spalla di qualcuno e restò a fissare quell’uomo senza dire nulla, solo un po’ sorpresa.
    Fu lui a parlare per primo: «Puoi andare», si rivolse a Meche, senza togliere gli occhi di dosso all’altra. «Faccio io compagnia alla signora».
    Monica sorrise e per il modo affettuoso con cui si mise al suo braccio, Juan esclamò: «Potevi dirmelo che ti faceva piacere che venissi anche io».
    «Hai detto che non ami la confusione.»
    Juan ricordava di averle sentito dire che neppure a lei piaceva.
    Lo aveva dichiarato durante una cena in Campo Real.
    Aimeé parlava di Città del Messico, delle sue feste, della voglia matta che aveva di ritornarci. Parlava col suo fare da civetta e col vuoto del suo animo non gli trasmetteva più niente.
    Monica, invece, si era limitata a raccontare di essere stata poche volte nella Capitale e che, in ogni caso, preferiva vivere in un piccolo borgo come San Pedro, amando la tranquillità delle sue stradine, il verde intenso della vegetazione, l’odore del mare che andava di tanto in tanto ad annusare di buon mattino fuori la sua casa.
    Parlava timidamente, solo per rispondere ad una domanda di Alberto de la Serna, senza guardare in faccia nessuno dei commensali, e Juan pensava, tra le tante cose, che sarebbe stato bello avere una donna al fianco come lei.
    Tra le candele accese aveva incrociato soltanto il suo di sguardo e lei aveva abbassato le ciglia arrossendo un poco e con un sussulto interiore che, per sua fortuna, nessuno aveva sentito.
    «E’ che stavo cercando, appunto, di uscirne sana e salva. Ma dove stiamo andando?».
    «Quattro passi. Poi, torniamo indietro. Tanto, qui tra poco si scatenerà il panico.»
    Lei chiese il perché.
    Il giovane accennò ai fulmini che venivano da dietro la montagna, ciò nonostante, continuò ad avanzare con calma, stimando, da uomo esperto di mare, almeno tre quarti d’ora di vantaggio.
    Lui aveva tanto di quel carisma nel portamento che sembrava fare differenza anche tra tutta quella gente e di quella luce che egli emanava si sentiva inondata anche lei, nonostante fosse esattamente l’opposto, perché la faccia scurita dal sole di Juan quasi non si scorgeva alla luce tremula delle lampade, mentre il chiarore della pelle dell’altra risaltava al suo fianco.
    Monica si sentiva importante aggrappata a quel braccio e Juan provava un certo orgoglio maschio a tenerla vicino, sicché entrambi traevano nuova linfa l’uno dall’altra e diventavano una sola cosa.
    Erano belli assieme. Sembrava che la natura avesse scelto due individui completamente diversi tra loro, nel corpo e nel temperamento, per dimostrare quanto fosse variegata e generosa anche verso gli esseri umani, come lo era per i fiori dei campi.
    Juan si fermò davanti ad un banco che vendeva cappelli. Ad occhio indovinò l’ottima manifattura e la provenienza dall’isola di Santa Lucia. Se ne intendeva di quella roba.
    «Perché non ne scegli uno?»
    Lei sorrise tentata, ma poi, tutta imbarazzata, disse che non era necessario. Erano molto costosi.
    «Sei una donna strana, Monica. Avanti… prendine uno!»
    L’ambulante lo scelse al suo posto e disse che era perfetto per la signora.
    Monica pensò ad un altro vestito azzurro che conservava nell’armadio e che ancora non aveva avuto occasione di indossare. Sembrava essere proprio il cappello giusto.
    Quando Juan glielo mise sul capo, lei scoppiò a ridere.
    Lui restò a fissarla un po’.
    Era adorabile sua moglie.
    Alcuni ambulanti urlavano anche fuori la taverna del Tuerto.
    Stavano passando proprio da quelle parti quando lei ebbe il coraggio di fargli una domanda un tantino irriverente: «E’ un luogo tranquillo lì dentro?»
    Juan non comprese: «In che senso?»
    «Dici di non amare la confusione, per cui mi viene da pensare che lì dentro sia un posto… tranquillo».
    «Scambio solo qualche chiacchiera. Al massimo un bicchierino di rum. Una briscola a quattro. Sono stato in posti peggiori».
    Lei osò ancora, dopo una lunga pausa: «E ci sono solo uomini?»
    Juan fece una specie di fischio e rise. «Signora, a che cosa precisamente state alludendo? Non è quel posto lì e io sono un uomo da poco sposato. Felicemente», aggiunse sfiorandole la mano con le labbra.
    Lei sentì una strana euforia in corpo e alcuni timori scivolare via ed essere calpestati sotto le scarpe di centinaia di gente.
    Si rendeva conto di non poter avere il controllo su un uomo come lui, ma era qualcosa che andava oltre il giuramento di fedeltà fatto davanti a Dio.
    Monica sentiva di non poter accettare che lui facesse ad altre donne quello che faceva a lei; tuttavia, la rassicurava la percezione che Juan desse qualcosa, in quei momenti, destinato solo ed esclusivamente a lei.
    Sentiva che lui metteva rispetto per ogni carezza più ardita; che avesse il fiato sospeso su ogni suo fremito; che pendesse dalla sua bocca dischiusa; consegnasse l’intera vita alle sue mani pure e inesperte; che, tra tante donne sulla faccia della terra, lui avrebbe continuato a scegliere sempre e soltanto lei e non perché era sua moglie.
    Juan stava per domandarle se fosse per gelosia che glielo stava chiedendo, ma furono costretti a fermare bruscamente il passo perché più avanti si sentirono delle urla e un frantumarsi di cocci simile ad uno scoppio.
    Un battibecco tra due uomini.
    La bancarella rovesciata che vendeva terrecotte.
    Gli spintoni diventarono quattro, poi otto, poi dieci.
    Ed ecco che la fiumana di gente diventò una marea fuori controllo.
    Era impossibile andare avanti e tornare indietro.
    Juan la tirò per un braccio e imboccò un vicolo laterale più scuro.
    «Ora capisci perché non amo la confusione? Perché si perdono le staffe facilmente e quelli con la testa calda come la mia ci rimettono sempre. Perciò, preferisco tenermi alla larga».
    «Dove stiamo andando?»
    Lui spiegò che conveniva tagliare per il porto e poi risalire dall’altra parte.
    «Il porto? Non è pericoloso a quest’ora?» cercava di vedere dove stesse mettendo i piedi.
    Juan sorrise. Forse, non aveva idea con chi stava camminando.
    Dopo alcuni minuti, i suoni delle trombe e delle vihuele divennero un’eco in lontananza, insieme alla zuffa che le guardie stavano tentando di sedare a suon di bastonate, e si sentirono solo i loro passi sui sudici sampietrini.
    Juan conosceva quel posto come le sue tasche.
    Lei più volte cercò di scrutare il suo volto alla fioca luce dei lampioni e vide che era tranquillo, come fosse pieno giorno e il posto brulicasse di pescatori.
    Si sentì, invece, solo una bottiglia frantumata e un gatto che scappava in preda allo spavento.
    La ragazza si strinse di più al suo braccio.
    La torre con l’orologio batté le undici e a loro giunsero solo gli ultimi rintocchi.
    Una prostituta lavorava dietro un muro, ma Monica neppure se ne accorse.
    Ed ecco che un’ombra incominciò ad andare loro dietro, ma riconoscendo la sagoma inconfondibile di Juan del Diablo, ripose il coltello in tasca e ritornò nell’oscurità da dove era venuto.
    A metà del percorso si sentì solo un: “Ehi! Juan del Diablo! Vai a prendere il largo con la tua signora a quest’ora? Non sarai mica ubriaco? Non lo vedi il tempo?”
    La voce proveniva da dietro qualche barca, ma Monica non riuscì ad intravedere alcuna forma umana, sicché sembrava che fosse stata la barca stessa a parlare.
    Juan si fece una risata, riconoscendo una voce a lui familiare e gli disse bonariamente di badare agli affari suoi.
    Le barche ormeggiate si agitavano irrequiete sull’acqua.
    Era un’orchestra di cigolii più o meno coordinati tra loro. Il vento faceva da maestro, stabilendo la velocità dei movimenti.
    Un andante.
    Poi, un allegro.
    Poi, di nuovo un andante.
    D’improvviso, un fulmine più forte di tutti illuminò la baia.
    L’orchestra riprese più forte e ai cigolii si unirono il rumore di alcune gocce di pioggia.
    Una barca se ne stava guardinga e insolente tra altre, identica al suo padrone.
    «Monica, devi correre! Forza!»
    La ragazza si sentì letteralmente trascinare, senza capire dove. Non c’erano ripari, casa loro era lontana e la banchina le parve il luogo più assurdo verso il quale fuggire.
    Un fulmine illuminò il nome inciso a fuoco sul fianco del Satan.
    La testa di lucifero le gettò dall’alto un’occhiata terribile che la fece sobbalzare di paura più del tuono che seguì e in men che non si dica, senza accorgersi del come, si ritrovò al suo cospetto.
    Juan le urlò di scendere sottocoperta e lei obbedì.
    Poi, una pioggia violentissima si abbatté su loro, sull’intera San Pedro, sulle bancarelle, i pappagalli tropicali, i cappelli, le vihuele e le trombe, sulle terrecotte che qualcuno aveva già rovesciato durante la rissa, sugli addobbi floreali allestiti per il Santo.
    Monica si ritrovò nella pancia della barca al buio e sentì come se dovesse trattenere il fiato, ma non era sott’acqua, anche se sembrava che il mare intero si stesse rovesciando su di loro.
    L’uomo la raggiunse dopo qualche minuto, il tempo di accertarsi che l’ancora fosse ben fissata.
    A Monica parve un’eternità.
    Quando Juan riuscì ad accendere la luce fioca appesa ad un filo, illuminò un volto sconvolto e impallidito.
    Lui era completamente fradicio, ma incominciò all’improvviso a ridere.
    Se la rideva di gusto e lei non capiva.
    La ragazza lo osservava chiedendosi in quale mondo fosse mai finita e se quell’uomo fosse sempre suo marito.
    «Questa sì che è una tempesta! Se l’avessimo beccata in mare, non sarebbero bastate tutte le preghiere che hai fatto stasera!»
    «E chi ti dice che qui siamo al sicuro? Non siamo, forse, in mare?».
    Monica stringeva ancora il cappello tra le mani che lui le aveva regalato. Lo stringeva così forte che stava per deformare la visiera.
    «Siamo ormeggiati in un porto. La baia ci protegge. La tempesta viene dalla montagna, non dal mare. Che vuoi che succeda? Mi dispiace, non avevo altra soluzione. Benvenuta a bordo», fece secco.
    In verità, lei ci era già stata appena qualche giorno prima, ma il Satan era stato più accogliente in quell’occasione.
    La lampada rischiarava, oscillando di qua e di là, le stesse pareti, lo scrittoio, la branda, alcune casse. Tutto sapeva ancora di legno riarso dal sole, di salsedine incrostata, di tabacco vecchio, ma adesso sembrava che ogni cosa si sarebbe dissolta a breve, compresi loro due, perché il rumore della grandine sembrava simile a raffiche di fucili di un plotone d’esecuzione.
    «E se restiamo bloccati qui tutta la notte?»
    Juan incominciò a sfilarsi la giacca e la camicia. «Non vedo dove sia il problema. Potrai sempre dire che hai passato la notte con tuo marito sulla sua barca».
    Questo riferimento la rassicurò sul fatto che non stesse sognando, che non fosse finita su una nave pirata e che quell’uomo fosse lo stesso che aveva da poco sposato.
    “Ora capisci perché non ho organizzato il viaggio di nozze? La stagione non è ideale. Voglio aspettare tempi migliori e avere una barca più grande. Il Satan è tutto qua.”
    Aprì una cassa e incominciò a rovistare all’interno. Tirò fuori gli abiti che usava quando usciva per mare.
    Quando si mise addosso quella camicia con i lacci, Monica si ricordò della prima volta in cui lo incontrò nella stanza di sua sorella. Sembrava che fosse entrato dalla stessa finestra. Aveva la stessa imponenza.
    Quanto lo aveva detestato!
    Era quando, disposta a mortificare se stessa in abiti monacali, pretendeva di non sentirsi più donna, ma lui gliel’aveva ricordato semplicemente per come l’aveva guardata fin dentro gli occhi, ancor prima di aprire bocca.
    Ebbe un sussulto quando si sentì dire: «Ti conviene togliere i vestiti se sono bagnati. Non so quanto tempo dobbiamo restare qui, ma non ti fa bene averli addosso».
    La ragazza rispose di non essere bagnata quanto lui.
    Il capitano, allora, sistemò prima la cassa e poi la squadrò.
    L’abito azzurro aveva cambiato colore proprio all’altezza delle spalle e il merletto vaporoso della scollatura si era ridotto a un cencio arricciato.
    Juan afferrò al volo il problema. «Ti vergogni perché siamo su una barca?», si mise a cercare con nervosismo, in un’altra cassa, una bottiglia di acqua. «Che differenza passa con una stanza da letto? Siamo io e te. Come non ti avessi vista senza! Anche questa è casa mia e mi spiace che non sia alla tua altezza. Saresti stata più a tuo agio su un transatlantico? Mi sembrano dei pregiudizi sciocchi…» e avrebbe ancora continuato a cantargliene quattro se non fosse stato che, nel voltarsi, vide il suo abito gettato per dispetto sulla branda e la sua sottoveste bianca emergere nella penombra come spuma di mare a mezzanotte.
    Juan fissò la sua schiena e provò soggezione per quella dignità ferita che stava attraversando tutta la spina dorsale, malgrado il corsetto stretto.
    Allora, disse una cosa che suonò più o meno come una scusa: «Posso darti la mia camicia se vuoi».
    Monica si andò a sedere sulla branda. Il lenzuolo che la rivestiva le parve in buone condizioni.
    «Non è necessario. Fa abbastanza caldo qui sotto».
    Un tuono rimbombò nel cielo. La pioggia continuava a sferzare il Satan e a renderlo irrequieto quanto lei, che tornò a rialzarsi.
    Juan si ritrovò tra le mani solo una bottiglia di rum e, poiché non gli parve il caso, cercò di dimenticare la sete. Incrociò le braccia e si sedette sullo scrittoio.
    Lei era distante. In balia di chissà quali onde, aveva la mano aggrappata alla maniglia di un baule ammassato su di un altro. Juan non ricordava cosa ci fosse là dentro.
    «Ti conviene avvicinarti di più dalla mia parte».
    Monica lo guardò.
    «Perché?»
    «Perché se la barca incomincia a caricare acqua, lo fa proprio da quel lato. E’ meglio che vieni vicino a me. Sei più al sicuro. Avanti…», le fece un cenno da canaglia con la mano.
    Ma lei restò sulle sue. Non aveva voglia di scherzare. «Quanto credi che durerà? Che cosa facciamo adesso?»
    Juan sollevò un sopracciglio un po’ perplesso. In mezzo al diluvio parve sentirsi lo schiocco della lingua sotto il palato quando disse: «Potremmo parlare».
    Lei disse che avrebbe fatto fatica anche solo a sentirlo con tutto quello che si stava scatenando fuori.
    «Sei una donna che parla molto poco. Ancora devo capire se questo sia un bene o un male per un marito.»
    Era davanti a questi dubbi che Monica sentiva di fare dei passi indietro e che la magia di quei primi giorni da sposati si spezzava d’improvviso. Certe sue osservazioni la ferivano, come si era sentita ferita quando aveva capito che a lui non importava un bel niente di come era stata educata e di quello che sapeva fare.
    «Ti riferisci a quello che ci siamo detti a tavola, non è così?»
    Non fece più caso ai lampi che rimbalzavano nell’aria oscura tra il mare e la montagna e ai tuoni che sembravano circoscrivere il mondo intero in quello spazio.
    Juan non rispose, finché non si sentì dire: «Sei ingiusto».
    Bene. Era quello che lui voleva. Aveva toccato la molla giusta, forse.
    Ora sembrava che la ragazza si fosse abituata al movimento della barca e che la luce dei lampi che entrava fin dentro fosse una cosa molto distante da loro.
    «Perché sarei ingiusto?» si rigirò questa parola tra i denti, per provare a dargli la giusta consistenza.
    Lei continuò a restare nella penombra.
    «Ti ho detto che ti amo, ma evidentemente non ti basta.»
    Juan cercò di non sbagliare. Non poteva permettersi passi falsi e far richiudere quel varco inaspettato.
    «Non è che non lo credo. Mi domando solo come sia possibile».
    «Hai così poca considerazione di te? Perché non dovrei amarti?»
    E allora lui venne subito al sodo. «Tu amavi un altro. E quella persona è molto diversa da me».
    Monica si portò più avanti e la luce tremula scavò nuove ombre tra i suoi capelli e il suo corpo snello.
    «E con questo? Non può finire un amore? Anche tu seguiti ad amare mia sorella?»
    «Il mio amore finì a Campo Real e tu lo sai molto bene».
    «E perché non dovrebbe essere successa la stessa cosa a me?»
    «Quando? Quando sarebbe successo?» Juan sentiva che quel dubbio gli toglieva il respiro. Per poco non afferrò la bottiglia di rum per dare tregua alla gola.
    «Non vedo perché dovrei dare spiegazioni su questa barca. Non mi sembra né il momento né il luogo giusto».
    «Cosa ha di strano questa barca? Non sono sempre la stessa persona qui sopra?»
    Monica non rispose.
    Allora, lui fece un sorriso amaro. «E’ perché quando sono su questa barca, torno ad essere Juan del Diablo. Non è così?»
    Lei negò con decisione.
    «Sono sempre io, Monica!» si alzò e la sovrastò con la sua ombra. «Sono lo stesso con cui hai dormito le altre notti». Lo stesso uomo che, proprio la notte prima, l’aveva sorpresa a dormire contro la sua spalla e lui l’aveva tenuta stretta così fino all’alba, come il più prezioso dei tesori. «Non dovrebbe fare alcuna differenza per te se siamo sulla mia barca o nella nostra casa, se sono Juan del Diablo o un Alcazar!»
    Lei reagì con un singulto forte. «Che senso ha parlare di questo? Per me tu sei Juan e basta!»
    «Dimostramelo».
    «Te l’ho già dimostrato».
    Gli diede le spalle e tornò nella penombra.
    Il vento ululava tra le assi di legno. Il Satan fremeva, ma non poteva liberare i suoi fianchi verso il mare aperto.
    Così si sentiva lei.
    “Se solo fossi stato cieco, sordo o imbecille…” Monica aveva pensato tante volte a quelle parole.
    Le aveva dichiarate Juan del Diablo, non Juan de Alcazar.
    Dunque, era stato per Juan del Diablo che Monica Altimira aveva incominciato a provare quel “non so che”.
    E tanto bastava.
    Certo, non avrebbe mai dato seguito a quella cosa strana che lui le procurava dentro, altrimenti sarebbe stata come sua sorella.
    Juan era un uomo dal passato marcio e con un futuro senza l’aspettativa di un matrimonio.
    Non era questione di disprezzo sociale. Era che lei aveva troppo la testa sulle spalle e i piedi ben piantati a terra.
    Perciò, avrebbe represso quel sentimento che stava sbocciando e sarebbe ritornata a San Pedro. Avrebbe portato nel cuore il ricordo di quella sua dichiarazione e, forse, gli avrebbe rivolto un semplice buongiorno se lo avesse rivisto per strada, ma non di più.
    Invece, la catena di eventi successiva aveva reso le cose più facili, spianata una strada, abbattuta una montagna.
    Ma non aveva intenzione di dirglielo. Non ora. Non era sicura che lui avrebbe capito.
    Monica tornò a voltarsi.
    Lui era ad un palmo.
    «Ti ho promesso che avremmo parlato anche del passato. Sono certa che succederà presto. Ti chiedo solo un po’ di pazienza. Ora non ci riesco».
    Lei si sentiva in quei giorni come si sarebbe sentita quella barca se le sue assi di legno fossero state fatte di ossa. In balia di una tempesta di sensazioni che il suo sangue non riusciva a distribuire in maniera uniforme.
    Non sapeva dove questa tempesta l’avrebbe trascinata.
    Nasceva e moriva sempre in prossimità di quell’uomo.
    Lui era il porto sicuro e l’occhio del ciclone.
    Non aveva scampo.
    «D’accordo», disse Juan. «Voglio solo che tu non abbia paura di me».
    «Non ho paura di te.»
    «E allora perché stai tremando?» le strinse le braccia un po’ rudemente per capire da cosa fossero percosse.
    «Non sto tremando. E’ solo che… non lo senti?»
    «Cosa?»
    Lui vedeva che il suo bel petto si agitava con affanno e, con tutta franchezza, non avrebbe voluto che si quietasse.
    «È che il cuore, all’improvviso, incomincia a battere forte… come se volesse esplodere. È per questo che faccio fatica a parlare», riuscì a confessare.
    Con un po’ di insolenza e senza il bisogno di chiedere il permesso, Juan poggiò la mano proprio lì per ascoltare meglio.
    Pulsava eccome.
    Monica sentì come se lui l’avesse derubata di qualche battito e le sue gambe si indebolissero per il minore afflusso di sangue. Poi, Juan le prese una mano e se la portò contro il proprio petto.
    «Anche a me batte forte quando ti ho vicina. Cosa pensi che sia? Una malattia?»
    Monica non rispose. E se ne pentì, perché lui si staccò bruscamente e tornò a sedersi sullo scrittoio.
    «Non pensare che sia difficile solo per te», riprese Juan. «Sono successe troppe cose nell’ultimo periodo e tutte troppo in fretta anche per me».
    Il tradimento di Aimeé, Campo Real, la voglia di fare vendetta, i prigionieri, Azucena, il cognome di suo padre.
    E in mezzo c’era sempre lei, lo sguardo disperato con cui lo fermò, quel suo corpo che si svelava senza tonaca, l’ansietà con cui lo sorvegliava, la dolcezza con cui gli parlava, la generosità verso i più deboli, le sue mani che facevano miracoli, le ciglia timide, l’innocenza.
    E quel suo amore per Andres che gli faceva schiumare il sangue!
    «E’ un po’ strano da spiegare. Davvero. So soltanto… che mi trovo qui con una donna che conobbi, la prima volta, vestita da suora; che poi è diventata mia moglie per tutta una serie di circostanze che non avrei mai creduto possibili, e…» la scrutò come solo lui si permetteva di fare «…che mi fa impazzire di desiderio, senza fare assolutamente nulla, solo per come mi sta guardando in questo istante.”
    Monica abbassò gli occhi di riflesso e sentì che la tempesta di fuori era finita fin dentro il suo stomaco. Neppure questa volta era riuscita a trovare gli argini giusti.
    «Però, di una cosa sono certo».
    Cercò di aprire anche lui uno dei suoi varchi inaccessibili e di mostrarle qualcosa che permettesse a entrambi di compiere piccoli passi sullo stesso sentiero, l’uno in direzione dell’altra.
    «Mi sento un uomo migliore di prima. E non è per il cognome che ho avuto e nemmeno per la bella casa che ora posso permettermi.»
    Monica ascoltava con il fiato sospeso.
    «E’ perché adesso ho te. Sei tu che mi fai essere un uomo migliore.»
    Lei ci riusciva senza rendersene conto, semplicemente per quell’eleganza innata che aveva, per la grazia con cui si muoveva, per la bontà del suo cuore, per quell’amore di cui ella era capace e che lui voleva guadagnarsi onestamente.
    Juan era entrato in quella specie di paradiso in terra senza chiedere permesso, ma aveva tutta l’intenzione di rimanerci e di mantenersi degno.
    Per questo aveva accettato di sposarla senza pensarci due volte.
    Lei lo fissò con profonda commozione. «Io non ho fatto proprio nulla».
    «Oh… sì. Non ti ho già detto che sei una strega?» allungò un braccio e l’attirò dove stava seduto lui, tra le sue ginocchia. «Anzi, non sei una strega. Incomincio a pensare che tu sia una sirena, di quelle che incantano i marinai».
    La donna sorrideva e stava adesso al suo gioco.
    «Scommetto che sei stata tu a portarmi su questa barca. Avanti…» le sussurrò nell’orecchio, mordendolo appena. «Chiedi agli dei di far cessare la tempesta. Sono sicuro che ci riesci.»
    Monica si strinse a lui e i loro battiti finirono vicini e si moltiplicarono.
    Iniziò la tenerezza.
    I piccoli baci. Qualcuno più profondo. Poi, di nuovo piccoli.
    Qualche carezza.
    Un po’ di solletico sull’orlo del corsetto.
    Un sorriso. Un altro bacio. Un altro sorriso.
    Una mano tra i suoi capelli bagnati. Un’altra ad accarezzarle i fianchi.
    Occhi negli occhi. Fronte contro fronte.
    Felici.
    E un fulmine illuminò ancora la baia e un altro scroscio di pioggia si rovesciò sulla barca.
    Juan aveva quel modo di amare che lei non pensava che esistesse.
    Poteva toccarla, senza farla mai sentire sporca, per un qualcosa di puro che anche lui teneva dentro e che non aveva mai dato a nessun’altra donna.
    Quali miracoli poteva compiere il destino! Far incontrare due anime così diverse. In altre cento vite avrebbero continuato a riconoscersi. In altre cento vite si sarebbero prima scontrati e poi scelti.
    E la tenerezza lasciò il posto ad altro.
    I baci si fecero audaci.
    Gli occhi si chiusero.
    I sorrisi diventarono ansiti.
    Le carezze non si possono dire.
    Monica aveva incominciato a capire che quando lui declinava a quel modo lungo la linea del suo collo era per seguire una sola direzione.
    «Torniamo a casa, ti prego», sussurrò lei. «Forse, ha smesso di piovere».
    «Può darsi».
    Fuori sembrava che il mondo si fosse spento come una candela, un unico soffio e basta, o erano loro a non sentire più niente.
    «Non hai considerato un altro problema.»
    Lei smise di baciarlo.
    Era possibile che le strade fossero allagate.
    «Io non credo di avere il tempo per poter ritornare a casa».
    Ed ecco che Monica sentì distintamente un altro tuono squassare la notte e altra grandine cadere sul ponte.
    Finì sull’unico giaciglio possibile e proprio sotto la branda sentì la forza del mare che faceva scricchiolare tutta la barca.
    Si aggrappò a quelle spalle forti, ma la sensazione che gli ormeggi si fossero spezzati e il Satan stesse andando alla deriva non si ridusse.
    Allora, agganciò anche le gambe intorno all’altro corpo, così forte che a lui non restò altro da fare che quello.
    «Juan, ti prego! La barca si muove! Ci stiamo allontanando! Fermati! Fa qualcosa!»
    E non riusciva a capire se fosse la barca stessa a spingere contro di lei o se fosse l’uomo.
    La chioma ribelle di Juan comparve nel suo campo visivo e lo vide accennare un sorriso.
    Le stava dicendo, dolcemente, che la barca era ferma e che era tutto tranquillo.
    La tempesta si era placata già da alcuni minuti.
    Con quella stessa dolcezza trovò la forza di mormorare:
    «Sono sempre io, Monica. Anche su questa barca, ma se vuoi, torniamo subito a casa.»
    E Monica, scuotendo appena la testa, ebbe conferma di quello che sospettava già.
    Che lui era per davvero tutto quello.
    Era il Satan, era la loro casa.
    Era un temporale.
    La calma del mare.
    La natura più selvaggia.
    La scogliera aguzza e la sabbia soffice e bianca.
    Era il giorno e la notte.
    Il passato oscuro e il futuro onesto.
    L’amore puro e il piacere più carnale.
    Il paradiso e l’inferno.
    Era di Dio ed era del demonio.
    Ed era suo, al di sopra di ogni altra cosa.
    E se tutte le tempeste che sentiva dentro morivano tra le sue braccia, tanto valeva andare alla deriva e arrendersi all’istante.


    FINE

     
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    Ti ho letto appena ho potuto e ho appena finito
    Finalmente
    arrivano il Satan e la scena d'amore che tutti avremmo desiderato che avvenisse tra Juan e Monica che, appena sposati, hanno cominciato - ricominciato ad avere guai su guai.
    Ed è una grande scena d'amore.
    Del resto tutto lo snodarsi del racconto- la vita di paese, la tempesta, i personaggi sullo sfondo - è portato avanti molto bene, con grande cura (amore) per i dettagli. Hai scritto secondo me un racconto particolare perché la situazione è tua, mentre i personaggi sono fedeli a se stessi, con in più la valorizzazione di un aspetto della personalità di Juan che non viene spesso alla luce e di questo sono molto contenta
    perché su quella barca hai fatto agire e reagire Juan con quella pazienza che aveva dimostrato durante il suo primo rapporto con Beatrice, che era stata una pazienza attenta, piena di senso della cura e del benessere di lei, ma che poi nella vita quotidiana aveva dimostrato molto raramente
    . Questo Juan mi piace tanto. BRAVA LILLY!
     
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    Ancoratu, grazie.
    Questa visione mi ha proprio ispirata.
    Non pensavo di tornare a scrivere dopo tre anni.
    In verità, avevo questo "buchetto" in mente da tanti anni.
    Ho pensato a quella cena a tavola che mi lascia sempre l'amaro in bocca, perché spezza un po' l'incantesimo dei primi giorni di matrimonio.
    Monica non ha ancora completa fiducia in lui e ha paura che Juan non comprenda le sue spiegazioni e si arrabbi.
    Il termine paura è proprio della versione in lingua originale.
    Ho meditato su come potesse concludersi quella giornata, dal momento che non sappiamo cosa avvenga dopo e, invece di farli andare a dormire ho deciso di portarli fuori casa.
    Grazie per l'attenzione con cui l'hai letto.
     
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    Aspettavo da tanto un tuo nuovo racconto e finalmente è arrivato con tutta la magia e l'emozione che sempre sai creare in questi missing moments che svelano tante sfaccettature della personalità di entrambi, quelle più nascoste e preziose.
    Grazie Lilly <3
     
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    CITAZIONE (lucygirasole @ 27/6/2022, 17:52) 
    Aspettavo da tanto un tuo nuovo racconto e finalmente è arrivato con tutta la magia e l'emozione che sempre sai creare in questi missing moments che svelano tante sfaccettature della personalità di entrambi, quelle più nascoste e preziose.
    Grazie Lilly <3

    Grazie di cuore a te.
     
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    Allora, il tuo racconto l'ho letto subito dopo pranzo ma ho voluto riflettere un po' sul commento/recensione da lasciarti. Potrei limitarmi a dire "bellissimo, come sempre", ma penso che per chi scrive faccia piacere sapere qualcosa di meno banale e leggere le impressioni suscitate nei lettori.
    Come si dice nel gergo delle fan fiction, è un racconto totalmente IC , in character, perchè i personaggi sono proprio loro, come li abbiamo visti in tv, credibili nei loro atteggiamenti comportamenti e dialoghi. Vi ho ritrovato il classico clima dei giorni immediatamente successivi alle nozze, quell'avvicinarsi per poi allontanarsi, un po' per qualche frase sgarbata e prevenuta di lui, un po' per la insicurezza di lei.
    Mi è piaciuto il modo in cui hai inserito dei piccoli flashback, l'episodio della cena a Campo Real e lo sguardo fra le candele, la frase ciego sordo imbecil, il primo incontro/ scontro a casa Altamira. Mi piace anche che tu abbia voluto dare una spiegazione logica al mancato immediato viaggio di nozze e non hai mancato di inserire qualche tua personale riflessione, ad esempio a proposito del fatto che Monica si innamora di JDD e non di un Alcazar, tuttavia non avrebbe osato pensare ad un matrimonio fra di loro prima che Juan ottenesse il cognome perchè è una ragazza sensata e con la testa sulle spalle.
    Il racconto non è quindi solo un missing moment , ma una somma di missing moments. E' anche molto introspettivo ed è significativo che entrambi, sia Juan che Monica, si sentano un po' alla deriva quando sono con l'altro, perchè per entrambi le emozioni provate sono nuove e sconosciute, come Juan infatti le lascerà intendere verso il finale.
    Che dire in conclusione, a me farebbe piacere che fossi ispirata molto più spesso e che magari ti cimentassi anche con qualche momento successivo della storia, ad esempio quelli della separazione e poi ritorno a San Pedro che ci accingiamo a visionare in settimana...
     
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    Claire, che graditissimo commento.
    Grazie di cuore per aver saputo cogliere tanti aspetti.
    È una grande soddisfazione per chi scrive e mi piace che tu l'abbia visto come una somma di missing moments.
    Mi piace tantissimo andare alla ricerca di questi "buchetti" e riempirli con la mia fantasia, ma nel rispetto della storia e delle caratteristiche dei personaggi.
    Al momento non ho idee chiare su cosa potermi inventare.
    Ho qualche ideuzza e potrebbe proprio riguardare quest'ultima parte.
    Ma non mi sbilancio.
    Grazie e ancora grazie
     
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    Brava brava brava... hai raccontato un momento dolce e delicato durante i primi giorni di matrimonio....anche io , nel mio raccontino ( tu Sei troppo brava), ho voluto parlare del viaggio di nozze...una mancanza sfuggita alla Zarattini...e da donna di mare molto romantica...la deriva del Satan ...waw...sarebbe stata una scena da infarto...complimenti Lilly...davvero sinceri...
     
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    CITAZIONE (Fogliarella @ 30/6/2022, 16:42) 
    Brava brava brava... hai raccontato un momento dolce e delicato durante i primi giorni di matrimonio....anche io , nel mio raccontino ( tu Sei troppo brava), ho voluto parlare del viaggio di nozze...una mancanza sfuggita alla Zarattini...e da donna di mare molto romantica...la deriva del Satan ...waw...sarebbe stata una scena da infarto...complimenti Lilly...davvero sinceri...

    Grazie, cara.
    Purtroppo anche a me è mancato qualche viaggio che questi due avrebbero potuto fare a bordo del Satan.
    Un'occasione persa a vantaggio di mille intrighi.
     
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    Bravissima Lilly! Ciò che mi piace dei tuoi racconti è il non distanziarti troppo dalla storia e dai personaggi della Zarattini, ma vai a colmare quei buchi nella storia che tanto avremmo voluto vedere. Spero di poter leggere presto qualche tuo nuovo racconto. Sei davvero molto brava!
     
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    CITAZIONE (saretta84 @ 30/6/2022, 22:09) 
    Bravissima Lilly! Ciò che mi piace dei tuoi racconti è il non distanziarti troppo dalla storia e dai personaggi della Zarattini, ma vai a colmare quei buchi nella storia che tanto avremmo voluto vedere. Spero di poter leggere presto qualche tuo nuovo racconto. Sei davvero molto brava!

    Grazie anche a te.
    Esatto, non riesco a distanziarmi dalla storia.
    Non riuscirei mai a creare un Cs mio come sono state brave a farlo le altre del gruppo.
    Finché riuscirò a trovare dei "buchetti", può darsi ci sia sempre speranza che riesca a scrivere qualcosa.
     
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    Lilly, le possibilità di trovare dei buchetti per fortuna sono ancora tantissime e aspettiamo altri racconti.
    Questo è proprio un gioco che dura finché lo vogliamo portare avanti. Penso che anche questo dimostri la straordinaria ricchezza di CS. Viene proprio voglia di entrarci dentro, mettersi in gioco e partecipare alla sua "creazione"
     
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11 replies since 27/6/2022, 10:24   237 views
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